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Autore: Muddafuggaz    02/11/2011    3 recensioni
"...Io credo che il ritmo sia tu."
"Dici sul serio?" Risponde lui avvicinandosi alle mie labbra.
"Sì." Sussurro spalancando gli occhi.
Lui socchiude i suoi e appoggia le labbra sulle mie. Il mio cuore torna a battere, di nuovo, lo sento.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 18.
“Piena di Lui.”

“Ora calmati, dimmi chi è.” Aveva detto Shannon, tenendomi stretta a lui, dopo che gli altri componenti e lo staff sostavano nell’autogrill.
“Non voglio parlarne..” mormoravo.
“Devi, ti prego.” Mi guarda.
“Scusa, io non ce la faccio.” Guardo in basso.
“Quando vorrai, io sono qui.”
Annuisco con poca convinzione.
 
Ero tornata al mio I-Pod e a canzoni depressive quali alcune dei Pink Floyd, e pensavo, così, vagavo. Non c’è un motivo, la vita va male, il più delle volte. Non esiste uno spiraglio di felicità, no, affatto.
Io stavo lì, appoggiata con la schiena vicino al vetro, Shannon dal lato opposto del bus mi fissava. Di tanto in tanto gli sorridevo, solo per tranquillizzarlo. Talvolta chiudevo gli occhi, per non guardare la magnificenza del suo volto, semplicemente perché non volevo lasciar trapelare emozioni, emozioni logoranti.
 
Spokane non è lontana, ma il viaggio è lungo. Ognuno sembrava vivere da sé, se questa poteva essere definita vita. Non potevo avvicinarmi a Shan: Jared ci avrebbe trucidati seduta stante.
Avevo freddo, evidentemente avevo la febbre a causa della nottataccia della sera precedente. Mi porto la mano sulla fronte, ebbene, scottavo.
Sbuffo.
“Ab, cos’hai?” Chiede Antonie sedendosi vicino a me.
“La febbre.” Mormoro.
“Fortuna che stasera non ci sono concerti!” Ride lui.
“Divertente.” Lo guardo male.
“Si, in effetti.” Mi sorride.
“Quand’è che arriviamo?” Chiedo dopo una lunga pausa.
“Beh, Spokane è lontana da dov’eravamo prima, ma penso che tra un po’ arriveremo, sono già le cinque del pomeriggio.”
“Devo mettermi a letto.” Sussurro raggomitolandomi su me stessa e Antonie mi stringe forte.
“Va meglio?”
Annuisco.
 
 
Così, dopo mezz’ora, Jared riesce a scollarmi dal divanetto e mi costringe a rimettere insieme le mie ultime forze per trascinare la mia valigia fino alla mia stanza, poi precipito sul letto, dolorante.
Dopo un po’ sento bussare.
“Avanti..” Mugolo.
“Posso?” Era la voce vellutata di Shannon, ma la febbre alta mi costringe a rispondere solo con un cenno, restando ad occhi chiusi.
“Ti avevo portato un cornetto, ma sembri malaticcia.” Ride.
Mi tiro di malavoglia su, riuscendo ad afferrare la valigia fino ad arrivare al taschino inferiore, dove conservavo quel kit di pronto-soccorso e qualche farmaco, così decido di prendere una tachipirina.
Shannon si reca verso la porta chiudendola. “Non voglio mi trovino, stasera posso occuparmi di te.”
“Sì?” Mormoro.
“Certo.” Si siede sul letto, quasi sorridendo.
Crollo vicino a lui, e Shannon si stende sul letto prendendomi su di sé.
“Ti verrà la febbre.” Sussurro, stringendolo.
“Non importa.” Mi bacia, lentamente, intrecciando le mani ai miei capelli. Era bramoso, come sempre, ma sta volta si sentiva una tale premura e una tale dolcezza da lasciar senza fiato. Mi stringe a sé girandosi e portando me sul letto mentre lui si reggeva con un gomito per non far peso sul mio corpo con il suo. Intreccio le gambe alla sua vita, spingendolo contro di me mentre le nostre labbra continuavano a baciarsi e  le nostre lingue danzavano assieme, ancora,  di nuovo, desiderosi l’uno dell’altra.
Si allontana piano da me sorridendo appena.
“Jared ci ucciderà” Dico, accarezzandogli piano un labbro con l’indice.
“Non sa dove sono. Ho solo detto a Tomo che sarei andato in giro a trovare qualcuna per divertirmi.” Ride.
“E invece sei qui, perché?” Lo guardo dritto negli occhi cangianti.
Mi bacia lievemente il collo, sfiorandolo con le labbra. “Secondo te? Volevo stare con te, per una volta. Non ne abbiamo occasione durante il giorno, vuoi che me ne vada?”
“No, no.” Impugno la sua maglietta. “Mai.”
Shannon mi guarda così intensamente da lasciarmi imbambolata, persa, nei suoi occhi.  Mordicchiava continuamente il labbro inferiore, quasi come se si stesse trattenendo dalla rabbia, oppure, dalla tensione, come facevo io.
“Che c’è?” Gli domando.
Prima che potesse rispondere mi aveva già baciato di nuovo, con la stessa intensità di poco prima, poi infila una mano sotto la mia maglietta di cotone, sfiorandomi la schiena e costringendomi a rabbrividire.
“Shannon, n-no.” Mi allontano.
“Perché no?”
“Jared, non voglio metterti nei guai.”
“Non c’è Jared, e io non prendo ordini da lui, perché non posso dimostrarti che ti amo?” Si avvicina a me.
“Perché forse, siamo sbagliati.” Gli accarezzo una guancia e al contatto con la sua barbetta la mia pelle si rilassa, invece di contrarsi.
“Non mi interessa. Io voglio te.”
Guardo in basso. “Credi che io non ti voglia?”
Mi sfila la maglietta baciandomi una spalla. Mi mordo un labbro sospirando e stringendo i pugni. Innamorata, innamorata dell’impossibile. E per la millesima volta avevo paura che tutto questo fosse un sogno dal quale mi sarei svegliata.
Preme le labbra contro la mia pelle, poi con una mano, macchina con la chiusura dei miei jeans, ma lo aiuto a sbottonarli, li sfila via, indugiando sulle mie gambe, sfiorandole con le labbra.
In quel momento, il tocco delle sue labbra, della sua pelle, scollegano il cervello dal cuore, e mi ritrovo con la sua t-shirt tra le mani e i suoi pantaloni sul pavimento mentre le nostre labbra, ancora una volta si perdono in un altro bacio.
“Ti amo.” Mormora poi, sfilandomi via gli ultimi indumenti rimasti, quali il mio intimo.
“Credo di amarti anch’io”Sorrido.
“Credi?” Mi guarda male giocherellando con la Triad che mi scendeva sull’incavo del collo.
Gli bacio il petto, poi il collo, seguendo con le dita ogni muscolo del suo corpo perfetto, disegnando ghirigori sulla sua pelle liscia e soffermandomi con un dito sul tatuaggio a forma di Triad dietro al collo, tracciandone i contorni.
“Ti amo.” Gli sussurro all’orecchio. “E ti ho amato dal primo giorno in cui ti ho visto. Ho solo paura di svegliarmi.”
“Se stiamo sognando, sogniamo assieme.” Mi sfiora il profilo del corpo.
Rabbrividisco trascinandolo su di me. Nient’altro. Era facile, facile amarlo. Era facile come respirare.
Una volta liberatosi anche dai boxer, e dopo avergli ricordato di prendere precauzioni, si spinge dentro di me.
E di nuovo, labbra su labbra, corpo su corpo.
Mi era mancato ardere con lui, ardere per lui. Lo desideravo, come sempre. Questo mio amore insano mi divorava gli organi vitali mentre lui, dentro di me, si impadroniva non solo fisicamente del mio corpo, ma anche della mia anima, di quel cuore che batteva, ormai picchiava forte contro quel petto, quel cuore che non era più mio, era suo, gli apparteneva, come gli appartenevo io. E gemevo, sì, ansimavo, per il semplice fatto che quell’amore insano era ciò che volevo, ciò che mi teneva viva, per quanto odiassi amarlo, per quanto odiassi l’amore in generale, l’unica cosa che potevo fare, con lui, era proprio amarlo, perché non mi ci vedevo senza, perché ero sua, perché adesso Abby, non esisteva più, ma esisteva un' anima colma di lui.
E facevamo l’amore, di nuovo.
  
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