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Autore: John Fitzgerald Kennedy    27/10/2011    0 recensioni
Una partita a calcetto fra amici (che tra l'altro mi vede protagonista in prima persona, come """leader difensivo""" ^_^) diventa l'oggetto di un semplice racconto, con uno sfondo comico...
Enjoy
Graditi i commenti!
;)
Genere: Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Partita (al campetto!)
 
Lui si guarda intorno velocemente, tenendo d’occhio eventuali pericoli in avvicinamento.
Ad un tratto il suo sguardo si fissa su un punto preciso, più o meno nella mia direzione.
No, ti prego, non un’altra palla lunga …
Così è, invece.
Il difensore scambia un cenno d’intesa con l’attaccante e calcia il pallone, forte, alto, lungo.
Non ho il tempo di ordinare ai muscoli di muoversi, che già mi trovo a correre velocemente verso un punto tra l’attaccante, un ragazzo di si e no 12 anni, e la posizione da cui era stata lanciata la palla, nel tentativo di intercettarla in qualche modo.
Con gli occhi seguo attentamente la traiettoria della sfera, che si libra in aria girando vorticosamente.
Mi ritrovo a saltare in aria come un grillo senza neanche sapere il perché.
In qualche modo, con il ginocchio destro riesco a prendere il pallone, e, cosa ancora più straordinaria, a controllarlo senza particolari difficoltà.
Uno sbuffo di rassegnazione mi giunge alle orecchie, da dietro di me.
Ho abbastanza spazio. O almeno si fa per dire. Giocando a calcetto non si ha mai abbastanza spazio. Comunque, alzo lo sguardo, in cerca di una maglia amica.
Paolo si sbraccia come un ossesso, cercando di liberarsi della marcatura stretta e di attirare la mia attenzione. Sento il ragazzino di prima che si avvicina, e contemporaneamente noto una porzione di campo libera esattamente di fronte al mio compagno di squadra, che sta correndo da quella parte.
Prese le misure, calcio con la maggior precisione che mi è possibile la palla, che si impenna quel tanto che basta da superare un avversario e rimbalzare a terra, seguita in un brevissimo istante da Paolo.
La controlla, poi finta di passarla sulla sinistra, e scatta in avanti rapido e sgusciante come un’anguilla, ritrovandosi ad un paio di metri dall’area avversaria.
Il portiere è un omaccione grande e grosso, che sembra occupare completamente la porta.
In un’altra frazione di secondo, Paolo carica il tiro e lascia partire un violento destro ad incrociare.
La palla attraversa come un fulmine tutta l’area e va a scontrarsi con un sonoro rumore metallico sul palo. L’imprecazione in questo caso, per il mio attaccante, è quasi d’obbligo.
La sfera, dopo l’urto, sfreccia via, subito raccolta da un intraprendente avversario, che dopo un paio di finte supera in velocità un mio compagno, incapace di reggere il confronto con lui.
Ho capito, è di nuovo mia questa.
Subito, parto verso di lui per frenarne l’avanzata, ma sono solo. Se supera me, dopo avrà la porta spalancata di fronte a sé.
Riesco a raggiungerlo in tempo, intorno alla tre quarti, e mi metto davanti a lui, aspettando la sua mossa e sperando che intanto qualcuno là davanti si degni di tornare.
Cerco di pormi fra lui e la porta, ne sento chiaramente il respiro affannoso, lo sguardo concentrato sulla palla, ma pronto a guizzare da una parte all’altra in cerca di compagni.
Continua a muovere velocemente le gambe per confondermi, poi quando capisco che cos’ha intenzione di fare è troppo tardi.
Arretra rapidamente di un paio di metri e la passa sulla sinistra, dove l’attaccante di prima è pronto a raccogliere l’invitante pallone offertogli. Lo controlla, davanti a sé non ha che il portiere, che esce dalla sua porta in un ultimo disperato tentativo, ma non può nulla: dal limite dell’area, parte un preciso tiro che manda il pallone nell’angolo basso.
Vedo chiaramente il momento in cui la palla supera la linea, tra l’esultanza del ragazzino e della sua squadra, e il mio respiro ansante e rassegnato.
Lorenzo, il portiere, ha un’aria trafitta, ma è incolpevole, e lo sa.
Sono gli altri miei compagni a tornare nella nostra metà campo con espressioni avvilite dipinte sui volti, ma oramai è tardi per rientrare in difesa.
Troppo tardi, maledizione!
Come al solito, è Paolo ad incitare i compagni alla possibile vittoria, più per spronare sé stesso che gli altri, però il più delle volte serve.
Si ricomincia a giocare, è tutto da rifare, come direbbero i telecronisti.
Sono 20 minuti intensi, rabbia, istinto, logica e freddo calcolo si mischiano in una partita tesa ed estremamente combattuta, ma nonostante le numerose occasioni da una parte e dall’altra, nessuno riesce più a segnare, anche grazie ad alcune ottime parate.
Dopo un’ora abbondante di gioco, però, un 3 a 3 come risultato sta stretto un po’ a tutti, quindi si decide per la più classica e semplice delle regole: quella del “chi fa questo vince”, la morte improvvisa, la sconfitta o la vittoria. A volte per una questione di fortuna, per coloro che ancora ci credono, altre per una questione di “piccole irregolarità”, altre ancora per una questione di centimetri.
Immediatamente, il breve “fraseggio” in fase difensiva, scompare, lasciando il posto sempre più spesso a lunghi lanci e a vere e proprie cavalcate attraverso tutto il campetto.
Di colpo mi ritrovo con la palla tra i piedi.
Sulla mia fascia, come prima, davanti a me sempre il solito difensore, alto, esperto e razionale.
Intravedo Paolo, là davanti, accerchiato da due giocatori che lo marcano stretto.
Decido che può valerne la pena.
Punto direttamente verso il mio diretto avversario, e, miracolo a dirsi, riesco a far passare la palla, con un forte passaggio rasoterra, in mezzo alle sue gambe.
Altrettanto fortuitamente, il pallone giunge tra i piedi di Paolo.
Ho perfettamente in mente quella scena, mi sembra di vederne la moviola.
Con un rapido spostamento del busto e delle gambe, il mio compagno evita il primo difensore, per poi scattare in centro con la palla tra i piedi, ma con un equilibrio alquanto instabile.
Il portiere esce e si tuffa con tutto il corpo verso la palla, Paolo si lancia con un piede, per riuscire a tirare in qualche modo.
Non so, a quel punto, chi l’abbia toccata o come. So solo che poi vedo comparire il pallone da quel groviglio informe di corpi e che si dirige verso la porta sguarnita.
 
 
- … E ora, ci facciamo dire da Gregorio quale figura retorica è presente al verso 57. -
Il duro contatto con la realtà mi colpì come dovette fare con Napoleone durante la battaglia di Waterloo.
Guardai di fronte a me e vidi la mia professoressa di italiano che mi scrutava da capo a piedi con un’espressione che definirei fra il comico e il divertito.
- … Ehm, … - una fugace occhiata al libro della Divina Commedia, - direi una … ipallage. -
- Va beh, diciamo che questa volta ti è andata bene. - rispose un po’ irritata la mia insegnante, scostandosi una ciocca ribelle dei suoi capelli ricci scuri dal viso.
Fiuuu …
Un sospiro di sollievo mi sfuggì. Avevo azzeccato sul serio la figura retorica. Penso che nella Divina Commedia di Dante siano presenti circa 60 figure retoriche diverse, ed io avevo detto quella giusta.
Un miracolo.
Quasi come quello della partita di ieri sera, quando ha fatto goal Paolo. E se la professoressa non mi avesse interrotto, avrei rivisto nella mia testa anche quel momento.
Il momento della vittoria.
E magari sarei anche riuscito a capire chi abbia toccato il pallone.

  
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