Night of thoughts
Ore 01.00
Greg
stava seduto su una sedia scomoda nella sacrestia.
Non
riusciva a ricordarsi perché stava lì, perché era nascosto in quel luogo con
la desolazione che gli riempiva il petto.
Stringeva
con forza le mani lungo i fianchi. Gli occhi marroni che fissavano tristemente
una coppa usata per bere il vino.
Warrick
entrò nella stanza silenziosamente. “Greg? Come mai mi hai fatto venire
qui?”
Sanders
spostò lo sguardo sul collega di colore. L’aveva chiamato circa un’ora fa.
Lo
aveva chiamato, ma non sapeva l’esatto motivo.
Forse
per tutte le cose appena avvenute.
Forse
perché aveva paura di uscire da lì, da solo. Uscire a cercare qualcuno che
probabilmente non si ricordava che giorno fosse quello.
Che
quella mattina...
La
mattina, del 9 settembre 2006, doveva essere speciale per Greg.
“Non
credo che ce la farò.”
Ecco,
forse era anche quello che gli metteva paura. Il fatto di dover fare... E
sicuramente non si sarebbe tirato quelle paranoie mentali se al posto di Brown
ci fosse stato il suo migliore amico.
“Di
fare cosa? Che c’è da fare in questa chiesa alle una del mattino?”
Già,
cosa c’era da fare?
Beh
c’era qualcosa da fare, ma non all’una.
Non
così presto, ma Greg non riusciva a dormire. A riposarsi per quelle due orette.
E allora era andato lì, in quella chiesa.
Così
piccola ed accogliente.
Si
domandò perché loro non facevano parte della sua vita al di fuori del lavoro.
“Warrick,
saresti così gentile, d’aiutarmi ad andare a casa di un mio amico? Ho solo
bisogno di un passaggio fino alla stazione dei treni. Abita lì e non so come
arrivarci. Non ho soldi in questo momento.”
Brown
lo guardò contrariato, “Non hai soldi?!? Esci di casa senza soldi?” ora gli
era chiaro il perché Sanders lo avesse chiamato a mezzanotte, buttandolo giù
dal letto e lasciando sola Tina.
E
non sapeva bene il perché ma si ritrovò in macchina, con il giovane seduto
accanto a lui.
La
fronte schiacciata contro il finestrino.
I
capelli stranamente ben pettinati.
E
vestito con lo smoking, cosa assai strana.
Si
fermò davanti alla stazione, nessuno dei due aveva parlato per quei dieci
minuti, ma non importava.
Lentamente
Sanders scese dalla macchina, e con passi annoiati s’avviò verso un
condominio grigio.
Improvvisamente
un pensiero attraverso la mente di Warrick, si sporse dal finestrino, “Greg!”
chiamò, lo vide fermarsi ed aspettare vagamente sorpreso “Non farai mica
sciocchezze, vero?”
“Aspettami
qui, torno subito.”
Ore 02.00
L’aria
calda, estiva, gli colpiva il petto nudo. L’odore di salsedine lo rilassava. E
il rumore delle onde del mare lo faceva sorridere.
Nick
Stokes stava beatamente sdraiato su una sdraio, una birra nella mano destra.
Nessun cercapersone da nessuna parte, nessun Grissom nelle vicinanze, e
soprattutto niente lavoro!
Una
ragazza bionda gli stava accanto, e con movimenti sensuali si spalmava i un
unguento abbronzante sul petto.
Nulla
di più bello poteva capitargli.
“Tesoro...”
la bionda si voltò con lui con occhi ammiccanti, “Mi spalmi l’olio sulla
schiena?”
Perché
no? Magari poi avrebbe potuto fare altro...nella loro stanza...o magari lì, in
spiaggia...
E
senza accorgersene era già con le mani sulla sua schiena perfetta.
Beeb-Beeb
Un
suono lontano, inesistente.
Beeb-Beeb
Beeb-Beeb
Perché
mai qualcuno avrebbe dovuto rovinare la sua vacanza con il rumore fastidioso del
cellulare?
Beeb-Beeb
Beeb-Beeb
Proprio
ora che stava con quella bionda e le spalmava l’olio sulla schiena scura.
Beeb-Beeb
Beeb-Beeb
Nick
aveva il vago sospetto che il cellulare fosse il suo, ma dove lo aveva lasciato?
Beeb-Beeb
Beeb-Beeb
Lentamente
l’immagine della bionda e della spiaggia scomparvero. Aprì lentamente un
occhio, mentre con la mano sinistra s’allungava sul letto alla ricerca del
telefonino.
Beeb-Beeb
Beeb-Beeb
Chissà
da quanto suonava quel maledetto cellulare.
Ci
aveva messo tanto a trovarlo, per vari motivi, uno dei quali era che stava dormendo!
Guardò
il display Warrick, che voleva a quell’ora?
“Pronto?”
forse la sua voce era più dura del dovuto.
“Nick!
Finalmente hai risposto!” certo che la voce del suo amico era piuttosto
agitata.
“Ho
bisogno di te. Non so cosa sia capitato, ma Greg ha preso la macchina.”
Sanders
aveva preso la macchina? E allora? Era abbastanza grande per poter fare ciò che
voleva, no?
“Urlava
che doveva fermarla...”
“Fermare
chi?” finalmente aveva deciso di parlare, “Che cazzo ne so, io! Vieni
alla stazione dei treni subito!”
Tum.
Tum.
Tum.
Gli
aveva buttato giù!
Guardò
arrabbiato l’orologio, le due e dieci.
L’unica
sera disponibile per dormire, e Warrick lo aveva svegliato cazzo!
E
ora chi riusciva ad addormentarsi?
Beh,
tanto che c’era poteva andare a fare un salto alla stazione, tanto era una
cosa che facevano tutti... Non di prima mattina però!
S’alzò
di malavoglia e andò alla ricerca di pantaloni puliti.
Ore 03.00
Warrick
Brown stava seduto sul marciapiede della stazione dei treni. Le mani stringevano
un cellulare con forza.
Subito?
Subito? SUBITO?
Aveva
chiamato Nick mezz’ora prima –probabilmente svegliandolo- e lui gli aveva
detto che arrivava subito!
Ma
non c’era nessuno che lui ritenesse uguale al suo collega in quella stupida e
squallida stazione!
Una
macchina blu si sfrecciò di fronte.
“Era
ora!” Nick parcheggiò proprio di fronte al collega di colore.
“Guarda
che me ne vado, se vuoi!” era arrabbiato, ma Warrick non gliene fregava un bel
niente! Anche lui era stato svegliato per cosa poi? Per essere abbandonato alla
stazione dei treni, a piedi!
Salì
sulla macchina nera dell’amico.
“Andiamo.”
Ordinò, ma Nick non accese il motore, Brown si voltò verso di lui,
“Andiamo?!?”
“Dove?”
A
quella domanda Warrick trattenne il fiato.
Non
sapeva dove andare. Non sapeva proprio. Ma lui doveva riavere la propria
macchina.
La
macchina che Greg gli aveva rubato.
Improvvisamente
il cellulare di Warrick suonò. Non rispose, fu Nick a prendere la chiamata.
“Si?”
ora sembrava meno arrabbiato.
“COSA?”
e nel giro di pochi secondi la macchina ripartì velocemente. Il cellulare
dell’uomo di colore che stava ancora aperto sul sedile posteriore. “Che
giornata di m...” esclamò fermandosi al semaforo rosso, su incrocio
completamente vuoto.
Ore 04.00
Greg
lo aveva chiamato per avvisarlo dove stava la sua macchina.
Stava
all’autostazione.
La
rabbia che prepotente riempiva il petto di entrambi, scemò quando videro il
loro collega buttato su un marciapiede sporchissimo. Le mani tra i capelli, e
gli occhi pieni di malinconia.
Era
come Warrick lo aveva trovato in sacrestia.
Perso
in una personale paura.
Qualcosa
che non avevano mai visto nello sguardo del giovane. L’insicurezza di fare
qualcosa di sbagliato, e la sicurezza che era andato tutto a quel paese.
Greg
alzò gli occhi scuri sui due colleghi.
“Scusami...”
mormorò, abbassando il capo.
A
quanto sembrava nemmeno lei aveva capito che quella doveva essere la
mattinata più bella della sua vita.
“Cosa
non va?” Nick si era seduto accanto a lui, e Warrick lo seguì.
Che
cosa dire ora? Loro non erano amici, loro non avevano fatto parte della sua vita
privata.
Dire
che la sua vita era andata a puttane solo perché lui erano incapaci di non
farsi paranoie.
Non
poteva di certo dire, che tutto era cambiato da quando il suo amico se ne
era andato per sempre.
E
di sicuro non avrebbe osato parlare di lei.
Greg
ci pensò su a lungo su cosa non andava oltre a tutto quello, optò per una
frase incerta e molto, molto vaga: “Ha preso l’autobus.”
Ore 05.00
Nick
parcheggiò davanti alla piccola chiesa.
Cosa
ci faceva Greg vestito così elegantemente, con i capelli stranamente pettinati,
in un luogo come quello, proprio non lo capiva.
Sapeva
che Sanders non era molto religioso, e che preferiva starsene sdraiato
sull’erba che andare a messa.
E
allora perché quel sabato mattina aveva insistito per andare lì?
Warrick
scese dalla propria macchina per raggiungere Stokes. “Ma cosa sta
capitando?” mormorò, Brown lanciò uno sguardo preoccupato al giovane che
lentamente, annoiato e stanco entrava nella chiesa.
Sul
portone vi stava un foglio stampato.
Una
foto, due nomi.
Ma
non riusciva a distinguere i due volti.
Solo
quando Greg scomparve nel buio dell’edificio, deciso di ritornare ognuno nella
propria casa.
Nick
accese il motore per poi spegnerlo di botto.
Warrick
si fermò sul marciapiede.
Una
ragazza vestita completamente di bianco stava correndo nella loro direzione.
Aveva
l’abito un po’ rovinato e stropicciato.
I
capelli neri spettinati.
Non
gli degnò di uno sguardo e con velocità entrò nella chiesa.
Da
fuori i due colleghi poterono sentire solo la sua esclamazione allegra con una
nota dolcezza.
“Scusate
il ritardo, ora possiamo sposarci Greg!”
Fine