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Autore: Oscar_    29/10/2011    2 recensioni
Non sono mai stato soddisfatto del mio lavoro, principalmente perché avevo le capacità e le doti per fare tutt'altro e non le ho utilizzate. Ma se non fossi arrivato a fare il conducente di tram a Roma, di certo non avrei incontrato chi ha mutato eternamente la mia, precedentemente vuota, esistenza. Erano gli ultimi giorni di un caotico settembre. La mia vita scorreva lenta e noiosa lungo un percorso che non avevo tracciato, come il tram che conducevo tutti i giorni.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Strangers~
 
 
 
 
 



1. Meeting
 
 
 
 



Non sono mai stato soddisfatto del mio lavoro, principalmente perché avevo le capacità e le doti per fare tutt'altro e non le ho utilizzate. Ma se non fossi arrivato a fare il conducente di tram a Roma, di certo non avrei incontrato chi ha mutato eternamente la mia, precedentemente vuota, esistenza. 
Erano gli ultimi giorni di un caotico settembre. La mia vita scorreva lenta e noiosa lungo un percorso che non avevo tracciato, come il tram che conducevo tutti i giorni. Il penultimo giorno del mese, mi ritrovai un orario che non avevo mai fatto: 15:30 - 19:00.
Piuttosto offeso per quell'orario che avrebbe minato il mio riposo pomeridiano, mi imbottii di caffè ed uscii di casa alle 15:20. Casa mia si erge in via Fabiola, al civico nove, e non è molto lontana dal tram, basti imboccare via Ozanam e si arriva in poco tempo a piazza San Giovanni di Dio. Percorsi, con le palpebre che minacciavano di serrarsi, il solito percorso e continuai a piedi sino al Casaletto, che non dista per nulla dalla piazza. La passeggiata mi svegliò un poco, e quando salii sul tram, ero molto più sveglio. Misi in moto, attesi che gli ultimi passeggeri salissero, e chiusi le porte, partendo. 
Stranamente nelle prime fermate non trovai molta gente e i semafori mi lasciarono passare indisturbato. Arrivato alla fermata dell'ospedale San Camillo, entrambe le stranezze svanirono come il fumo. Il tram si riempì di gente reduce da visite a familiari e pazienti appena usciti dal ricovero e di anziani intenti a fare la loro passeggiatina pomeridiana. La vita scorreva leggera e tranquilla come al solito. 
Stavo chiudendo le porte, quando scattò lo stop. Mi adagiai meglio al sedile e sbuffai, mandando mentalmente le peggiori maledizioni al semaforo, che immobile vigilava le strade con acceso il simbolo di 'stop'; sì, non vi sono i colori per i semafori del tram, ma i simboli.
Notai che un altro tram arrivava dal senso inverso e che anche lui si fermava, proprio davanti a me. Alzai lo sguardo dai comandi del tram ed osservai il conducente del mezzo: era un uomo di bell'aspetto, con un vago sorriso dipinto sulla faccia dai tratti marcati e affilati e le cuffie nelle orecchie; aveva gli occhi di un colore indefinito, ma comunque scuro, e i capelli neri, scombinati. Quasi il mio sguardo lo avesse toccato, alzò gli occhi puntandoli nei miei ed agitò una mano in cenno di saluto. Si usa fare così quando si passa affianco a un altro tram fermo anch'esso al semaforo. Non seppi come mai, ma arrossii. Ricambiai timidamente il saluto, mostrando un sorriso impacciato. Il giovane nell'altro tram accennò a una risata e scuotendo la testa ripartì, passandomi affianco; non mi ero accorto che nel frattempo era scattato il segnale di passaggio. Mi affrettai a riavviare il tram e, col fiato corto non certo per la temperatura, continuai la corsa. 
Una volta ad Argentina, scesi dal tram dando il cambio a un collega e decisi di prendere un altro caffè, visto l'orario che mi toccava. Entrai in un affollato bar affianco alla Feltrinelli ed ordinai un caffè freddo bello forte. Dopo averlo bevuto mi domandai che diavolo mi avesse spinto ad arrossire in seguito al normale cenno di saluto del giovane nell'altro tram. In fondo lo si faceva sempre, che c'era di strano? Scossi la testa fra me e dopo aver pagato la consumazione, uscii nuovamente in strada. Riavviatomi al capolinea di Argentina lanciai un'occhiata al foglio dei turni e notai che il corrispettivo al mio era un nome nuovo: Claudio Marini. Aggrottai la fronte e decisi di domandare al responsabile che sostava lì affianco a controllare il traffico dei tram in arrivo e in partenza, se sapesse qualcosa.
- Ehi, chi è questo qui? - Domandai indicando il nuovo nome che compariva sul foglio degli orari.
- Uno nuovo, l'hanno appena assunto. Come mai t'interessa? - Rispose diffidente il responsabile, osservandomi inquisitore. Sfoggiai il mio miglior sorriso.
- Semplice curiosità, volevo sapere chi fosse. -
- Se t'interessa tanto puoi dare un'occhiata ai fogli al Casaletto, ci stanno anche gli indirizzi e i numeri di telefono. - E ghignò con non poca malizia, squadrandomi. Mio malgrado arrossii. Nascosi le mani in tasca e mutai l'espressione cordiale in una smorfia contrita, ringraziando il tizio con un cenno vago del capo. Dopodiché mi diressi a condurre il tram in partenza. 
Nuovamente per buona parte del tragitto non accadde nulla di particolare. Poi, dopo due tram che mi erano passati accanto, notai nel terzo un viso conosciuto; l'uomo di prima. Stavolta fui io a salutarlo, mostrando un sorriso meno incerto. Lui parve non notare, o se notò, fece l'indifferente, e continuò a condurre senza badare molto al mio crescente imbarazzo.
Offeso, accellerai senza notare che stavo per saltare una fermata; infatti la saltai. In pochi secondi il tram si riempì d'urla e insulti vari e dopo pochi secondi udii bussare con violenza alla porta. Non potendo fare marcia indietro, appena arrivò lo stop bloccai il tram ed aprii la porta, gridando adirato ed ancora rosso sulle guance:
- Basta! Statevi calmi! Semplice distrazione! Adesso ve ne tornate indietro che non ci vuol niente e la piantate d'urlare come bestie! - E dopo la sfuriata, rientrai in cabina sbattendo la porta. Sbuffando mi riadagiai sul sedile fissando lo sguardo sulle telecamere nel tram, che inquadravano le espressioni sorprese e sbalordite dei passeggeri. Non era colpa mia se la gente di Roma era così maleducata e volgare! Certo, anch'io ne facevo parte. Ma di sicuro non mi sarei arrabbiato tanto per un semplice salto di corsa. O forse no.
Arrivato al Casaletto scesi dal tram gettando una rapida occhiata al foglio dei turni; il nome del nuovo arrivato spiccava sottolineato in rosso. Perplesso mi guardai attorno, quasi a constatare che non vi fosse nessuno, e poi mi appuntai sull'agendina il numero di casa dell'uomo. Richiusi in fretta rinfilando la penna in tasca e rimasi ad osservare al lungo la sua foto, che lo mostrava lievemente più giovane e sfoggiante d'un solare sorriso. Notai che i suoi occhi erano color ambra scura. 
Svogliato di continuare l'orario, e constatando che stranamente si erano già fatte le 18:25, mi sedetti su una panchina là accanto osservando i tram che andavano e venivano, lentamente, sulle rotaie del capolinea. Una mezz'ora di nulla fare dopo, da un tram scese l'uomo di prima. Lo osservai avvicinarsi alla bacheca con affisso il foglio dei turni e tirargli un pugno, adirato. Alché decisi d'avvicinarmi e domandargli il motivo di tanta rabbia.
Mi ero appena alzato quando realizzai che non era affar mio, che non conoscevo quella persona e che mi stavo comportando come un adolescente. Immobile, in una posizione alquanto ambigua, rimasi per un po' a pensare sul da farsi. Non appena alzai lo sguardo, incrociai quello ambrato dell'uomo e notai che si stava malamente trattenendo dal ridere. Gli riservai un'occhiataccia e mi sbrigai ad allontanarmi, maledicendo la mia sbadataggine e la mia incoscienza. 
Una volta a casa, mi spaparanzai sul divano in salone ed accesi la televisione, osservando annoiato i vari programmi sui vari canali. Pochi minuti dopo, già stufo, spensi e mi alzai, girovagando senza meta per il mio ristretto appartamento. Qualche attimo dopo avvertii qualcosa di morbido e peloso sfiorarmi i piedi nudi: il mio gatto Oscar. Sorrisi e mi chinai ad accarezzargli il capo, sospirando ed appoggiandomi al muro. Era noioso e banale andare avanti a quella maniera. Probabilmente come scuola superiore avrei dovuto scegliere un bel classico e non il tecnico. 
Sulla base di questi pensieri, mi appisolai con in grembo Oscar che faceva le fusa. Il mio riposo, però, non ebbe lunga durata, dato che il trillo fastidioso ed acuto del telefono di casa mi destò dal sonno appena conquistato. Sobbalzai facendo fuggire il gatto ed imprecando mi alzai, raggiungendo a fatica il cordless. Pigiai distrattamente il tasto di risposta e mi portai l'oggetto all'orecchio.
- Pronto? - Articolai con voce rauca e spenta. Dall'altro capo udii una risata divertita.
- Salve, Dario. Lei non mi conosce e nemmeno io conosco lei, ma sono certo che andremmo d'accordo se ci conoscessimo meglio. Sono Claudio Marini, il conducente che l'ha salutata questo pomeriggio. - Disse una voce giovane e chiara, maschile, svegliandomi di colpo. Rimasi qualche secondo in silenzio poi risposi, con voce squillante e stranamente sveglia.
- O-oh, buona sera, Claudio. A che devo questa telefonata? - Domandai agitato, mentre il cuore mi martellava il petto senza apparente motivazione.
- Nulla in particolare, gliel'ho detto. Mi farebbe piacere conoscerla. Che ne dice di vedersi domani dopo il lavoro? Magari al Pink Bar di via Ozanam, l'ha presente? - Chiese gentilmente, con una voce che non tradiva il fatto che di certo stesse sorridendo.
- Sì, lo conosco. Va bene, domani. Ma per gli orari, scusi? - In realtà avrebbe anche potuto propormi di vederci in quel preciso istante, alle nove e mezza di sera, e mi sarei vestito in fretta e furia, benché avessi poi trovato il bar chiuso con dinnanzi solo qualche barbone. 
- Ci hanno messo nuovamente lo stesso orario. Non è un problema, vero? - Domandò cortese, con una punta d'improvvisa incertezza nel tono pacato e rasserenante.
- No! Assolutamente. Va bene. Domani. Allora... Buona serata, Claudio. Grazie per aver chiamato. - Mi congedai con un euforico sorriso. In realtà non avevo per nulla voglia né intenzione di concludere quella piacevole chiaccherata, ma fui costretto a farlo, altrimenti m'avrebbe probabilmente creduto uno stalker maniaco. 
- Buona serata a lei, Dario. - Rispose per poi attaccare lentamente, quasi con riluttanza, come feci io poco dopo. 
Mi alzai di scatto, sbattendo al lampadario e facendolo pericolosamente oscillare, e mi lasciai sfuggire una specie di grido di dolore e gioia al contempo. Dopodiché, massaggiandomi la nuca, mi diressi in salone, osservando sorridente la foto di mia madre, che splendente mi fissava dall'alto della mensola, sorridendomi dal passato. Maledissi il destino per avermela strappata via quand'ero ancora un bambino, come lo stesso era accaduto con mio padre, e voltai lentamente lo sguardo alla mia casa; un tugurio malandato e in costante disordine, nel quale però era possibile sempre e comunque trovare qualsiasi cosa. Allargai appena il sorriso, ridendo di me stesso e della mia ingenuità. 
Andai poi nella mia camera, sbadigliando e stiracchiandomi stancamente. Dopo essermi cambiato in fretta non cenai nemmeno e mi spaparanzai sul letto, fissando il soffitto con un sorriso ebete. 
Il motivo di tutta quella gioia mi era sconosciuto, eppure era così bello sentirsi leggeri e freschi, dopo mesi di noia costante e opprimente, che toglieva il respiro e la voglia di vivere, che non vi badai e chiusi gli occhi dopo aver spento la lampada, scivolando in un placido sonno dove gli incubi e la tetra realtà erano in realtà le cose più surreali e fantastiche cui avessi mai riservato un pensiero. 
 
 
***
 
 
Chissà perché, erano settimane che volevo scrivere una cosa del genere x°.
Accidenti, è l'idea più stupida che mi sia mai saltata in mente da quando ho iniziato a scrivere! Mah, spero che attiri qualche bravo giovine.
Dunque, ci tengo a premettere che i luoghi sono realmente esistenti ma che i riferimenti a persone omonime sono puramente casuali. Spero poi che i romani capiscano dove sto ambientando la storia e che si divertano a percorrere il tragitto che faccio io tutti i giorni per andare a scuola. Dopodiché... Spero leggiate numerosi e che recensiate in tanti. 
Al prossimo capitolo~
 
Oscar_
   
 
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