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Autore: Luna Avae    23/10/2011    1 recensioni
Disincantata, decantata, sfruttata,agognata.
L'espressione "per sempre."
indelebile sulla bocca degli amanti.
Un patto possibile da seguire?
Nè limiti di tempo, nè di spazio una magia e un amore.
Per sempre.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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22 Marzo 1930, Londra.

Negli anni delle rinnovate scoperte scentifiche , degli studi sulla mente dell'uomo , degli scandagli della fede , degli imbrogli.
Non è ancora passato il tempo in cui una rinnovata promessa può smuovere anche l'animo più scettico.
Delicato suono di dita che accarezzano i tasti di un pianoforte , come di polpastrello che sfiori la pelle delicata di una guancia.
Attraverso un'ampia vetrata uno scorcio di luce taglia come burro il marmo delle mattonelle di un grande salone , pieno di arazzi e librerie su cui fanno capolino
nomi che danno da pensare alle menti moderne : Freud , Marx,Nietsche.
Ma di sicuro non a questo che è dedicata la scena , di scenza in quel preciso momento nessuno voleva parlarne.
Adagiata su una sedia se ne sta una donna , con gli occhi chiusi e un impercettibile sorriso sulle labbra.
"Suonala ancora , è come rivivere un lungo viaggio."
Le spalle di un uomo fanno capolino, è seduto davanti al piano e senza una parola ricomincia da capo a far nascere quella melodia , senza interruzione , senz fine.
"Non ti stancherai mai di sentirla?"
La voce dell'uomo è bassa, quasi non volesse interrompere neanche per un attimo il flusso delle note , come per non fare torto alla sua bella.
Entrambi sono abbigliati con impeccabile stile.
Lei indossa um abito bli pervinca , colletto alto , pizzi e trini.
I capelli sono legati in una  severa crocchia fermata al centro della testa da un fermaglio prezioso.
Lui è il ritratto della semplicità : completo gessato con immancabile cravatta, anche se la giacca è stata  dimenticata su un divano poco vicino.
" E tu non ti stancherai mai di suonarla."
nessun accenno di domanda.
"Come credi che faresti a trovarmi così facilmente se non ti lasciassi degli inequivocabili indizi?"
la donna si alza accarezzando distrattamento con la mano il tessuto del vestito.
"effettivamente diventa sempre più difficile seguire la scia delle tue tracce. Specialmente se sono bloccata in questi scomodi abiti . Preferivo di gran lunga la
moda sobria di qualche secolo fa. Niente pizzi e crinolina e tanto cotone."
L'uomo ride di cuore, quelle lamentele sugli abiti gli sono familiari quanto il suono della voce della sua donna.
"ti ricordo che ti lamentavi dell semplicità dei tuoi abiti da moglie di fabbro , qualche secolo fà."
nessuna ombra di rimprovero , solo leggerezza e ricordo.
La musica giunge nuovamente al fine proprio quando la donna si poggia delicatamente a lato del pianoforte, carezzando con la propria mano quella del compagno.
"è stato facile l'ultima volta però, è bastato trovarti nei dintorni e attendere che potessi chiedermi in moglie , niente divertimento."
la fanciulla mise su un broncio degno della più viziata delle principesse.
" beh potremmo divertirci adesso , hai deciso bene di essere una nobildonna , e io sono il tuo umile precettore. Credi che il tuo signor padre accetterà un tale disonore?"
Il musicista inarcò un sopracciglio e guardò divertito la dama.
"Non sarebbe la prima volta che siamo costretti ad un rapposto clandestino..devo ricordarti quella volta durante le guerre di religione in Francia?"
C'è qualcosa di vagamente anacronistico nelle loro parole , che però per i nostri protagonisti deve pur avere un preciso senso.
" ricordo perfettamente , mi hai fatto rischiare il rogo, strega."
Afferra di scatto la mano della donna ,ancora poggiata sulla sua , e ciò sollecita i tasti del pianoforte che producono una solitaria nota stonata.
"Non chiamarmi così, è stato un incubo stare attenta anche a come soffiarmi il naso per terrore di essere additata come megera."
L'uomo solleva lentamente la mano della donna e ne bacia delicatamente il dorso.
"beh adesso siamo nel mondo degli illuminati , qui tutti si soffiano il naso in fazzoletti di seta , non temere."
una leggera nota di presa in giro , bonaria.
"Come credi che faremo se un giorno..non dovessimo incontrarci. Se dovessimo vivere le nostre vite lontani , in attesa del prossimo viaggio?"
l'atmosfera cambia in un attimo , si sa bene che il peso delle parole riesce a mutare persino il ritmo del volo di una farfalla.
una ruga profonda solca la fronte dell'uomo , che attira bruscamente a sè la donna , guardandola negli occhi.
"Sai bene che ciò non può accadere , siamo uniti da un patto , un patto eterno. E se in qualche secolo non dovessi riconoscere la scia di distruzione che lasci alle tue
spalle , beh so bene che cosa farei.."
"cosa?"
una domanda posta in fretta,senza attese , con gli occhi smarriti di chi sa di avere paura.
"Dovremmo ripartire prima."
"e cercarci in un altro luogo."
completano l'uno la frase dell'altro, in ogni secolo , in ogni tempo , stipulano un patto.
Un patto che è un pò come la promessa di vivere , ma che è anche un pò come la certezza di morire.
Mente i loro visi si fanno sempre più vicini , nulla rafforza una promessa conme un bacio a fior di labbra, la porta della sala si spalanca e un buffo ometto iracondo
fa la sua comparsa osservando con occhi di brace la scena.
"pronta per affrontare questa vita miss?"
sussurra stancamente l'uomo all'orecchio della sua bella.
"pronta per affrontarla insieme ancora, singore."
La voce imponenete dell'uomo , bizzara in tanta poca statura , rompe i discorsi sussurrati.
"Mi avevano detto del vostro increscioso modo di importunare mia  figlia spacciandovi per un innocuo precettore , ma io non ho voluto credere!Adessi vedo con i miei occhi
che ciò che la gente dice per una volta corrisponde al vero! Disonore ed onta per la mia famigia!"
"Chi vi dice che non sia vostra figlia ad importunate me...come sempre?"



22 Marzo 1580, Vichy.

L'aria è greve e pesante,brucia la pelle e la irrita non lasciando scampo alcuno neanche alla più piccola porzione di epidermide.
La folla urla strepita , il cardinale recita con gli occhi fuori dalle orbite gli utlimi scritti di un noto studioso "La Dèmonomanie des sorciers".
Ma c'è qualcuno al centro della folla , isolato , poggiato sulla pietra arroventata di una casetta spartana.
Un uomo batte nervosamente i piedi sul pavimento, osservando la scena.
Ha già avuto modo di osservare quanto la fame e la sete di terrore e di morte riesca a riunire gli esseri umani più della declamazione di poesie d'amore.
Il cuore gli martella nel  petto e non ne può più di stare in attesa , non ne può più di attendere la fine della lattura di quelle insulse accuse.
Gli prudono le mani dalla voglia di andare ad attingere al pozzo del villaggio e spargere acqua a secchiate sulle fiamme che stanno ormai prendeno piede al centro della
piazza , fiamme minacciose e affamate.
Da quando gli uomini hanno insegnato loro il sapore della carne umana , esse sono diventate cattive e fameliche e non vedono l'ora di arrostire lentamente
abiti e pelle e di annerire ossa.
Ma non può.
Un antico patto lo tiene per le corna : "vivrai mille vite , e mille volte morirari tra le braccia della tua bella. Ma se sarà lei a perire  per prima allora dovrai guardarla negli occhi
al momento fatale e attendere. La morte non accetta di essere gabbata due volte."
Era ben valso quel prezzo , la loro promessa , risalente ad un tempo molto diverso.
Dove la natura era amica dell'uomo e il fuoco non era orco nero che divora ogni cosa.
Si tortura le mani e quasi scatta in avanti quando finalmente il cardinale , noioso ometto dal colorito roseo come quello di un porcello saturo di trippa, smette di parlare
Quattro donne vengono condotte , tra le urla e le risa crudeli della gente, al centro del falò, che ormai divampa con la solita inaudita violenza.
Difficile capire se sia la gente ad attizzare il fuoco o il fuoco ad attizzare le genti.
Gli occhi smarriti di una delle donne , spintonate verso il centro del fuoco , cercano qualcosa.
Grandi e blu, impauriti e smarriti sembrano scandagliare febbrilmente la folla alla ricerca di..
Un uomo dai capelli corvini si stacca da un muro incandescente e si fa spazio tra la folla , fingendo una foga scambiabile per brama di sangue.
In realtà cerca due occhi color del mare in tempesta.
Deve essere l'ultima cosa che vedranno, per poter essere la prima che ritroveranno.
In un altro tempo.
Scosta la massa di gente e sente su di se il peso di quel dolore che lei deve provare.
Lo sente sulla pelle il raschiare del fuoco.
E la donna non sbatte neanche le palpebre.
Chiudere gli occhi , per sempre , prima di averlo rivisto , significherebbe non poterlo rivedere mai più.
E il suo cuore ne soffrirebbe più della sua pelle attaccata dalle fiamme.
"streghe!"
"megere!"
"Fils de garce e du diable!"
la folla urla, sputacchiando e innalzando rabbiosa i pugni verso il cielo.
"guardami!"
urla un uomo in solitaria, mentre scosta le ampie vesti delle massaie, e scavalca bambini che piangono tutto quel male.
"guardami!"
e la donna lo sente , al di sopra della folla , del fuoco , e della voce del cardinale che la condanna per un colore di occhi troppo impossibile da trovare in natura
Occhi che adesso lo vedono.
E mentre le altre tre donne accanto a lei  , tre streghe per motivi disparati decisi da un'epoca che hanno scoperto ingiusta , pregano sottovoce
e piangono lacrime che il fuoco consuma prima che tocchino terra, lei chiude gli occhi e sorride , sorride e conserva tra le palpebre chiuse l'ultimo ricordo che la ricondurra da lui.
"cercami un un altro luogo."
le sue labbra formulano una muta richiesta che l'uomo legge da lontano.
Il respiro della donna si fa veloce , pesante , il fuoco le mangia l'ossigeno.
"..pertanto condanno marie de lincourt , genevieve montmatre , isobel de vigny ed elenoir bourgon a bruciare tra le fiamme , le loro anime si purificheranno e ancenderrano a Dio
strappate dalle loro carni corrotte e dedite a satana!"
un urlo si leva dalla folla , mentre un solo uomo, muto avanza verso le fiamme.
Fuoco che brucia , fuoco che consuma.
Uccidono.
E nell'esatto momento in cui il calore raggiunge la sua massima capacità la folla non nota un uomo, dalla folta chioma corvina che si getta tra le fiamme, a braccia aperte , sorridente.
"segui la mia melodia."
e la sua carne si consuma insieme   a quella delle streghe, tra cui la sua belle dame dagli occhi blu.
In seguito quando tra la cenere , calmatasi la foga dell'esecuzione , vengono ritrovate delle ossa di uomo , il fatto venne interpretato come un ulteriore segno di colpevolezza da parte di

Marie , Genevieve , Isobel ed Elenoir.
"sono ossa del diavolo, unico uomo che hanno avuto nella loro vita quelle fils de garce."
In un momento , da qualche parte, forse adesso
due anime si stanno cercando.



22 Marzo 1848, Roma.

"Maria? Maria! benedetta bambina , è pericoloso startene lì fuori a quest'ora sono tempi di rivoluzione questi.Mi farai morire.."
"...di crepacuore! Lo so mamma , non mi allontano, arrivo solo alla nuova altalena!"
Quello era anno di tumulto , e qualunque mamma tenesse alla salute della propria figlia imponeva un coprofuoco.
"la primavera dei popoli" bussava ale porte e non si sapeva bene se aprendo sarebbe entrato un rivoluzionario amico in cerca di rifugio o un borghese ala ricerca di colpevoli
per le sue perdite.
Ma persino nelle epoche più buie alcune cose restano uguali e nessuna madre preoccupata può impedire ad un arzilla bambina di sgaiattolare in giardino per provare una nuova altalena.
Che porti in altro , sempre più in altro.
Il padre l'aveva montata dicendole:
"questa ti spedirà dritta alle stelle, chissà che con quei tuoi due occhi color del cielo non ne rubi qualcuna e la porti fin quaggiù , bambina."
dopodichè era ripartito per una di quelle misteriose riunioni che la madre chiamava "incontri sindacali."
Mria non conosceva nulla della storia intorno a sè
ma sapeva tutto della volta celeste, le stelle le parlavano con sussurro da amiche e le dicevano che da qualche parte nel mondo qualcuno la stava cercando.
E lei credeva loro , perchè sin d quando era ancora  poco più alta del piede del tavolo del salone aveva in mente un ricordo.
Il volto gentile di un uomo da i lunghi capelli corvini che con occhi colmi di terrore le urlava di guardarlo.
Non sapeva bene chi fosse , nè perchè fosse così disperato , ma sapeva bene che quel ricordo doveva essere nato con lei.
Maria aveva otto anni e tre mesi, occhi color del cielo e un ricordo nero come l'ebano e rosso come il sole.
arrivò affannata all'altalena, illuminata dalla pallida luce del crepuscolo.
Tutto intorno alla loro casa la gramigna la faceva da padrona e solo alcuni non ti scordar di me riuscivano a contrastarla.
Salì sull'altalena e ben presto i suoi piedi furono ben lontani dal terreno.
Chiuse gli occhi e si abbandonò ad una melodia sconosciuta, che le era sempre stata familiare come il tepore del camino nelle giornate invernali.
E un alto , in alto , in alto.
Sempre più in alto.
"guardami!"
Maria aprì di scatto gli occhi sentendo una voce estranea risuonarle nelle orecchie.
Dalla sua posizione privilegiata poteva osservare dall'alto tutto il giardino , ma non vedeva nessuno.
"ehi tu, non mi vedi? Gurdami!"
la bambina rallentò la sua folle corsa verso il cielo e si fermò , rimettendo a malincuore i piedi per terra.
Per un attimo ebbe timore , non succedevano belle cose di quei tempi alle persone che rivolgevano la parola agli sconosciuti.
Eppure quella richiesta...
scese dall'altalena e notò a figura nella penombra di un ragazzino poco più alto di lei.
"guarda che chiamo il mio papà e ti faccio cacciare se vuoi portarmi in qualche posto lontano!"
disse inghiottendo un grosso groppo di paura.
Sapeva benissimo che suo padre non era in casa.
"portarti lontano? e perchè mai? Io volevo solo che mi guardassi con i tuoi occhi color del cielo!"
la figura uscì dalla penombra, un gran sorriso smagliante emerse dall'ombra, seguito da un volto gentile , fossette sulle guance e nube di capelli corvini.
" E quando la ritroverai in un altro tempo dovrai guardarla negli occhi , dovrai far si di risvegliare nel suo cuore l'ultimo ricordo. E cosi diventerai per lei il primo
e il solo , ancora una volta."
Maria ammutolì , stava per dare qualche rispostaccia sul fatto che fosse improbabile che uno sconosciuto irrompesse nel suo giardino solo per  guardarla negli occhi.
Furono proprio questi ultimi  a rivelarle che non era uno sconosciuto.
Le ginocchia le tremarono e la sua piccola testa da bambina iniziò a girare vorticosamente.
Il peso di molte vite non è facile da mantenere in piedi solo su due ginocchia.
Una fiamma violenta , il suono di un pianoforte , un fabbro che la chiedeva in sposa,due spade gemelle...
Quando riaprì gli occhi Maria non aveva più solo otto anni.
"Questa volta mi hai trovata in fretta."
persino la sua voce appariva più matura , come se prima fosse mela acerba e adesso fosse diventata rossa e succosa mela matura.
I giovane si avvicinò , dimostrava dieci anni , forse poco più.
"Diventa sempre più complicato essere l'unico ad avere la consapevolezza di cosa ci faccio qui."
le disse con una smorfia di amarezza.
La bambina abbassò gli occhi.
"sembra quasi che il peso del mondo gravi sulle tue spalle, in realtà è solo il peso di una promessa che forse..forse vorresti disfare."
il ragazzo sorrise , addolcendo la sua espressione, si avvicinò alla bambina dagli occhi di cobalto e le sollevò il mento con una mano.
"passano i secoli e le tue età , ma rimani sempre la stessa sciocca."
ridendo la prese per mano e la ricondusse all'altalena che spediva fin sopra le stelle.
"in alto Maria! In alto! Da lassù tutto appare più piccolo , tutto tranne i tuoi immensi occhi blu!"
la prese in giro mentre la spingeva sull'altalena , facendola volare sempre più sù.
"Trovarmi così presto ha degli svantaggi ,dovremo crescere insieme ed aspettare, lo sai?"
urlò la bambina dall alto dell'altalena.
Il ragazzo smise d spingerla e la fece fermare, dopodichè si sedette accanto a lei.
"beh di questi tempi non sono pochi i bambini smarriti , nè le famiglie che decidono si accoglierli..vero sorellstra?"
scese con un balzo dall'altalena e si avviò di corsa verso la casa che scorgeva al centro del malandato giardino.
Maria lo seguì con un balzo.
Cercando le parole per spiegare al padre che in effetti l'altalena l'aveva portata su nel cielo.
Ma che non le aveva regalato una stella.






22 Marzo 1098

C'era sempre quel rumore metallico.
Oltre all'odore metallico del sangue.
Persino l'aria sembrava di metallo , irrespirabile.
Gerusalemme stessa sembrava essere stata inghiottita da un enorme mostro composto dall'insieme di migliaia e migliaia
di armature.
Un blocco compatto di uomini stava ferma ai confini della terra santa , un altro gruppo eterogeneo si muoveva in branco
all'interno delle mura.
Eppure la vita tentava di scorrere a fatica, come quei fiumi che si snodano per attraverso sentieri aridi , contornati da rocca.
Con molta più facilità si muoveva una ragazzina  tra le bancarelle, illusione di un mercato libero.
Abbigliata di rosso scuro , come si addicevaalla sua età , l'abito era lungo e pesante, tanto quanto il velo che le lasciava scoperti solo gli occhi.
Con movimenti leggeri faceva sparire sotto la lunga veste di tutto : qualche mela , un pacco di riso, un pezzo di stoffa.
Veloce afferrava con una mano, piccola e liscia come quelle di chi non conosce il lavoro, tutto ciò che le capitava sotto tiro.
"puttana."
la calma con cui viene pronunciato l'insulto non lascia presagire nulla di buono.
L'ombra che faceva sparire le mele dalle bancarelle si bloccà di scatto e lascia cadere tutto ciò che aveva preso e nascosto tra le pieghe del vestito.
Un enorme uomo ricoperto di ferraglia , e non solo nel corpo, si avvicinò alla ragazzina estraendo la spada.
Sulla sua armatura facevano capolino i tipici colori degli invasori.
E quella crocie che doveva simboleggiare un uguaglianza mai esistita.
La muraglia umana si avvicinò alla ragazzina e sfoderò un sorriso che avrebbe fatto meglio a nascondere : i denti erano
talmente marci da riuscire quasi ad emanare cattivo odore a distanza.
"allora cosa abbiamo qui? Mh? Un'altra puttanella che ruba in nome di nostro signore?"
La ragazzina prese a tremare fino a battere quasi i denti.
Pensò alle due sorelline , alla madre e al padre ormai irraggiungibili per lei , e alla fame.
Un enorme buco nello stomaco che faceva male anche se ci buttavi dentro quei pezzi di pane duro che i vicini
donavano loro.
Il signor denti fetidi sguainò la spada e con un movimento sorprendentemente veloce per la sua stazza la avvicinò
al mento della ragazza , premendogliela sulle labbra.
"Un'altra troia,cosa nascondi sotto i vestito?mh?
il tono malizioso della domanda lasciava sottointendere il suo doppio senso.
O forse senso unico,vicolo cieco.
La donna mantenne lo sguardo basso e si morse la lingua talmente forte da sentire il sapore ferruginoso del sangue.
Pensa alle due sorelline,Amina e Aisha,sole nell'accampamento fatiscente dei ribelli.
Sente la punta  fredda della spada premerle sulla pelle e sa che la sua in quel momento è appesa all'elsa di quel ferro
più di quanto sia mai stata nelle mani del suo Dio.
Respira faticosamente e tiene gli occhi bassi, se solo vedessero il marchio del suo disonore non potrebbe sperare solo nelle percosse
e poi di essere rimandata a casa.
Era necessario che serrasse le palpebre e le labbra
L'uomo continuava a sorridere in quel modo crudele e orrendo, scrutava le forme della ragazza a stento intuibili da sotto il tessuto dell'abito.
La gente dalle bancarelle gira la testa dall'altra parte, continua a trattare sui prezzi delle merci e maledice in silenzio l'impotenza dei disarmati.
"A cosa ti serve questo velo se poi vai in giro a trafugare roba come una puttana del tuo Dio?"
la ragazza sente il sangue salirle alla testa e un sapore acre riempirle la gola.
" a  voi cosa serve andarvene in giro con quella cotta di maglia pesante se poi il vostro agire non è altro che quello di un porco, signore?"
sente le parole uscire dalle sue labbra, ma è come se non fosse lei ad averle pronunciate.
Ma una qualche entità sprovveduta e stupida che desiderava morire.
Assecondando ancora quella strana parte di lei sputò ai piedi dell'uomo con astio e poi lo fissò dritto negli occhi.
Una sensazione d cupa soddisfazione la avvolse e per un attimo soppiantò il terrore che le era salito in gola vedendo l'espressione furente dell'uomo.
Non sentì il colpo arrivare,la testa le si svuotò di tutto e si riempì solo di dolore.
Cadde all'indietro e sbattè contro la bancarella da cui prima aveva trafugato il pezzo di stoffa.
Per coprire il volto di Amina che ormai stava diventando una donna.
"brutta troia! e sei anche una Harami, sangue sporco, come hai osato insudiciarmi?"
continuava a colpirla con ferocia sferrando calci in ogni parte che il suo piede incontrava.
Ad innervosirlo maggiormente erano state le risa dei suoi compagni d'arme che avevano assistito alla scena dal punto in cui ancora si trovavano.
L'ultima cosa che la ragazza dal velo rosso sentì furono risate crudeli e dolore al fianco.
"so io cosa farne di una sangue sporco."
dopodichè un confortevole silenzio e del buio.
---
"Questa storia deve finire."
l'intera tenda sembrò tremare per il pungno sferrato con forza contro il tavolo.
pezzi di formaggio di capra e di pane non lievitato volarono in aria.
Un uomo dai lunghi capelli corvini guarda con astio il suo sottoufficiale.
"Questo accampamento non è un bordello.Portate le vostre donne da qualche altra parte. Non ho spazio-nè voglia-per loro qui, siamo intesi?"
L'uomo indossava un'armatura leggera, sul suo braccio faceva capolino una fascia con sopra la consueta crocie rossa dalle braccia uguali.
Era inequivocabilmente un cristiano.
Lo si capiva anche dalla "ricchezza" del banchetto che era stato rovesciato sul pavimento, pane e formaggio erano prelibatezze da invasori.
Una riga profonda solcava la sua fronte e gli occhi neri e profondi guardavano con biaismo la montagna di lardo di fronte a lui.
Era quello il protoipo di soldato che gli era stato affidato per portare la fede dell'unico Dio nella terra santa.
Uomini che miravano solo al potere, alle donne e al lusso.
E Dio solo sapeva se Gerusalemme non offrisse tutto ciò in grande quantità.
"Non puoi pretendere che i tuoi soldati si comportino come dei santi, è la guerra ad essere santa non gli uomini che la conbattono."
disse l'ammasso di lardo in armatura divenendo rosso come un porcello.
Ciò che aveva spinto il generale ad andare in guerra era la fede,la fede sincera.
Credeva veramente di andare a portare la parola del suo Dio in terre dove non era ancora stata ascoltata.
Come un nuovo apostolo,un profeta.
Il suo credo nella divinità era incrollabile, aveva sperimentato su pelle come in cielo on vi fossero solo stelle.
Ma ciò che aveva trovato non era una missione, ma un massacro.
E gli uomini che  doveva comandare non erano apostoli di fede, ma mercenari.
Approfittando del suo silenzio il suo sottoposto si lanciò in un discorso che doveva giudicare impeccabile.
"e poi questa qui è una prelibatezza. é una sangue sporco, occhi blu di mare in tempesate e temperamento di puledra da domare."
la sua espressione era talmente disgustosa da costringere il comandante a voltarsi dall'altra parte, facendo ondeggiare i lunghi capelli corvini.
Ma in realtà il suo cuore batteva all'impazzata e tentò ,volatandosi, di nasconderlo alla montagna umana.
Oltre alla fede c'era qualcos'altro che lo aveva spinto ad intraprendere quella guerrae quegli estenuanti viaggi accompaganto da uomini con le anime logore come stracci.
Una ricerca,più importante della sua vita stessa.
E la possibilità di viaggiare, offertagli dal raggiungimento di un grado militare molto elevato, era ciò che gli serviva.
La guerra santa era per lui la ricerca di qualcosa di più importante di qualunque Dio.
"in quale tenda l'avete sistemata?"
Continuò a dare le spalle a quello che era il suo sottouggiciale.
Se solo avesse visto la sua espressione trionfante gli avrebbe vomitato sui piedi.
Si sarebbe vantato per tutto l'accampamento di essere riuscito a corrompere la volontà di ferro di quello che era da tutti conosciuto come "il santo."
"nella tenda proprio di fronte a questa,vedrete che temperamento e che occhi. Quella dannata cagna mi ha sputato su piedi, adesso pretendo che la sua bocca faccia ben altro."
rise sguaiatamente battendosi le mani sull'enorme pancia coperta dall'armatura.
Con un gesto della mano il comandante dalla chioma corvina lo congedò,prima di cedere al'istinto di strappargli quei denti neri uno per uno.
"Verrò a vederla stasera. Nessuno deve toccarla prima di me intesi?"
si voltò verso l'altro fulminandolo con lu sguardo.
L'ammasso di lardo gli sorrise, credendo di riconoscere nei suoi occhi la fiamma della lussuria.
Le sue truppe iniziavano a credere che non avesse l'uccello sotto l'armatura.
"Non mi importa chi se la sbatte per primo , mi basta essere l'ultimo."
il sottoufficile uscì dalla tenda del suo comandante con un espressione di trionfo.
Tutti gli uomini in fondo sono uguali,adesso ne ha la conferma.
Non può sapere quanto l'uomo dal quale si è appena congedato sia particolare.
E quanto bizzarra fosse la speranza che quest'ultimo provava in quel momento.

....
"Amina, Aisha!"
un mucchio di stracci rossi farfugliava, nella tenda di fronte.
Nell angolo destro di una tenda smunta, logora e sporca, buttato sul pavimento, stava quello che sembrava un mantello calpestato da un gregge di pecore.
E da esso si levava un lamento continuo che innervosiva la gurdia di turno.
Aveva visto quando l'avevano portata, sembrava morta stecchita.
Gli avevano detto di fare la guardia  e lui la faceva.
Ma adesso quel sussurro continuo iniziava ad innervosirlo.
!AISHA, AMINA!"
improvvisamente la coltre di tessuto rosso si smosse e ne uscì una voce più forte.
La ragazza non aveva la più pallida idea di dove fosse, il suo primo pensiero fu quello di alzarsi ma un dolore lancinante al collo la bloccò e le mozzò il respiro.
Un pesante collare di ferro le segava la pelle e la teneva ferma , attaccata ad una catena che sembrava incastonata nel terreno come una poetra preziosa.
Fece l'inventario completo del suo corpo, gambe,braccia,mani,dita.
Solitamente ai ladri tagliavano le mani, le sue invece erano al proprio posto, escoriate e sudice ma al loro posto.
Il ricordo di tutto ciò che le era successo le piombò addosso assumendo il peso di una tonnellata di cemento.
Le sue parole , l'insulto a quel cavaliere empio,sputare ai suoi piedi.
Come aveva potuto essere tanto avventata?
Si guardò intorno per capire dove fosse finita.
Sembrava l'interno di una tenda,il puzzo di sudore e di sporco era nauseante.
L'unica persona  presente a parte lei sembrava essere un ragazzino mingherlino che se ne stava seduto al lato opposto della tenda fissandola senza interesse.
"se non stai ferma il collare ti segherà il collo prima che te lo taglino con la spada,già."
la voce del ragazzino era annoiata, e ciò venne confermato dallo sbadiglio sonoro che le riservò poco dopo.
"dove sono? Dov'è il tizio che mi ha portato qui? è
un uomo enorme, in armatura, un infedel grosso come una montagna!"
non si preoccupò di prestare attenzione alle sue parole, tanto il tempo che le restava era tutt'al più quello di qualche stupro.
Dopodichè sarebbe morta, lontana dalle sue sorelle.
"hanno portato anche due bambine?"
chiese di fretta, tentando con tutte le sue forze di strattonare la catena che la teneva ancorata al terreno.
La reazione del ragazzino fu quella di sollevare in sopracciglio.
"vedi bambine qui?"
sbadigliò di nuovo mostrando molto poco interesse.
La ragazza ricadde dolorosamente sul pavimento, dopo l'ultimo tentativo di staccare collare e catena.
Aveva il viso scoperto e sporco.
Tentò di rimettere insieme i brandelli di velo che erano rimasti.
Quanti uomini l'avevano vista in volto? Quanti infedeli? Quanti del suo popolo?
Quanto si era disonorata? L'avevano già violentata mentre era incosciente?
Non poteva sapere nulla di tutto ciò, anche se nessun dolore in parti anomale del corpo lasciava presagire che fosse stata..disonorata.
Mise a posto come poteva i pezzi di stoffa rossa e si coprì il volto come meglio poteva.
Dall'eta di dieci anni la madre le aveva insegnato che Allah conosceva il cuore degli uomini e sapeva che era sporco.
Come le pentole di terracotta dove cuocevano la zuppa di farro.
Ed era per questo che aveva fornito alle donne la possibilità di difendersi dagli uomini coprendosi il più possibile
per limitare la loro naturale lussuria.
Allah sapeva come preservare le donne, che erano tutte sue spose fino al momento di prendere marito.
Unico uomo che poteva guardare in viso la propria sposa , nell'intimità del talamo.
E adesso la sua faccia era stata vista da un porco in armatura, da una guardia infedele e annoiata e da chissà quanti altri uomini.
"Non credo che ti sia utile coprirti sai? Sarai fortunata di morire con le mutande addosso."
ignorò il farfugliare di quell'insulso ometto , possibile che fosse destinata a morire a quel modo?
Il suo pensiero andò alle sorelline, l'avrebbero attesa un giorno, due giorno e poi avrebbero capito.
E avrebbero dimenticato.
Nulla è più facile che dimenticare i caduti in una guerra, sono cosi numerosi che si farebbe fatica a tenerli a mente tutti e a piangerli.
lei stessa aveva dovuto dimenticare la madre e il padre.
Sin da bambina aveva sognato il principe azzurro, un cavaliere di fede che arrivasse a portarla via, che le scostasse il velo dal viso e le sorridesse.
Con lunghi capelli corvini da accarezzare e occhi profondi.
Adesso ciò che doveva aspettarsi era l'arrivo del maiale che l'aveva portata fin laggiù.
E poi..la morte.
Decise in quel momento come sarebbe morta: con gli occhi chiusi.
Non voleva vedere il volto di nessuno di quegli uomini, non voleva vedersi riflessa nei loro sguardi ributtanti.
Avrebbe pensato ad altro e mantenuto nella mente il ricordo di quell'uomo cui sognava di donarsi.
L'intera tenda tremò per lo sforzo di accogliere i due visitatori.
Uno dei due dovette camminare chinato per riuscire a passare, laltro era più basso di parecchio.
Uno camminava spedito, l'altro tentennava nell'incertezza.
Possibile che la sua ricerca lo conducesse lì?
Era possibile che quelli fossero due occhi blu qualunque , anche se in quella terra e in quel frangente avevano un preciso significato.
Quella donna doveva essere una harami, una bastarda, figlia di una musulmana e di un cristiano.
probabilmete nata da uno stupro come quello che in teoria erano venutia a compiere in quel momento.
La guardia accolse il loro arrivo senza il minimo interessa, fece un cenno con la testa a mò di saluto e indicò la ragazza che si rannicchiò il più possibile nel suo angolo.
"è sveglia. Insiste con il coprirsi, io glie l'ho detto che avreste spogliata voi."
ennesimo sbadiglio del ragazzino.
"ti sono mancato eh? Cagna bastarda, credevi che non sarei tornato?"
l'ammasso di lardo dai denti neri fece un passo verso la donna, bramando già la sua vendetta, ma venne bloccato dalla spada dell'altro.
"hai ordini ben precisi."
con un brontolio luomo si fece indietro.
"ma certo prima il comandante."
"uscite, tutti e due."
la donna sentiva i loro discorsi tremando come una foglia, quasi battendo i denti.
Ma mantenendo fede alla sua promessa: occhi serrati.
"ma.."
protesta irata della montagna umana. conosciuta per la sua fama di Voyer.
"ho detto fuori,non tutti amano la compagnia in certi momenti."
Da li a poco avrebbe sentito le mani di qualcuno toccarla,svestirla rudemente e violarla.
Il cuore prese a batterle tanto forte, e a farle male.
Non voleva, non voleva assolutamente.
Sentì rumore di passi che si allontanavano, la struttura della tenda malandata tremò di nuovo, e seppe di essere rimasta sola con uno di quei bruti.
I suoi arti sembrarono rimpicciolirsi e fare a gare per rientrarle nel corpo.
Aveva paura.
Come può avere paura solo una persona giovane, di soli diciotto anni.
Non si accorse dell'avvicinarsi del'uomo, che nel frattempo la scrutava attentamente con sguardo emozionato.
Poteva essere lei.
Poteva davvero essere lei.
Tutto ciò che cercava, tutto ciò che lo aveva spinto a quel viaggio.
Quella forza indissolubile che guidava il suo destino verso di lei.
Si inginocchiò di  fronte a lei e avvicinò una mano al suo volto, coperto dal velo.
La donna scattò.
"NON TOCCARMI, NON TOCCARMI, UCCIDIMI E BASTA,UCCIDIMI, OH TI PREGO PER ALLAH O PER IL TUO DIO UCCIDIMI!"
non riuscì a trattenersi e urlò con tutto il fiato che aveva in corpo quella supplica.
Non era fatta per morire in silenzio, già sarebbe morta da cieca.
Quella voce, quella voce tolse ogni dubbio.
"guardami."
uan richiesta gentile, un tono emozionato.
Che lasciò spiazzata la donna e la fece smettere di urlare.
Cosa voleva? toglierle la sua ultima difesa contro il disonore?
Serrò gli occhi ancora più forte, anche se qualcosa nel tono dell'uomo l'aveva sopresa.
Era..emozione?
"è forse possibile che dopo tutto il tempo passato a cercarti io debba trovarti proprio qui sporca,maltrattata..nemica?"
Non capiva,davvero non capiva.
Mentre di fronte a lei un uomo si struggeva invece per la voglia  di capire, di avere la certezza.
le passò lentamente una mano sulle palpebre chiuse, con una gentilezza che lei mai aveva sperimentato.
Fu questo a convincerla ,forse, a morire con gli occhi aperti.
Mise a fuoco la figura di un uomo dai lunghi capelli corvini e dai tratti gentili.
Occhi neri e profondi.
Dentro occhi blu pieni di lacrime trattenute.
Tempo addietro, una scena diversa vedeva gli stessi protagonisti.
Sull'altare della Dea dalle molte vite due amanti chiedevano riscatto contro il destino infame che aveva donato loro amore e malattia in misura uguale.
Il destino di lei era di non sopravvivere all'inverno per una malattia sconosciuta le la dilaniava.
Il destino di lui era quello di non potere vivere del suo amore dopo averlo trovato.
In sacrificio per la Dea diedero gli occhi di lei , color zaffiro, e il sacrificio di lui che si apprestava a vederla morire prima di togliersi la vita lui stesso.
Una lacrima era scesa dl volto della statua della Dea, in un tempo remoto ove ancora il cuore degli uomini palpitava insieme a quello della natura.
Aveva concesso al loro amore reincarnazione aterna a patto di eterno sacrificio.
Poichè vivere innumerevoli vite significa anche morire per altrettante volte.
Lui avrebbe dovuto cercarla e non lasciarla mai morire prima di avera guardata negli occhi, inseguendo per sempre il riflesso selle sue iridi blu.
Questo ricordo, insieme a tutti gli altri riempì il cuore e la mente della giovane.
Capì in quel momento perchè le fosse stato tanto facile celare il proprio volto.
Non per non mostrarlo a nessun uomo se non allo sposo ma per celarlo alla vista di tutti prima dell'arrivo di lui.
Si riconobbero.
"la mia richiesta non cambia, Uccidimi adesso."
furono le prime parole della donna, con voce e consapevolezza totalmente nuova.
Lui le mise un dito sulle labbra imponendole il silenzio.
"stanotte, quando anche la luce della tenda di fronte sarà spenta, tu uscirai fuori di qui, mi troverai qui davanti.Fuggiremo,andremo in terre dove non sanno neanche il significato della parola <>"
lei annuì e si avvicinò al volto dell'amato.
"Questo nostro vivere per sempre somiglia molto ad un continuo morire."
"Questo nostro vivere per sempre mi permette di stringerti adesso."
Con un colpo di spada lacera la catena che la tiene ancorata al terreno e ad un destino non suo.

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il silenzo scandisce il passare delle ore.
L'ultima luce si spegne immergendo l'accampamento intero in un buio di pace.
L'unica pace che si conosce in tempo di guerra è quella della sera.
C'è un tacito accordo di parte che spinge due fazioni nemiche a non attaccarsi di notte: la morte va vista alla luce del sole.
Un ombra scivola sinuosa fuori da una delle tende, lunghi capelli scostati dal vento e una fascia al braccio.
Cerca intorno a se un'ombra gemella per condurla al sicuro nel suo abbraccio.
Una donna trema di freddo e di paura e quando vede spegnersi l'ultima luce abbandona la finzione di essere ancora legata e stacca la sua catena dal terreno.
Con passi leggeri esce all'aria fresca della sera e incontra ad attenderla due braccia forti,un volto sorridente e la promessa di un'altra vita.
  
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