Fandom: Supernatural.
Pairing: fem!Bobby/fem!Crowley.
Rating: Pg.
Genere: Introspettivo.
Warning: Fem-Slash, Genderbender, Linguaggio,
Pre-Slash.
Words: 635 (fiumidiparole).
Summary: Bobbie Singer è una donna con un sacco di problemi. Il demone in gonnella appena entrato nel suo soggiorno è solo l’ultimo di questi.
Note: Scritta per il prompt: Supernatural, fem!Bobby/fem!Crowley di neera_pendragon per la Notte Bianca di maridichallenge.
DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù
Hit Me Baby One More Time
Bobbie ha un sacco di problemi: il whiskey è finito, tanto
per cominciare, poi c’è la menopausa – e, sul serio, avete idea di cosa sia la
menopausa? È come avere puntate di febbre improvvise, botte di calore che ti
lasciano tremante cinque minuti dopo –, e quei libri totalmente inutili che ha
ottenuto chiedendoli gentilmente ad
alcuni personaggi non esattamente carini e che ora le stanno fottendo le ultime
diottrie sopravissute al tempo, e infine c’è la donna che entra nel suo
soggiorno e finisce l’ultimo bicchiere di Jack Daniels che le è rimasto.
Bobbie la detesta, dalla cima dei suoi capelli perfettamente
messi in piega, alla punta dei vertiginosi tacchi a spillo, che qualunque donna
che dimostri la sua età non potrebbe
mai portare. Ma Crowley non è una donna, è un fottuto demone, uno dei peggiori,
per giunta, e possiede la sua anima – non in maniera metaforica, purtroppo.
Il rossetto scarlatto di Crowley lascia una nitida impronta
rossa sul vetro del bicchiere, quando lo poggia sulla scrivania. Il sorriso che
piega quella bocca dipinta, se possibile, è ancora più snervante.
«Come sei entrata?» ringhia Bobbie; era certa di aver coperto
ogni fottuto spiffero della sua casa con i Sigilli di Salomone.
«Hai bisogno di chiedere?» replica l’altra, facendo una
giravolta su stessa, che le da una panoramica completa dell’elegantissimo
tailleur nero d’alta sartoria. «Sono
Bobbie è quasi tentata di spararle. Sa che non la
ucciderebbe, ma le farebbe male, e quello sarebbe una meravigliosa
soddisfazione. «Che diavolo vuoi?» Non ha tempo da perdere con lei, non ora che
quelle stupide ragazze Winchester si stanno di
nuovo cacciando nei guai – maledette bambine, e maledetto il giorno che ha
aperto la porta a Johanna Winchester, sacra fonte di tutti i mali.
Le scarpe di Crowley ticchettano sul pavimento quando lei aggira
la scrivania per raggiungere il suo lato e posare i fianchi proprio accanto a
dove è seduta la cacciatrice. «Bobbie, Bobbie, Bobbie…» cantilena, la stronza «Non
lo immagini? È arrivata l’ora che tu mi dia quello che mi spetta».
Da quella distanza, lei può vedere le piccole zampe di
gallina agli angoli degli occhi a mandorle, le rughe ai lati della bocca, che
il fondotinta non riesce del tutto a coprire, e le prime grinze che l’età sta
lasciando sul suo collo. Non poi così
bella, pensa Bobbie, ma senza dubbio un tempo lo era stata – o perlomeno lo
era stata la donna del cui corpo quell’abominio si è appropriata – e il
carattere di Crowley le dona più fascino di quanto quella semplice casalinga
doveva aver mai posseduto, o di quando Bobbie
abbia mai avuto. Femme fatale, le
chiamavano, ai bei vecchi tempi; senza dubbio le si addice.
«Io non ti devo nulla» riesce a risponderle finalmente, con
tutto il disprezzo di cui può caricate quelle parole, «Non so di cosa parli».
Crowley si china su di lei, fin quasi a sfiorarla con i
riccioli scuri dei suoi capelli perfettamente acconciati. «Di te, mia cara, parlo di te, naturalmente»
sussurra, senza toccarla, eppure premendole addosso con tutto ciò che possiede;
la sua voce, il suo sguardo, il suo calore, il suo respiro, il suo profumo.
Bobbie non è mai stata una bella donna e ha smesso di curarsi
di sembrarlo quando suo marito è morto – quando lei l’ha ucciso –, ma è una donna utile. Forse utile per pochi, ma lo è
comunque, quindi non lascerà che lei la trascini all’Inferno con le sue fottute
unghie perfettamente laccate.
«Provaci, tesoro. Vediamo che sai fare» sibila contro la sua
guancia incipriata.
Riesce quasi a sentire
Crowley sogghignare. Ed il suo profumo ce l’ha già addosso, come una pioggia di
melassa, appiccicosa – inebriante – e dannatamente difficile da lavare.
FINE.