Da
tempo nessuno osava più addentrarsi nel bosco Leeh, quasi
infinito,
situato della montagna vicino al paesino chiamato Fernia. Non solo
perché era come entrare in un labirinto, non solo
perché il freddo
pungente dell'inverno impediva ogni movimento, non solo
perché la
densa nebbia che serpeggiava tra gli alberi rendeva ancor
più
impossibile ritrovare la strada di casa. Da tempo, infatti, nessuno
osava per il semplice fatto che un pericoloso essere si aggirava
all'interno del bosco.
Chi vi si addentrava, infatti, non
ritornava più, e dopo alcuni giorni si ritrovavano solamente
gli
ossi dell'individuo. Questo faceva pensare che l'essere sbranava,
senza distinzione di età e sesso, le persone che rischiavano
la
propria vita e violavano quel luogo pieno di morte.
Una
piccola abitazione era situata poprio in mezzo al Leeh, un cottage
piuttosto usurato e vecchio, che visto da fuori si poteva pensare
fosse disabitato, ma questo pensiero veniva subito smentito dalla
canna fumaria da cui usciva un fumo grigiastro. Infatti, se si
entrava, l'ardente fuoco di un camino acceso scacciava il gelo
entrato poco prima fino alle ossa per dare posto ad un senso di
calore e accoglienza. Non era di dimensioni molto grandi, come era
citato prima, infatti camera da letto, salotto e cucina rientravano
tutti nella stessa stanza. Un tavolo circolare di legno, che copriva
la vista del camino, pieno di piatti sporchi, carte cartine e mappe,
regnava al centro della stanza, affiancato da due seggiole. Il letto
era proprio rasente al muro, coprendo un lato del tappeto verde, che
sembrava molto comodo e anch'esso riscaldato.
Un
ragazzo, sulla trentina di anni, viveva in questa abitazione. Nessuno
sapeva il suo nome, nessuno sapeva come faceva ad essere ancora vivo.
Fatto sta che non sembrava aver avuto nessun problema con l'essere
che si aggirava nel bosco.
Semplicemente
perché era lui l'essere di cui tutti parlavano.
Il
giovane, uscito dal bagno, si lasciò cadere nel letto. Ogni
tanto
guardava l'orologio a cucu sopra il lavabo della cucina, segno che
stava chiaraente aspettando qualcuno. Con un gesto della mano, fece
avvicinare il suo Houndoom. Questi, girandosi su se stesso, si
sedette proprio sopra il tappeto che, in realtà, altro non
era che
il posto dove dormiva in quelle notti fredde. L'uomo
accarezzò la
testa del suo fedele compagno da caccia. Dopo pochi minuti,
finalmente, qualcuno bussò alla porta. L'uomo si
alzò lentamente e
andò verso la porta. Aprì allo sconosciuto sulla
soglia di casa e
lo illuminò sul volto con una lampada ad olio: Un bambino di
8 anni,
di normale corporatura, era infreddolito e con gli occhi pieni di
paura. Probabilmente era l'ennesima persona che si era persa. Thrib
sbuffò un poco, vedendo che la creatura non sarebbe bastata
neanche
due giorni di pasto, ma lo accolse comunque nella sua dimora, con un
sorriso gentile quanto tetro, e lo fece accomodare in una delle due
sedie pregandolo di aspettarlo. Il giovane si allontanò dal
piccolo,
e andò verso i mobili della cucina, ricordando che era ormai
ora di
cenare.
Un bel pasto, doveva ammetterlo. Certo, il bambino non restava fermo un attimo, e aveva tardato un po' per la cena, ma alla fine tutto era andato come al solito. Thrib lanciò della carne ben cotta al suo Houndoom, Hell, che afferrò al volo il gustoso pasto, e poi incominciò a mangiarlo senza fermarsi un attimo. Dopo aver ripulito tutti, il ragazzo si accorse che era ormai ora di andare a dormire. Spense il caminetto in modo da lasciare solo la debole luce delle braci calde, e si coricò nel letto con la coscienza pulita, mentre il suo pokémon si addormentò vicino a lui.
Il
trentenne non passò bene le prime ore di sonno,
poiché un incubo
infestava i suoi sogni.
La
mente lo faceva ritrovare in un luogo buio, scuro, e da un punto si
potevano notare degli occhi demoniaci che lo fissavano. Senza
veramente volerlo, si ritrovava a rincorrerli, per poi ritrovarsi in
una cella frigorifera, con le pareti sanguinolenti, ma il pavimento
perfettamente pulito. Poteva sentire dei versi dall'altra parte delle
carcasse di animali, così, spostandole, si diresse verso il
rumore.
Ma quando raggiungeva il luogo da dove provenivano i versi, si
ritrovava ancora sommerso dal nero buio, e stavolta all'ipotetico
centro c'era un pokémon dal pelo blu, intento sbranare una
persona,
qualcuno che conosceva molto bene. Il pasto dell'Houndoom era il suo
cadavere.
Thrib aprì di botto gli occhi, senza muoversi dalla
sua posizione. Guardò per un po' il soffitto di legno, poi
la
sensazione di essere osservato fece spostare la testa verso la
stanza. Il ragazzo si prese quasi un colpo nel vedere il suo
pokémon
fissarlo con occhi insistenti. I due si guardarono a lungo, e a Thrib
parve molto strano il modo in cui il suo compagno lo stava
osservando. Oramai l'unica luce che c'era erano quelli degli occhi
dell'Houndoom, occhi che non sembravano più gli stessi, ma
quelli
dell'incubo. La sclera degli occhi era di un colore
giallo/verdognolo, così come l'iride, che poteva essere
distinta
solo grazie ad un contorno nero. La pupilla era un piccolissimo
puntino nero, vuoto all'interno. Non riflettevano nessuna immagine,
erano come disegnate con un pennello nel volto del pokémon,
che
sembrava ripugnare l'uomo che si ritrovava di fronte. Thrib
incominciò a sentirsi infastidito dal modo in cui lo
guardava, e con
una manata lo scacciò via. Si rigirò nel letto, e
ritornò a
dormire.
Il giorno seguente passò molto velocemente. Hell non
sembrava ricordarsi della notte precedente, e seguiva il suo padrone
con aria felice e fedele, mentre questi, protetto da dei guanti,
portava un sacco, contenente degli ossi, all'estremità di un
dirupo,
dove venne buttato uno scheletro di dimensioni assai più
piccole di
un corpo adulto. Come al solito, l'ennesima persona venne a cercare
riparo nel proprio cottage e, fortunatamente, questa volta era un
uomo abbastanza cicciottello. Almeno ne avrebbe avuto per alcuni
giorni.
Quando
tornò l'ora, però, di dormire, l'incubo che aveva
già fatto
ritornò a fargli visita. E nella notte dopo, e quella dopo
ancora.
Naturalmente, ogni volta che si svegliava, il suo pokémon lo
fissava
con i soliti strani occhi...
Oramai,
tormentato dagli incubi e dalle frecciate notturne di Hell, non
riusciva più a chiudere occhio, così una sera
decise di far dormire
il suo pokémon fuori, al freddo, per togliersi di torno la
suggestione che emanava di notte, con incredulità di
quest'ultimo,
come se non capisse l'improvviso comportamento del proprio
allenatore.
Pensando
di aver risolto il problema, ma anche quella sera l'incubo
tornò a
fargli visita e, svegliandosi, vide come al solito l'Houndoom che lo
osservava. Questa volta lo scacciò in malo modo e questi,
infastidito, se ne ritornò di fuori.
E le notti passavano, e
l'incubo ritornava, così come Hell che, anche se veniva
chiuso fuori
a chiave, riusciva comunque a ritornare davanti a Thrib che alla fine
perse la ragione. Non riusciva più a sopportare il peso di
quello
sguardo pesante, crudele, schifato e senza anima. Una notte, l'ultima
notte, invece di scacciarlo, corse verso la propria cucina con gli
occhi iniettati dalla pazzia, e prese un coltello da macello.
Accortosi sin da subito di ciò, il pokémon era
andato di fuori.
Thrib lo inseguì con passo svelto e cercò di
aprire la porta il più
presto possibile, ma era disturbato dal fatto che era chiusa a chiave
e lo rallentava. Finalmente, con un calcio improvviso,
riuscì ad
aprirla, ma fece un tal rumore che Hell si svegliò dalla sua
cuccia
e i suoi occhi incontrarono quelli pieni di odio del padrone. Non
capiva cosa stava succedendo, e prima ancora di poter far qualcosa,
venne preso dall'allenatore.
Quella notte venne riempita dalle
sofferenze di un pokémon morente, latrati di dolore e di
tristezza,
gemiti soffocati dalle lacrime di chi viene tradito dal proprio
amato padrone .
La
neve bianca si mescolò velocemente con quella colorata di
rosso che
si ritrovava ai piedi del ragazzo. Subito dopo aver fatto quell'atto
di pura insanità mentale, ritornò dentro casa e
ne usci con una
tanica di petrolio e una scatoletta. Inzuppò i pezzi del
corpo che
giaceva a terra, e poi buttò un fiammifero, creando
così un falò.
E
così la carne bruciava in uno strano fuoco blu. Le fiamme
danzavano
nella notte, illuminando i dintorni. Erano calde e fredde, impietose
e quieti, crudeli e dolci...
Thrib si sentì male alla vista del
proprio pokémon in fiamme, e in più lo stomaco,
che bruciava anche
a causa di una combustione spontanea, rendeva le fiamme di un cattivo
odore. Ma non era il solito odore che si poteva sentire da un
Houndoom.
Il giovane tornò dopo poco in casa e si accasciò
al
proprio letto. Infine si addormentò.
Il giorno dopo tornò di
fuori. Rimase in silenzio, a fissare le ceneri quasi interamente
coperte dalla neve. Incominciò a smontare la cuccia, a
togliere le
foto di lui e di Hell, e distrusse tutto con le fiamme del camino.
Nel mentre delle sue azioni, sentiva spesso un brivido sulla schiena,
un qualcosa al di fuori della casa che sembrava lo stesse aspettando,
eppure ogni volta che andava a vedere non c'era nulla.
Quella
notte si coricò piuttosto nervoso a letto. Cercò
di prendere sonno,
ma la cosa era difficile.
Dopo un'ora buona a fissare il soffitto,
però, riuscì ad addormentarsi.
Finalmente, sembrava che il sogno
ricorrente se n'era andato. Pareva però di essere sempre
nello
stesso luogo, eppure c'era qualcosa che non andava. Sentiva le stesse
emozioni, proprio come nelle volte precedenti, eppure vedeva e faceva
altre cose, correva come fosse stato un quadrupede, sentiva un
qualcosa bruciare sullo stomaco. Poi, improvvisamente, si accorse che
stava sbranando qualcuno. Stava sbranando una persona che conosceva
molto bene. E ai piedi delle sue zampe dal pelo blu, Thrib vedeva
sbranare se stesso.
Si
svegliò di colpo, stavolta alzandosi totalmente con la
schiena.
Guardava la parete davanti a lui, per evitare il suo sguardo, ma la
tentazione era forte. Mentre si volse, sentì che i suoi
timori
sarebbero stati fondati. Quando posò gli occhi sui suoi, non
capì
più nulla. Hell era lì, al solito posto, con i
soliti occhi, col
suo solito sguardo trasformato nella notte. Non poteva crederci,
eppure era ancora lì, vivo e vegeto. Senza pensarci
più di due
volte, lo calciò con un piede e corse a prendere lo stesso
coltello
dell'altra volta. Non gli importava se era rinato o solo la sua
immaginazione, non gli interessava dover uccidere il suo unico amico
un'altra volta. Doveva togliersi quegli occhi da dosso, e subito. Ma
quando si voltò, il cane non c'era più.
Uscì fuori immediatamente,
e riuscì a vederlo allontanarsi, nei meandri del bosco di
Leeh, e
incominciò a rincorrerlo.
I
piedi nudi attraversarono velocemente la strada di neve, che lo
portavano sempre più verso un bosco buio e tetro. Era stato
un folle
ad uscire senza coprirsi, a rincorrer Hell solo col pigiama. Ma non
gli interessava il freddo che stava testando il suo corpo e la sua
determinazione. Non gli interessava della nebbia che stava ormai
prendendo forme mostruose intorno a lui, probabilmente modellate
dalla sua immaginazione. Voleva porre fine a quella tortura, voleva
finirla una volta per tutte. Con tutto il fiato che aveva, rincorse
quella figura sfuggente che, a poco a poco, prese un colore
più o
meno visibile. Non se ne accorse a prima vista, fino a quando
sentì
nella pelle della pianta che il terreno era cambiato drasticamente e
decise di fermarsi. Solo allora notò che il pelo di quel
pokémon
era blu. Solo allora si accorse che non provava più freddo,
solo
allora vide che il paesaggio, tutto intorno a lui, era diventato
totalmente nero. Guardò in su in cerca del cielo stellato,
della
luna, ma si ritrovò lo stesso nero impenetrabile che lo
circondava.
Posando ancora lo sguardo davanti a sé, noto che due occhi
lo
stavano fissando. Gli stessi occhi di quel sogno.
Cercò di
impugnare saldamente l'arma che aveva preso, ma si accorse che non
c'era. Pensò quindi di affrontarlo a mani nude, ma quando
ritornò a
posare il suo sguardo, ora colmo d'odio e di sfida, verso lo strano
Houndoom, si accorse che a poco a poco, nell'oscurità,
stavano
aprendosi altri occhi, altri sguardi, pieni di vergogna, di
compassione, di disgusto, di rabbia, di ripugnanza.
Non
sopportava tutte quelle “creature” che lo
fissavano, che lo
giudicavano, che si prendevano beffe di lui, che lo sfidavano a loro
volta. Non le sopportava, le voleva distruggere. Ma ancor prima di
poter far qualcosa, il suo orecchio udì il rumore di un
cancello
arrugginito dietro alle sue spallo. Non capendo come questo fosse
possibile, si girò di scatto. Le porte stavano ormai
raggiungendo la
chiusura completa, quindi Thrib corse per poter fermare il tentativo
di imprigionarlo in quell'inferno di occhi. Ma proprio quando
arrivò,
le porte si chiusero.
Con le mani intorno ai ferri arrugginiti,
cercò disperatamente di aprire con la forza, mentre il suo
sguardo
si posò di nuovo sugli occhi che lo avevano condotto alla
pazzia.
Gli stessi occhi di quegli incubi, quelli che lo svegliavano la
notte. E piano piano si avvicinarono, facendo luce su un Houndoom col
pelo blu.
Un
ululato infernale riempì quella notte tempestata dalla
bufera di
neve. Il verso del pokémon arrivò addirittura
alle orecchie della
gente di Fernia, spargendo un senso di terrore e brividi più
crudeli
di quelli che davano il gelo dell'inverno.
Il latrato
si fuse infine con l'aria che, sibilando tra le cime degli alberi,
voleva avvertire che il giusto prezzo era stato pagato dal cannibale.
Ed ogni inverno, chiunque si fosse addentrato nel bosco di Leeh,
poteva rimanere al sicuro, suggestionato
solamente da un sibilo che solamente persone destinate all'inferno
riuscivano a distinguerlo.
Una voce ammonitoria che sembrava
provenire dai meandri più tetri della terra sottostante...
Cerbero
non ti farà più uscire...
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Note
dell'autrice
In attesa del prossimo sabato (aggiornamento di una mia storia) ho
messo questa "Creepypasta" che ho creato, aiutata da una mia amica, per un concorso su una pagina
di facebook. Purtroppo non ho avuto tempo di riguardarla, quindi non so
come è uscita fuori...
Per adesso mi basta che possa piacere, anche se sotto sotto spero di
vincere ç_ç