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Autore: _Deina13    30/10/2011    3 recensioni
Ti ricordi di quel ragazzo di cui ti parlo sempre, papā? Quel bellissimo ragazzo dagli occhi al cioccolato, dolce come il miele e con la voce capace di sciogliere i ghiacciai? Voglio stare con lui, papā. Non so se riesci a capirmi, ma lo spero, perchč anche se non abbiamo lo stesso sangue, io ti voglio un mondo di bene, so che la nostra esistenza gira intorno ad una serie di regole e, per farla corta, noi siamo ricchi e lui č povero, ma nessuno, e sottolineo n e s s u n o mi fa sentire come mi fa sentire lui, nessuno mi tratta come fa lui. Credo di amarlo papā, voglio stare con lui, passare il resto della mia vita al suo fianco...spero tu possa capirmi. Anche se non lo dimostro ti voglio bene. Con amore, tua figlia.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Usciva da un negozio di Foot Lockerz con una fretta incredibile. Quel giorno aveva i neri capelli tirati su col gel, ReyBans marroncini che gli coprivano gli occhi color cioccolato e una t-shirt malandata, che gli andava larga per tutte le volte che era stata stirata, ma che faceva comunque intravedere il fisico allenato perennemente con duri esercizi addominali; il cavallo dei jeans stringenti ai polpacci era basso, la cintura blu fosforescente di PlayBoy non gli serviva a molto e lasciava in bella vista i boxer  a righe nere e viola.
Adidas alte e argentee risplendevano al sole ed illuminavano le mie Carrera ultraviolette, anche se era a metri e metri  di distanza. Ero comodamente seduta al tavolino del bar sotto l'ombrellone all'aperto in piazza, davanti a me erano seduti dritti Rebecca e Christopher che bevevano educatamente il caffč e mangiavano una coppetta di gelato, attenti a non sporcarsi le dita.
Quel giorno mi ero messa un vestitino intero (l'unico indumento che avevo nel mio guardaroba) uno dei soliti sopra il ginocchio non molto scollato e di cotone ruvido completamente bianco, solo una piccola 'cinta' nera a mo' di corsetto sotto il seno, un piccolo fiocco bianco a point neri che raccoglieva un gruppetto di capelli biondi che risplendevano al sole; stranamente mi avevano permesso di mettermi delle ballerine nere e basse, con dei piccoli fiori sulla punta e una borsa nera di Chanel abbinata all'abito. Tre anelli alle dita, tutti della collezione Owl di mio padre, gufi d'oro e, alcuni, con diamanti e un grande gufo come collana che spiccava sul corsetto scuro lucente; il gufo era appollaiato su un ramo e sgranava gli occhi, come una specie di telecamera sul mondo esterno e, sulla pancia aveva brillantini che riflettevano i raggi del sole con orecchini di piume bianche che si intravedevano fra le ciocche ondulate.
Mi ero appena laureta all'epoca, stavo per iniziare uno stage di psichiatria a poco, mia 'madre' sarebbe stata felice di questo.
   Il mio nome č Eule, Eule Freude Fatis; i miei due nomi significano Gufo e Gioia in  tedesco, mentre il mio cognome č latino e significa Destino. Lo so non sono nomi normali, ma mio padre č per metā tedesco e, insieme a me, ha una passione innata per i gufi e le civette per questo, a ogni mio compleanno, mi regalava un anello e una collana con dei gufi, Owl appunto. Certo, Gufo Gioia Destino non č proprio un nome ma col tempo Eule mi iniziō a piacere. Vengo da una famiglia molto, ma molto ricca; i miei sono divorziati da quandoa vevo tre anni, mia madre era la tipica donna snob e viziata piena di silicone e fondotinta, mentre mio padre era un importante imprenditore, io vivevo con lui e, insieme, andavamo a fare bird watching nel bosco vicino. In realtā loro non erano i miei genitori biologici, mia madre non poteva avere figli e un giorno mio padre mi trovō  che piangevo in fasce dentro un cassonetto d'immondizia e, una volta accertata la mia integritā fisica avevano avviato le pratiche di adozione.
Non ho mai indossato un paio di pantaloni, solo gonne, e mai un paio di scarpe da tennis, solo tacchi e ballerine. Vivendo con mio padre erso sempre stata viziata da sempre, ma mi ribbellavo spesso alle sue compere esagerate per 'rendermi felice' o per l'elevata servitų in casa. Non mi piaceva che ci fossero persone che ne servissero altre, i ceti sociali erano stati aboliti moltissimi anni orsono, non aveva senso. Non mi era permesso di leggere romanzi non autorizzati, cioč non scritti prima del secondo millennio, ma alle volte lo facevo senza farmi scoprire. Ero anche costretta a frequentare un giro d'amicizie ai miei livelli, Rebecca e Christopher erano i miei 'amici' fin dai miei primi anni di vita, ma lo erano solo per interesse: ero la pių ricca fra loro, questo li agevolava.
   Gli diedi un'ultimo sguardo di sfuggita. Stava uscendo dalla libreria con una busta bianca di plastica in mano, probabilmente un grande libro di storie o di una materia specifica; nell'altra mano aveva una sigaretta accesa e il solito broncio sul viso: non lo avevo mai visto sorridere.
   
 
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