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Autore: Mrs Trunks Briefs    23/10/2011    9 recensioni
A causa di una stramba serie di eventi, Goku è costretto a sposare, seppur per finta, nientepopodimeno che Vegeta! Ma cosa succede quando a mettersi in mezzo è, sorprendentemente, il vero amore?
In quello stesso momento, Yamcha era appena uscito dalla grande Capsule Corporation. Teneva una lattina di birra in mano e, con un’espressione alquanto ebete in faccia, aveva iniziato ad inspirare a pieni polmoni la fresca aria del mattino. “Ah, che meravigliosa giornata!”, disse, “Il sole brilla, gli uccellini cantano... tutto è perfetto”. Aprì la lattina e ne prese un sorso, “Sì, è davvero tutto perfetto”.
Improvvisamente Vegeta gli sfrecciò davanti, continuando a colpirsi selvaggiamente in testa, “SVEGLIATI! SVEGLIATIIIIIIII!”.
E Goku, dietro: “Quando ti avrò preso, Vegeta, ti renderò la donna più felice della Terra! Credimi!”.
Li guardò sparire all’orizzonte, versando il resto della birra per terra. “Pual ha ragione, devo smetterla di bere la mattina presto”.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Goku, Un po' tutti, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

 

Cominciò un silenzioso scambio di sguardi.

Goku rimase immobile, tenendo il mazzo di fiori nel modo più minaccioso con cui un mazzo di fiori si potesse tenere. Anche Vegeta non mosse un muscolo, le braccia conserte al petto alla solita maniera e dipinta in faccia tutta la sua stoica altezzosità mista ad un’espressione altamente schifata. Nemmeno un battito di ciglia o un minimo movimento l’uno nei confronti dell’altro. Niente. Stettero così per quella che sembrò un’eternità, fino a quando il maggiore dei due, così di punto in bianco, non abbandonò le braccia lungo i fianchi. I muscoli di Goku guizzarono fulminei, pronti a parare qualsiasi attacco. Si aspettava un cazzotto, un calcione, o perlomeno un insulto, ma si sorprese non poco quando tutto ciò che ricevette in risposta fu un:

Mah, che strano sogno”.

Vegeta scosse il capo e si guardò un attimo attorno, giusto per controllare se ci fosse qualcos’altro fuori posto. Beh, pensò, direi che una proposta di matrimonio di parte di Kakaroth è già insensata a sufficienza. Scrollò le spalle e, tranquillamente, fece per voltarsi e tornare nella Gravity Room. Goku, rapido ed inaspettato, allungò allora la mano, affibbiandogli un pizzicotto al braccio. “E QUESTO PER COSA DIAVOLO ERA?!”, berciò il principe, scattando subito a massaggiarsi la parte lesa.

“Per provarti che non stai sognando! Ti sto davvero chiedendo di sposarmi!”, esclamò Goku.

L’altro lo fissò per qualche secondo, imperturbabile. Poi gli porse il braccio, “Fallo ancora, Kakaroth”. E Goku ubbidì, pizziccandolo un po’ più forte nella speranza di convincerlo.

Il dolore, effettivamente, Vegeta lo sentì in maniera cristallina. Ed i suoi occhi si spalancarono.

“... Capisco”, mormorò, lentamente. Scoccò un ultimo sguardo a Goku e, come se non fosse successo assolutamente niente, girò i tacchi e se ne tornò comunque nella Gravity Room, premurandosi di chiudersi la porta alle spalle. Questione di qualche secondo, e Goku sentì chiaramente la serratura scattare per una... due... oh, tre volte.

Arrabbiato per il fatto che Vegeta se la fosse appena data a gambe, il giovane saiyan si piazzò davanti alla porta, iniziando a batterci rabbiosamente contro i pugni. “Non credere che me ne vada, Vegeta! Esci da lì e sposami, accidenti!”.

Nessuna risposta. Ovviamente.

Ora totalmente fuori dai gangheri, Goku scese giù dalle scale e continuò a camminare fino a quando non fu distante dall’entrata di almeno due centinaia di passi. Poi si fermò, si voltò indietro, prese una bella rincorsa e si scaraventò a tutta velocità contro la porta, in tutte le più floride intenzioni di sfondarla con una bella craniata.

Dentro alla Gravity Room, intanto, Vegeta era rimasto immobile contro la porta, scandalizzato. Aveva sentito i passi di Kakaeoth allontanarsi e aveva presupposto che il suo rivale se ne fosse andato, grazie al cielo. Ma che diavolo gli passa per la testa a quello?! Scosse il capo e, ordinandosi mentalmente di obliare totalmente quanto successo, si accinse a ritornare al suo allenamento. Fece un passo avanti quando, improvvisamente, udì il suono di un... un treno?!, rimbombare nella stanza e farsi sempre più vicino. Perplesso poggiò l’orecchio contro la porta e...

KABOOM! Quella saltò improvvisamente in aria, facendo schizzare i pezzi un po’ ovunque; Vegeta si fece scudo con le mani, e Goku capitombolò brutalmente nella stanza, rotolando come una palla. Quando tutto si fu placato, il principe abbassò le braccia e scoccò un’occhiata sconcertata all’altro saiyan, che giaceva ora inerme per terra con uno zampillo di sangue in testa. Qualche secondo di attonito silenzio e Goku improvvisamente si tirò su mettendosi a quattro zampe, torcendo lentamente la testa verso di lui e fulminandolo con un’occhiata funerea che avrebbe terrorizzato un po’ chiunque.

“K-K-Kakarrot? C-c-che diavolo stai facendo?”, farfugliò Vegeta sconvolto, arretrando.

Goku rispose rimettendosi in piedi, sollevando il mazzetto di fiori – o perlomeno l’ammasso informe che ne rimaneva. “Sposami”, rantolò con voce dall’oltretomba, camminando come uno zombie verso di lui, “Sposami”.

“Ma tu hai perso completamente la testa!”, gridò Vegeta, schifato e terrificato al contempo.

Goku fece altri due passi verso il principe e ripeté: “Sposami, Vegeta”.

“NO!”, rispose lui, scappando fuori dalla Gravity Room, nel giardino.

Il giovane saiyan lo seguì fulmineo, “Non puoi sfuggirmi per sempre, Vegeta! Ti darò la caccia fino in capo al mondo!”.

Vegeta prese a correre quanto più veloce potesse, iniziando a prendersi compulsivamente a pugni in testa. “SVEGLIATI! SVEGLIATI DA QUESTO INCUBO!”, iniziò ad urlare istericamente.

In quello stesso momento, Yamcha era appena uscito dalla grande Capsule Corporation. Teneva una lattina di birra in mano e, con un’espressione alquanto ebete in faccia, aveva iniziato ad inspirare a pieni polmoni la fresca aria del mattino. “Ah, che meravigliosa giornata!”, disse, “Il sole brilla, gli uccellini cantano... tutto è perfetto”. Aprì la lattina e ne prese un sorso, “Sì, è davvero tutto perfetto”.

Improvvisamente Vegeta gli sfrecciò davanti, continuando a colpirsi selvaggiamente in testa, “SVEGLIATI! SVEGLIATIIIIIIII!”.

E Goku, dietro, “Quando ti avrò preso, Vegeta, ti renderò la donna più felice della Terra! Credimi!”.

Yamcha li guardò sparire all’orizzonte e versò il resto della birra per terra, “... Pual ha ragione, devo smetterla di bere la mattina presto”.

Dopo decisamente parecchi minuti, Goku convenne sul fatto che aveva già sprecato abbastanza tempo ad inseguire il principino, e che era arrivato il momento di trasformarsi in Super Saiyan. A mali estremi, estremi rimedi. In un attimo i capelli da neri balenarono d’un biondo acceso, gli occhi color petrolio divennero turchesi. Il nuovo potere appena acquisito aumentò in maniera esponenziale la sua velocità, e fu questione di una manciata di secondi prima che riuscisse ad agguantare la sua preda. Divorando i pochi centimetri che li separavano, Goku si lanciò addosso a Vegeta, facendo cadere entrambi come due sacchi di patate. Presero a lottare per terra, rotolandosi e dimenandosi in mezzo alla polvere, fino a quando il particolarmente determinato Super Saiyan non riuscì a sedersi sopra all’altro povero martire e a bloccargli le braccia.

“Sposami!”

“NO!”

“SPOSAMI!”

Vegeta rispose in modo molto principesco, sputandogli dritto in faccia. “EWW! Che schifo!” gemette il povero Son, costretto a mollare la presa sull’altro per potersi pulire il viso. Vegeta velocemente si rimise in piedi, ma Goku altrettanto fulmineamente riuscì ad agguantargli un braccio prima che potesse darsela a gambe di nuovo.

“Kakaroth! Lasciami immediatamente!” berciò Vegeta.

“Non fino a quando non avrai accettato di sposarmi!”

“Quanto vuoi andare avanti con questa storia folle?!”, urlò, “Non ho alcuna intenzione di—” Clink-clink.

Abbassò lo sguardo, constatando con orrore che la sua mano si trovava ora ammanettata a quella di Goku. “Tu sei pazzo”, disse.

“Sai, Vegeta”, rispose il giovane saiyan con un ghigno malefico, “Chichi ed io abbiamo fatto un sacco di cosacce con queste manette”. Il principe emise un guaito sofferente e tentò invano di liberarsi. “Dì che mi sposerai e ti lascerò andare!”, esclamò Goku.

“MAI! Preferisco morire!”.

“Allora staremo così per sempre! Quando dovrai andare in bagno, io sarò lì, a guardarti mentre fai la pipì! Quando ti farai la doccia, io sarò lì, a lavarti la schiena! E quando mangerai un gelato, te lo ruberò e lo leccherò! Lo leccherò tutto solo per darti fastidio!”.

Vegeta tentò invano di ucciderlo in modo estremamente violento con lo sguardo, cercando di capire cosa fare. In qualsiasi situazione, dannazione, non ne sarebbe uscito vincente. Almeno se avesse sposato l’imbecille sarebbe stato libero di urinare e mangiarsi un gelato in santa pace. A meno che…

Goku improvvisamente vide le labbra di Vegeta, contorte fino a quel momento in un’espressione rabbiosa, incresparsi in un inquietante ghigno sbilenco. Che aveva in  mente qualcosa, era evidente. “Kakaroth”, disse il principe, “Io non ti sposerò mai, e tu non mi terrai mai ammanettato!”.

“E come pensi di scappare?”, chiese Goku.

Vegeta allargò pericolosamente il proprio sorrisetto maligno, poi puntò la testa verso sinistra. Aprì la bocca e, cosa assolutamente normale, iniziò ad azzannarsi la spalla come se fosse una coscia di pollo. Goku non poté credere ai propri occhi, “Sei scemo? Hai seriamente intenzione di staccarti il braccio a morsi?!”.

Il principe si fermò e lo guardò, “Esattamente. Anche se, pensandoci, potrei tenermi quasi tutto il braccio se mi staccassi solo il polso” e dicendo così prese a masticarsi ferocemente il polso come un animale, sotto lo sguardo oltremodo inorridito di Goku che lo fissava con la mascella a terra.

“Dannazione!”, gridò, “Sposami e basta!”.

Vegeta mollò la presa, “NO!”, dopodiché riprese a morsicare.

“Ascoltami!”, lo pregò il giovane saiyan, “Non dovrai fare niente! Mi occuperò io delle faccende di casa, cucinerò, pulirò e pagherò io le bollette! Per favore!”.

“NO!”. E chomp, chomp, chomp.

“Smettila!”, imperò Goku rabbiosamente, afferrando Vegeta per la mascella per tentare di impedirgli di staccarsi un polso. Il principe, per tutta risposta, gli azzannò le dita e lui, urlando di dolore, d’automatico riflesso gli mollò un poderoso calcio rotante alla testa. Essendo ancora ammanettati, il colpo li fece sbalzare entrambi a terra. Vegeta si mise a quattro zampe e fece scattare il proprio braccio imprigionato nella direzione opposta a quella di Goku, riuscendo ad affibbiargli una micidiale craniata che lo fece urlare di dolore. Entrambi si rimisero poi in piedi e si prepararono al combattimento, mettendosi in posizione. Scattarono l’uno verso l’altro e la vera lotta ebbe inizio.  

 

***

 

Qualche ora più tardi, i due guerrieri saiyan stavano in ginocchio a terra, ansimanti. Tutto attorno a loro era distruzione totale: c’erano crateri nel terreno, alberi spezzati se non completamente sradicati, e la pittura del muro laterale della Capsule Corporation era stata completamente bruciata dall’abnorme energia delle sfere ki, sparate l’una contro l’altra. I vestiti erano strappati, rivoli di sangue colavano dalle numerose ferite, e, cosa peggiore di tutte, i due uomini erano ancora ammanettati. Ciò presentava non poche difficoltà per Goku, che ancora non era riuscito a battere Vegeta nonostante si trovasse in modalità Super Saiyan. Il principe, difatti, aveva saputo sfruttare quella vicinanza forzata a suo vantaggio. Goku lo guardò con la coda nell’occhio, notando che in quel momento stava fissando qualcosa alle sue spalle con uno sguardo totalmente indecifrabile.

Poi ad un tratto lo vide digrignare i denti e si preparò a ricevere l’ennesimo attacco, convinto che il principe fosse in procinto di esplodere da un momento all’altro.

Andando contro tutte le sue aspettative, però, Vegeta si limitò ad aprire lentamente la bocca, violaceo di rabbia.

“VA BENE, BASTARDO! HAI VINTO!”.

Goku lo fissò scioccato, “C-cosa?”, balbettò.

“Nemmeno io posso combattere così in eterno! Accetto... accetto questo fottuto matrimonio!”, abbaiò Vegeta, sbattendo i pugni a terra.

“Davvero?”, disse lui, tornando al suo normale aspetto.

“Sssssssssssì”, fu la sibilante risposta.

“Fantastico!” trillò il giovane saiyan, balzando in piedi e trascinando su pure Vegeta.

“Oh sì, meraviglioso”, borbottò sarcasticamente quest’ultimo, “E adesso toglimi immediatamente questo affare!”.

Goku subito frugò nella tasca e ne tirò fuori una piccola chiave. Sbloccò la serratura delle manette e si rimise poi tutto in tasca. “Ecco!”, disse contento, “Sei libero! Per ora!”, ridacchiò alla sua battuta, “Presto andrai in giro con palla e catena alla caviglia!”. Vegeta gli ringhiò contro un insulto irripetibile, massaggiandosi il polso. “Beh, comunque”, continuò lui, “Fai i bagagli e vieni a casa mia dopo, ok?”.

“Come ti pare”.

“Allora ci vediamo dopo, Vegeta!”. E detto questo, Goku si posò due dita in fronte e si teletrasportò via.

 

***

 

A casa Son, Piccolo mise un bicchiere sotto al lavello. Dopo averlo riempito abbastanza, chiuse il getto, se lo portò alla bocca e lentamente si dissetò, bevendo tutta l’acqua. Una volta che ebbe finito si asciugò le labbra col dorso della mano e posò la stoviglia sul fondo del lavandino, facendo per allontanarsi.

Non fece neanche un passo che, improvvisamente, un piede si materializzò dal nulla e finì esattamente sopra il bicchiere, frantumandolo in mille pezzi. Lo sfortunato proprietario dell’arto prese a balzellare sul posto, gemendo di dolore. Goku saltò giù dal lavandino, tenendosi in mano il piede pulsante. “Ahio! Ahio! AHIO! Cosa ho pestato?”.

“Un… bicchiere”, disse Piccolo, ancora non troppo abituato al teletrasporto.“… Goku, cosa ti è successo?”.

Il saiyan si guardò distrattamente i vestiti, “Oh, giusto. Ti racconterò tutto dopo, Piccolo. Vado a farmi una doccia, che dopo devo andare in tribunale”. E detto questo salì le scale, continuando a saltellare con estrema grazia su un piede solo.

Piccolo lo fissò destreggiarsi nelle sue eleganti movenze fino a quando non sparì al piano di sopra. Sbatté un paio di volte le palpebre, incredulo.

N-non... non avrà mica... Con Vegeta...?

Qualche minuto dopo, Goku si fiondò di nuovo al piano di sotto dritto verso la porta, vestito casual e ricoperto di bende. “Ciao, Piccolo! Dì a Gohan che torno presto!”, esclamò.

“Aspetta! Goku!”, l’alieno lo chiamò, ma il saiyan era già volato via. Gemette, “Ahhh... Cosa dirò a Gohan?”.

 

***

 

Un’ora più tardi, proprio il piccolo Gohan stava seduto al tavolo della cucina, tutto concentrato a farsi un sandwich. Quando ebbe finito la sua opera tagliò il panino diagonalmente, abbastanza soddisfatto del risultato. Era in casa da solo, ancora in attesa che il suo papà facesse rientro. Piccolo gli aveva soltanto detto che Goku era tornato a casa e, in fretta e furia, era scappato di nuovo fuori dopo sì e no cinque minuti; poi il namecciano se n’era andato a fare le sue cose, come al solito.

Il piccolo Son aprì la bocca pronto ad addentare con un bel morso la sua merenda, quando il campanello suonò. Gemette frustrato e andò all’entrata con metà panino in mano, afferrò la maniglia ed aprì la porta.

“Mio papà non è a ca-AAAAHHH!” urlò, realizzando chi fosse l’individuo al quale aveva appena parlato, “V-V-VEGETA!”.

Ovvio che era Vegeta, ancora sanguinante e abbastanza conciato male dopo la sua battaglia con Goku. In mano teneva un grande borsone giallo col logo della Capsule Corporation stampato sopra.

Gohan subito si mise in posizione d’attacco, pronto a combattere, “Cosa vuoi?”.

Ma Vegeta non disse nulla. Si limitò ad afferrare il bambino per la testa, spintonandolo di lato. Gettò il borsone per terra, accanto alla porta, e si diresse tranquillamente in soggiorno. Gohan lo fissò incredulo scovare il divano, guardarlo con disprezzo e gettarvisi sopra, come se fosse a casa sua. Dopodiché il piccolo non ebbe neanche il tempo di muovere un muscolo che il saiyan si mise placidamente a russare. “Sta... sta dormendo?”, mormorò Gohan, incredulo. Si avvicinò al sofà per constatare che sì, effettivamente il principino si era beatamente immerso nel mondo dei sogni. Gli diede un leggero colpetto sulla fronte col dito, “Vegeta?”.

Immediatamente gli occhi del principe si spalancarono, irradianti d’odio. Prima che Gohan potesse reagire in qualche modo, Vegeta gli strappò il sandwich dalla mano e, dopo averlo squadrato ed annusato un paio di volte, se lo mangiò in un solo boccone senza neanche masticarlo. Dopodiché diede le spalle al povero bambino e ritornò a dormire come se nulla fosse, ignorandolo totalmente.

Il piccolo saiyan lo fissò sconcertato, arrivando dopo qualche attimo all’allarmante conclusione di aver bisogno assolutamente dell’intervento di un adulto. Scappò subito fuori per cercare Piccolo, spaventato. Percorse metà vialetto e poi si rifiondò in casa, andando a recuperare l’altra metà del suo amato sandwich prima che Vegeta potesse divorarsi pure quella. Dopodiché scappò di nuovo fuori mettendosi ad urlare.

“Piccolo-san! Piccolo-san!”, iniziò a chiamarlo, “PICCOLO-SAN! Dove sei?”. Subito il Namecciano raggiunse il suo allievo.

“Gohan”, lo guardò, “Che succede?”.

“Vegeta! È entrato in casa!” rispose Gohan, indicando l’abitazione.

“Vegeta?”, l’espressione di Piccolo mutò da calma a scioccata in un nanosecondo. “Non è possibile”, mormorò.

 “Non so cosa fare! È entrato e si è messo a dormire sul divano!”. L’alieno si avviò subito verso l’abitazione, seguito a ruota da Gohan, il quale sperò ardentemente che, una volta rientrato in casa, Vegeta non si accorgesse della sua presenza nascosto sotto al fluttuante mantello bianco del suo maestro.

Varcata la soglia, il namecciano gettò subito un’occhiata allarmata al divano: come effettivamente aveva detto Gohan, c’era sopra svaccato il potente principe dei Saiyan intento a farsi un bel sonnellino. Notò i tagli e le ferite cosparse sul suo corpo, e non gli ci volle molto a fare due più due. Son doveva aver fatto la proposta di matrimonio, i due dovevano ovviamente aver combattuto, Goku aveva vinto e Vegeta si era ritrovato costretto ad acconsentire.

Saiyan idioti, pensò, Esiste una razza più stupida di loro? Ne dubito.

Gohan corse a prendere il borsone di Vegeta, per poi porgerlo al suo mentore. “Si è portato questa dietro”, disse.

“Cosa c’è dentro?”, chiese Piccolo.

Gohan aprì la cerniera e vi guardò all’interno, “Solo vestiti... merendini... e eww, sigarette”. Tirò fuori il pacchetto e, arricciando il nasetto, andò a gettarlo nell’immondizia in cucina. Dopodiché trotterellò indietro e continuò a curiosare, “Ci sono anche alcune capsule e un giornale”. Gohan lo prese e comincio a sfogliarlo curioso. “È... strano. Sono tutte foto che ritraggono il corpo nudo femminile da un punto di vista esterno”.

“DAMMELO SUBITO!”, strillò Piccolo, strappandoglielo dalle mani. Ridusse a brandelli il magazine e ne incenerì i residui con il ki. “Non osare dire a tuo padre che hai visto questa roba!”.

“Ma... perché?”.

“NON FARLO E BASTA!”.

Gohan incassò la testa nelle spalle, mortificato, “Va bene... ma perché Vegeta dovrebbe tenere con sé un giornale di anatomia umana?”, Piccolo si limitò a grugnare qualcosa e a scuotere la testa, dopodiché riportò la sua attenzione al divano e all’ospite indesiderato che vi ronfava sopra.

“Vegeta!”, abbaiò al bell’addormentato, ed il russare cessò istantaneamente. Il principe non si mosse, ma Piccolò udì distintamente qualche suo borbottio, “… Fastidioso namecciano della malora…”

“Vegeta, che diavolo ci fai qui?”, gli chiese l’alieno bruscamente, ignorando l’insulto. Anche se non poteva vederlo, Piccolo sapeva che gli angoli della bocca del saiyan erano piegati in una smorfia di disgustosa superiorità. Poteva percepirlo a pelle.

“Perché sono qui, muso verde?”, ridacchiò Vegeta, voltandosi verso di lui e confermando quanto aveva pensato, “È stato Kakaroth ad invitarmi. Non te l’ha detto?”.

"No," disse Piccolo, fingendo di non sapere niente, "Non mi ha detto nulla".

“Perché Papà avrebbe dovuto invitare te a casa nostra?”, chiese con ostilità Gohan, ma sempre mantenendo le distanze.

Il sorrisetto maligno si allargò a dismisura, tanto che parve che Vegeta stesse tentando di trattenere con scarso impegno una delle sue risate sguaiate. “Lascio a lui l’onore di spiegarti il motivo, moccioso”. E detto questo, dando nuovamente le spalle ai suoi due interlocutori, riprese a dormire.

Gohan guardò disorientato Piccolo, e gli sembrò che il suo mentore avesse appena ingoiato qualcosa di davvero schifoso. “Piccolo-san?”.

Il namecciano si ricompose in fretta, “Aspettiamo che Goku torni a casa. Sono sicuro che saprà rispondere alle nostre domande”.

 

***

 

Il salvatore del nostro caro universo allungò la testa oltre la spalla del signore che lo precedeva, controllando con un sopracciglio alzato la sfilza di gente che aveva dinanzi. Si afflosciò sulle spalle abbandonandosi ad un gemito frustrato, constatando che c’erano ancora sette persone prima del suo turno. Prese a battere impazientemente il piede a terra, producendo un debole eco che si propagò per tutto l’atrio del tribunale.

Un apatico “il prossimo”, e la linea scalò di un posto. Goku guardò dietro di sé e vide altre dieci persone, ognuna delle quali scocciata quanto lui. Possibile che non possano velocizzare un po’ il servizio, con tutta questa gente?, pensò, rabbiosamente.

Venti minuti dopo, il solito, indolente “il prossimo” risuonò nelle sue orecchie come la più meravigliosa delle melodie. “Finalmente”, disse più che sollevato Goku, avvicinandosi allo sportello. “Saaaalve. Vorrei ritirare alcuni documenti”.

L’uomo-tigre dietro alla lastra di vetro sollevò lentamente gli occhi dal computer, sobbalzando sulla sedia quando si ritrovò davanti il piuttosto malridotto saiyan, le cui bendature disseminate da tutte le parti lo facevano sembrare una mummia. Lo squadrò perplesso per qualche istante, dopodiché le labbra s’incurvarono in un sorrisetto storto. “Mi lasci indovinare, vuole delle carte di divorzio?”.

Goku si grattò la nuca, ridacchiando, “Wow! Ci è andato vicino! Ma sono qui per una licenza di matrimonio!”.

“Oh. Quella era la mia seconda ipotesi”. L’uomo-tigre, dopo aver scartabellato un paio di fascicoli, gli diede i documenti necessari, e Goku, soddisfatto, si defilò velocemente fuori dalla porta.

“Penso proprio che andrò da Korin per prendermi qualche senzu”, mormorò il saiyan, guardandosi le mani malridotte, “Conciato così spavento la gente”. Posò due dita sulla fronte e si teletrasportò, ignorando totalmente gli sguardi sbigottiti dei passanti che, così di punto in bianco, videro una mummia volatilizzarsi nel nulla.

 

***

 

Piccolo e Gohan aspettarono per un’altra ora in cucina, tenendo per tutto il tempo lo sguardo vigile accollato al divano. Non fosse mai che Vegeta si alzasse e si trovasse preda di un’improvvisa voglia di distruggere tutto il circondario. Gohan stava mangiando in silenzio un secondo sandwich che si era meticolosamente preparato, mentre Piccolo stava appoggiato contro il frigo. Ad un tratto...

“GOHAN! SONO A CASA!”, esplose una voce solare. Goku entrò in cucina con un enorme sorrisone stampato in faccia, le ferite scomparse, “Scusa per il ritardo! Sono andato da Korin per prendere qualche seme senzu”.

“Papà!”, il piccolo fece cadere il sandwich e corse incontro al padre. Si abbracciarono affettuosamente, dopodiché Gohan si allontanò di poco. “Papà! Vegeta è qui!”.

Goku sbattè un paio di volte le palpebre. “È qui?”.

“Sì, ha detto che l’hai invitato tu!”, continuò il bambino.

“È arrivato più o meno un’ora dopo che te ne sei andato”, s’interpose Piccolo, “Ed è rimasto a dormire sul sofà per tutto il tempo”.

Goku si grattò la nuca. “Sta dormendo? Beh, non fa niente. Tanto devo prima compilare tutte queste carte. Lo sveglierò dopo”. E detto ciò, molto tranquillamente, si diresse verso il tavolo della cucina.

Gohan deglutì, dopodiché gli andò dietro, “Allora è vero?”, pigolò, “Gli hai detto tu di venire?”. Goku si bloccò.

“Beh, Mio Dolce Dono del Cielo”, iniziò nervosamente, “È un po’ complicato da spiegare”.

Gohan strabuzzò gli occhi, “Come mi hai appena chiamato?”.

“Uhm... Mio Dolce Dono del Cielo?".

Il piccolo Son assottigliò gli occhi, sospettoso, "Mi stai nascondendo qualcosa".

Goku si abbandonò ad una risatina vagamente isterica, "C-cosa intendi, Tesorino?”.

Gohan si abbandonò stavolta ad un guaito sofferente, "Mi hai appena chiamato ‘Tesorino’! L’ultima volta che l’hai fatto ho scoperto che avevi pestato uno dei miei giocattoli preferiti! Cosa sta succedendo?”.

“N-n-n-niente, Mio Piccolo Raggio di Sole!”, si affrettò a rispondere il saiyan, con voce tremolante.

“PICCOLO RAGGIO DI SOLE?!”, strillò Gohan, scandalizzato, “L’ultima volta che mi hai chiamato così ti sei mangiato il mio pesce rosso, Signor Colui-Che-Non-Deve-Essere-Mangiato! Cosa mi stai nascondendo?”.

“Hey!”, esclamò Goku sulla difensiva, “Quello è stato un incidente! La boccia era caduta e mi ero messo il pesce in bocca per tenerlo vivo mentre riempivo la vasca d’acqua!”.

“I pesci non sopravvivono nuotando nella saliva!”, gridò Gohan, agitando esasperato le mani in aria.

“Non lo sapevo!”, si giustificò lui.

“GOKU!”, tuonò Piccolo, esasperato, “Digli che sta succedendo e basta!”.

Il prode ed intelligente salvatore dell’universo aprì la bocca, richiudendola subito dopo. Sospirò pesantemente, “Gohan, è dura, ma Piccolo ha ragione. Devi sapere che sta succedendo. Perché Vegeta è qui, perché sono andato in tribunale, e devi sapere anche la verità su Signor Colui-Che-Non-Deve-Essere-Mangiato”.

Il Namecciano gli ringhiò contro.

“... Ehm, ok”, mormorò, “Magari ti dirò dopo di Signor Colui-Che-Non-Deve-Essere-Mangiato”. Abbassò le palpebre e prese un profondo respiro, consapevole della catastrofe imminente, “Gohan... mi sto per risposare”.

Al piccolo Son cadde la mascella, “Cosa? Ma la mamma è appena morta!”.

“Lo so! Ma ascolta! Sono andato in un’agenzia assicurativa e mi hanno detto che mi copriranno solo se mi sposo. Essendo un extraterrestre, però, mi hanno anche detto che devo sposare qualcuno della mia stessa specie. E l’unico saiyan oltre a me... è Vegeta”.

“... Cosa?”. Gohan teneva gli occhi spalancati grossi quanto due palle da biliardo.

“Oggi sono andato in tribunale a prendere la licenza di matrimonio, così io e Vegeta possiamo sposarci. Una volta fatto ciò, lui rimarrà qui a vivere con noi. Questo è l’unico modo per ottenere l’assicurazione sulla vita di cui abbiamo bisogno”.

Gohan fissò suo padre, sconvolto, e lentamente i suoi occhi cominciarono ad inumidirsi. “Non... Non piangere, Gohan!”, lo supplicò Goku, invano, dato che il figlioletto cominciò a disperarsi lo stesso. Lacrimoni cominciarono a sgorgare sul faccino del piccolo, che subito scappò fuori dalla cucina e corse su per le scale, in fuga verso la sua stanza. Goku lo seguì rapidamente e si fermò ai piedi delle scale, “Gohan!”, lo chiamò, “Lo sto facendo per te!”.

Gohan dall’alto della scalinata si voltò per guardare suo padre, il labbro tremolante e le lacrime copiose che gli colavano lungo le guance arrossate, “Capisco, papà. Sniff. Spero voi due siate felici insieme. Sniff. Soprattutto adesso che Vegeta sta studiando per diventare un dottore!”. E detto questo, tra i singhiozzi, il bambino scappò via, rintanandosi in camera sua.

Goku si afflosciò sulle spalle quando sentì la porta sbattere, gemendo sconsolato. Poi, improvvisamente, gli vennero in mente le ultime parole che suo figlio gli aveva rivolto prima di darsi alla fuga. Guardò Piccolo, perplesso, “Di cosa stava parlando quando ha detto che Vegeta sta studiando per diventare un dottore?”.

L’alieno avvampò e distolse lo sguardo, “Ehm. I bambini e la loro fervida immaginazione... sai com’è”.

“Quindi è questo il motivo di tutto...”, disse una voce torva dal soggiorno. Goku e Piccolo si voltarono all’unisono e videro Vegeta poggiato contro il muro a braccia conserte, l’espressione minacciosa.

Il giovane saiyan gli scoccò un’occhiata in tralice, “Hai già cambiato idea?”.

“Non posso”, ringhiò lui, in risposta, “Se tu avessi vinto la battaglia, avrei dovuto accettare la tua stupida proposta. Ho perso, quindi sono costretto a rispettare gli accordi”.

Lo sapevo, pensò Piccolo, Idioti.

Goku tirò fuori i documenti dalla giacca, “Bene. Allora ecco qui. Devi solo compilarli e firmarli col marchio di famiglia”. Vegeta annuì, e l’altro saiyan frugò nella tasca, tirando fuori un seme senzu. Facendolo schioccare in aria come una pallottola lo lanciò al principe, il quale senza nemmeno guardarlo lo prese al volo e lo mangiò. Dopo che le ferite furono guarite, entrambi si andarono a sedere al tavolo della cucina.

Piccolo guardò i saiyan accomodarsi l’uno accanto all’altro, troppo attonito per elaborare un qualsiasi pensiero di senso compiuto, osservandoli a distanza di sicurezza scribacchiare sulle carte. Goku fece qualche domanda, Vegeta rispose. Un paio di volte Goku chiese come si scriveva una parola, e Vegeta (dopo avergli dato dell’imbecille ignorante), glielo disse. Come se fossero passati sì e no cinque minuti, il namecciano li vide infine firmare il documento.

“Beh”, disse Goku, tenendo il foglio come se fosse un trofeo, “È ufficiale! D’ora in poi sarai il Principe Vegeta Son!”.

Vegeta lo guardò schifato, “Non ho mai detto che avrei preso il tuo cognome”.

“Oh! Andiamo!”, protestò Goku. Stava per continuare a lamentarsi quando udì un rumore alle sue spalle. Si voltò e scorse suo figlio in piedi poco distante, le lacrime che ancora gli rigavano il faccino. “Gohan?”.

Quello non disse nulla, si avvicinò a loro e tirò una manciata di riso prima a suo padre e poi a Vegeta. “Mazel Tov!*”, singhiozzò, prima di correre di nuovo nella sua stanza sotto lo sguardo perplesso dei tre adulti.

Goku si scompigliò i capelli, facendo cadere chicchi da tutte le parti. “Sai Vegeta, prima ho pestato un bicchiere. Penso che alla fin fine ‘Mazel Tov’ sia abbastanza azzeccato”.

“Per quanto tempo dovrò essere sposato con te?”, lo ignorò l’altro, carbonizzando con il ki il riso che cadeva a terra.

Goku controllò un paio di volte tutte le scartoffie, “Uhm... per il resto delle nostre vite, credo”.

“Speravo non dicessi una cosa del genere”, ringhiò il principe, sull’evidente orlo del suicidio.

“Allora”, s’intromise Piccolo nervosamente, “Avete intenzione di... ehm... ultimare il matrimonio, stanotte?”.

“NO!”, urlarono i due Saiyan all’unisono, con una faccia che definire agghiacciata sarebbe stato un eufemismo.

“Ah, ok. Ehm. Bene”. Non poté che tirare un sospiro di sollievo.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

*Mazel tov significa letteralmente "buona fortuna" in ebraico. Il termine è stato incorporato nel linguaggio yiddish, ed anche nell'inglese, dove è spesso usato al posto di congratulations ("congratulazioni"). Solitamente, in un matrimonio, questa frase viene urlata dopo che lo sposo ha infranto un bicchiere.

 

Blatereggiando – Ovvero, le note della traduttrice.

Salve salvino! Nuovo capitolo pubblicato con una velocità impressionante al posto di studiare storia*coff*, e credetemi che la cosa è da festeggiare, perché io solitamente ci metto EONI ad aggiornare, LOL. Ma qui si parla di traduzione, quindi l’ispirazione in questo campo non mi crea problemi. *spara un’onda energetica ad Ispirazione che passava di lì per caso*. Anyway. Piaciuto il capitolo? Io personalmente l’ho adorato. :’D Diciamo in questo momento vorrei prendere Gohan e stritolarlo fino a strozzarlo. *amaGohanossessivo-compulsivamente*. Quel meraviglioso bambino. Qualcuno lo faccia santo. San Gohan, suona bene. E oh, direi che forse merita di essere fatto santo pure Vegeta. Perché, oh, neanche immaginate cosa sarà costretto a subire, pffft. San Vegeta. Suona malissimo, ma fa niente. Piccolo credo che in questo momento sia in una casa di ripristino della sanità mentale, quindi su di lui non mi pronuncio. Goku starà mangiando cosce di pollo da qualche parte, penso. O quello, o sta salvando il mondo dal solito alieno malvagio di turno.

CCCOMUNQUE. Grazie per tutti i commenti! Felice che la storia sia di vostro gradimento! L’autrice al momento è impegnata con il college e non ha spesso accesso al computer, ma date pure per scontato che vi ringrazi tutti per le recensioni. <3 Alla prossima settimana con il terzo, sconvolgente (SCONVOLGENTEH) capitolo!

E prima che me ne dimentichi, un minuto di silenzio per Signor Colui-Che-Non-Deve-Essere-Mangiato.

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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