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Autore: AnnabelleTheGhost    04/11/2011    1 recensioni
L'amore è un'arma pericolosa. Ci fa fare cose folli senza pensare alle conseguenze.
Ed è così che i protagonisti di Vampire Diaries dovranno vedersela con fantasmi del passato, vampiri incontrollabili, bionde altezzose e ritorni di fiamma. Il tutto guarnito con un pizzico di stregoneria.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anna, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Anna/Jeremy, Damon/Elena, Elena/Stefan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                       INTRODUZIONE
 
Questa è una fan-fiction su Vampire Diaries, però vorrei mettere una premessa dato che sarà una storia “particolare”. Fin dalla prima serie mi sono affezionata al personaggio di Annabelle e alla sua storia con Jeremy. Per questo ho sempre desiderato scrivere qualcosa su di loro. So però che non tutti hanno provato questo particolare affetto per Anna, così in parallelo ci sarà una storia con protagonisti i fratelli Salvatore ed Elena. Il racconto verrà pubblicato in più parti, alternando capitoli con il punto di vista di Damon a quelli dal punto di vista di Anna/Jeremy. Non posso di certo obbligarvi ma vi pregherei di leggere anche la parte del personaggio che “non vi interessa” perché sono incatenate.
Detto questo vi auguro una buona lettura e mi piacerebbe molto sentire i vostri pareri o qualsiasi vostra richiesta.

 
                                                        
 
Capitolo I
«Stefan può essere salvato!»
 
**Damon**
 
Ormai vi avevo perso gusto. Avevo perso la voglia di andare a cacciare ora che il ruolo di "fratello cattivo" era stato assegnato a Stefan. Era così fastidioso che ora io dovessi essere il buono. Questo intendeva basta con le pazzie e comportamenti tipici da Damon, come avrebbe detto Elena.
Elena.
Come aveva fatto ad aver scelto lui invece di me? Lui, il fratello sempre serio, noioso, prevedibile… Ed ora che Stefan era tornato ad essere divertente come un tempo, non potevo godermelo perché c’era lei.
Per lei dovevo assumere un buon atteggiamento, comportarmi bene. Mi dava fastidio?
Eccome. Dovevo farle capire che io non ero Stefan. Ero io il fratello pazzo, squarciatore, psicopatico, impulsivo…
Qualcuno rise dall’altra stanza. Una risata quasi isterica, una ragazza. La risata fu seguita da un suono umido e poi da un sospiro. Sapevo riconoscere quel suono e quell’odore che si stava diffondendo per tutta la casa impregnandone i mobili e qualsiasi cosa vi fosse intorno.
Stefan aveva portato un’amichetta. Diamine, ero io quello che portava le amichette a casa e a seconda dell’umore facevo loro il lavaggio del cervello o succhiavo tutto il sangue dai loro corpi lasciandole senza vita.
Attraversai la stanza con ampie falcate dirigendomi verso il salone. Stefan aveva le labbra ricoperte di sangue, l’espressione di goduria e la ragazza, in intimeria, aveva chiuso gli occhi, quasi come se ne traesse piacere.
«Fine dei giochi» dissi entrando. La ragazza sembrò destarsi dal sonno e afferrò un vestito per terra, come se l’avessi beccata a fare le sue cose da prostituta invece che di fare da spuntino a mio fratello.
Stefan le fece un cenno con la mano e la ragazza si dileguò. Girò la testa verso di me con aria scocciata.
«Perché devi fare il guastafeste?»
Gli feci un sorriso ironico. «Le parti si sono invertite, fratellino. Tu sei il terribile vampiro senza controllo…» dissi avvicinandomi al divano dove era seduto e contraendo il viso in quella che doveva essere l’imitazione di una bestia malvagia. «Ed io il fratello che deve impedirlo. Stefan, come hai fatto a reggere tutto questo tempo? Già dopo un minuto non ce la faccio più!»
Gli riservai un’occhiata delle mie e mi sedetti sulla poltrona davanti a lui.
Rise, sembrava quasi con gusto, e si passò una mano sulle labbra.
«Se ne volevi un po’ bastava chiedere».
«No grazie ma non voglio dividere con te una delle tue prostitute». Mi sistemai meglio sul divano ed accavallai le gambe.
«Oh ma non è una prostituta» disse fingendo di essere offeso. «Helen è una rispettabile cantante in un bar di Seattle. Non sai quanto si riesca a guadagnare con le mance dei clienti».
Lo guardai unendo le sopracciglia. Non mi andava che mi rubasse le battute. Rise e si alzò dal divano. L’espressione sul suo viso tornò normale e il Predatore sembrava essersi nascosto sotto la facciata di un normale essere umano.
«Vado a farmi una passeggiata».
Mi alzai dal divano e gli afferrai l’avambraccio in modo che si fermasse. «A fare una passeggiata o ad uccidere qualcuno?»
Si strinse nelle spalle. «Che t’importa?»
Lasciai la presa. «Nulla». Mi strinsi nelle spalle fingendo non-chalance. «Ma non è il momento di lasciare delle tracce su di noi. Sai, c’è una cosa chiamata Consiglio dei Fondatori…»
«Lo Sceriffo Forbes sa già cosa siamo».
«Sì, ma non sa che il caro e innocuo Stefan si è trasformato in un pazzo assassino» replicai.
«Non sono così stupido» si limitò a dire e si diresse verso la porta.
Non ero la balia di nessuno così non mi preoccupai d’insistere o di pressarlo.
Guardai l’anello che portavo al dito, quasi per controllare che fosse ancora lì. Fuori c’era una bella giornata; forse era il caso che andassi anch’io a fare quattro passi.
Presi la mia giacca di pelle preferita e aprii la porta, pronto a varcarla. Sembrava un gesto così normale ma ormai da centoquarantacinque anni era diventato una sorta di rituale. Dovevo essere sempre invitato ad entrare, altrimenti un muro invisibile mi impediva di entrare. Era una gran seccatura ma col passare del tempo mi ci ero abituato.
Appena aprii la porta, vidi qualcuno che mi sbarrava la strada.
«Non si usa bussare?» chiesi alla ragazza impettita davanti a me. Teneva diversi libri sotto il braccio e mi guardava con sguardo corrucciato.
«Damon, fammi entrare!» replicò Elena scocciata.
«Veramente stavo uscendo…»
Mi fulminò con lo sguardo e mi feci da parte per farla entrare. Chiusi la porta e la seguii.
Si voltò e mi guardò negli occhi. «Dobbiamo aiutarlo».
Alzai gli occhi al soffitto e feci per andarmene ma lei mi afferò il braccio con forza, come avevo fatto io con mio fratello. Era una stretta stranamente vigorosa per una ragazza minuta come lei ma dalla quale avrei potuto districarmi senza problemi.
«Abbiamo fatto palestra, eh?» la schernii.
«Damon, non è il momento!». Mi lasciò il braccio e intrecciò le braccia sotto il seno. «Dobbiamo trovare un modo per far tornare Stefan normale!»
«Non sono affari miei!» scandii. Che mi importava se Stefan era tornato come prima? Non gli sarei stato di certo appresso per fargli da infermiera. Lexi aveva sprecato trent’anni per farlo disintossicare. Io non avevo intenziato di buttare via il tempo in questo modo.
«È tuo fratello!». Scandì l’ultima parola lentamente, come per imprimermela nella mente.
«Anche tu non ti stai prendendo molta cura di tuo fratello dato che ora è diventato una sorta di medium che vede i fantasmi. Uuuuuh!» dissi mimando un fantasma.
Elena mi diede uno strattone al braccio e il suo sguardo voleva dire non sei divertente!
«Posso occuparmi di un problema alla volta!» replicò più pacata.
«E come la mettiamo con la storia che la tua migliore amica strega ha come fidanzato uno che vede le sue ex ragazze morte?»
Elena si morse il labbro quasi indecisa ma rispose con estrema chiarezza. «Jeremy è grande e maturo. Saprà fare le sue scelte da solo».
«E se scegliesse Anna? È un fantasma; non è reale!»
«Potremmo tornare a parlare di Stefan e non di mio fratello?»
Sbuffai e mi buttai sul divano dove poco prima Stefan si stava nutrendo. Ripensandoci, mi alzai di scatto quasi infastidito e mi sedetti sull’altro divanetto.
Elena mi guardò, probabilmente credendo che fossi impazzito, e si sedette da dove io mi ero appena alzato.
«Non mi siederei lì se fossi in te»
Mi guardò corrucciata.
«Il tuo boyfriend si è appena pappato una ragazza in quel punto».
Elena mi guardò malissimo. «Non ti credo!»
Mi strinsi nelle spalle. «Fai come vuoi!»
Elena non rispose ma notai che per il resto del tempo rimase all’impiedi. Almeno le avevo messo la pulce nell’orecchio.
«Allora, quale sarebbe la tua soluzione prodigiosa per fare guarire Stefan? Anche se guarire direi che sia la parola sbagliata…»
«Non lo so. Sono venuta qui per questo!» ribattè posando i libri su un tavolinetto. Inclinai la testa verso i libri. Elena mi spiegò: «Sono dei Grimori di Bonnie. Non c’è niente…»
«Ovvio che non c’è niente, Elena. Non esiste una magia per far diventare un vampiro buono. Cerca sul dizionario la parola vampiro, ti elencherà le caratteristiche di Stefan». Mi alzai dal divano e mi misi un centimetro di distanza dal suo viso. «Devi capire che è naturale per noi vampiri essere così. Fattene una ragione!»
Elena scosse la testa con decisione. «C’è sempre speranza!»
«Speranza… speranza… Non sai dire nient’altro!»
«Stefan può essere ancora salvato ed io non mi arrenderò mai
«Va bene, non arrenderti Elena, ma io rimarrò fuori dal tuo gioco!»
«Non è un gioco, Damon! Credi che la vita sia un gioco? Credi che la vita degli altri sia un gioco?»
Sbuffai, non potendo più tollerare quello che diceva Elena. «Dammi una soluzione concreta, allora!»
Elena non disse niente. Aprì la bocca, per dire qualcosa ma la interruppi prima.
«E se mi dici che ci stai ancora pensando, non mi importa. Io vado!» dissi e mi sbattei la porta alle spalle.
Attraversai il portico. Dopo pochi secondi sentii la porta sbattere dietro di me ed Elena che, tirandomi per il braccio, mi faceva voltare.
«Non comportarti come un bambino!». Mi limitai a guardarla negli occhi. Le labbra formavano una sola linea retta. Aspettavo che finisse di parlare, possibilmente il più velocemente possibile, così da potermente andare via.
«Forse il secondo problema può portare alla soluzione del primo. Forse Anna ci può aiutare!»
 
**Jeremy**
 
Ero sdraiato sul letto. Erano successe fin troppe cose ultimamente e niente di tutte queste sembravano vere. Se qualcuno me le avesse raccontate gli avrei riso in faccia.
Non avrei mai potuto credere un paio di mesi fa a qualcuno che mi avesse detto: "Elena è fidanzata con un vampiro e questo ha un fratello che ha già tentato di ucciderti. Se non bastasse il tuo professore di storia, fidanzato con tua zia, di notte diventa un cacciatore di vampiri. E un’ultima cosa: le tue fidanzate decedute, entrambe vampire, sono stranamente ritornate in vita sotto forma di fantasmi".
Ma in fin dei conti questo era il riassunto di ciò che era successo.
Vicki, Anna, Bonnie… Chi amavo di più?
Vicki era stato il mio primo vero amore. Per lei ero diventato un tossico-dipendente e l’avevo dovuta dividere inizialmente con Tyler. Poi lei era diventata una vampira ed aveva tentato di farmi del male. Stefan l’aveva dovuta uccidere per questo. Non mi ricordavo niente della vicenda poiché Damon mi aveva cancellato i ricordi ma avevo potuto apprendere il tutto tramite il diario di Elena.
Anna era una ragazza strana, all’inizio un po’ appiccicosa… Ma poi l’avevo usata per arrivare a Vicki e le avevo spezzato il cuore. Eravamo entrambi col cuore spezzato ma essendoci riappacificati, in seguito, avevamo unito i pezzi del cuore infranto dell’altro.
Bonnie la conoscevo da un secolo. Era la migliore amica di Elena e ci eravamo conosciuti così. L’avevo amata e lei mi aveva riportato in vita nonostante i fantasmi delle streghe le fossero contro.
Riflettendo però lucidamente Bonnie per me era stato una sorta di ripiego. Ero distrutto dal dolore per la perdita di Annabelle e lei era la persona con cui ero più vicino. Dovevo ammettere però che c’era stato qualcosa tra noi due…
Vicki era appena stata rispedita dall’altro lato per le sue intenzioni malvagie di uccidere Elena per tornare in vita. Solo adesso capivo che era sempre stata egoista. Mi aveva usato come una marionetta all’inizio ed ora non si faceva scrupoli ad uccidere mia sorella!
Solo Anna mi aveva amato davvero. Lei non mi avrebbe mai fatto del male e avrebbe fatto di tutto per proteggermi.
Sentii un peso sul letto accanto a me. Mi voltai.
«Ciao Jeremy» sussurrò Annabelle. Le sorrisi. «Mi stavi pensando, vero?»
«Non posso evitarlo…» ammisi.
Mi sorrise dolcemente e mi accarezzò il volto. «Anch’io non posso evitarlo!»
Sembrava così naturale essere assieme. Di nuovo. Nel profondo desideravo che la tragedia avvenuta il Giorno dei Fondatori non fosse mai successa.
«Vorrei non essere morta» mormorò sommessamente come se si vergognasse ad esprimere questo pensiero.
Le accarezzai il volto, per non farla rattristare. «Anch’io lo desidero ma l’importante è che ora tu sei qui!»
Le sue labbra si curvarono in un sorriso forzato. «Non potrò fare niente per il tempo che è passato senza di te…»
Stavo per risponderle ma mi mise dolcemente un dito sulle labbra per impedirmi di parlare. «Non potrò far niente per ciò che è nato tra te e Bonnie…»
Mi passai una mano tra i capelli, quasi imbarazzato che avesse nominato Bonnie. «Non so cosa mi sia successo. Io…»
Fece più pressione con il dito sulle mie labbra per intimarmi di non parlare. «Non importa».
Tra noi scese un silenzio imbarazzante. Avrei voluto dirle qualcosa ma tutto ciò che pensavo non riuscivo ad esprimerlo a parole.
Improvvisamente il cellulare squillò. Era Elena.



Nota dell'autrice: questa è la prima storia che pubblico su questo sito, quindi siate clementi, per favore. Spero che l'idea iniziale vi sia piaciuta e che continuerete a seguire questa piccola fan-fiction.

  
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