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Autore: BlackBirdFlyAway    27/10/2011    3 recensioni
A tutti è capitato di non sentirsi all'altezza delle situazioni. Ma basta un po' di forza e tutto è possibile. Anche che colui...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Speravo di risvegliarmi e di poter sorridere di quel sogno pazzo. Pensare solo che forse quella non fosse la mia vita, che la mia fosse quella di una normale 18enne spensierata mi faceva star bene. E invece no. Ero lì con in braccio Valerie. La mia piccola. Avevo 18anni, una figlia e un ragazzo che non voleva sapere quello che era successo. Lo rifiutava categoricamente. Avevo avuto spesso momenti in cui avrei voluto sbatterla per terra e farla finita lì. Ma quel suo sguardo perso e quella sua boccuccia che sorrideva per ogni mia figuraccia mi dava la forza di andare avanti. Ormai io non vivevo più per la scuola, per le amiche o per il mio ragazzo. La mia vita era TUTTA per Valerie. Me ne ero andata di casa, senza un progetto per il futuro. Senza Luca. Senza di lui che aveva creato il danno, che mi aveva messa in quella situazione. Avevo 17 anni quando seppi di Valerie, e lui ne aveva 20. Avrei potuto denunciarlo, avrei potuto costringerlo a volere Val, avrei potuto costringerlo ad accettare l’evidenza dei fatti. Ma non l’avevo fatto. Avevo parlato con sua madre chesi era resa disponibile per ogni cosa, per ogni bisogno. Non capiva nemmeno lei il figlio, come aveva potuto fare a me e a sua figlia una cosa simile. Mi aveva abbracciato e aveva preso in braccio Val dicendole:
-         La nonna c’è. E presto anche il papà.
Val, non so se per felicità o paura, era scoppiata a piangere. E io con lei. Aveva più o meno un mese, e adesso che aveva un anno nessuno si era fatto vivo. Né la Nonna né il papà. Bella fregatura! 
Avevo dato quel nome a mia figlia in un impeto di rabbia. Le mie amiche mi dicevano che dovevo darle un nome molto più “giovane”, la mia famiglia voleva un nome che ricordasse qualche famigliare ormai morto. Così decisi che il primo nome che mi fosse venuto in mente sarebbe stato quello di mia figlia. E così feci. Valerie. Era il titolo di una canzone che ascoltavo a ripetizione nei momenti in cui sembravo non farcela. Era perfetto. Lei, come la canzone, mi dava la forza per andare avanti senza nessuno che mi aiutasse, era il mio portafortuna. Almeno fin quando il “Papà Perfetto” non si fece vivo. Era il suo primo compleanno e stavamo festeggiando con qualche mia amica. Era passato un anno da quando non si era più fatto vedere e Val non lo aveva mai visto. Era una cosa reciproca, ripensandoci. Stavamo cantando una mielosa canzoncina di buon compleanno quando il campanello suonò. Il sorriso che aveva sulla faccia scomparve. Non aspettavo nessun altro. Per qualche secondo sperai che fossero i miei genitori venuti a scusarsi per non avermi considerato loro figlia per un anno.
Appena vidi chi era chiusi la porta. Mi girai e una lacrima percorse la mia guancia.
-         È tornato.
Le mie amiche mi guardarono. Guardai Val mentre si “spalmava” un po’ di quella che un tempo era stata la sua torta di compleanno, in faccia.
-         Ragazze, per favore, portate Valerie in camera, io mi fermo qui. Ci parlo io con lui.
-         Calma Roby, sei sicura?
-         Devo farlo. Non posso lasciare che svanisca ancora nel nulla.
-         D’accordo. Noi andiamo. Buona fortuna.
Mi abbracciarono. Andai da Val e le diedi un bacio in fronte. Lei mi guardò sorridente e poi fu portata dalle ragazze in camera.
Presi un respiro e aprii la porta. Era ancora lì fuori.
-         Ciao. – mi disse sorridendo
-         Ciao.
L’atmosfera era piena di tensione. Nessuno dei due era a proprio agio, si vedeva subito.
-         Ho saputo che oggi è il compleanno di nostra figlia.
-         Scusa? Mia figlia, semmai.
-         Nostra figlia. Roby, ho sbagliato.
-         Ah si? Credi che presentarsi al suo compleanno chiedendomi scusa possa cambiare le cose?
-         No. Non lo credo. Ma ci spero.
-         Io e Valerie ce la siamo cavata da sole per un anno. E non è stato facile, sai?
-         Valerie, è così che si chiama la piccola?
-         Si, non mi hai aiutata nemmeno in questo. Ripeto: ho fatto tutto DA SOLA.
-         Voglio cambiare le cose, Roberta. Ma lo devi volere pure tu. Ho passato un anno ripensando alla mia decisione, mi sono dato dell’idiota molte volte. Mi sono deciso a venire perché volevo vedere come era nostra figlia. Vedere se assomigliava a me o a te.
-         Beh, in effetti ti assomiglia un sacco.
Dalla cameretta della piccola si udì un grido:
-         Valerie, torna subito qui!
La vidi arrivare. Gattonava velocemente, si attaccò alla mia gamba e iniziò a piagnucolare.
Mi chinai e la presi in braccio. Il volto di Luca si illuminò, la guardava come se fosse un miracolo.
-         È - è bellissima.
-         Lo so. Bella quanto te.
-         Ma gli occhi sono i tuoi.
-         Già, lo stesso sguardo perso.
Sorrideva, tutto stava riprendendo a funzionare.
Iniziò a piangere, i suoi strilli erano acutissimi. Aveva una vocina flebile quando cercava di pronunciare una parola, ma cambiava di punto in bianco quando piangeva.
-         Po – posso prenderla in braccio?
Luca protese le braccia verso la piccola. Avrei fatto del male a tutti e due se non gliela avessi data. Appena la piccola toccò le sue mani smise di piangere. Aveva uno sguardo un po’ smarrito, si guardava intorno come se si stesse chiedendo “dove sono finita? Chi è questo qua?”
-         Ho sbagliato Roberta. Mi sono perso troppe cose di lei. Mi odio per questo, tu non sai nemmeno quanto.
-         Lo so, sarebbe stato lo stesso per me. Valerie adesso è tutta la mia vita. Ho lasciato tutto per tenere lei. Per questa decisione mi hanno cacciata di casa. Avevo 17 anni e una figlia, praticamente non avevo un futuro. Ma ora eccomi qua. Dopo un anno a vivere da sola con un lavoro semi-stabile e una bimba che è un amore.
-         Ti invidio.
-         Non dovresti, sai. Per un milione di volte mi sono sentita una pessima madre. A volte al lavoro mi prendevano i sensi di colpa perché non ero con lei. Mi sono sentita terribile.
Val si era addormentata. La presi dolcemente dalle sue braccia e la portai nella sua cameretta. Le mie amiche se ne erano andate dalla porta sul cortile. Posai Val nella sua culla, la guardai. Era un angioletto quando dormiva, sorrideva. Era tutto cambiato, le mie speranze non erano così vane allora. Decisi di tornare da Luca. avevamo fatto qualche passo avanti e io non volevo tornare indietro.
Era ancora là che fissava le foto di quell’anno che si era perso.
-         Mi sei mancata, Roberta. – Disse senza distogliere lo sguardo da una foto di Val appena nata nelle mie braccia.
-         Anche tu Luca.
-         Ti Amo.
Si avvicinò e mi baciò. Capii perché mi ero innamorata di lui qualche anno fa. Era dolce, impossibile odiarlo o volergli del male. Tutti mi dicevano che non sarebbe mai tornato, che avrebbe preferito darsi alla bella vita piuttosto che stare con me e nostra figlia. ma eravamo lì, ci volevamo ancora l’un l’altro per crescere Val.
Poi se ne andò. Non sapevo quando sarebbe tornato, ma sapevo che lo avrebbe fatto.

—Note delle autrici—

Buondì! (Sembra di parlare di un croissant xD) Siamo Martina e Virginia. Due ragazze non proprio normali, ma mooooolto matte. Ne avrete prova leggendo le prossime storie che, se riusciremo, pubblicheremo. Beh, che dire di altro… frequentiamo un liceo linguistico dove continuano a ricordarci che dobbiamo studiare “HARD”, che siamo indietro… (se non riusciremo ad aggiornare molto spesso, per favore non divorateci vive!! [: ) ma la scuola non è l’unico nostro pensiero. Ci svaghiamo scrivendo. Tutte le nostre storie nascono da sogni, un po’ strani (lo sappiamo), che vogliamo condividere con gli altri. Allora grazie se ci seguirete e alla prossima!! :) Baci!! Marty & Vir

  
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