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Autore: ShikamaruFGV    27/10/2011    0 recensioni
Tre semplici ragazzi si imbattono nei loro beniamini dei fumetti giapponesi. Senza rendersene conto vivranno un'avventuara ai limiti dell'imaginazione.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1) Toshiro, un ragazzo come tanti.

< Toshiro! Toshiro! > Gridava sua madre.
< Un attimo! Dammi un attimo! >
Toshiro, un ragazzo comandato a bacchetta dalla madre, si trovava nella sua stanza a disegnare. L’ora della lezione di pianoforte però era giunta e non poteva tirarsi indietro.
“Prima o poi lo finirò questo capitolo.” Pensò il ragazzo mentre usciva dalla camera.
 
L’ora di pianoforte andò come al solito. Toshiro se la cavava egregiamente, esattamente come quando andava a nuoto o a giocare a baseball. – Sei un artista nato – gli diceva sempre sua madre – Tuo padre se fosse ancora vivo sarebbe orgoglioso di te –
Come poteva il ragazzo dire a sua madre che non gli importava nulla né del piano, né del nuoto e né del baseball? Toshiro amava troppo sua madre, l’amava così tanto da sfruttare il suo unico e vero talento, non condiviso da sua madre, solo come passatempo.
 
< Maestro! Questo è un “Do”, perché è scritto “Re”? >
Il maestro incuriosito guardò lo spartito che Toshiro aveva appena guardato e disse:
< No, è un Re, senti? >
Il maestro suonò per qualche istante il piano mostrando a Toshiro che la melodia corretta era quella scritta sullo spartito ma il ragazzo insistette e, risuonandola con la nota modificata disse:
< Sente come scorre meglio? Anche l’ottava nota se si abbassa di tono otteniamo un… >
< Toshiro! – lo interruppe il maestro – sei qui per imparare non per farmi credere che sei meglio dell’artista di questa sinfonia! Credi davvero che uno alle prime armi come te possa permettersi di criticare un maestro come Beethoven? >
Toshiro tacque, in fondo non gli importava nulla del piano. Dopo la lezione si incamminò verso casa e notò nelle vicinanze il suo migliore amico.
< Yuichi! Che ci fai qui? >
< Eh eh, vado a fare alcune compere, sai, domani è il compleanno di Tomoe… >
Toshiro sorrise e disse all’amico: < Mi raccomando, vacci piano con la tua ragazza! Ahahahah >
< Ehi ma che vuoi dire? Guarda che non le ho fatto ancora niente! >
Toshiro, che ancora rideva, rispose: < Appunto! Appunto! Ahahahaha >
Anche Yuichi sorrise e, cercando di cambiare argomento, disse:
< Basta parlare di me. Dimmi un po’, come va il manga? >
Il ragazzo smise di sorridere e disse:
< Purtroppo lo sai che non ho tempo, in 4 mesi ho creato solo 4 capitoli, una vera schifezza…ricordi la storia che ti feci leggere? >
< Quale? Quella dello scienziato pazzo che crea quello strano marchingegno? >
< Esatto! Non trovo ancora un’idea su come farlo quel cavolo di marchingegno! Ho provato a fare un bozzetto prima di uscire ma niente…non mi convince…>
Yuichi si avvicinò all’amico e disse:
< Ce la farai…non preoccuparti, tu puoi fare tutto! Ora però devo scappare, ciao! >
 
Il gatto
 
L’aspirante mangaka tornò a casa e notò l’assenza di sua madre.
“Ottimo” Pensò.
Si diresse in camera e si preparò a disegnare, qualcosa però attirò la sua attenzione: un rumore proveniente dalla cucina.
“Che diavolo…”
Un secondo rumore, più forte del primo, fece sussultare il cuore di Toshiro che prese la mazza da baseball e silenziosamente si diresse in cucina. Lì, vide un gatto che in pochi istanti gli balzò addosso e, con ottimi riflessi, preso anche dallo spavento, agitò velocemente la mazza e colpì il povero animale come se fosse una palla facendolo finire sul muro. Il gatto cadde in terra tramortito.
“Cavolo…”
Toshiro prese il gatto e notò che respirava ancora ma dalla testa usciva un po’ di sangue.
“Questo cos’è?” Il collare del gatto aveva un’incisione impressa nella plastica.
“Saginuma Elementary School”
Toshiro pensò per un istante e prese l’elenco telefonico, cercò il nome e vide che la scuola si trovava in una via molto lontano da casa sua. In quel momento il ragazzo non sapeva che fare, voleva provare a portare là il gatto ma sarebbe tornato troppo tardi e chissà quante grida dalla madre avrebbe subito al suo ritorno. Toshiro però, dentro di se, aveva già deciso e, lasciando da parte le preoccupazioni, lasciò un biglietto sul tavolo della cucina per avvisare la madre e si diresse, col gatto in braccio, verso la fermata più vicina dell’autobus.
 
Toshiro arrivò a destinazione, il gatto respirava sempre più lentamente ed il ragazzo cominciò a pensare che forse era meglio portarlo da un veterinario anziché all’indirizzo scritto sul collare. Ormai era lì, per cui si diresse all’ingresso della scuola. Il cancello era chiuso. Toshiro, nella speranza che qualcuno rispondesse, suonò al citofono.
< Si? Chi è? > Disse una voce di un’anziana signora.
< Scusi l’orario – era sera – ma per sbaglio ho colpito un gatto che ha un collare con su scritto il nome di questa scuola, mi chiedevo se forse… >
La voce lo interruppe.
< Sì, è il mio gatto, è sparito qualche giorno fa, entra. >
Il cancello si aprì e, dopo che Toshiro effettuò qualche passo all’interno del cortile, si richiuse.
“Strano, non mi sembra avesse una chiusura automatica…”
< Ehi tu! > Un uomo cominciò a correre verso Toshiro. < Che diamine pensi di fare? >
Toshiro un po’ sorpreso disse:
< Ho suonato e mi hanno aperto. >
< Impossibile, sono io il custode e non c’è nessun’altro oltre me, non prendermi per stupido! >
“In effetti la voce non era la sua” Pensò Toshiro.
< Poco importa, questo gatto è vostro, prendetelo. >
Il custode prese in braccio il gatto e disse:
< Nostro? Perché dici che è nostro? Non mi hai ancora detto come sei entrato…>
Toshiro quasi gridando disse:
< Mi hanno aperto! Scusi…lasciamo perdere, ora vado via, volevo solo portarvi il gatto, ha il nome di questa scuola sul collare. Arrivederci. >
< Ma che dici? Sul collare di questo gatto c’è solo una parola, penso sia il suo nome…>
Toshiro molto infastidito si avvicinò al gatto e con suo grande stupore notò che l’incisione sul collare era cambiata, vi era scritta la parola “Runargo”
< Come vedi il gatto non è nostro, quindi riprenditelo e vattene. >
L’aspirante mangaka non credeva a ciò che stava succedendo, riebbe il gatto indietro e fu accompagnato fuori dal cancello; il custode dopo averglielo aperto lo chiuse spingendolo con le braccia; non vi era alcuna chiusura automatica.
“Non è possibile…” Pensò Toshiro ancora sorpreso dalla situazione.
“E’ sparito anche il sangue dalla sua testa e ora è sveglio come se non fosse successo niente…com’è possibile?”
A Toshiro non restava altro che ritornare a casa, sorbirsi le grida della madre che cacciò via il gatto e mise suo figlio in punizione per una settimana.
 
La stana vecchia
 
Erano passati solo 3 giorni e Toshiro non ce la faceva più a stare in punizione.
“E’ il momento!” Pensò.
La madre del ragazzo era uscita e non sarebbe tornata prima di cena, così Toshiro uscì di casa per dirigersi dal suo migliore amico Yuichi. Sulla strada però accadde qualcosa d’imprevedibile; il gatto, lo stesso gatto che 3 giorni prima Toshiro colpì duramente, uscì da dietro un bidone per poi sgattaiolare all’interno di un vicolo.
< Fermo! >
Toshiro entrò nel vicolo ma non vide nulla.
< Ehi ragazzino…>
Una sottile voce fece sussultare Toshiro, si voltò nella direzione da cui proveniva la voce e si trovò davanti una signora molto anziana non più alta di un metro e quaranta.
“Mi venisse un colpo…da dove è uscita?”
Il ragazzo fece due passi indietro e disse:
< Si? >
La donna cominciò a ridere per poi dire:
< Non ti ricordi di me? >
< Ci conosciamo? >
Toshiro cominciò a pensare e capì che quella era la stessa voce sentita al citofono della scuola.
< Ma certo! Tu mi hai aperto il cancello della scuola! Il custode diceva che non c’era nessuno oltre a lui ma si sbagliava! >
L’anziana continuava a ridere.
< Eh eh eh eh…a dire il vero il custode aveva ragione. Ma questo non è importante. Tieni…>
La signora uscì dalla sua borsa un foglio bianco.
< Per me? > Disse Toshiro.
< Eh eh eh eh…Sì, per te. Hai una matita o una penna? >
Toshiro portava sempre con se una matita e la diede alla donna che però lo bloccò e disse:
< Prova a scrivere su questo foglio. >
Toshiro incuriosito disse:
< Ammetto che la cosa è molto strana ma non ho soldi con me quindi non posso darle nulla. >
< Ragazzino! Eh eh eh eh non sono una mendicante e non voglio soldi…scrivi! >
Toshiro tracciò sul foglio una semplice linea dal basso verso l’alto che dopo qualche istante svanì.
< Che? Che trucco sarebbe? >
L’anziana questa volta non rise e, con voce completamente diversa da prima, disse:
< Questo è uno dei tre magici fogli del mistero, gli altri due non li ho con me ma sono sparsi chissà dove per il mondo. Ciò che su un foglio si disegna, sugli altri due compare. Per fare ciò però, è necessario cominciare a scrivere la giusta parola per l’attivazione, solo così avverrà la magia…>
Toshiro con un sorriso trattenuto rispose:
< Si…certo…le ripeto che non ho soldi con me quindi…>
La signora si incamminò verso l’interno buio del vicolo e disse:
< I gatti sanno sempre cosa scrivere…>
< Ehi aspetta! > Toshiro seguì la donna ma arrivato a fine vicolo non trovò nessuno.
“Che diamine sta succedendo? Sto forse impazzendo?”
Il ragazzo la prese a ridere, piegò il foglio in quattro e lo mise in tasca, si diresse dall’amico e cominciò a raccontargli tutto.
 
Il foglio del mistero
 
< Ahahahaha certo che di gente strana ce n’è tanta in giro! Ahahahahaha >
< Yuichi, stavo pensando, se era uno stupido trucco di magia, ora che la signora non c’è più, prova a scrivere sul foglio…>
Yuichi senza pensarci un attimo disse:
< Ma è ovvio scemotto, forse quella donna faceva qualcosa, per caso le hai dato in mano la matita e poi te l’ha ridata? Magari l’ha scambiata…>
< No, non l’ha toccata proprio…comunque, ora provo. >
Toshiro tirò fuori dalla tasca il foglio e notò che le pieghe erano sparite, il foglio era completamente liscio senza alcuna sgualcitura.
“Sarà di un materiale particolare…”
Il giovane mangaka disegnò un cerchio che sparì dopo qualche istante.
Yuichi balzò dalla sedia, prese la matita e cominciò a scarabocchiare.
< Assurdo, qualunque cosa faccio, poi sparisce! Toshiro, con questo foglio ci faremo un mucchio di soldi sai? >
Toshiro mise il foglio in tasca e disse:
< No, forse è davvero magico, vado a casa! >
Toshiro scappò letteralmente via lasciando l’amico ancora incredulo per ciò che aveva visto…
 
“Mia madre non è ancora tornata, perfetto…”
Il ragazzo entrò in camera, si sedette alla sua scrivania e, facendo un po’ di spazio, posizionò il foglio magico.
“Secondo quella donna devo scrivere una parola, poi potrò disegnare. Ma quale?”
Toshiro si ricordò dell’ultima frase detta dalla donna “I gatti sanno sempre cosa scrivere…”
“Devo chiedere ad un gatto? Ahahahaha impossibile…mmm…”
Il ragazzo aveva la matita pronta a scrivere e, pensando al gatto che aveva colpito tre giorni fa, ricordò la parola che apparve sul collare dopo essere entrato nella scuola.
“Runargo …proviamo.”
Toshiro scrisse quella parola ma dopo alcuni istanti lentamente cominciò a scomparire.
“Lo sapevo…non centra niente.”
Il giovane mangaka lasciò cadere la matita sul foglio che per sbaglio lo sporcò creando una piccola linea.
“Fa nulla, tanto sparisce…”
Toshiro si alzò dalla sedia e cominciò a preparare i libri che domani avrebbe portato a scuola.
“Porto pure il foglio, sembrerò un mago!”
Il ragazzo prese il foglio e guardandolo notò che il segno fatto in precedenza non era scomparso.
< Cosa? >
Immediatamente Toshiro prese la matita e scarabocchiò il foglio. Nulla scompariva più.
“Ha funzionato davvero quella parola! Ma adesso cosa dovrebbe succedere?”
Toshiro cancellò con la gomma tutto ciò che aveva casualmente scritto e cominciò a pensare.
“Cosa disegno? Una persona? Un oggetto? Bo?”
Come spesso accade, l’ispirazione, per una qualunque cosa, arriva quando meno te l’aspetti; in quel momento arrivò a Toshiro e cominciò a disegnare lo strano marchingegno che avrebbe inserito nel quarto capitolo del suo manga. Dopo qualche minuto finì il bozzetto.
“Mi piace…ora devo solo aggiustare queste linee e…”
Il foglio brillò…Toshiro dallo spavento cadde all’indietro dalla sedia per poi velocemente alzarsi e notare che il foglio si era sollevato dalla scrivania.
< Non ti muovere! > Disse stupidamente Toshiro.
“Cavolo, parlo con un foglio adesso?”
Il foglio smise di brillare, tornò sulla scrivania e subito dopo si sentì un grido provenire dalla strada. “Che altro succede?” Il ragazzo si avvicinò alla finestra, l’aprì e andò sul balcone. Successivamente diede uno sguardo alla scrivania e notò che il foglio era completamente bianco.
A circa una decina di metri da lui, vi era una donna di mezza età fuori al balcone del palazzo di fronte. La donna stava ritirando i panni stesi e sul suo balcone vi era uno strano oggetto.
“Ma quello è il marchingegno che ho disegnato!?”
La donna stava per avvicinarsi ma Toshiro gridò:
< Si fermi! Non lo tocchi! >
< E tuo!? > Disse la donna.
“Ehm…”
Toshiro cominciò ad inventare.
< Sì! Ecco…l’avevo prestato ad un amico che ora l’ha lanciato da lei per errore; non si è ricordato dove abitassi ed ha sbagliato lato! >
La donna non si curò del fatto di non aver visto nessuno sotto al balcone e gli credette.
< Mi avete fatto prendere un colpo! Vieni subito a riprendertelo! >
Toshiro in fretta e furia uscì di casa e si mise sotto al balcone della donna.
< Me lo dia! Lo spinga con un piede! >
La donna non si mosse perché un attimo prima che Toshiro parlasse, un ragazzino, il nipote della signora, prese in mano il marchingegno.
< Cos’è questo? > Disse.
La donna immediatamente lo prese e lo lanciò a Toshiro.
< Grazie! > Disse il giovane mangaka che guardando il macchinario pensò:
“Cavolo. La luce verde è accesa. Non vorrei funzionasse davvero. Com’è possibile? Sul foglio non ho mica scritto come funzionasse”
In quel momento dal balcone della donna cadde una figurina.
Toshiro la prese e notò che su di essa vi era raffigurato un personaggio di un famosissimo manga.
< Ehi tu! Quella carta è di mio nipote, prima di uscire fuori stava giocando con le figurine dell’album di One Piece, lo conosci vero? Comunque ora scende, ridagliela. >
“Certo che lo conosco One Piece…ho appena visto l’ultimo movie!”
Il ragazzino uscì dal portone e Toshiro gli ridiede la figurina per poi dire:
< Senti, quando hai preso in mano questo giocattolo a cosa stavi pensando? >
Il bambino disse:
< A niente, stavo solo cercando quella figurina…Ciao! >
“Merda…se stava pensando a lui non oso immaginare cosa potrà succedere…no, è impossibile. Ora vado a casa e controllo bene quest’oggetto.”
 
Faccia a faccia
 
Toshiro stava entrando nel piccolo cancelletto del recinto che circondava il giardino di casa sua quando di colpo dall’isolato alla sua destra sbucò fuori uno strano individuo con dei sandali ai piedi, un pantaloncino color blu lungo fin sotto alle ginocchia, una camicia rossa senza maniche chiusa da due bottoni e con in testa un cappello di paglia.
“Non mi pare ci fosse un raduno di Cosplay nelle vicinanze” Pensò Toshiro.
Quello strano ragazzo sorrise a Toshiro e gli si avvicinò dicendo:
< Ciao, io sono Rufy, come mai hai uno strano viso e dei colori così diversi dal solito? Ti va di entrare nella mia ciurma? Sembri davvero forte! >
Toshiro aveva voglia di complimentarsi con quel ragazzo perché non aveva mai visto un Cosplayer così somigliante all’originale. Le uniche cose che non tanto andavano bene erano che una persona vestita a quel modo era troppo grande d’età ed aveva una cicatrice enorme sul petto.
“Chissà cosa gli è capitato per farsi una cicatrice del genere…”
A breve la madre di Toshiro sarebbe tornata quindi il ragazzo resistette alla tentazione di instaurare un dialogo e disse:
< Ho da fare, non ho tempo da perdere, più avanti c’è un ufficio con una bacheca. Ci sono scritti i vari appuntamenti della città, vedrai che troverai il raduno dei Cosplayers. Ciao. >
In quel momento una folata improvvisa di vento fece volar via il cappello di quel ragazzo che immediatamente allungò il braccio destro per riprenderlo e rimetterselo.
Toshiro restò immobile, si avvicinò a Rufy e guardò la cicatrice che aveva sotto l’occhio sinistro.
“E’ vera…non è disegnata come solitamente fanno i Cosplayers.”
Il giovane mangaka indietreggiò superando il cancelletto di casa. Rufy allo stesso modo avanzò fermandosi proprio davanti al cancelletto per poi aprirlo, entrare in giardino e, mentre si incamminava verso la porta d’entrata disse:
< E’ casa tua questa? – Rufy si voltò verso Toshiro e con un sorriso a trentadue denti continuò – Hai per caso qualcosa da mangiare!? >
Il giovane mangaka non ascoltò per niente le parole a lui rivolte ma cominciò a pensare.
“Nel manga che sto disegnando questo macchinario doveva servire ad uno scienziato pazzo per far materializzare nelle vicinanze ogni suo pensiero in modo da conquistare il mondo. Quel ragazzino ha pensato a Rufy ed è apparso questo tipo. Il suo braccio si è allungato davvero…che devo fare?”
Intanto Rufy entrò in casa e Toshiro lo seguì dicendo:
< Aspetta che diavolo vuoi fare? Non puoi entrare! >
La vita di Toshiro da quel momento in poi sarebbe cambiata, e con la sua anche la vita di altre persone…
 
A Parigi
 
“Questo è uno dei tre magici fogli del mistero, gli altri due non li ho con me ma sono sparsi chissà dove per il mondo. Ciò che su un foglio si disegna, sugli altri due compare. Per fare ciò, però, è necessario cominciare a scrivere la giusta parola per l’attivazione, solo così avverrà la magia”
Furono queste le parole della vecchia.
Infatti, mentre Toshiro disegnava, le stesse identiche linee apparvero sugli altri due fogli custoditi in chissà quale luogo. Di conseguenza altri due marchingegni apparvero…
 
< Andrè, la vuoi passare quella palla o no?! >
< Si scusa hai ragione, la prossima volta te la passo, giuro…>
Andrè era affaticato, la partita di calcetto era quasi giunta al termine ma lui non ce la faceva più. Così chiese di essere sostituito e si diresse nello spogliatoio del campo, si fece una doccia e successivamente andò verso il suo armadietto per prendere il borsone con i vestiti di ricambio. All’interno dell’anta dell’armadietto vi era un piccolissimo poster di un famoso Anime giapponese. Andrè stava per prendere il borsone quando un suo compagno di squadra, entrando nello spogliatoio, disse:
< Andrè! Alla tua età hai ancora tempo da perdere dietro i cartoni animati? Comunque, chi è quello lì? >
Andrè cominciò a ridere e disse:
< Ma come, non lo conosci? E’ vero che siamo a Parigi ma tutti conoscono Dragon Ball…>
< Ah si vero, ne avevo sentito parlare…>
L’amico di Andrè andò a fare la doccia mentre il ragazzo prese il borsone e notò che dietro ad esso, nel fondo dell’armadio, vi era uno strano marchingegno. Andrè lo prese in mano e notò una luce verde accendersi…
“Cos’è? Me lo porto a casa…”
Il ragazzo si cambiò, mise l’oggetto nel borsone e si diresse verso l’uscita del campo. D’un tratto notò che ad una decina di metri dal cancello che portava sulla strada, vi era una persona girata di spalle. Lo sguardo di Andrè non potette fare a meno di cadere sulla schiena del vestito di quella persona: Un cerchio nero con all’interno un simbolo giapponese su sfondo bianco.
< Ehi! Levati dalla strada stupido! Sta per colpirti un camion! >
Andrè tentò in qualche modo di avvisare quella persona ma quando finì di parlare il camion era già arrivato a pochi centimetri dal mal capitato. Il povero camionista, che già in precedenza aveva cominciato a frenare, non riuscì a fare in tempo; la frenata però non fu necessaria perché quella persona svanì all’improvviso apparendo a due metri da Andrè.
“Ho le travvegole…” Pensò il ragazzo.
< Grazie per avermi avvisato ma me n’ero accorto. > Disse la persona ridendo e toccandosi la nuca con la mano.
< Per caso sai dirmi dove mi trovo? Non sento più la presenza dei miei amici…>
“Oddio, dei capelli così non li avevo mai visti…”
Lo strano tipo cominciò a guardarsi attorno sospettoso e notò gli sguardi di molta gente, compreso il camionista, che l’avevano visto scomparire e riapparire vicino ad Andrè. Un ragazzo stava già cominciando a filmare con il cellulare.
< Qui c’è troppa gente. Vieni con me. >
< Perché mi metti la mano sulla spalla? > Disse Andrè a chi aveva di fronte.
“Ha messo anche le due dita sulla fronte. Non può essere vero…”
Di colpo Andrè si ritrovò su di una collina disabitata, si guardò attorno e dopo un capogiro improvviso svenne.
< Ehi! Ma che ti succede?! > La strana persona non si curò di Andrè e cominciò a guardarsi attorno, poi pensò: “Strano, non sento la presenza di nessuno, chi l’avrà colpito?”
 
A New York
 
Nathan Smith dopo il diploma, si iscrisse all’università per realizzare il suo grande sogno: diventare un medico.
Quel giorno Nathan perse il pullman e fu costretto e saltare le prime lezioni perché la corsa successiva non sarebbe arrivata prima di un’ora.
“Dannazione, faccio sempre tardi…pazienza, aspetterò qui…”
Il ragazzo si sedette sulla panchina presente alla fermata del pullman e cominciò a prendere, dalla sacca che portava a tracolla, il libro di medicina per ripassare un po’ di argomenti. In quel momento però, notò che per terra vi era una rivista.
“Cos’è?”
Quando Nathan la prese, la riconobbe subito.
“Un vecchio numero di Japan Magazine! Da quanto non leggo le novità di quel paese?”
Nathan, anni prima, si interessava molto al mondo del Giappone, soprattutto alle varie serie animate che arrivavano in America che però, colpa delle varie censure video, non riuscì mai a godersi a pieno.
La rivista che il giovane uomo aveva appena preso, presentava in copertina il numero di un’altra rivista altrettanto famosa in Giappone: il Jump, una rivista settimanale dove venivano pubblicati i manga del momento. Sulla copertina di quel numero vi era raffigurato Sasuke, un personaggio della serie di Naruto.
Nathan, preso dai ricordi di molti volumi letti ed episodi visti in TV, si appoggiò con la schiena alla panchina e si lasciò cadere all’indietro per guardare il cielo. Lì notò, sulla tettoia di plastica che circondava la panchina, uno strano oggetto.
“Com’è finito lassù?” Pensò.
Il ragazzo si alzò e tentò col braccio di raggiungere la tettoia ma non ci riuscì. Si guardò attorno e vedendo che non vi era nessuno diede un calcio alla plastica attaccata nel terreno in modo che l’oggetto cadesse giù. Nathan aggirò la panchina per avvicinarsi all’oggetto e vide per terra che nelle vicinanze vi era un altro numero della stessa rivista che, ancora una volta, presentava la copertina del Jump con un’immagine di Naruto.
“Sempre del Jump parlano? Forse sta vivendo un momento d’oro…”
Nathan prese prima la rivista e poi l’oggetto.
Il ragazzo notò la spia verde sul marchingegno e si convinse che fosse solo un giocattolo rotto, buttato da un bambino sopra la tettoia. Nathan percorse una cinquantina di metri e buttò sia le riviste sia l’oggetto all’interno di un bidone dell’immondizia…
Il ragazzo si apprestava a tornare alla panchina e vide che lì vicino si trovava una persona vestita in modo strano.
“Quel vestito arancione mi ricorda qualcosa…sarà che ho appena visto Naruto e Sasuke in quelle copertine. Com’è strana la mente umana. Spero di imparare molto all’università…”
La persona ferma vicino alla fermata dell’autobus si voltò verso Nathan e disse:
< Ehi tu! Che diavolo di tecnica è mai questa? Un’illusione che non sembra un’illusione eh!? Non sai con chi hai a che fare…>
Nathan immediatamente vide il coprifronte sulla fronte di quella persona e capì tutto. Più che altro capì poco, perché era impossibile una cosa del genere, eppure per un attimo ci aveva creduto.
< Signorino, non so di che parli. Ti sei ubriacato a qualche festa in maschera? Laggiù c’è la polizia, ti avranno già visto. Qui è vietato fare i fessi. Vedi? Stanno già venendo a prenderti! Io me ne vado…>
Un poliziotto infatti uscì dalla macchina e con la mano pronta ad usare il manganello si avvicinò dicendo:
< Lei qui non può stare, è ubriaco per caso? >
La strana persona rispose prontamente:
“Che illusione strana…c’è qualcosa che non mi quadra.” Pensò lo strano ragazzo che,  immediatamente dopo, scattò alle spalle del poliziotto e lo colpì al collo facendolo svenire.
Nathan, che si era già avviato per andarsene, sentì il rumore del poliziotto che cadeva in terra e si girò.
< Ma sei fuori! Senti, io non centro niente. >
La strana persona scattò verso Nathan e puntandogli un Kunai sul collo disse:
< Mi stavo allenando nel bosco e di colpo mi ritrovo qui. Sei la prima persona che ho incontrato, non può essere un caso. Ho imparato queste cose molto tempo fa, non mi fregherai facilmente. >
La strana persona poi, lasciò la presa e cominciò a guardarsi le mani.
< Ma…>
Poi pensò:
“Non solo la realtà è diversa, anche io sono diverso…non è un’illusione…”
Nathan non sapeva che fare, prima fu preso da dietro, ora liberato.
< Naruto! – Disse l’aspirante medico – Questa è la realtà, non è un’illusione! >
“Vediamo se mi capisce adesso…” Pensò Nathan “Dev’essere un pazzo che crede di essere davvero Naruto…mamma mia dove siamo arrivati al giorno d’oggi…”
Naruto mise a posto l’arma e disse:
< Scusami, non volevo…è solo che mi sento così strano…>
Naruto in quel momento svenne e Nathan, prima che cadesse, lo prese a volo per poi con delicatezza sdraiarlo in terra. Subito dopo col cellulare chiamò soccorso.
< Sono a Gold Street, un ragazzo che ha bevuto troppo è appena svenuto, è pazzo, ha colpito un poliziotto. Fate presto perché se si sveglia andrà chissà dove… >
“Bene, e adesso posso prendere il pullman.”
L’ambulanza arrivò prima del pullman e Nathan, vedendo Naruto in un ambulanza pensò:
“Ahahahaahaha e pensare che ci ero quasi cascato…la faceva bene la parte…sarà davvero un patito di quel manga…”
 
L’inizio di tutto era cominciato, Toshiro aveva dato vita al prologo, Andrè e Nathan lo avevano continuato. L’avventura degli strani incroci ebbe inizio.
  
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