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Autore: Queen of Superficial    25/10/2011    5 recensioni
Due pseudogroupies incasinate con le stanze da letto che comunicano tramite un palo dei pompieri. Un non più giovane frontman di una band nel pericoloso olimpo degli dei del rock. Una ragazza innamorata di un'idea, di un artigiano di sogni inconfessabili che poco ha a che fare con l'uomo reale. Una serie di assurdità in fila per due, con la partecipazione straordinaria di ricordi rock, di band nevrasteniche, di chitarre ipnotiche, di fatti di vita non vissuta ma senz'altro vivibile. Così, senza ipocrisia, in una spirale di violente emozioni sulle note di una Manson che creano un'improbabile, tenera, storia d'amore. La storia, tirata a lucido, di qualunque di voi.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Christopher Wolstenholme, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Best friends, ex friends to the end, better off as lovers
and not the other way around.
(Fall out boy)

 

Il ragazzo le gettò un'occhiata da sopra la spalla, guardandola infilarsi la sua camicia, come succede nei film. Le stava grande per davvero.
“Devo farti una domanda.”, le disse.
Lei si voltò, liberando a due mani i capelli dalla camicia, struccata, con le labbra ancora gonfie per i baci e gli occhi languidi.
“Oh, sei stato formidabile.”
Il ragazzo scoppiò a ridere, e lei anche. Sapevano entrambi che non era quella, la domanda.
Lui allungò una mano per accarezzarle i capelli neri.
Dal punto di vista prettamente gestuale, questo è senza dubbio uno di quei segnali inequivocabili di timore della perdita. Si tocca una cosa, per paura di vederla sparire. Per sincerarsi che è reale. O per sentirla propria, anche solo per un attimo, anche se è una bugia, anche se è chiaro che
quella cosa non sarà mai davvero di nessuno.
Ma non saprei spiegarvi perchè lui lo fece. Forse, solo perchè gli andava di farlo. Perchè ognuno dei rapporti che quelle persone intrattenevano tra di loro era unico, biunivoco e inaccessibile a tutti gli altri.
“Perchè hai fatto l'amore con me?”
La ragazza affondò il naso nel collo tatuato di lui.
“Perchè volevo sentire odore di casa un'ultima volta, Brian.”

 

 

Il bosco è meraviglioso e scuro all'imbrunire
ma io ho miglia da percorrere
e promesse da mantenere
prima di dormire.
(R. Frost)

 

L'unica cosa che potesse farmi sentire meglio era scrivere.
Certo, meglio di sbattere una porta in faccia. Meglio di due chilometri di corsa. Meglio di una birra al cimitero. Meglio di dondolare meditabonda in piedi su un'altalena per la durata di un millennio. Tutte cose che avevo fatto, senza trarne il minimo sollievo. Ma, anche a scrivere, sembrava avessi la mano bloccata nel cemento.
“JIMMY?”, chiamai a gran voce.
Matt Shadows stava dondolando una bambina tra le braccia, cantandole Dear God.
Io, in vestito da sposa, mi aggiravo come un fantasma avanti e indietro per un gigantesco salone inghirlandato: avevo una penna in mano e una macchia nera di inchiostro sul vestito.
“Hai una macchia di inchiostro sul vestito.”, osservò mio cugino, sistemandosi la cravatta. Alzai gli occhi al cielo e gliela sfilai con un rapido movimento del polso. Gli tolsi pure la giacca, e buttai tutto sul divano.
Poi, gli aprii i primi tre bottoni della camicia.
Ci guardammo, perplessi.
“Jimmy, ma che cazzo sto facendo?”
“Ah, non lo so, Ria. E' tutta la mattina che me lo chiedo.”
Lo guardai di sbieco.
“Mi riferivo al matrimonio.”
“Anche io mi riferivo al matrimonio,”, disse sorridendo mio cugino, “non ci trovo niente di strano in te che mi levi metà dei vestiti lanciandoli con rabbia su un divano. Mi hai fatto anche saltare un bottone, guarda.”
Lo abbracciai, stravolta.
“Ehi, ehi, ehi, piccola.”
Mi trapassò coi suoi occhi azzurro cristallo.
“Non è mica obbligatorio sposarsi.”
“Certo, vai a dire a Zacky di tenersi pronto con la moto sul retro, magari appendo tutti all'ultimo minuto e lo lascio sull'altare.”
Sospirammo.
“Io lo amo.”, dissi, appoggiandomi alla finestra e dandogli la schiena. Non ce la facevo a guardarlo.
“Ma non è abbastanza, Jimmy. Non è abbastanza.”

 

Il cielo d'Irlanda è una gonna che gira nel sole.

 

Ria! Smettila di roteare furiosamente! Ti rovinerai il vestito!”
Con affetto, Vivienne Westwood.
La macchia d'inchiostro era un punto leggero nascosto dalle pieghe dell'abito bianco.
Correva scalza tra i bambini che affollavano la spiaggia. Cugini di cugini di cugini, in una di quelle spiagge interminabili tipiche della California. Nessuna chiesa. Le botti di Guinness Stout in un gazebo sulla sabbia. Rose rosse sfumate di giallo e arancione. Fisarmoniche. Peonie bianche. Piedi nudi nell'acqua. Capelli sciolti che frustavano il vento. Il sole, pronto a tramontare. James si sistemò la cravatta, sorridendo. “Penso sia ora di andare.”
Ria si fermò e gli sorrise amorevolmente, accarezzandogli le guance. “Penso anch'io.”
Bliss spuntò dal nulla, con dietro suo padre, da solo, e disse: “Noi prendiamo la macchina. Tu vai avanti con Zacky.”
Ria sorrise, abbracciò la sua migliore amica, si tirò su i lembi del vestito e lasciò la spiaggia alle urla belluine della sorella che si stava accertando che ogni dettaglio fosse al suo posto.
Tolse la sigaretta dalla mano di Zachary, appoggiato alla Harley Davidson, e gli rivolse uno sguardo divertito.
Lui si morse il piercing al labbro.
“Signore, perdonala, perchè non sa quello che fa.”
Ria si strinse nelle spalle, soffiando via il fumo. Sembrava una bambina più che mai, quel giorno. “Può darsi.”
Qualche vento arrivato da lontano increspò le onde e le mosse il velo intorno al viso.
“Forza”, disse lei, alzandosi il vestito fino alle cosce, “Accendi questo gioiellino”.
Zacky sorrise, mentre partiva con una sposa attaccata al giubbotto. Il velo volò via dalla sua testa per andarsi a poggiare sul parabrezza di una macchina ferma, dolcemente.
Una parata di auto nere si apprestò a seguirli, in direzione del Good Shepherd's.
Mentre scendeva dalla moto, un po' di freddo le fece venire i brividi, ma James era lì accanto e le porse il braccio.
Ria lo prese, alzando lo sguardo verso di lui. L'abito bianco frusciava intorno alle ballerine, nell'erba fresca, e la differenza tra loro era notevolissima. Non ci avevo mai fatto caso.
Gli occhi di Matthew Bellamy brillavano di gioia, a guardarla avanzare verso di lui.
E quando suo cugino gli tese la mano di lei, non potè fare a meno di reprimere una lacrima.
Si dice che se le lacrime iniziano a sgorgare dall'occhio destro siano sintomo di dolore, se invece dal sinistro, di gioia. Io non lo so, ho sempre pianto da entrambi gli occhi contemporaneamente.
Comunque, il prete stava dietro una lapide bianca.
Che idea originale, celebrare un matrimonio in un cimitero.
Ma Ria aveva voluto sposarsi sulla tomba di sua madre, e a Matt era mancato il cuore di dirle di no.
“Ciao mamma”, sussurrò, appena prima che iniziasse la funzione.
La mamma era lì, dietro di lei, e le sorrideva. “Forza, gattino.”, le disse, ma Ria non poteva sentirla.
“Eldariael Montague, vuoi tu...”
Per una frazione di secondo, ma fu solo una frazione, lo sguardo di Ria saettò verso gli occhiali a specchio di un'altro Matt.
E poi rispose che sì, lo voleva, per tutta la vita, nella buona e nella cattiva sorte.
Qualcosa di prestato, qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio, qualcosa di blu.
Riso e polvere argentata invasero l'aria, poggiandosi anche sulla lapide di quella che una volta era stata la donna che avevo amato.
Ria prese per mano Matt, sorridendo, con la fede che le brillava al dito. Era oro bianco, come quella che fu di sua madre.
Poi si fermò, con il bouquet in mano.
“E' il momento del lancio!” gridò qualcuno.
La vita tra le tombe, riuscite a immaginarlo?
Sì, pensò Ria, ma prima di lanciare quel bouquet direttamente in faccia a Fleur doveva fare una cosa.
Poggiò un fiore bianco sulla tomba della madre di Bliss, un fiore rosso sulla tomba di sua madre, che lasciò lì con un bacio, e una rosa blu, l'unica che c'era nel mazzo, la sbriciolò tra le dita e la gettò nel vento.
“Per te, papà.”, sussurrò.
Io inspirai il profumo di quei fiori.
“Grazie, bambina.”, le risposi. “Mi dispiace di non essere stato il padre che volevi. Mi dispiace di non esserci stato mai. Mi dispiace di non esserci, anche questa volta.”
Sua madre mi posò una mano sulla spalla.
“Andiamo, John.”, disse. “E' ora di andare.”
Gettò un'occhiata alla sua migliore amica che tendeva una mano verso sua figlia Bliss, senza poterla sfiorare.
Ma Bliss e Ria non erano ragazze come tante.
Chiusero gli occhi, e inspirarono a fondo.
L'eternità non aveva più un odore così acre, per Ria. Era riuscita a sostituirlo con il profumo dei fiori freschi e delle risate.
Questa è una vita talmente breve.
Noi non siamo come i pesci, che possono guardare solo di lato, o come le mosche, che invece vedono a 360 gradi; noi siamo esseri umani, e possiamo guardare soltanto avanti.

 

El ai ef i gi o i es o en;
L.I.F.E.G.O.E.S.O.N.
(Noah and the whale)

 

 

Quattro mesi dopo.

 

Le persone che abbiamo amato non ci lasciano mai davvero, e tutta un'altra serie di luoghi comuni.
In realtà, le persone che abbiamo amato ci lasciano tale e quale a quelle che abbiamo odiato, o che ci sono state indifferenti. Le persone vanno via.
Così mio padre, in un incidente sulla sua moto. Quella che ho fatto rimettere a nuovo, e che adesso è la mia moto.
Quella Harley Davidson 883 parcheggiata qui, davanti all'ospedale di St. Mary, lo stesso in cui ricoverarono Matt, il secolo scorso.
Dana sta partorendo. Un esame accurato del DNA ha rivelato che quello che portava in grembo era, sì, figlio di mio padre. Una bambina, perchè nella nostra famiglia nascono solo femmine.
“Com'è possibile?”, chiedeva Matt.
“Una vasectomia eseguita male a volte fa di questi scherzi.”, aveva risposto la dottoressa, cordiale. E lei chi è? La zia? La cognata?
“No, io sono la sorella. La sorella della bambina.”
Dana aveva firmato i documenti di affido guardando dalla parte opposta, e ci aveva salutati con la frase: “Non voglio saperne niente. Mai più.”
Avevo sorriso.
“Potrai venire a trovarla, se vorrai.”
Si era voltata, il viso stanco e arcigno.
“No. Non me ne frega niente, di questo coso del cazzo. Avevo un fisico perfetto. E ora guardami.”
La guardai, e le accarezzai i capelli sudati.
“Non ti preoccupare.”, le dissi, “Andrà tutto bene.”
Mi consegnarono un fagotto dalla pelle chiara e gli occhi verdi, in tutto e per tutto dissimile da me.
La avvolsi in una coperta di lana decorata con dei teschi con i fiocchetti rosa, un regalo di Vivivenne.
Guardai mio marito.
“Forza.”, dissi, “Portiamola a casa. Prendi tu la moto, io vado con Bliss.”

 

Li vidi ad uno ad uno mentre aprivano la mano e mi mostravano la sorte,
come a dire “noi scegliamo, non c'è un Dio che sia più forte.”

 


Morgue Place era stata tirata a lucido in ogni angolo per evitare che qualunque granello di polvere minasse la serenità del fagottino.
Fumavamo tutti in terrazza, per rispetto o non so che.
Io guardavo Matt come si guarda un enigma ormai risolto. Bliss si stringeva nello scialle, tra Dominic e Jimmy.
Ogni tanto, il nostro sguardo andava a finire dentro casa, dove la bambina dormiva, sorvegliata da Chichi, Shadows e due walkie talkie.
“Mi dispiace tanto per tuo padre.”, azzardò Dominic, che ancora non aveva avuto modo di parlarmi. E aveva preferito farlo lì, al sicuro, in mezzo a tutti. Potevo capirlo.
“Dispiace più a lui, credimi.”, gli risposi, reprimendole. Quelle, maledette, due, lacrime. Ero orfana di padre e di madre, e Jimmy era la mia sola famiglia. Jimmy, e quella bambina.
Mio cugino e mio marito si guardarono, poi guardarono me.
“Cosa le diremo?”
Scossi la testa. Un fagotto castano con gli occhi verdi.
“Le diremo quello che è giusto. Le diremo di non perdersi niente. Le diremo che a volte la vita va bene e a volte va male. E che i suoi nonni sono morti in un incidente. Avrà una tomba su cui andarli a trovare, e farò fondere le loro fedi perchè diventino un ciondolo. Per lei.”
Silenzio.
“Le diremo che siamo noi, i suoi genitori. E cercheremo di comportarci da genitori.”
Bliss mi guardò. La mia carnagione ambrata, i miei capelli neri, i miei occhi gialli, un salto generazionale che mi rendeva così dissimile da quella bambina. Matt, forse, ma io.
Matt mi sorrise.
“Scegliamo il nome.”, disse.
Soffiai via il fumo azzurro di una sigaretta più leggera, rispetto a quelle a cui ero abituata.
Guardai mio cugino.
“Jamie.”, sentenziai, “Come suo zio.”
Jimmy mi rivolse un'occhiata carica di tenerezza.
Jamie Willow Bellamy spense la sua prima candelina il 28 dicembre dell'anno seguente.
Io avevo i capelli corti, e i suoi stavano diventando biondo scuro. Quanto agli occhi, uno era rimasto verde intenso, e l'altro aveva una macchia dorata, inspiegabile, che si allargava sotto la pupilla.
Avevo giurato, una volta, a un amico, di non avere paura mai.
E senza senso, e senza fame, e senza la minima idea di cosa avrebbe portato quest'altra avventura, sorrisi ai miei amici, convinta, tranquilla.
Non avevo paura.



Continua...  

 

E io qui vi lascio.
E vi ringrazio, dal profondo del cuore, per questa incredibile avventura.
Che non è finita, no.
A breve, prequel e sequel.
E anche qualcosa di nuovo.
Vi voglio bene, ad una ad una.
Tutte.

And no one can take it away from me, no one can tear it apart: it may be elaborate fantasy, but it's the perfect place to start.
(Grazie, Matt, per il nostro viaggio insieme.)

Queenofsuperficial©

 

   
 
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