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Autore: Emily Kingston    23/10/2011    5 recensioni
Craig ed io ci siamo intesi dalla prima volta che l’ho guardato negli occhi e, allora, ho capito che proprio lui avrebbe portato una grande svolta nella mia vita.
Era perfetto; i corti capelli castani e gli occhi azzurri ne facevano il perfetto tipo d’uomo Californiano e, cosa che gli ha conferito un bonus, il suo sorriso mi mandava ai matti.
Ma poi, con il passare dei mesi, i suoi capelli sono diventati troppo castani, gli occhi troppo azzurri, il sorriso troppo luminoso, il suo carattere troppo calmo e calcolato; lui è diventato troppo.
Troppo tutto.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Grace Van Pelt, Wayne Rigsby
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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My little, perfect wedding ( or not? )


Mi è sempre piaciuto pensare che il mio matrimonio sarebbe stato il matrimonio perfetto.
Una cerimonia sobria, con i parenti e gli amici più intimi, un abito bianco dal lungo strascico voluminoso, una piccola chiesetta di paese ed un fidanzato bello, intelligente e sensibile.
Detta così suona un po’ come la recensione di un’utopica fiaba per bambini; credo che questa me l’abbia detta Jane quando ho, ahimè, deciso di parlargli di come l’immaginavo.
Comunque, il modo in cui Jane chiama le mie fantasie non mi interessa, non più di tanto almeno.
Craig ed io ci siamo intesi dalla prima volta che l’ho guardato negli occhi e, allora, ho capito che proprio lui avrebbe portato una grande svolta nella mia vita.
Era perfetto; i corti capelli castani e gli occhi azzurri ne facevano il perfetto tipo d’uomo Californiano e, cosa che gli ha conferito un bonus, il suo sorriso mi mandava ai matti.
Ma poi, con il passare dei mesi, i suoi capelli sono diventati troppo castani, gli occhi troppo azzurri, il sorriso troppo luminoso, il suo carattere troppo calmo e calcolato; lui è diventato troppo.
Troppo tutto.
Ma ho preparato gli inviti, ho scelto i tovaglioli e il menù del pranzo, ho assegnato i posti, ho fatto preparare gli abiti per le damigelle dalla mia sarta di fiducia, ho prenotato una chiesetta di paese per “il mio matrimonio che si terrà alle porte di maggio”.
Qualche giorno fa ho consegnato l’invito a Kimball e Wayne, mi sono sembrati entusiasti all’idea, Wayne un po’ meno, ma penso di capire perché.
Ed è stato quando mi ha chiesto a chi sarebbe stato seduto accanto che quella voce mi ha invaso il cervello. Se Wayne si sposasse con un’altra non ci andresti al suo matrimonio, Grace.
Avevo scosso la testa e fatto finta di nulla e la voce non si era più fatta sentire, fino ad ora.
Adesso, mentre osservo Wayne che si lava le mani distrattamente, quella dannata voce mi ripete sempre le stesse dannate parole.
E ha ragione, non ci andrei.
- Senti Grace, io non posso venire al tuo matrimonio – come se mi fosse strano che non l’avesse detto prima mormoro un ‘oh’ strozzato ed abbasso gli occhi, colpevole.
Colpevole piccola Grace, è tutta tua la colpa.
- Hai già impegni per quella data? – chiedo distrattamente, osservando il piccolo anello di metallo che porta all’indice sinistro, non avevo mai notato che ne possedesse uno.
Wayne scuote il capo.
- No, il fatto è, vedi…il fatto è che…- fa una pausa, un silenzio lungo una vita e, adesso, Craig non mi sembra più troppo, mi sembra di troppo, e lo è. - …il fatto è che ti amo ancora –
Crash.
Botta al cuore, forte, fa male, Wayne, tanto.
- Tu non puoi…-
- Non sto cercando di riconquistarti – m’interrompe, allontanandosi di qualche passo – so che non servirebbe a niente – aggiunge, sconsolato. – Non so se in futuro questa cosa potrà funzionare, non so niente Grace, ma so che non posso stare a guardare mentre sposi un altro uomo –
Annuisco, distratta.
- Lui va bene, è un tipo apposto, ti farà felice. Sii felice Grace – si avvicina e il cuore mi batte a mille.
In questo momento il matrimonio è un’immagine sfocata nella mia mente; inutile, superflua, ingombrante, eccessiva.
Mi bacia, piano, quasi avesse paura di farmi male al solo toccarmi; sposta le sue labbra sulla mia fronte e sento le lacrime inondarmi gli occhi, offuscandomi la vista.
Si allontana silenzioso, di fretta, non vuole più stare qui.
Solo quando sento le porte dell’ascensore chiudersi lascio le lacrime libere di solcarmi il volto.
Rivoglio le tue labbra, Wayne, le rivoglio qui, ora, per sempre.

  

   
 
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