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Autore: RedJoanna    25/10/2011    4 recensioni
Sul fatto di stare qui al distretto, sono stata d'accordo. Quando hai voluto che la tua sedia venisse sostituita con una riproduzione del trono della reggia di Versailles, ho fatto in modo che tu venissi accontentato. Quando hai manomesso il mio computer impostando come desktop una tua foto, ho sorvolato.[...]Quando hai voluto un walkie-talkie sintonizzato sulle frequenze della polizia, ho fatto da mediatrice perché il capitano ti accontentasse. Quando hai preteso un lettore mp3 con sensore in modo che quando uscissi dall'ascensore si sentisse la tua theme song personale, l'ho accettato. Ma adesso...
Genere: Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Javier Esposito, Kate Beckett, Kevin Ryan, Richard Castle, Roy Montgomery
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Prima stagione
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*Sproloqui dell'Autrice*: prima fanfic scritta da kinki2703 con il suo nuovo nickname!
L'idea è nata quando, su Twitter, con le scrittrici del fandom, ci si appropriava di film Disney da trasformare in fanfic.
E quindi, eccoci qui!
Del film della Disney da me scelto (Le Follie dell'Imperatore, se non si era capito) ho preso solo la trama, e anche piuttosto a grandi linee, ma l'idea mi piace troppissimo!
Spero che sia di vostro gradimento.
Taaaaanti bacioni =*


THE WRITER'S NEWGROOVES


1.

-Vi giuro che non lo sopporto più!
Fu questa la frase che svegliò Ryan dalla sua pennichella sul posto di lavoro.
Sollevò la testa dalla scrivania e cercò di concentrarsi sull'espressione furiosa di Beckett, e non sulla pila di rapporti tanto soffice e comoda che gli stava facendo da cuscino.
-Di chi parli?- mugugnò sbadigliando e, stiracchiandosi con la grazia di un grizzly in calore, colpì la torre di carta, spargendo fogli per mezzo ufficio. La finestra, molto cortesemente, scelse proprio quel momento per spalancarsi e far volare metà dei fogli che scivolavano leggiadri sul pavimento giù nel traffico di Manhattan.
Ryan lanciò uno sguardo terrorizzato a Beckett, ma lei sembrava troppo presa a fare su e già per la stanza sminuzzando le fotografie di uno scrittore per aver fatto caso a quello che il povero irlandese aveva combinato.
-Sul serio, questo è il colmo. Ha superato ogni limite!- strillò la detective, prendendo a gettarsi alle spalle i coriandoli colorati che un tempo erano foto.
-Di chi parli?- ripeté Ryan, alzandosi da terra dopo aver raccolto i pochi fogli salvatisi dalla furia del vento. E sì, ovviamente urtò la testa contro la scrivania.
-Ma ti rendi conto di cosa sta facendo, Ryan?!- gli urlò contro Beckett, fermandosi di botto e, con suo immenso disappunto, ignorando la sua domanda.
-Sì, Beckett, mi rendo conto. Ma di chi stai parlando?
-Una SPA. Nel distretto. E il capitano gli ha anche detto di sì! Dov'è Esposito?
-Eccomi!- intervenne il detective dal fascino caliente, che entrava in quel momento in ufficio -Ma chi sono tutte quelle persone con i caschi gialli in sala relax?
-La superstar sta facendo costruire una SPA.
-Una SPA?! Nel distretto?!
-Completa di piscina con tanto di scivolo acquatico!- confermò una voce troppo allegra per poter essere confusa con quella di qualcun altro.
Un rumore assordante di passi invase l'ufficio, mentre lo scrittore che, guarda caso, era raffigurato sulle fotografie che la detective Beckett aveva torturato, accompagnava in visita d'istruzione al distretto una decina di operai, un paio di ingegneri e un architetto.
-Ed è esattamente qui che metterete la piscina con idromassaggio, giochi d'acqua e cromoterapia. E scivolo acquatico, si capisce.
-Ma non c'è spazio- osservò timidamente un operaio.
-Se togliete la scrivania del detective Javier Esposito, di spazio ne avrete più che a sufficienza!
Esposito fece un passo avanti, aprendo bocca per dire qualcosa che esprimesse tutta la sua indignazione. Ma lo scrittore lo precedette.
-Ogni protesta è assolutamente inutile.
-Ma dove lavorerò?
Lo scrittore finse di pensarci su, poi rispose, con un sorrisone stampato in faccia.
-Non so e non m'importa. Ma ti conviene trovare un posto dove stare al più presto, perché domattina al posto della tua scrivania ci sarà una fantastica piscina con idromassaggio, giochi d'acqua, cromoterapia e scivolo acquatico. E ora spostati, ché questi gentili signori devono passare.
Esposito e Beckett si lanciarono uno sguardo. La detective sembrava voler dire "che vi avevo detto? è un pazzo megalomane!", il detective "e io ora dove diamine vado a finire?!".
-Oh!- esclamò lo scrittore, girandosi verso i detective, come se si fosse dimenticato qualcosa. Ma subito i suoi occhi cambiarono direzione, rivolgendosi all'architetto.
-Si può scrivere "CASTLE" sul fondo della piscina, vero? Non vorrei che qualcuno si dimenticasse il nome del benefattore del distretto.
Gli occhi di Ryan si illuminarono, mentre urlava a Beckett:
-Ah, ora è tutto chiaro! Prima parlavi di Castle!
La detective fissò il suo scagnozzo, idecisa se pensare che fosse idiota o si comportasse da tale. Ma lui non si curò dello sguardo inceneritore di Beckett e, saltellando e battendo le mani, la scongiurò, come un bambino davanti ad una giostra:
-Potrò fare un giro sullo scivolo acquatico ogni tanto?

* * *

-Capitano, è assurdo! E' solo un capriccio di uno scrittore straricco, egocentrico e prepotente!
-Anche il suo volontariato al distretto era un capriccio. E alla fine non si è rivelato utile?
-Non vedo come una SPA costruita in mezzo al distretto possa essere utile.
-Potremo disporre di tutte le comodità di una SPA gratuitamente e senza andare chissà dove.
-MA IN MEZZO AL DISTRETTO!
-Detective, la smetta di ribattere. Adesso esca e chiuda la porta, ché devo lavorare. E si rilassi.
Beckett sbuffò con tutto il fiato che aveva in corpo e uscì dall'ufficio del capitano sbattendo la porta.
E sbattendo contro lo scrittore oggetto di tutto il suo sdegno.
-Beckett! Fai più attenzione, questa camicia l'ho stirata da solo.
-Giusto tu, Castle- lo fermò la detective, puntando i suoi occhi di fuoco in quelli dello scrittore -Ascoltami bene.
Lo scrittore mugugnò annuendo.
-Sul fatto di stare qui al distretto, sono stata d'accordo. Quando hai voluto che la tua sedia venisse sostituita con una riproduzione del trono della reggia di Versailles, ho fatto in modo che tu venissi accontentato. Quando hai manomesso il mio computer impostando come desktop una tua foto, ho sorvolato...
Beckett era quasi sorpresa che Castle la stesse ascoltando. La guardava negli occhi con un attenzione che non gli avrebbe mai attribuito, e che la lusingava, anche. Proseguì.
-Quando hai voluto un walkie-talkie sintonizzato sulle frequenze della polizia, ho fatto da mediatrice perché il capitano ti accontentasse. Quando hai preteso un lettore mp3 con sensore in modo che quando uscissi dall'ascensore si sentisse la tua theme song personale, l'ho accettato. Ma adesso...
Lo scrittore si avvicinò alla detective, finché i loro nasi si sfiorarono.
Beckett sospirò tra i denti, mentre il cuore accellerava sconsideratamente il battito.
Sentiva le guance andarle a fuoco e, involontariamente, si protese in avanti perché le sue labbra sfiorassero quelle di Castle.
-Stamattina ho provato per ore a sistemarmi questa ciocca ma non c'è verso!- sbuffò lo scrittore, ammirando il suo riflesso negli occhi di Beckett e rigirandosi un minuscolo ciuffo di capelli che gli penzolava sulla fronte.
-Vado a mettere un altro po' di gel- annunciò, allontanandosi a grandi passi.
Beckett impiegò qualche secondo a capire cosa era successo. E, quando ci arrivò, si sentì un'idiota patentata. Richard Castle voleva baciarla?! Ma figuriamoci, aveva solo scambiato i suoi occhi per degli specchi.
Senza muoversi, gli urlò dietro:
-E non tornare mai più al distretto.
Lo scrittore si girò, con la testa inclinata da un lato e un sorriso quasi tenero sulle labbra.
-Come scusa?
-Ti sto cacciando, Castle. Hai rotto le scatole a sufficienza e ora la mia pazienza si è esaurita. Sparisci.
-E la mia SPA?
-Costruscitela da qualche altra parte.
Castle rimase in quella posizione e con quel sorriso a fissare Beckett, finché la detective non fu costretta ad abbassare la testa e ad arrossire.
Poi annuì con decisione.
-Bene. Il distretto era anche troppo piccolo. E c'è gente che non merita i servigi di una SPA.
-Ne prendo atto. A non rivederci.
Castle, che aveva già un piede in ascensore, si girò di nuovo.
-Te ne pentirai- sussurrò, prima di sparire oltre dietro le porte automatiche che si chiudevano.





   
 
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