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Autore: JeffMG    04/11/2011    0 recensioni
Forse si pensa che io sia un maniaco,
un nuovo Jack lo squartatore che si aggira per i palazzi di Londra pronto per uccidere belle dame.
Ma no, si è fuori pista.
Ogni mattina ero li, tra la confusione del locale
e il rombo dei motori, pronto a vederla e idolatrarla.
Lei, intreccio nitido delle mie fantasie: Madame Carmen.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                Madame Carmen


Nevicò così tanto e provai così freddo che crebbi di morire sul marciapiede.
Sentendomi il gelo dentro entrai in un locale.
Così mi era stato insegnato da mio padre nelle fredde giornate in Russia, nella mia patria,
dove lui usava consumare un bicchierino di vodka ed io una calda cioccolata, 
che scendeva nel mio stomaco percorrendo calde strade che allietavano lo spirito.
Ora che ero a Londra sapevo che ciò che più aggradava i miei sensi era un bicchiere di wisky,
così lo ordinai e mi misi seduto nel tavolo che sarebbe divenuto da quel giorno, il mio angolo di osservazione. 
La vidi per la prima volta catturandola tra la gente, nelle sue vesti color porpora.
In quel caos serale ove tutti si lamentavano della nevicata che sembrava non placarsi,
lei rimaneva calma, macchiando i bordi della tazza con rossetto rosso.
 
Avevo sempre cercato una donna di classe, un vecchio sogno che avevo riposto
nel cassetto ed era uscito senza permesso, posandosi avanti al mio sguardo in tutta la sua bellezza.
Vivevo della sua immagine e delle pagine che speravo voltasse all’infinito.
Ma ogni giorno finiva di leggere, si alzava e s’infilava il cappotto uscendo silenziosamente dal locale. In quei momenti il mio cuore si fermava e gli occhi divenivano malinconici, sperando nel suo ritorno. Quando ero un fanciullo mi capitò di innamorarmi di una passante con la stessa intensità. La sognavo giorno e notte, ad occhi aperti e chiusi, deglutendo amaramente lo sconforto 
di non saper neppure il nome di quella celestiale creatura che con passo elegante
aveva attraversato le strade di Pietroburgo tenendo tra le braccia un sacchetto di pane. 
Ed è così che la triste sorte conduceva per mano la mia vita, facendomi innamorare di donne sconosciute alle quali mai avrei rivolto la parola tranne che in sogno. 

 
Passò un anno da quando vidi la dama in porpora ed io ero sempre li ad osservare ogni suo cambiamento.
Nei giorni le sue pettinature cambiavano: raccoglieva i riccioli in semplici chignon,
li posava lungo la schiena, li arruffava o metteva dei graziosi fermacapelli, sempre di buon gusto.
I vestiti ricordavano altri tempi ella non cambiava mai il loro colore,rosso porpora:
una scollatura che non era volgare, la stoffa morbida che risaltava le forme e
tutti questi abiti le arrivavano alle caviglie.
Non c’era uomo che non la desiderasse, misteriosa ed inafferrabile.
Mi chiedevo se fosse consapevole del potere che aveva su noi poveri mortali o se navigasse
in acque quiete dove la nostra sottile disperazione nel non poterla afferrare scaturiva dolci urli 
da angeli quietati dal rum.
Lei per me, era solamente una creatura scesa sulla terra per dannarmi.
Volevo il suo amore da mettere in uno scrigno al riparo da ladri e conservarlo dentro me.
Continuavo a spender denaro in quel locale, dove speravo di incontrarla e poter in qual
che modo cingerla tra le braccia e sussurrarle dolci parole come i grandi protagonisti
di libri osan fare, ma restavo seduto alla mia sedia, contemplando il fischiare del vento
e poi i vicini di tavolo parlar di politica, mentre io tentavo di scarabocchiare il suo volto su un taccuino. La mia era un'ossessione ricamata da sottili note di sconforto a volte rallegrate
da una fantasia che passava veloce come un treno nella mia mente.
 
Ma la vita che è acqua quieta, a volte viene turbata da un uccellino che silenzioso 
si posa su di essa e ne squote leggermente la staticità.
Così, non scorderò mai quel giorno.
Ecco la data : 27 Gennaio 1900.
Ero al mio solito tavolo, spettatore di Carmen.
Quello spettacolo se ben visto miliardi di volte, riusciva ancora ad agitarmi e lasciarmi senza fiato ma qualcosa non andò secondo le abitudini.
Il suo libro cadde a terra assieme alla tazza che si ruppe in mille pezzi.
Nel baccano del locale nessuno s'accorse, tranne me.
 
Corsi da lei senza pensare alle conseguenze e mi chinai a raccoglierle il libro.
Non la guardai negli occhi ma posai velocemente l’oggetto e continuai a pulire a terra.
Raccolsi i cocci con le mani tremanti, ne rimanevano così tanti...
 
“Calma!” mi urlò spaventata.
Con ciuffi di capelli neri su occhi agitati, la guardai
“Fermati, mi sta mettendo paura!”
 
Oh Carmen, la tua voce così melodica e femminile, le tue labbra sembrano accogliere ogni singola lettera e quell'accento francese?
 
“Mi scusi signorina” ti dissi ferito nell’animo.
Abbassai lo sguardo pieno di umiliazione.
 
“ Non si offenda, va tutto bene”
Carmen, così gentile e rassicurante come una guida.
Pendevo dalle sue labbra, ogni sua frase era aria.
 
“Mi scusi la prego...”
 
Mi alzò il viso con un dito e mi costrinse a guardarla.

"Non si preoccupi" 

Disse nuovamente, facendomi notare quanto stessi delirando nel farmi concedere 
il suo perdone, per qualcosa di assolutamente sciocco.
 
“La prego, mi permetta di pulire a terra” dissi per poi riprendere la raccolta dei cocci.
Le mie mani si stavano ferendo ed usciva sangue che cadeva fluido a terra.
Prese un fazzoletto e le afferrò, poggiandole nelle sue delicate.
 
“Guardi cos’ha fatto!”
Poggiò l’orlo del fazzoletto sulla sua lingua ed una volta bagnato, ci pulì le ferite.
I miei occhi la fissavano pieni di stupore.
Carmen...
Avvolse quella stoffa candida attorno alla mano.
 
“Questo non servirà a fermarle del tutto il sangue, ma non posso fare altro.
Stia tranquillo,non è niente di grave” disse dolce, sorridendomi.
“Grazie madame”
“Michelle” mi porse la sua bianca mano ed io l’afferrai con presa gracile.
Di quale uomo avevo dato la figura? Un miserabile senza forza.

“Fredor, piacere mio”
 
La lasciò e posò le sue lunghe dita sulle pagine del libro
“Oh no! Povero libro, si è bagnato”
“Ah, mi dispiace”
“E' solo colpa mia, sono stata sbadata. Bene, ora devo proprio andare.
La ringrazio ancora per l'aiuto.”

Mi diede una carezza sulla guancia e si alzò facendomi sfiorare dalla sua veste di seta.
 
“Arrivederla, madame”


Mi regalò il suo ultimo sorriso e se né andò per sempre dalla mia vita,
uscendo dalla porta di un locale londinese.
Mi  trattò come un bimbo ed io rimasi deluso ma al contempo allietato dalle sue premure,
che la mia paura venne quietata dalla sua voce e dal suo tatto. 
Ora restavo perso perché la fantasia mi aveva abbandonato e desideravo anor più la realtà,
onde sguazzarci dentro e bagnarmi di un'acqua profumata e promettende come quella che
scorreva nel fiume di Carmen. Ma poi la fantasia ebbe il sopravvento ed io divenni
un eroe che le afferrò la tazza prima che potesse cadere e sporcare il libro,
io Fredor ero il suo audace guerriero e mai l'avrei lasciata andare, mai avrei balbettato il mio nome...
 
Si, si è capito bene che non la rividi mai più.
Per i giorni a venire l’aspettai al solito tavolo, ma lei non venne.
I primi anni ne soffrii terribilmente, ingoiai vari dolori.
Ma col tempo, mi rimase il ricordo di quelle giornate occupate per i miei occhi.
L'incontro inconsueto che vissi fino all'ultimo minuto con le mie guance rosse e le parole intrecciate.
 
“Mi scusi madame, se ancora la sto aspettando”
 
  
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