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Autore: JCrue    01/11/2011    0 recensioni
- a volte innamorandoti diventi mamma e sei costretta a crescere un bambino troppo viziato -
Genere: Commedia, Erotico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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  Woke up to the sound of pouring rain
Capitolo primo : - Scappare -
 
 
 
Il finestrino dell’aereo era contornato dall’alone sabbioso delle goccioline di una pioggia passata. Kate guardava fuori in silenzio ripensando a troppe cose. Le ritornò in mente quando due settimane prima era tornata a casa dopo un’altra stancante giornata di lavoro a teatro. Era un’assistente palcoscenico, trucco e vestiario, avrebbe voluto essere un gradino più sopra,magari attrice o direttrice, ma l’avevano presa per quello che era : una ragazza semplice che aveva bisogno disperatamente di un lavoro.  Masticava un poco di tedesco quando due anni prima era arrivata a Berlino, poi aveva fatto amicizia con una ragazza nella hall del primo albergo dove soggiornò, un Holiday Inn che le aveva quasi prosciugato le finanze, Petra le era sembrata simpatica solamente guardandola,mentre stanca e indaffarata metteva in ordine documenti e scartoffie di ogni singolo cliente e mentre rispondeva a fatica alle domande frenetiche dei clienti. Era stato il suo turno e aveva deciso di fare poche domande e sintetiche perché comprendeva in pieno la fatica sul volto della ragazza. I capelli corvini ricci che ricadevano morbidi sulle spalle, il maglioncino di lana le stringeva piacevolmente i fianchi stretti evidenziandole un seno modesto, senza esagerazioni. Si era poi presentata chiedendole se dopo il servizio le andava di prendere un caffè con lei al bar all’angolo e Petra incredula aveva accettato. Erano diventate molto amiche e parlavano di tutto. Kate aveva poi trovato un annuncio una mattina per caso in metro, parlava di un teatro, sentiva il suo sogno di avvicinarsi a quel mondo sempre più vicino, ma al colloquio di lavoro con grande delusione venne nominata assistente scena, all’inizio la situazione la frustrava terribilmente, poi aveva imparato a farci l’abitudine e a ringraziare che almeno quel lavoro le dava la possibilità di mangiare e scaldarsi.  Con il tempo aveva incominciato a frequentare certi amici di Petra e aveva conosciuto Thomas. Era un ragazzo strano, si era fatto da sé. Ricordava Eminem nel film “8 miles” sempre perennemente incazzato con il mondo, cappuccio della felpa xxl sulla testa e bandane colorate. Aveva dei lunghi capelli legati in treccine, l’aveva colpita perché aveva uno sguardo profondo,come se il suo essere stronzo e menefreghista fosse solo una maschera, che celava invece un animo buono e sensibile. Si erano frequentati e lei si era innamorata, lui anche, erano una bella coppia e sono stati insieme per ben due anni. Il loro era un sentimento puro e bello , andava tutto a meraviglia e qualche mese prima avevano deciso di vivere insieme. Thomas aveva avuto un aumento di stipendio dal suo capo, lavorava in un’azienda che consegnava elettrodomestici e con quei soldi aveva deciso di prendere in affitto un appartamento, piccolo, un monolocale con un grande letto matrimoniale, dove quasi ogni sera facevano l’amore dedicandosi carezze l’un l’altra. Era un quadretto perfetto, Kate era felice e ormai non le pesava più la lontananza da casa. Due settimane prima di partire però era rientrata tardi da una giornata di lavoro,era stanca e stufa perché aveva avuto discordie con uno degli attori, vanitoso e presuntuoso che aveva sempre di che lamentarsi. Aprì la porta di casa che insolitamente era aperta senza nemmeno un giro di chiave e la scena le si presentò davanti senza veli e senza censure : il suo Thomas era sdraiato sul letto e a cavalcioni sopra di lui c’era una donna che spingeva il bacino con forza avanti e indietro ansimando e lanciando di tanto in tanto gridolini di piacere. Kate spalancò la bocca schifata e tutto quello che riuscì a dire fu “ sei un figlio di puttana “ disperata scoppiò a piangere e uscì di casa sbattendo forte la porta.  I giorni seguenti furono tempestati da messaggi “ti posso spiegare tutto” oppure “mi dispiace amore”. Kate era troppo amareggiata,triste e delusa, così aveva deciso di abbandonare tutto per andare a trovare una vita che le avrebbe regalato più soddisfazioni. Ripensò a come negli ultimi mesi anche se avevano deciso di vivere insieme, Thomas apparisse più freddo e distaccato. Non l’amava più, questa era l’unica risposta. 
Kate sprofondò con la testa sul velluto del cuscino dell’aereo mentre il suo i-pod mandava avanti le canzoni, arrivò a “space bound “ di Eminem,le note le riempivano la testa, chiuse gli occhi e si abbandonò completamente a quella canzone. Era sul primo aereo diretto a Los Angeles, una città che non conosceva,nella quale non era mai stata, ma era lontana, lontana da tutto,dal lavoro, da quel attore vanitoso che le faceva venire ogni giorno il fegato cattivo ma soprattutto era lontana da Lui. Kate era piuttosto orgogliosa e non riusciva ad ammettere che in realtà stava soffrendo. Non riusciva ad ammettere che si stava accartocciando su se stessa perché Thomas era tutto per lei. Era delusa triste e non sapeva cosa fare,dove sbattere la testa. Erano due notti che non dormiva, che occupava il suo tempo soffocando singhiozzi tra le pieghe del cuscino. Così aveva deciso di fare ciò che faceva sempre quando sentiva la tristezza premerle sul petto : scappare.  Ed ora il suo aereo stava procedendo in diagonale,avvicinandosi alle luci della città di Las Vegas. Aprì di scatto gli occhi e incollò lo sguardo al finestrino stoppando l’i-pod quasi automaticamente.  Le sembrava di respirare una nuova aria, tante emozioni le si stavano accumulando nello stomaco e un senso di nausea la pervase per qualche minuto, finché l’aereo non atterrò e spense i motori.  
 
 
 
-Sei un’idiota! Lo sapevo che sarebbe andata a finire così, questo succede a non avere un minimo di ordine nello studio!- il manager si mise le mani nei capelli sospirando.
-Slash tieni sempre tutto in un angolo almeno tu dovresti sapere dove sono i tuoi cavi!- ricominciò sempre nervoso.  
-Vaffanculo Alan! Questi amplificatori sono una merda, ogni volta che inserisco un fottuto jack sibilano e mi rendono nervoso peggio di una vecchia zitella in menopausa!- Il cantante del gruppo scoppiò a ridere seguito dagli altri membri.
-Sembri una checca quando strilli così Saul! Dai adesso basta,andiamoci a fare una sana bevuta,è quasi l’ora di cena, una birra è perfetta in momenti come questi!- esclamò con fare allegro il cantante. Aveva lunghi capelli biondo rossicci ed era ben piazzato, muscoloso e con un culo sodo e stretto che avrebbe fatto invidia a qualsiasi promiscua cheerleader dei college vicini. Aveva degli occhi non troppo scuri grandi e profondi ed un naso pronunciato ma che era perfetto nell’insieme. Portava pantaloni a sigaretta stretti , bianchi e stivali in pelle borchiati. Lo chiamavano Axl e tutti in città sapevano di lui, era onnipresente in quasi tutte le serate alcoliche rock della città. Era circondato da ragazze come una carcassa da avvoltoi e stava facendo carriera nel mondo della musica insieme al suo gruppo, i Guns’n Roses. Gli altri membri erano conosciuti ma non con così tanta influenza, alla pari di Axl forse c’era Saul Hudson, conosciuto come Slash e chitarrista della band. Gli altri membri erano dei cagnolini di Axl che con il suo carisma trascinava tutti come un’onda trascina le conchiglie sulla spiaggia, Duff McKagan al basso, Izzy Stradlin accompagnava Slash con la chitarra ritmica e Rob Gardner il membro più stufo e frustrato della band. I ragazzi avevano da poco avuto un contratto discografico con il manager Alan Niven che gli aveva notati e stava concedendo loro l’aiuto ad incidere il loro primo album. La porta dello studio si richiuse e il gruppo uscì per andare al bar all’angolo della via, il Crab’s dove solitamente tra le sette e le otto riceveva la loro visita e mandava via fiumi di birra. 
 
 
 
Kate camminava incerta con un caffè americano bollente tra le mani ed una piantina della quale non capiva il senso. Odiava le piantine,le trovava inutili visto che anche con esse riusciva costantemente a perdersi. Girò e rigirò quel pezzo di carta che lentamente le si stava consumando sotto le dita senza trovare una soluzione. Alzò il naso dalla carta e si guardò intorno, era finita in una via piuttosto spenta, l’unica luce segnale di presenze umane era quella di un pub chiamato Crab’s e di una sala registrazioni poco più avanti.
-Perfetto, non concluderò mai nulla così. – sospirò tra sé e sé affranta. Decise di concedersi una pausa e mettere qualcosa sotto i denti dal momento che erano due giorni e mezzo che non consumava un pasto normale. Attraversò la strada e aprì la spessa maniglia in ferro del pub. Il calore e il tipico odore del cibo americano l’accolsero strappandole un sorriso. Amava l’America e non aveva mai avuto l’occasione di andarci, perché la sua famiglia non poteva permetterselo,purtroppo. Si guardò intorno e prese posto ad un tavolino singolo, attendendo che qualcuno venisse a prendere le ordinazioni. Dopo un po’ di minuti che sostava lì una voce rimbombò da dietro.
- Devi andare al bancone per le ordinazioni, non siamo mica al ristorante, vero Mick?!- sghignazzò lo sconosciuto. 
Kate si girò e incrociò lo sguardo di Axl che la spogliò con gli occhi sorridendo beffardamente. 
  
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