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Autore: MoonRay    29/10/2011    2 recensioni
Lo scrosciare dell’acqua calda sulla sua testa la rilassava, o almeno le dava l’impressione che si stesse rilassando, ma il ragno vermiglio che aveva in mezzo al petto non le concedeva un attimo di tregua. Ogni secondo, ogni singolo istante in cui lei prova ad opporsi con un futile pensiero le lanciava stilettate di dolore lancinanti mentre il suo viso, il suo fisico, non mostravano nessun segno di cedimento, ma la sua mente era molto provata. Quanto sarebbe riuscita ad andare avanti?
Genere: Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albert Wesker, Jill Valentine
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Set Fire to the Rain

 
Lo scrosciare dell'acqua calda sulla sua testa la rilassava, o almeno le dava l'impressione che si stesse rilassando, ma il ragno vermiglio ancorato in mezzo al suo petto non le concedeva un attimo di tregua.
Ogni secondo, ogni singolo istante in cui lei provava ad opporsi con un futile pensiero le lanciava stilettate di dolore lancinanti e nonostante il suo viso e il suo corpo non mostrassero alcun segno di cedimento la sua mente era molto provata.
Per quanto sarebbe riuscita ad andare avanti?
Quella droga la assuefaceva da mesi ormai.
Era ad uno stato molto avanzato: non c’era speranza che potesse tornare la Jill di una volta, l'agente della S.T.A.R.S. Jill Valentine, compagna di squadra di Chris Redfield.
Chris, il suo partner... quanto le mancava.
Con un semplice gesto chiuse l'acqua della doccia, interrompendo quella tempesta di pensieri che pungevano il suo animo.
Prese un asciugamano ed uscì nell'aria gelida del bagno della sua stanza: nonostante fosse una prigioniera, una nemica, era ben trattata... per così dire.
In fondo, non era lei che svolgeva il lavoro sporco, anche contro la sua volontà?
Solo in quel momento ricordò quanto fosse inutile farsi una doccia o cercare di sfuggire a ciò che era con un po’ d’acqua, avrebbe avuto bisogno di ben altro per uscire da quella ipnosi.
Quei gesti un tempo abituali allora erano inutili.  
In quel momento avrebbe anche accennato un sorriso aspro, in una situazione che Chris avrebbe sicuramente definito “di merda”, ma le sue labbra non si piegarano a formare quella lieve e dolce curva sul suo viso.
Non apparteneva più a se stessa, faceva solo parte di un progetto creato da un folle che andava in giro dicendo di essere dio.
Jill strizzò forte gli occhi (ma era Jill?), cercando di scacciare quell'ondata di pensieri che le provocavano confusione ed un forte mal di testa.
Che importanza aveva ormai? Era destinata ad essere l'arma di un nuovo contagio.
Non c’era possibilità di scelta.
Ogni speranza era vana.
 

“I let it fall, my heart,
and as it fell you rose to claim it.
It was dark and I was over,
until you kissed my lips and you saved me.
My hands, they were strong, but my knees were far too weak,
to stand in your arms without falling to your feet,
but there’s a side to you that I never knew.
All the things you'd say, they were never true,
and the games you'd play, you would always win”

 
Si avvicinò al lavandino sopra il quale si estendeva quella superfice riflettente che aveva imparato ad odiare.
Era veramente tanto che non si guardava allo specchio.
Che senso avrebbe avuto farlo?
Non riconoscere se stessi e far finta di nulla?
Non poteva crederci. Non voleva.
 

“Dove sono i tuoi occhi azzurri, Jill?”

 

“But I set fire to the rain,
Watched it pour as I touched your face,
well it burn while I cried,
‘cause I heard it screaming out your name!”

 
Chris, i suoi stessi occhi azzuri, quelli di Wesker, non le portavano più felicità perché non poteva vederli...
L'amore che forse aveva provato, l'attrazione fisica... era tutto sparito sotto uno spesso strato di odio, ed al suo posto ormai c'erano solo quelle iridi vuote e prive di vita appartenenti ad un'altra persona che sicuramente non era lui, o almeno, si ostinava a cercare di convincersi che non lo fosse.
Ma in un punto odio e amore si incontravano, in contrasto l’uno con l'altro.
Quegli occhi scarlatti che la seguivano, sempre.
In quel momento non sarebbe riuscita a dire quale fosse la differenza tra lei, la vera lei, e quell'essere di certo non più umano.
Si sentiva come se fosse stata rinchiusa, come quando da piccoli si trova un uccellino ferito e lo si mette in una scatola per portarlo dal veterinario, ed allora si fanno dei buchi nel cartone per permettere all'esserino di respirare... ma lei non aveva quei piccoli fori a farla sopravvivere: stava lentamente soffocando.
Perciò si sentiva sola, dimenticata in quella scatola, come quando Wesker le aveva detto che i suoi funerali erano stati celebrati con una bara vuota.
Anche se alla fine non poteva essere veramente sola, era sempre in compagnia di quel bagliore rosso che proveniva dal suo petto, se non peggio... (forse dalla sua anima?)
 
«When I lay with you I could stay there,
Close my eyes, feel you here forever,
you and me together, nothing is better!»
 

“ ‘Cause there’s a side to you that I never knew,
all the things you'd say they were never true,
and the games you'd play, you would always win”

 
Wesker aveva sempre fatto quello che gli era più comodo e ancora si chiedeva se anche lui l'avesse amata.
Forse aveva già deciso di portarla dalla sua parte molto tempo prima.
A che gioco stava giocando con lei?
Poco importava anche questo: avrebbe comunque vinto, ormai.
Era persa in sé stessa. Persa in partenza.
Ma di tutto quello che avevano passato insieme c'era stato qualcosa di vero?
Troppe domande affollavano la sua testa che cercava solo un po' di pace che non sarebbe mai arrivata.
Non c'era quiete in ciò che non era più la sua vita, ma quella di un altro.
Era stata privata di tutto, a partire dai suoi compagni di squadra a Villa Spencer, ma aveva continuato a lottare.
Avrebbe ripreso ciò che le era stato sottratto, ma sentiva le forze venirle meno.
Il padrone del suo corpo afferrò saldamente i bordi del lavandino di ceramica bianca cercando di trattenere gli impulsi.
Doveva riuscirci, in qualche modo...
Quella situazione sembrava così paradossale: due se che si annientavano a vicenda, una per Wesker e l’altra per Chris.
Ma prima che potesse anche solo pensare di muovere la mano verso quel congegno malefico e strapparselo dal petto a costo di morire nell'intento, esso brillò di una luce leggermente più intensa, illuminando il suo viso di quel bagliore spettrale, come se fosse un film horror, ed in qualche modo sperò che fosse davvero così.
Guardò di nuovo la sua immagine riflessa allo specchio: si vedeva riflessa, ma non era lei, c'era solo quel ragno che pensava di poterlo essere.
Jill era dispersa da qualche parte in quell'involucro.
Non era più la donna che per salvare il mondo si era lanciata fuori da una finestra sacrificandosi per uccidere il suo nemico.
Cercava di annientare quel ricordo, quel pazzo e folle gesto con il quale aveva deciso di gettare all'aria la sua vita.
Voleva bruciare quell'immagine e tutto ciò che riguardava Wesker, ma a quanto sembrava quel narcotico non le permetteva neanche quello.
Era schiava di se stessa e dei suoi ricordi.
 

“But I set fire to the rain,
Watched it pour as I touched your face,
well it burn while I cried,
‘cause I heard it screaming out your name!
But I set fire to the rain,
and I threw us into the flames,
well it felt something died,
‘cause I knew that was the last time!”

 
Era la serva del suo padrone, doveva obbedirgli senza obiezioni e senza esitare e qui entrava in funzione la sostanza che faceva dissociare entrare in conflitto le sue due lei già esistenti in passato: la donna che avrebbe seguito anche in capo al mondo l'uomo che amava e la cosciente ed esperta agente speciale della R.P.D.
Non riusciva a controllare le proprie azioni, ma ne era cosciente: sapeva benissimo cosa stava facendo, chi uccideva...
Nonostante tutto, come poteva smettere di cercare il capitano della sua squadra in quell’uomo?
Forse anche lui si sentiva come lei, intrappolato in quella immensa oscurità rinchiusa in lui, forse da qualche parte c'era ancora l'Albert che conosceva.
Era una vana speranza alla quale cercava di aggrapparsi ma il rosso le ricordava sempre che non era così e non lo sarebbe più stato e probabilmente non lo era stato mai.
Ma lui era Albert Wesker, dio di un nuovo mondo ed ex-capitano del Team Alpha, così le due personalità coincidevano.
La testa minacciava una forte emicrania e lei non si era accorta di stare tremando, scossa da irrefrenabili e potenti brividi che le percorrevano il corpo.
Guardò ancora una volta il riflesso di fronte a sé: il biondo dei suoi capelli, il non riuscire a vedere realmente se stessa... fu troppo.
Un pugno mandò in frantumi la sua immagine, che si sparse nel bagno ai suoi piedi e il sangue iniziò a traboccare dalla sua pelle; il ragno lampeggiava dello stesso colore e altre scosse percorsero il suo fisico già provato.
Le lacrime iniziarono a scorrere mentre cadeva a terra in ginocchio e si prendeva la testa fra le mani, urlando.
Dolore e sofferenza erano tutto ciò che riusciva a sentire.
-Albert!-
Lacrime e sangue si mescolavano, il dolore scorreva nelle sue vene.
Non riusciva a trattenersi dall'urlare fra i singhiozzi, ma se ne rendeva conto appena.
-Chris! Albert!-
Crollò in preda agli spasmi, si sentiva stanca e priva di forze; voleva uscire da quella oscurità, aveva bisogno di aria: non voleva che quella scatola diventasse per sempre la sua prigione.
 
Dei passi giunsero alle sue orecchie ancora piene delle sue stesse urla di dolore, che continuavano a riecheggiare nel bagno mentre si dibatteva a terra agonizzante.
-Ancora non ti arrendi?-
Wesker era sulla soglia della stanza, osservando la scena serio ed impassibile come suo solito.
Dei frammenti le si erano conficcati nella carne, ma quelle piccole ferite erano niente in confronto a quello che le stava accadendo dentro.
Il Tyrant avanzò nella stanza pestando alcuni pezzi di specchio che scricchiolarono sotto le suole degli anfibi neri come il completo di pelle che portava.
Si inginocchiò accanto alla ragazza stesa a terra, mentre il suo corpo nudo continuava a contorcersi sull'orlo dell'oblìo.
Wesker si tolse il suo lungo cappotto e con un semplice gesto coprì il suo corpo nudo.
-Soffriresti molto meno se scegliessi da che parte stare. Potresti essere mia nemica... o più semplicemente mia.- le sussurrò all'orecchio, scostandole una ciocca di capelli bagnata di sangue.
Nel fuoco che le corrodeva le viscere sentì la pelle dei suoi guanti farsi strada nel dolore e raggiungere l'anima sofferente che si celava in quel corpo.
Il congegno le strappò un altro acuto e profondo dolore la fece urlare mentre inarcava la schiena e getteva la testa all'indietro. Wesker tentava di tenerla ferma, ma lei continuava a ferirsi dimenandosi fra le sue braccia.
Jill lo guardò negli occhi di fiamma che brillavano nei i suoi colmi di lacrime: vide solo un assassino, ma quello sguardo le diceva di amarlo comunque.
 

“Sometimes I wake up by the door
that heart you caught must be waiting for you.
Even now when we're already over
I can’t help myself from looking for you.”

 
Jill continuava a singhiozzare tra le braccia di Wesker, che non aveva smesso di fissarla rimanendo impassibile, ma se non lo avesse conosciuto non si sarebbe accorta del lieve senso di responsabilità che lui aveva per ciò che le stava succedendo.
-Ti... pre-go. Non uccider-lo.-
Wesker accennò ad un suo solito sorrisetto:
-Tu, con me, sarai una regina.-
Le loro labbra si sfiorarono e Wesker catturò quelle salate di Jill in un bacio profondo e passionale. Wesker faceva scorrere le sue mani guantate su di lei; il dolore sfumò lentamente mentre la preda si sottometteva al suo volere.
 

“I set fire to the rain,
Watched it pour as I touched your face,
well it burn when I cried,
‘cause I heard it screaming out your name,
I set fire to the rain,
and I threw us into the flames
‘cause I knew that was the last time…”

 
Avrebbe voluto avere la forza di essere lei dopo tanto tempo, per un’ultima volta.
 

“…the last time.”

 
Le tenebre la avvolsero mentre Wesker riuchedeva il coperchio della scatola che avrebbe gelosamente custodito tra le braccia; ma ancora non sapeva che Chris l’avrebbe riaperta.

 




N.d.a.:

Il mio destino è di morire linciata, tremila cose da scrivere e troppo poco tempo e purtroppo a volte anche l’ispirazione è poca... e quel briciolo che ho la uso per scrivere cose che non centrano niente con le mie due long.
Che posso farci? Prego, linciatemi pure D:
So di essere molto ambigua per queste cose, nel senso che non ci si capisce niente, perciò: i pensieri a destra tra virgolette sono di Jill mentre quello solo soletto a sinistra è di Wesker. Questa song andrà in serie insieme ad un’altra song che spero di pubblicare a breve (e non la scrisse mai...) mi auto-gufo ù_ù
In sostanza è una super-pippa mentale di Jill che poi farò vista dal punto di vista di Wesker: è ambientata in un qualsiasi momento durante il suo “allegro soggiorno” con il sottoscritto.
Spero almeno di non aver scritto boiate e che vi sia piaciuta in modo da non aver sprecato tempo... soprattutto il vostro XD
Grazie a te beta cara, _Lightning_.
Ah, un grandissimo grazie a chi passerà di qui! Fatemi felice :3
See you soon!
 
_ Shadow _
 
P.S.: Ascoltate la canzone se non la conoscete, non so voi ma io la adoro ^^

 


           
*La canzone "Set Fire To The Rain" è cantata da "Adele", i personaggi appartengono alla CAPCOM e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.*
  
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