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Autore: LivingTheDream    01/11/2011    9 recensioni
"Quindi ora, mentre voi vi starete godendo l'aria frizzante dell'inverno o il tepore di un bel termosifone, io sono qui, avvolto in un dannato scialle, che è su una dannata coperta, con il sedere su una dannata poltrona ed il dannato naso che cola, dannazione.
Vorrei quindi approfittare di queste ore libere per parlarvi del caso che mi ha ridotto in queste condizioni, il quale, nonostante le sue conseguenze, è stato uno dei più sto3451+àpèoun4z”
«Gladsdone! 'gendi zubido dalla dasdiela! Guggia!»"
La pubblico giusto perché ieri era Halloween - è così idiota da far paura!
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nda: No, vi giuro, tutto questo non è colpa mia.
È colpa di minnow
 se questo orrore ha visto la luce, solo colpa sua - sua e della quarta notte bianca di [info]maridichallenge, ma anche e soprattutto del prompt di [info]mikamikarin che trovate qui.

No, vabbè, diciamoci la verità - la colpa è solo è soltanto mia. T_T


“Dal blog di John H. Watson - 'Di neve e di thé'.

 

Fa freddo.

Fa. Freddo.

Ma proprio tanto, eh.

E, come se non bastasse, Sherlock ha appena aperto la finestra – è entrato un incredibile numero di fiocchi di neve, in quella manciata di secondi, e penso di non aver mai visto nevicare tanto come qui, come oggi.

Quando ero piccolo la amavo, la neve, adoravo uscire sotto quella pioggia di puntini luminosi ed effimeri e rimanerci fino a stare male, fino a quando non tornavo nella mia stanza con la febbre a trentanove, ridendo come un imbecille.

Stavolta mi ha anticipato.

La febbre, intendo.

E non sto ridendo, per capirci.

Sono passati precisamente quattro giorni, due ore, ventitré minuti e diciassette – diciotto, diciannove – secondi da quando sono stato letteralmente scagliato nelle acque del Tamigi per provare che la vittima, come potete vedere, avrebbe potuto aggrapparsi con estrema facilità alla stessa sporgenza cui è appeso ora John, e che, di conseguenza il colpevole non può che essere il signor Marcus Hudson, che le testimonianze collocano e blah, blah, blah.

Diciamo solo che, da quel momento in poi, la cosa migliore è stato lo scialle che Mrs. Hudson mi ha costretto ad indossare ventiquattr'ore su ventiquattro.

Viola.

Con le paillettes.

Roba che nemmeno la stessa Mrs. Hudson ha mai avuto il coraggio di indossarlo – vecchio regalo di Mrs. Turner, poteva risparmiarselo, sinceramente.

Cioè, io sto indossando delle paillettes. Non so se mi spiego.

Ed è tutta colpa di Sherlock – tanto per cambiare, mi avesse almeno chiesto scusa.

Credetemi quando ve lo dico, io quell'essere lo odio, a tratti – tratti mooolto spessi. Passo ventitré ore della mia giornata ad odiarlo, e l'ora restante ad odiarmi per il fatto di odiarlo, e perché così facendo, mio malgrado, penso solo a lui e non ad un triliardo di altre cose decisamente più interessanti.

Quindi ora, mentre voi vi starete godendo l'aria frizzante dell'inverno o il tepore di un bel termosifone, io sono qui, avvolto in un dannato scialle, che è su una dannata coperta, con il sedere su una dannata poltrona ed il dannato naso che cola, dannazione.

Vorrei quindi approfittare di queste ore libere per parlarvi del caso che mi ha ridotto in queste condizioni, il quale, nonostante le sue conseguenze, è stato uno dei più sto3451+àpèoun4z”

 

«Gladsdone! 'gendi subido dalla dasdiela! Guggia!» esclamo, prendendo il cucciolo con una mano e poggiandolo sul bracciolo del divano – da cui scivola dopo pochi secondi, rotolando goffamente a terra.

Sherlock alza distrattamente gli occhi dal tavolo degli esperimenti, abbozzando un sorriso divertito.

«E du non ridere, dannado 'sigopatico. Brenditi guesto cane, ber favore, 'tarei gercando di zcrivere.»

Per tutta risposta continua a ridere. «Sentirti parlare è uno spettacolo.»

«Allora bagami, così almeno gi guadagno guaccosa, da duddo guezdo.»
«Dai, John, non fare così. Lo sai che era solo un esperimento.»
«Ezberimendo un gorno! Bi hai usato, bi hai rezo uno 'draccio, e non bi hai nemmeno ghiesto zcuza. E ora bodresti almeno ebitare di riderne, do?» concludo, tirando su col naso rumorosamente e tentando di scostare Gladstone dalla sua nuova posizione strategica – cioè la mia gamba.

Prima che io possa anche solo cancellare le lettere dettate dalle paffute zampine del bulldog, questo viene preso per la collottola da una mano delicata e pallida – appartenente ovviamente a Sherlock – che lo sistema nella sua cuccia, per poi grattargli silenziosamente le orecchie, cosa che il cucciolo gradisce enormemente.

Seguo tutta la scena, e, mentre ancora sono intento a fissare il cane di casa che tenta di infilarsi sotto la sua copertina, Sherlock, dalla porta della cucina, mi domanda «Ti preparo qualcosa di caldo. Cosa vorresti?»

Scuoto leggermente la testa, portando lo sguardo sul mio inquilino. «Don vollio dulla, dranguillo.»

«Il volere qualcosa non è un'opzione, la domanda è cosa vuoi, non se lo vuoi.»

Sbatto le palpebre un paio di volte, perplesso – quando parte con questi ragionamenti meglio rinunciarci da subito.

«Zolo dhé ber me, gassie.» sospiro, tornando a rannicchiarmi tra la marea di coperte sotto le quali sono sepolto.

Tamburello sulla tastiera, tentando di recuperare il filo del discordo interrotto dai miei coinquilini, quando un atroce consapevolezza mi fa sgranare gli occhi.

Sherlock non ha mai preparato un thé.

E inoltre, a pensarci meglio, non ha mai nemmeno fatto qualcosa per me senza che io glielo chiedessi espressamente più e più volte.

E se ci mette qualcosa di strano dentro? Un nuovo composto chimico, o un farmaco da lui inventato che deve testare – o peggio, qualche composto criminale trovato in chissà qualche caso a me sconosciuto? E se fosse l'ennesimo esperimento – oddio, non ho le difese fisiche di combatterlo, in quel caso, sarebbe davvero andare a morire.

«Gerlock?» chiamo, ormai è in cucina da un paio di minuti. «Duddo bene?»
«Ehm- sì, sì, John, tutto bene. Dovrei esserci, quasi.» sento il tintinnino delle tazze, e penso che, dopotutto, per quanto lui sia strano non penso che arriverebbe al punto di avvelenarmi a scopi scientifici.

No?

Non dovrebbe.

In teoria.

E in pratica?
No, non penso.
… vi prego, ditemi di no.

«Eccomi, John, sto arrivando!» si alza una voce dalla cucina. «Però solo una cosa: la bustina con le erbe» in quel momento entra nella stanza, aprendo la porta di schiena «va aperta o no?»

«Azzoludamende do, Gerlock. Gosa de lo fa benzare?» ridacchio, pensando ad uno scherzo.

Ed invece lui si irrigidisce, tossendo, per poi sparire di nuovo in cucina.

La mia espressione divertita muta subito in una faccia decisamente perplessa, e l'ipotesi di tentato avvelenamento sembra riaffiorare dal fondo della mia mente con orrore.

Sto per reimmergermi nel mio blog, quando la voce del mio coinquilino mi interrompe nuovamente.

«John?»
«Zì, Gerlock?»
«Normalmente il thé è bollente, vero?»

Tiro su col naso, poi inspiro profondamente e gli rispondo. «Don decezzariabende, ba gon guesto freddo, gradirei boldo ghe lo fosse.»

«Ah.»

Ah.

Non è un buon segno, vero?

Nei minuti successivi cerco di ignorare gli strani rumori provenienti dalla nostra cucina, tra i quali – nell'ordine – un tintinnio troppo forte, un qualcosa che si fracassa al suolo, una fiamma troppo alta ed un trasalire, come se qualcuno si fosse scottato.

Non che ci sia così tanta gente, in quella stanza, però, non è difficile immaginare come stanno andando le cose.

Finalmente, dopo una buona mezz'ora, la porta si apre piano, spingendo via Gladstone che vi si era appostato contro, giustamente preoccupato.

«Oh, alla buod'ora.»

Ma Sherlock non risponde, e rimane a fissarmi, il vassoio in mano.

«Gerock? Ghe hai? Allora, be lo dai guesto dhé o do?»

Vedo i suoi occhi di ghiaccio vagare nella stanza, evitando i miei, fino a quando, sospirando, non mi si avvicina.

«Tieni. Ma puoi anche non berlo – se vuoi mi volto, così lo versi nella ciotola del cane.»

Presi la tazza, piano, e ne annusai cautamente il contenuto.

«Za di dhé. È già un buon zegno.» tento di ridacchiare, ma lui, serio, viene a sedersi sul tappeto ai miei piedi, seguito da un festante Gladstone – probabilmente è molto contento di vedere ancora vivo uno dei suoi due padroni.

Solo in quel momento noto che le sue dita sono piene di scottature, ustioni e tagli assortiti, alcuni ancora freschi e sanguinanti.

«Oh, Gerlock, ba berghé-»
«Sono un idiota, John. Sono. Un. Idiota.»

Rido, nei limiti in cui mi è possibile farlo. «Ze tu zei un idioda, allora io zono zeriamende breoccubado del bio libello indelleddivo.»

Sherlock sembra riflettere qualche secondo, poi alza l'angolo destro della bocca. «Non potevi scegliere una combinazione peggiore di parole – “ zeriamende”, “indelleddivo”. Sei divertentissimo.»

«E du sei un idioda.» sentenzio, sporgendomi verso la sua fronte e baciandone le tempie nascoste dai ricci, ma prima che io riesca a lasciare i suoi capelli, lui stesso mi prende il mento tra due dita e mi bacia le labbra screpolate, forse meno demoralizzato.

Non passano che pochi secondi prima che un naso umidiccio si intrufoli tra noi due, guaendo in cerca di attenzioni.

«Gladstone! Anghe gui, du!» rido, afferrandolo e grattandogli la schiena. Poi volgo lo sguardo alla tazza fumante. «Allora, ghe ne dide? Azzaggio guezza delizia?»

 

Sapete cosa, gente? Dimenticatevi il caso.

Ma ricordate tre cose, davvero, davvero importanti – parola di John Watson.

La prima è quella di etichettare sempre i barattoli del sale e dello zucchero, soprattutto se usate sale fino e se avete una persona come Sherlock come coinquilino – anche se vi auguro di abitare in una casa più normale del 221b.

La seconda, decisamente molto più importante, è che se baci qualcuno la possibilità di mischiargli l'influenza è assurdamente alta.

La terza, ultima, ma assolutamente non meno degna di nota, è che se c'è qualcosa peggio di un tuffo nel Tamigi in pieno inverno, di uno scialle viola, di un thé salato e di un cane salterino, quello è uno Sherlock Holmes ammalato.”

 

«Dhon! Il gelludare, bi serve, zubido!»

 

Anche se penso ne valga la pena – insomma, dopotutto parliamo di paillettes!

13/12/2011 – 21:37. 35 commenti. Lascia un commento.

   
 
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