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Autore: Hailei    04/11/2011    3 recensioni
...Quando l'amicizia diventa un ostacolo e mille sentimenti si intersecano per dar vita a una bellissima... storia.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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1. Il vero genio è colui che riesce a capire le persone.

«Quello che non riesco assolutamente a capire è come l’amore riesca a trasformare completamente le persone. Come può accadere che una ragazza cambi del tutto, solo incontrando un ragazzo che per lei diventa speciale e unico, e tutte le smancerie dell’universo? Se sei fatta in un certo modo, devi ben rimanere così. Invece no.
Le persone cambiano, anche per un nonnulla, e lo sto scoprendo sulla mia pelle. Colei che consideravo la mia migliore amica, insostituibile e perfetta, è diventata un’altra, oserei dire. Da neanche un anno sta con il suo tipo, ed è cambiata totalmente. Prima proponeva mete sconosciute per andare in vacanza, era attiva, stava sempre con me e le altre nostre amiche, la sentivo ogni secondo della giornata. Ora niente di tutto ciò è rimasto in lei.
Sembra che abbia subito una trasformazione, un incantesimo, che non le permetta di fare e di essere la ragazza di prima. E ci sto male, come una scema, come…»
 
 
«Hailie, vieni subito in camera mia!», gridò mio fratello con la sua solita voce nasale. Sbuffai inutilmente e chiusi il foglio sul quale stavo scrivendo le mie annotazioni personali. Lo nascosi accuratamente sotto il cuscino e mi alzai di malavoglia dal mio letto morbido. Passai la porta di legno che dava l’accesso alla mia stanza, e attraversai strisciando tutto il corridoio del secondo piano. Sbucai con la testa davanti alla porta di quel ventenne scemo che mi ritrovavo come parente. Era sdraiato supino sulle coperte, con parte del busto spinto in avanti e verso il basso, oltre la barra di ferro dorata che rappresentava il limite del letto. Trattenni una risata.
«Che stai facendo?», chiesi con voce calma, che non trapelasse alcun senso di ironia.
«Secondo te? Sto cercando qualcosa che non trovo, cacchio!».
Mi avvicinai a lui con fare furtivo. «ovvero?».
«Qualcosa che probabilmente hai tu, Hay… i cd e tutti i poster dei Taking Back Sunday, dove sono finiti?»
Spinsi l’aria con una mano, rifiutando quella domanda che mi aveva appena posto. «Ho capito che sai che mi piacciono, ma se credi che io sia così meschi….».
Un rumore proveniente dalla porta principale mi distrasse. «…aspetta». Non ebbi manco il tempo di girarmi che delle mani mi abbracciarono da dietro. Mio fratello scosse la testa e continuò a cercare con le braccia ciò che in teoria si doveva nascondere sotto il suo letto.
Intanto delle labbra baciarono la mia guancia destra, stringendo l’abbraccio.
«Stefano, che cos’è tutto questo affetto?», chiesi un poco sorpresa. Stefano era amico di mio fratello, faceva parte della sua compagnia, si conoscevano da una vita, e così anche io, però non c’era niente tra di noi e non avrei mai voluto che succedesse qualcosa di sentimentale, anche perché io e l’amore non andavamo molto d’accordo.
«Oggi mi gira così, posso?». Allentò un poco la presa. «Marco, ma che stai facendo, sempre col culo all’aria?». Rise e si staccò definitivamente dal mio corpo, per andare a sedersi vicino a mio fratello e curiosare cosa stesse facendo. Sorrisi e tornai in camera mia.
Aprii un’ultima volta il mio quaderno privato, per poi richiuderlo subito e nasconderlo nuovamente. Mi era appena venuta una mancanza di ispirazione, non potevo continuare il discorso che stavo facendo.
Non che mi piacesse come scrivevo, assolutamente, ma un minimo di spinta – ovvero sapere già nella mia mente cosa volevo annotare – dovevo averla, sempre.
Mi persi con lo sguardo davanti al piccolo specchio di forma ondulata vicino al mio letto. Preso ovviamente dall’Ikea: una delle tante fisse di mia madre. La parte inferiore dei miei capelli, costantemente diversa dal colore naturale del resto della chioma – un castano scuro – era abbastanza mossa rispetto al resto dell’acconciatura, per cui decisi di usare un po’ la piastra.
La presi dall’armadio, senza fretta e andai in bagno, vicino a camera mia. Era un bel bagno, di quelli bianchi, e molto grossi. Appoggiai lo strumento “lisciatore” sul mobiletto dinnanzi lo specchio, attaccando la spina. Quando fu abbastanza calda, cominciai a passarla tra i capelli; guardavo i miei occhi riflessi nello specchio, senza guardare come piastravo, tanto ero così abituata che potevo farlo ad occhi chiusi.
Quelle iridi di colore castano, che cosa volevano? Cosa desideravano quel momento? Un’amicizia migliore, o un amore nuovo? Voglia di cambiare?
Sbuffai, non riuscendo a capire manco che cosa volessi. Ero messa davvero male.
La porta si aprii di scatto, per fortuna distraendomi da quei pensieri che stavano iniziando a invadere la mia mente, in modo negativo. Stefano si presentò dalla porta. Io continuai a guardare lo specchio, invece di fissare lui.
«da quando in qua non si chiede “permesso” bussando?».
Rise. «da quando sono nato! Senti cara, stasera siete tutti da me, per fare festa a Ka!»
«Ka?», rimasi stupita «che è successo a quel ragazzo?». Carmine, comunemente chiamato Ka, per motivi legati al non piacimento del suo nome (che tra l’altro aveva un significato stupendo), era l’amico di mio fratello col quale avevo più feeling. Era come un altro fratello per me, anche se ultimamente ci eravamo un po’ persi, per via della sua nuova ragazza, gelosa, fin troppo. Oramai le disgrazie nel campo dell’ amicizia, dovuti a motivi amorosi, mi perseguitavano.
«Non te l’ha detto?». Un colpo al cuore. Dannati i miei pensieri vagheggianti.
«No, non l’ho più sentito… dai, dimmi!».
Fece una faccia strana e si sedette sul bordo della vasca. «allora… praticamente i suoi gli hanno regalato la sua prima Gibson, unito a un contratto di lavoro, come musicista in una band importante di queste parti!»
Ci rimasi molto male, inutile sottolinearlo. Al mio migliore amico praticamente stava cambiando la vita, e non mi aveva minimamente avvisata; dovevo saperlo proprio da Stefano? Lo volevo sapere dal diretto interessato, non da fonti secondarie.
«Si, forse ci sarò», dissi senza sembrare interessata.
Secondo di silenzio. Stava pensando, probabilmente. «come mai tutto questo astio?»
«Sapessi… no, meglio non dirlo. Okay, a che ora comunque?». Finii di piastrarmi i capelli, e decisi che sarebbero andati benissimo per quella serata.
«alle 8… credi di potercela fare?». Gli sorrisi.
«si, credo di sì. A dopo». Andai da lui, gli stampai un bacio sulla guancia e tornai in camera mia, per buttarmi sul letto, sfinita da quei pensieri insistenti. “è uno schifo di amico, perché non gli dici di tutto?”, “ma perché ti fai prendere così in giro?”, “ma ti meriti davvero queste situazioni?”. Scrollai la testa, come per scacciare via tutto, e presi il mio cellulare dalla scrivania. Piano – mi avevano comprato da poco un cellulare touch, dovevo abituarmici - scrissi un messaggio a Mara, la sorella di Ka. Lei c’era sempre stata, e ci sarebbe sempre stata. A qualunque ora, per qualunque cosa, per qualunque cazzata mi fosse passata per la testa. Lei c’era. Era questo l’importante.
«Tesoro, ci vediamo stasera, a quanto pare, anche se vorrei ammazzare tuo fratello!».
«Si tata! Perché? Non ne combina una giusta?». La sua risposta fu quasi immediata. Sia io, sia lei avevamo quasi sempre il cellulare attaccato a noi. Probabilmente era la continuazione dei nostri arti superiori.
«Lo so, prima ne combinava tante giuste, ora no…». Mi sfregai gli occhi dall’agitazione.
«Quella montata di Aurora l’ha fatto diventare scemo, lo so. E’ cambiato, si vede da un miglio, ma spero che diventi tutto come prima. Per lui, per noi.»
Quindi non ero l’unica che si era accorta di questo cambiamento improvviso. Potevo ricondurre ciò al discorso che avevo riportato prima in quelle pagine dense dei miei diversi umori.
Perché la gente si comportava così?
  
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