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Autore: Fireflie    30/10/2011    4 recensioni
«Lo hai mai amato?» Importa? Vorrebbe rispondere Kate, mentre tiene gli occhi azzurrissimi fissi in quelli bruni dell’altro.
[Peter Burke/Neal Caffrey]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Elizabeth Burke, Kate Moreau, Mozzie-Dante Haversham, Neal Caffrey, Peter Burke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Beta: Cialy & Eowie
Disclaimer: Personaggi tratti dalla serie tv, copyright dei legittimi proprietari, nessun riferimento a persone o fatti reali.
Note: Ho iniziato questa fic all’alba dei tempi (primi di Settembre) e ne ho scritto circa duemila parole di colpo, per poi bloccarmi per oltre un mese facendomi temere il peggio. Ma, come ho detto alle socie che mi hanno anche gentilmente betata, ho chiesto alla dea Kali un po’ di ispirazione in cambio di sacrifici umani e lei mi ha ascoltata, permettendomi di concluderla. La cosa tragica è che ora temo vorrà questi umani morti che le avevo promesso. Sempre come ho detto alle socie, le mie vittime saranno i bastardissimi controllori sugli autobus. *_*



Hiraeth



Elizabeth

Elizabeth si fida di suo marito, si fida davvero, il problema è che con Neal Caffrey intorno non si può mai essere certi di niente.

Ha imparato a convivere con la sua presenza anni prima, quando era soltanto un nome sulla carta intestata dei documenti dell'FBI - fascicoli spessi un palmo che albergavano in giro per casa e che andavano riempiendosi sempre di più man mano che Peter recuperava informazioni, anche le più piccole, persino se mettesse o meno il latte nel caffè – e, pian piano, è cresciuto fino a diventare una persona. Il suo nome, dapprima unidimensionale, aveva assunto tridimensionalità per poi iniziare a forgiarsi in sembianze umane, acquisire un volto, in corpo, un modo di fare e diventare, in un certo senso, ingombrante, benché non se ne sia resa conto fino a che non se lo è trovato davanti, fermo sulla soglia di casa in una mattina come le altre, fasciato in un completo firmato e il suo sorriso migliore.

Quando Peter parlava di lui, nel vederlo animarsi, proprio perché stava dando la caccia ad un criminale, non aveva dato il giusto peso alla cosa: era il suo lavoro e Neal era inacciuffabile, la scalata al successo sicura per chiunque fosse riuscito a catturarlo. Solo che, col tempo, aveva assistito alla trasformazione di quel caso in qualcosa di più personale, aveva visto nascere un legame, lo aveva visto crescere e farsi forte come sembrava impensabile e un po' le aveva fatto paura, perché non lo capiva, non riusciva a vedere il collegamento tra loro due se non attraverso l'ossessione reciproca. La conoscenza l’uno dell’altro era così alta che a volte aveva temuto di non comprendere lei stessa altrettanto bene suo marito.

Poi Neal era finito in galera e tutto si era sistemato. Peter era tornato ad essere il solito di sempre, totalmente innocuo e tranquillo, e lei aveva tirato un sospiro di sollievo, sebbene la minaccia fosse rimasta per tutto quel tempo poco definita, addirittura folle quando le capitava di ripensarci.

Solo che, per l'appunto, non si può mai essere certi di niente quando si parla di Neal Caffrey.
Il suono del campanello l'ha fatta correre in vestaglia verso l'ingresso, per trovarsi davanti il ragazzo. Lo riconosce subito, per via delle foto che aveva visto anni addietro e che sono rimaste sparse in ogni dove, ma averlo di fronte in carne e ossa e occhi del colore del mare è completamente diverso, lo rende per la prima volta reale. Troppo.

Il suo sorriso nel vederla si appiattisce nonostante lo nasconda egregiamente, la luce nel suo sguardo si fa meno brillante, anche se la saluta con tutta la cordialità possibile. Si aspettava Peter alla porta, Elizabeth lo sa bene, però questo non le fa perdere l'educazione e lo invita ad entrare, gli offre del caffè, dei biscotti e, quando Peter arriva correndo giù per la scala, osserva il volto dell’altro illuminarsi nel vederlo sopraggiungere.
E la verità la colpisce come uno schiaffo in faccia. Neal ci tiene davvero a lui.
Non sa di che natura sia quell’affetto, né vuole saperlo ora come ora, non indaga sulla portata di quel sentimento che riesce a fargli cambiare espressione – lui che sa tenere qualsiasi sensazione a bada dietro una risata e una calma innate.
C’è, e tanto basta a metterla in allerta, perché esaminandoli per la prima volta insieme, osservando i dettagli delle loro interazioni, trova un riscontro anche da parte di suo marito e la paura di passare in secondo piano è finalmente concreta, non più solo il sentore vago che aveva scandito i giorni in cui Peter cercava di arrestarlo.

È quasi un sollievo quando i due lasciano l’abitazione, permettendole di riordinare i propri pensieri che aveva nascosto dietro un’allegria ed un’espansività che non provava.
Ma, nel salotto silenzioso e vuoto, tutto quello che riesce a chiedersi è come quell’ossessione si sia tramutata in altro.


Mozzie

Il dubbio gli era venuto fin dai tempi in cui Neal ancora sfuggiva all’arresto, perché dal gioco era passato ad un continuo stuzzicarlo, a far sapere all’agente dove si trovasse, a seminare molliche affinché l’altro le seguisse. Così, una sua idea Mozzie se l’era fatta, e anche ben chiara.
Certo è che dal pensarlo al ritrovarselo sbattuto in faccia di acqua ne scorre sotto i ponti. Non è nemmeno certo che abbia visto giusto, perché con l’amico c’è sempre da riesaminare al microscopio ogni parola e ogni gesto, ma ci sono dei giorni in cui rivolge a Burke degli sguardi così carichi d’affetto da lasciarlo senza fiato e pieno di interrogativi. Pare quasi felice con lui attorno, o perlomeno sereno, nonostante per buona parte del tempo resti a rodersi su dove sia Kate e su chi la tenga prigioniera, sul significato del suo messaggio.
Peter stesso, però, sembra tenere a lui, anche se è più difficile capire cosa provi nei confronti di Neal, così Mozzie proprio non riesce a trovare il cuore di dirgli che si sta imbarcando su una nave che affonderà presto, una nave che farà un botto più grosso di quello del Titanic e che l’iceberg contro cui si scontrerà e che la spezzerà in due si chiama Elizabeth.

E mentre lo guarda sorridere e coprire Peter addormentato sul divano del suo appartamento, cercando di fare il più piano possibile per non svegliarlo, non sa bene se essere contento perché a breve Kate finalmente non sarà più l’elemento discordante nel quadro della vita di Neal o se preoccuparsi per il fatto che il suo posto l’abbia occupato un agente del governo.
Per ora, in ogni caso, gli basta saperlo al sicuro e che Peter, a modo suo, si prenda cura di lui.


Lauren Cruz

Ha smesso da tempo di cercare di dividere l’agente Cruz da Lauren, così i difetti di una sono diventati i punti di forza dell’atra e viceversa.
È stato proprio grazie al non abbassare mai la guardia dell’agente Cruz e al saper leggere le persone di Lauren che si è accorta di quanto Neal Caffrey mentisse mostrando interesse per decine di donne senza sceglierne mai una, lei compresa. È tutta una questione di dettagli, alla fine, e i loro rendez-vous si sono presto rivelati niente di più concreto dei tentativi – sempre falliti o nemmeno iniziati – di preparare del caffè da parte dell’agente Burke.
Caffrey si nasconde dietro il bel viso e la parlantina pronta, fa il suo gioco sapendo di poter andare a canestro quando vuole, senza però portare mai a termine un’azione.
All’inizio ne era stata gelosa, del suo continuo guardarsi intorno come se volesse prendersi tutto; le era servito del tempo per rendersi conto che era una maschera, un modo di comportarsi, che la sola persona che gli interessasse davvero era Peter.
E ne era rimasta sconcertata, perché da quello che aveva capito, captando frasi e mezze parole qua e là, Neal aveva una ragazza, era evaso di galera perché lei lo aveva lasciato sparendo nel blu cosmico e lui la rivoleva disperatamente indietro.

Ora, però, ha messo via tutti quei sentimenti e si prende il proprio tempo per studiarli, per capire fin dove si spinge quella strana connessione, se ciò che ha visto di tanto in tanto negli occhi del proprio capo sia affetto vero, sebbene lui si ostini sempre a tenere le distanze opportune, quelle giuste, che si confanno al loro rapporto, mentre l’altro cerca costantemente un contatto.
Lauren crede che sarà proprio la tenerezza che Caffrey prova nei confronti di Peter a delineare la loro relazione, così resta in attesa, fidandosi delle sue capacità e del proprio spirito di deduzione, sperando di riuscire a godersi l’evolversi della situazione.
 

Kate

Peter è seduto sulla poltrona a fianco del letto quando lei rientra.
Se l’aspettava quella visita: in fondo sta procurando guai a quello che a tutti gli effetti è il suo nuovo partner e, ogni qualvolta si parla di lui, l’agente Burke si considera parte in causa, soprattutto visti i recenti sviluppi nella vita di Neal.
La sua presenza però non manca di infastidirla, perché ha altro per la testa che non dover stare a dare spiegazioni su cosa sta facendo e sul perché ha bisogno dell’aiuto di Neal.

Gli punta l’arma carica dritta al cuore, subito dopo averlo salutato, ma l’uomo non batte ciglio, conscio che non premerà il grilletto.

“Kate, metti la pistola sul tavolo.”

Il tono tranquillo la irrita ancora di più, così mantiene l’arma puntata al centro del suo petto, chiedendosi quale sarebbe l’ultima persona a cui andrebbe il suo pensiero se decidesse di ucciderlo: sua moglie o forse Neal?

“Sparami oppure metti la pistola sul tavolo.”

Sondando la sua espressione decide di assecondarlo. Appoggia l’arma sul tavolino basso ai piedi della poltrona dov’è seduto, mentre si domanda quale sia la ragione di quell’improvvisata, quante chiacchiere inutili serviranno per arrivare al punto.

”E' passato un bel po'.”
“Cinque anni.”
“La prima volta che ho catturato Neal.”

E lo dice con una tenerezza tale nella voce che il punto le è chiaro in un lampo – non conta il tenerlo pulito, fuori dai guai, lontano dalla criminalità. Il punto è Neal stesso, lo sperare per lui una vita serena, buona, sicura, in cui Peter potrà sempre voltarsi indietro e trovarlo lì, pronto a sorridergli, col suo viso perfetto e gli occhi luminosi.

“Cosa vuoi?”, lo interroga comunque, anche se sa benissimo cosa è venuto a dirle.
“Lascia in pace Neal.”
“Non posso farlo.”
“Perché no? Cos’ha che vuoi così disperatamente? Qualunque cosa sia, posso procurartela io.”
“E perché dovresti?”

Vuole sentirglielo dire, ora, nascosta dietro una falsa idea di sospetto, vuole sentirglielo dire che si sta muovendo su linee sottili i cui i contorni sono labili e qualsiasi emozione sfuma in un’altra, cambiando sostanza alla loro stessa materia.
Si sente forte, di quella forza che viene dalla sicurezza della verità, dall’avere ragione e l’averlo colto in fallo.

“Perché?”, chiede però l’uomo, senza scomporsi e senza bisogno di pensare alla risposta, che viene fuori sincera, solida quanto Peter stesso. “Perché è bravo. Perché è il tipo più intelligente che abbia mai conosciuto. E sono stanco di vederti giocare con i suoi sentimenti.” C’è un pausa che sembra durare ore e poi “è un mio amico. Lascialo stare.”

E il mondo si capotta su se stesso e Kate perde quel potere che credeva di avere, le informazioni fluiscono dalle sue labbra come se fosse priva di forza, troppo stanca per continuare a combattere una guerra che non può vincere, contro un avversario che non può sconfiggere. Gli parla del carillon e gli dice di volerlo, senza esporsi oltre, sempre negando di lavorare per Fowler.
Poi la domanda arriva a sorpresa, come se non avessero abbandonato il discorso di prima, e c’è reale curiosità sul viso di Peter, reale sconforto, quasi un senso di sfinimento.

“Lo hai mai amato?”

Importa? Vorrebbe rispondere Kate, mentre tiene gli occhi azzurrissimi fissi in quelli bruni dell’altro.
Forse sì o forse no, ma scommetto che tu lo ami di più di quanto abbia mai fatto io, solo che non lo sai.
Invece lascia cadere la domanda nel vuoto, e pochi secondo dopo Peter è in piedi e sta abbandonando la stanza d’albergo.

“Di’ a Fowler che so tutto, e che non mi tiro indietro.”

Kate, invece, vorrebbe tanto che lo facesse.


Peter

Non è che Peter non si fidi di Neal perché non riesce, più semplicemente ha paura di rimanere scottato. Ha paura che un giorno Kate arriverà e se lo porterà via per sempre, ributtandolo dov’era prima, magari facendolo finire ancora una volta in prigione. Ha paura che tra lui e una vita tranquilla scelga la ragazza e l’imprevedibile vita del falsario.
Non vuole vederlo rovinarsi con le proprie mani, ecco tutto. Davvero.
E non vuole perderlo, il che è un po’ più difficile da dire o anche solo ammettere con se stesso, perché si tratta di Neal e la prima regola che si impara entrando nelle forze dell’ordine è non far diventare i casi una faccenda personale.
Solo che Caffrey lo è maledettamente.

Nel corso degli anni il rapporto è cresciuto, sebbene si incontrassero di rado e il loro non fosse altro che un gioco portato avanti ad armi pari. Un cercarsi e rincorrersi senza fine, costante, che lo entusiasmava a volte.
Quando lo aveva arrestato si era persino chiesto se Neal si fosse lasciato prendere. La domanda gli pizzicava la punta della lingua e poi Caffrey aveva sorriso – anche in quell’occasione, con l’FBI addosso, lo aveva salutato e aveva sorriso senza provare a fuggire, così il dubbio gli era rimasto sebbene la parte razionale di lui controbatteva che nessun criminale si farebbe mai catturare di sua spontanea volontà. O no?
Poi, una volta iniziato a lavorare insieme, le cose tra loro si sono complicate in un lampo fino ad arrivare alla situazione attuale, che lascia Peter senza respiro e con un briciolo di panico che gli sussurra costantemente nell’orecchio.

L’aria della notte è fresca sul suo viso mentre abbandona l’hotel in cui alberga la ragazza, con la speranza che lei decida di fare la cosa giusta e dimenticarsi di lui.
Camminando per le strade illuminate, ripercorrendo a piedi lo stesso tragitto di pochi minuti prima, riflette sulla possibilità di parlarne con Caffrey, ma non è sicuro che gli dirà ciò che è successo – non riesce ancora a calibrare bene le distanze e le vicinanze tra loro due, anche dopo mesi, e ogni giorno passato con lui è come un gigantesco imprevisto che non sa in che modo gestire.
Così decide che tacere è meglio, col tempo gli racconterà di quell’incontro, pur sapendo che non gli crederà, che troverà una spiegazione al comportamento di Kate, continuando a cercarla ovunque.

Le gambe lo portano sotto casa di Neal.
Quando se ne rende conto rimane per un secondo disorientato e quasi decide di andare a suonare al campanello, ma l’abitazione è buia ed è notte fonda, si immagina i suoi inquilini addormentati da ore, allora lascia perdere, rimanendo semplicemente a fissare la costruzione appena illuminata dal fascio lunare che filtra attraverso le nuvole e dalla luce di qualche lampione.

Poi Neal appare, una sagoma scura alla finestra, una mano a tenere la tenda scostata e gli occhi che paiono risucchiare tutto il chiarore della luna.
Peter non sa se lo ha visto fermo sul marciapiede lì sotto, né se stia guardando proprio lui, ma nell’oscurità crede di scorgere un’espressione sorpresa sul viso dell’altro.

Non se ne cura, e resta lì ad osservarlo per quello che sembra un attimo.


Neal

Kate agita una mano dalla porta dell’aereo, il suo viso è perfetto come lo è sempre stato e il suo sorriso invitante, ma l’insicurezza della propria scelta lo frena.
Non ha salutato Peter, anche se è la persona più importante a cui sta dicendo addio, non l’ha fatto e per buona parte già se ne pente, ma ha paura che trovandoselo di fronte non saprà lasciarlo, buttando al vento tutto ciò per cui ha lottato in quegli ultimi mesi.

Poi la sua voce gli arriva alle spalle, come un’onda che riesce a coprire qualsiasi cosa: il rumore dell’aereo, i propri pensieri, i propri dubbi, persino la figuretta snella di Kate in lontananza si sfoca leggermente, annebbiando i contorni, e non può che girarsi, ammirare un’ultima volta il viso dell’uomo.
Sperando di riuscire a trovare la forza di andare avanti comunque, anche se sembra impossibile e vorrebbe solo fuggire senza doversi guardare indietro.

“Hai salutato tutti tranne me. Perché?”

Ed è una domanda che non si aspettava da lui, è una domanda che scruta troppo in profondità, che spinge la verità nel loro rapporto fatto di bugie e parole non dette e sguardi malcelati e sentimenti sbagliati.

“Non lo so.”
“Sì, lo sai. Dimmelo.”
“Non lo so, Peter.”

E il suo nome ha il giusto sapore, anche adesso, anche se prova a proteggersi nuovamente, prova a non dargli tutto ciò che ha da offrire per paura, perché si è scoperto in più di un occasione con lui senza ricevere niente, nemmeno fiducia, la giusta considerazione. Il giusto amore.

“Perché?”
“Lo sai perché”
“Dimmelo.”

Perché tengo a te più di quanto dovrei. Che, anche detto in questo, a Neal sembra una frase con un significato enorme che ne nasconde un altro ancora più immenso, e sa che Peter lo capterà sicuramente.
Farebbe prima a dirgli le cose come stanno, anche qualcosa di sconveniente ma che, almeno per una volta, sarebbe la verità. Vorrebbe chiedergli perché si è messo così tanto in gioco per lui, perché si è preso la responsabilità di tirarlo fuori di galera, perché sembra tenerci.
E invece.

“Perché sei l'unico che può farmi cambiare idea.”

Risponde semplicemente, ed è anche vero, non è la solita bugia, ma lo salvaguarda dalla verità, implicita anche qui, che fa sempre troppo spavento per essere confessata ad alta voce, liberamente.

“Ce l'ho fatta?”

Certo che ce l’hai fatta. Sta quasi per dirglielo, quando i secondi di vuoto in cui la sua indecisione tentenna si riempiono del suono dell’esplosione. Lo scoppio irrompe nell’aria con un boato infuocato che lo getta a terra, mandandolo a scontrarsi contro l’asfalto ruvido dell’hangar.
Il cuore batte a mille mentre si rialza e cerca di raggiungere Kate, la possibilità di una vita nuova che faccia meno male, ma il dolore è troppo grande per essere quantificato, decifrato, scomposto in parti singole che non devastino il cuore.
E tutto ciò che sente sono le braccia di Peter che lo afferrano, frenano nella sua corsa verso il rottame fiammeggiante, e lo tengono stretto, premendo il suo corpo contro il proprio.
Si perde nel calore del suo abbraccio che lo culla nella disperazione, mentre le lacrime scendono senza che possa arrestarle e il respiro quasi gli manca, intrappolato nei polmoni.

“Ci sono io”, gli mormora all’orecchio, accarezzandogli la nuca. “Ci sono.”

E Neal vorrebbe che bastasse a scacciare l’angoscia per la morte di Kate, che la sua presenza così vicina possa cancellare l’ultima ora e la decisione di separarsi da Peter, così non ci sarebbe stato nessun aereo e Kate sarebbe ancora viva, da qualche parte, lontano da lui.


   
 
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