‘So I look in your direction,
but you pay me no attention.
And you know how much I need you,
but you never even seen me...’
Giorno
1
Un’orda
umana che esce dai cancelli della scuola.
Due teste che, confondendosi tra le altre, camminano fianco a fianco.
Non parlano davvero, ma in una qualche maniera conversano. Le mani si sfiorano,
le braccia si toccano, i passi perfettamente alternati.
“Non ho le chiavi di
casa.”
Un attimo di pausa. Poi “Vieni con me.”
Sorridono mentre le loro dita si intrecciano.
Finiscono seduti su una panchina umida di un parco. Pioggia sottile che cade tutt’intorno.
Lei, che adora i colori, indossa scarpe arcobaleno.
Lui, daltonico, che finisce sempre col vestirsi nero o grigio.
“Quando
hai intenzione di dichiararti a quella ragazza?”
Un momento per pensare alla risposta. “Ora.”
Sa che lui parla di lei, ma continua il suo gioco. “Allora chiamala.”
Lui le tocca la spalla. Lei si gira.
Loro si baciano, per la
prima volta.
Il mondo va avanti senza sapere che, per loro, si è fermato.
Giorno 42
Lui le carezza i capelli mentre camminano vicini. Dice “Oggi è giorno di sorprese”.
Lei non si aspetta nulla. Spera, ma non immagina.
Le aspettative creano illusioni, e lei non vuole essere delusa.
Durante
il pomeriggio lui le carezza le guance, inspira il suo profumo.
E’ mentre la guarda negli occhi e le sfiora la punta del naso che il suo cuore
batte forte e che in un soffio, si sente “Ti amo.”
Giorno 2
Lui
si sveglia particolarmente sereno, quel giorno. I ricordi del giorno precedente
rivissuti di minuto in minuto.
Prende una vecchia parrucca rossa e stopposa, pensando che magari vedendolo lei
riderà.
E lui, lui, sarà la causa della sua allegria.
Esce di casa con il sorriso.
Lei l’ha baciato. Davanti agli amici e al resto della scuola, ridendo, l’ha baciato.
Poi gli ha tolto la parrucca e l’ha indossata, andando via.
Lui ci ripensa e gli è inevitabile sentire il cuore battere veloce.
Giorno
263
“Ciao”.
“Ciao”.
“Come stai?”.
“Bene”.
“Ti diverti al paese?”
“Sì, abbastanza.”
“Ho chiamato in un momento particolare? Ti sento strano”
“No, solo, non ho voglia di parlare. Ciao.”
“…”
Tu-tu-tu-tu-tu…
Giorno 28
Lei
abbraccia tutto il cortile con lo sguardo, però di lui non c’è traccia.
Non chiede informazioni. I suoi amici la guardano e sorridono.
Segue la massa di gente che alla campanella entra nella scuola, sperando di incontrarlo, da qualche parte. Ma non succede.
“Sbrigati, corri!” La incitano per le scale, con i volti arrossati, con grandi sorrisi.
Lei
non si fa prendere dall’agitazione.
Per forza dell’abitudine sale l’ultimo gradino, tre passi, gira a destra ed
entra in aula.
Vede i compagni attorno al suo banco. Si fa strada.
Una rosa. Niente spine. Nessun biglietto, ma lei, loro, tutti sanno.
Esce di corsa dalla classe, cerca di raggiungere in fretta la sua, si ferma.
Lui
sta chiudendo la porta e la vede.
Lui sorride. Lei sorride.
E dopo torna sui suoi passi.
Giorno 198
Lui pensa che il loro legame sia diventato talmente solido che un’estate separati non rovinerà nulla.
Lei vuole essere in grado di parlargli a cuore aperto prima
della sua partenza.
Lei non gli ha ancora detto che è innamorata di lui.
Lui non sa, non capisce, non può capire, ma aspetta. Tribola, ma
aspetta.
Anche lei crede che il periodo di distanza non darà problemi.
Ma credere è ben diverso da sapere.
Giorni 272; 273; 274
Lui
bacia un’ altra.
Lei bacia un altro.
“L’ho baciata.”
“L’ho baciato.”
Litigano.
Lei
ne bacia un altro. Lui ne bacia altre due.
Comandano un gioco a chi fa appassire prima il cuore dell’altro.
Poi,
nella notte, un messaggio.
Numero sconosciuto. L’iniziale di lui.
“Mi manchi.
F.”
Nel buio, si sentono solo singhiozzi soffocati.
Giorno 154
Lei strofina la guancia contro la spalla scoperta di lui.
Lui la stringe più forte al suo fianco, come se volesse far avvicinare ancor di più quei due corpi che hanno raggiunto l’apice dell’unione.
Vestiti
riversi ovunque attorno a loro, come a delineare una barriera dall’esterno.
Da tutto ciò che in quel quel momento non ha a che fare con loro.
Che non è loro.
Lei
gli morde un orecchio, lui girandosi la intrappola sotto di sé.
Ridacchiando, nascosti agli occhi indiscreti del mondo, fanno l’amore per la
seconda volta.
Giorno 498
“Tu,
tu mi avevi detto che non mi avresti mai fatta piangere”.
“E tu mi avevi promesso che sempre,
sempre, mi saresti stata vicina”.
“Ma non l’hai fatto!”
“L’amore non è bello, se non è litigarello”, ma a volte ti sbatte in faccia la verità con tale ferocia che rimani solo, a contemplare i resti del tuo cuore infranto. A chiederti chi sarà il prossimo a rimetterlo a nuovo.
Chiunque abbia inventato quel detto era un gran coglione.
Ma loro, che ci credevano, erano i più coglioni di tutti.
Giorno 500
Più
lei lo guarda parlare tranquillamente con i suoi amici, più la gola le si
stringe.
Più lui la guarda camminare, calma, tra le persone nel cortile, più le parole
gli muoiono sul nascere.
Più lei lo guarda buttar fuori il fumo come fosse una cosa che
fa da dieci anni, più le si appanna la vista.
Più vedono, capiscono e realizzano che l’uno è in grado di continuare, forse
anche meglio, senza l’altro, più la voglia di riaversi cresce.
Baciarsi e chiedere perché?
Vogliono spiegazioni per cose che nessuno è in grado di accettare.
Ma non fanno nulla.
Non avrebbero motivazioni valide. Perché non sanno, perché non immaginano, perché semplicemente non concepiscono.
E’ oggi che, rinsavendo, cacciano dentro le lacrime e decidono che l’uno non è più il chiodo fisso dell’altro.