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Autore: Light Lynx    31/10/2011    1 recensioni
Ennio aveva tredici anni, voleva vivere felice, ma la pazzia rubò il suo sogno.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
- Questa storia fa parte della serie 'Creepy pasta Pokèmon'
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Si parla spesso di Daniel nella regione di Saldal, un uomo morto in strane circostanze, tutti i genitori raccontano la sua storia quando quando i figli si comportano male.
Daniel era un avventuriero aveva 1 solo pokèmon: houndoom.
Aveva anche un figlio, anche lui voleva fare l'avventuriero ma purtroppo non gli fu mai possibile.
Il figlio si chiamava Ennio, e anche lui aveva solo un pokèmon: houndour, la pre evoluzione di houndoom, nonché fratello minore del esemplare del padre.
Daniel era molto affezionato a Ennio, sopratutto dopo la morte della madre di esso.
La sua casa era in cima a una montagna detta “Cava”, per il semplice fatto che era pieno di tunnel sotterranei e non, grotte e vicoli cechi, in più era buio.
Spesso i due andavano a fare esplorazioni nei tunnel, guidati dalle fiamme dei due pokèmon fuoco. Oramai sapevano a memoria dove ogni singolo tunnel sbucasse, dove finiva ogni precipizio o dove era meglio non andare per i crolli.
L'unico che non osavano neanche guardare era uno dei due tunnel di entrata principali.
La porta era coperta di piccoli diamanti che di notte rilucevano più delle stelle coi colori dell'iride.
Era uno spettacolo meraviglioso, se non fosse stato per una lapide un bianco marmo davanti all'entrata.
“Qui Rosel Ighgil è morta per una frana improvvisa, la sua salma non è racchiusa nel caldo letto di questa terra, ma in una bara della chiesa del paese Bengal (paese ai piedi del monte cava).”
Quella lapide l'aveva fatta Daniel il giorno della morte della moglie, ci mese due giorni a incidere ogni singola lettera sulla fredda roccia.
Quando andò a posarla, le sue mani tremavano, il suo viso era bagnato da sincere lacrime, Ennio era con lui, aveva 6 anni, camminava con il capo chino, non emetteva rumori, piangeva in silenzio.
Finalmente la lastra era fissata a terra, -Papà, perché metti una lapide anche qui? C'è ne già una a Bengal.-
-Lo so piccolo, è che lei amava questo posto, amava guardare i diamanti brillare sotto la luce del sole o della luna, amava specchiarsi nelle pozzanghere di questi tunnel, amava il fatto di poter guardare fuori dalla finestra e di vedere tutto ciò che lei amava di più.- Daniel aveva la gola strozzata il viso bagnato e la voce tremante, piangeva disperatamente.
Un giorno, circa 7 anni dopo la morte di Rosel, Ennio e Daniel si erano svegliati, come al solito, alle 5 per andare a ispezionare i tunnel, per vedere se c'erano stati crolli, o se qualcuno si era perso.
Fuori era ancora buio, ma le calde fiamme emesse dal fiato dei due pokèmon Buio/fuoco illuminavano l'area circostante.
Daniel e Ennio si fermarono davanti alla seconda entrata, lessero a bassa voce la lapide poi si fermarono a pregare.
Come ogni giorno da ormai 7 anni i due pokèmon canini si sedevano dietro a i padroni e aspettavano pazienti la fine della cerimonia.
“Plik, plik” goccioline continuavano a cadere dal soffitto della caverna.
Due occhi azzurri fissavano i due allenatori e i loro pokèmon, peccato che l'unico ad accorgersene fù il piccolo houndour.
Il dannatamente curioso pokèmon, senza pensarci si buttò nella grotta dove i due occhi azzurri lo chiamavano.
-Houndour! No!- l'urlo di Ennio squarciò l'aria con una brutalità innaturale.
La braccia del padre gli impedivano di buttarsi all'inseguimento disperato.
-Papà! Houdour!-
-Lo so! Ma non possiamo entrare lì dentro, lo abbiamo promesso a tua madre!-
-Al diavolo la promessa non voglio perdere anche il mio unico amico!-
Ennio riuscì finalmente a liberarsi della stretta paterne ed entrare nella buia grotta.
-Ennio!-
Grosse lacrime scendevano dal volto di Daniel: -Scusami Rosel, non voglio dover aggiungere una lapide accanto alla tua.-
Detto questo si buttò dietro a suo figlio, accanto a lui il fedele pokèmon.
Era buio, solo la debole fiamma del houndoom illuminava le fredde pareti della grotta.
Un urlo agghiacciante risuonò in tutto il tunnel.
“Ennio!” era l'unico pensiero di Daniel.
Correva, correva, correva, correva.
Non gli interessava delle forze che gli mancavano, non gli interessava del terreno scivolose che ogni due secondi lo faceva cadere con la faccia sulla fredda roccia, non gli importava dal
suo corpo che implorava pietà, solo Ennio nella sua testa.
Houndoom era rimasto in dietro ormai, ora solo il buio regnava nella grotta.
Nessun verso di pokèmn, nessun odore, nessun rumore, niente.
Un altro urlo.
Proveniva da est.Le mappe che Daniel aveva in testa erano precise al millimetro, sapeva benissimo che prima di 500 metri non avrebbe trovato un canale che lo mandasse verso la fonte dell'urlo.
Ricominciò a correre, senza soste, senza riposo, senza rallentare.
Luce!
Una luce infondo al tunnel, una azzurra luce sembrava lo chiamasse.
Corse più velocemente verso la piccola fonte di luce.
Un canale a lui sconosciuto era davanti a lui.Un altro urlo:
-PAPÀ AUITO!-
“Ennio!” il suo pensiero.
-ARRIVO!- la sua risposta.
Lo spettacolo che si trovò davanti è irraccontabile, quanto in capibile.
Suo figlio, il suo pokèmon, uno accanto all'altro, stretti per sopportare il freddo glaciale che regnava nel canale, stretti per nascondersi alla presenza di morte che li minacciava.
-ENNIO!-
-PAPÀ!-
Daniel andò verso il figlio, era sudato e ferito, soffriva, glielo si leggeva in faccia, un ragazzo di circa 13 anni costretto a soffrire.
Stringeva a se il suo piccolo pokèmon, era privo di sensi.
-Cosa è successo a houndour?- bisbigliava a Ennio come per paura di essere sentito.
-È morto, ucciso da quella strana presenza quella che mi ha portata qui.-
-Chi era!?-
-Non lo so, era calda, mi faceva stare bene, era amica.-
-Ok... Ciò che è fatto è fatto.- rispose il padre di fretta.
-Ora fuggiamo.- aggiunse subito dopo.
Lasciarono lì il cadavere del pokèmon.
Si arrampicarono su una parete di ghiaccio che portava a un canale di uscita.
Ennio era ferito, Daniel stanco.
Ci misero circa trenta minuti a raggiungere la meta.
Un basso ringhio li accolse, houndoom era lì ad aspettarli, la sua bassa fiamma scioglieva il ghiaccio sulle pareti di quella parte di montagna.
Un rapido movimento della testa del pokèmon fece capire ai due esseri umani di seguirlo.
I due non dissero nulla, seguivano il pokèmon con fedeltà.
Ancora la luce.
Una luce azzurro vivo distava da loro circa 300 metri, era potente ma non illuminava.
Mancavano pochi metri alla fonte della luce.
-Bravo piccolo mio.-
La voce giunse alle orecchie di Daniel potente come uno sparo alla testa.
Quella voce, così suadente, così calda, così amorevole... Rosel!
La voce della donna rimbombava nel piccolo luogo in qui si trovavano.
-R-Rosel? S-sei tu?-
Daniel tremava, ma non per la paura, per il freddo, la luce azzura faceva ghiacciare anche l'aria attorno a sé.
Houndoom si sedette accanto a quella che sembrava la sua padrona, ed elle gli accarezzo la testa amorevolmente.
-Bravo piccolo mio, hai fatto ciò che ti ho chiesto, ti meriti un premio.- detto questo gli indicò un tunnel di piccole alla sua destra.
Il pokèmon eseguì l'ordine e andò.
-R-Rosel s-s-sei d-davvero tu?-
-Si amore.- disse mandandogli un bacio con la mano.
-P-perché sei qui?-
-Perché una famiglia deve stare unita.- rispose lei sorridendo-
-Dov'è andato huondoom?-
-A prendere la sua ricompensa.-
-Papà ho paura.- bisbigliò Ennio nell'orecchio del padre.
Due occhi rossi come il sangue si stavano avvicinando.
Houndoom aveva in bocca qualche cosa, sembrava carne, carne nera.
Andò davanti a Ennio e posò davanti a esso qualcosa.
Il pokèmon stava facendo ombra, quindi nessuno riusciva a capire cosa fosse.
Il pokèmon si spostò e il suo “regalo” venne alla luce.
L'intensa luce azzurra avvolse la testa del piccolo houndour posata davanti al ragazzo.
Gli occhi del ormai deceduto pokèmon erano aperti, sangue usciva da essi.
La lingua era fuori dalla bocca, da essa bianca bava gocciolava.
-Houndour...- Ennio aveva la voce spezzata, corrotta dal pianto.
-Rosel che significa? Tu stessa gli avevi donato quel pokèmon!-
-Avevo! Nella mia vita in questo mondo, ma ora potrete venire con me, nel mondo dove luce e ombra si fonde, nel mondo dove nessuno è ne vivo ne morto!-
Daniel stava arrancando verso la figura della moglie, piccoli taglietti si formavano sul suo corpo pian piano che si avvicinava, come se il vento o la presenza stessa della figura lo stessero trafiggendo.
Daniel e Rosel erano abbracciati, ancora una volta.
Ennio era fermo, in mano aveva la testa del suo pokèmon, in bocca parole che non riusciva a pronunciare.
-Dai tesoro vieni con noi.- le dolci parole femminili erano affilate come lame.
Taglietti si stavano formando sul suo corpo, sempre più grandi, sempre più profondi.
Mosse lentamente la testa verso destra poi verso sinistra.
Il dolore era lancinante, tutti i muscoli urlavano appena faceva anche il più stupido dei movimenti.
Continuava a dire di no con la testa, non gli importava del dolore.
-Oh, come vuoi.- rispose sua mamma seccata.
La luce azzurra divenne accecante, poi più nulla.
Suo padre, sua madre, spariti.
Era solo, completamente solo.
Un leggero vento si alzò, un odore impestò l'aria.
Un fiato sul suo collo.
Occhi rossi lo scrutavano da dietro.
Che fare?Morire e tornare dai propri genitori?
O vivere senza rimorso?
Il corpo di Ennio si muoveva da solo, rapido, scattante, come una macchina pronta ad uccidere.
Ora erano i suoi occhi a brillare nel buio, ora era il suo sangue a bagnare per terra.
Prese un dente del suo fidato pokèmon, ormai morto, e lo infilzò senza pietà nel cuore del houndoom.
Vendetta compiuta.
Aveva deciso di vivere.
Uscì dalla grotta, lentamente si diresse verso la lapide.
Il rumore del marmo rotto rimbombò in tutti i tunnel.
Ripensò al houndoom e al houndour, ripensò all'allenatore che con lui era stato protagonista di questa storia, suo padre; ripensò a sua madre che per l'ultima volta si era mostrata a lui,
ripensò a sé e a ciò che lo aspettava.
Ennio aveva tredici anni, voleva vivere felice, ma la pazzia rubò il suo sogno.

   
 
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