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Autore: Serenity Moon    05/11/2011    13 recensioni
"Puoi sempre tornare dalla tua anima gemella. E' questo che la rende un'anima gemella"
Cappie, Greek.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bitch '
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Epilogo

 

Cinque anni dopo

 

Una leggera brezza invernale scompigliava i lunghi capelli castani di una ragazza che, seduta su una panchina al centro del parco cittadino, osservava un folto gruppo di bambini giocare a palla. In viso, un sorriso malinconico la diceva lunga sul fatto che la sua mente era in realtà ben lontana da quel luogo, persa in chissà quali ricordi.

Erano passati cinque anni dall'ultima volta che aveva messo piede in quello spazio verde ed anche allora era una fredda mattina di dicembre cullata dal vento.

Chiuse il libro che stava leggendo mettendovi in mezzo un dito per tenere il segno e sospirò coprendosi la faccia con il palmo della mano. Si sentiva così debole a volte...

Alzò lo sguardo ed incrociò quello di un bambino davanti a sé. Il piccolino le sorrise felice, la salutò sventolando la manina e di corsa tornò a giocare con i suoi amichetti.

Quella visione le diede forza. Rilassò le spalle ed accavallò le gambe per stare più comoda e godersi la tranquillità del parco.

«Jude?!».

Una voce troppo vicina la fece trasalire e voltare di scatto. Alla sua sinistra c'era l'ultima persona che si aspettava di incontrare.

«Sei proprio tu?» le chiese, il tono un misto di sorpresa e stupore.

Per un attimo la sfiorò il pensiero di negare l'evidenza, alzarsi ed andarsene lentamente, come se non avesse sentito nulla. Poi qualcosa la spinse a rimanere. Un forte tuffo al cuore che nonostante gli anni perse un colpo udendo quella voce che gli era stato negato sentire per tanto, troppo tempo.

«Ciao Ryan» lo salutò come se fosse la cosa più normale del mondo.

«Non posso crederci. Come stai? Sei sola?».

Rischiò di sommergerla con la raffica di domande che le pose. Era passato tanto tempo dopotutto dall'ultima volta, assalirla gli venne naturale.

Lei non si scompose più di tanto. Si limitò a guardarlo con l'espressione serena di chi, dopo tanto male, si è fatto una ragione ed ha imparato se non a vivere perlomeno a sopravvivere.

«Bene grazie, tu? Siediti» lo invitò mostrando col la mano lo spazio libero sulla panchina. Ryan accettò e prese posto accanto a lei. Solo una ventina di centimetri li divideva ma era come se nel corso degli anni tra di loro di fosse formato un muro invalicabile.

«Tutto come sempre» le rispose. Jude annuì. Per qualche minuto calò il silenzio. Non era facile fare conversazione, non dopo cinque anni passati ad ignorare quello che avevano vissuto ed il ricordo ancora vivo in Jude del loro ultimo incontro con il suo conseguente e sofferto sacrificio che le aveva reso tutto ancora più difficile. Lei non aveva mai smesso di pensare al fatto che nonostante tutto lui l'avesse lasciata andare, che non l'avesse più richiamata, nemmeno di nascosto, anche solo per sapere come stava, mettendosi così di fatto alla mercé di chi aveva preteso il diritto di decidere al posto suo.

Inutile negare che ne era uscita più ferita di quel che si aspettava e Ryan da parte sua non aveva proprio fatto nulla per evitarlo. Ma potava rimproverargli qualcosa dopo che era stata lei stessa a convincerlo che quella era la decisione migliore? Troppo bello poter scarrozzare agli altri le proprie responsabilità.

Il rancore nei suoi confronti non era durato più di mezzora.

«Allora». Fu Ryan a rompere il silenzio per primo. «Hai trovato con chi dovrò farti da testimone?». Squallido tentativo di fare conversazione, ma per un millesimo di secondo sul viso di Jude comparve un ghigno divertito.

«Non ho nemmeno iniziato a cercare» gli rispose facendo spallucce ed era anche vero. Non le era mai importato di trovare qualcuno con cui stare, nessuno sarebbe stato come lui. A prescindere. Non aveva senso sprecare energie per piacere a qualcuno che non fosse lui.

Ryan accolse con timore quello che riconobbe come sollievo alle parole di Jude. Aveva deciso di restare da sola. Era altamente improbabile che non avesse davvero trovato qualcuno disposto ad amarla. Conoscendola aveva tenuto tutti ben alla larga con chissà quale stupido atteggiamento da insensibile. La solita cocciuta!

«Invece sono venuta a sapere che quello che si sposa sei tu».

Ryan provò la stessa sensazione che sentì Jude quando aveva scoperto del loro fidanzamento ufficiale. Era stato come ricevere una doccia fredda in pieno inverno: inaspettata e dolorosa. Mille lame gli trafissero lo stomaco.

«Vuoi farmi tu da testimone?» le chiese ironicamente per dare una piega diversa alla conversazione.

«Sono l'ultima persona che può giurare davanti a Dio che il vostro amore è sincero».

Di nuovo silenzio. Stavolta le lame colpirono un po' più su.

Ryan osservò bene Jude. Nonostante la battuta tagliente non sembrava arrabbiata, però qualcosa gli diceva che il male che le aveva fatto era solo sopito e pronto ad esplodere da un momento all'altro. Non si era ancora reso conto del tipo di persona che era Jude. Gliele avrebbe lasciate passare tutte. Lo avrebbe perdonato anche se l'avesse accoltellata in mezzo alla strada e se solo per un attimo si fosse concentrato su di lei, se solo l'avesse osservata bene per un istante in più avrebbe capito che si sbagliava e che ormai era tutta acqua passata.

Il vento soffiò muovendo i capelli di Jude e questi le ricoprirono il viso. I lineamenti morbidi della gioventù erano spariti, sostituiti dalla rigidezza tipica dell'età adulta. Dai tratti del volto Ryan capì che era più matura rispetto all'ultima volta che si erano visti, forse più stanca, sicuramente cresciuta.

'Chissà cos'ha vissuto in questi anni?' si chiese.

«Jude, io non ti ho mai detto tante cose, ma due in particolare costituiranno il rimpianto più grande dei miei giorni se continuerò a tenerle per me».

«Ryan...». Jude tentò di fermarlo ma lui la zittì con un gesto della mano. Jude tacque.

«La prima è grazie. Per tutto quello che hai fatto per me da quando ci siamo conosciuti. Tu mi hai ascoltato, mi hai aiutato e amato quando meno me lo meritavo e per me è stato importante averti al mio fianco, anche se mai totalmente. La seconda è mi dispiace. Mi dispiace per quello che io ho fatto a te. Non sono stato corretto nei tuoi confronti».

«Non importa. Non è colpa tua» lo interruppe. 'Ero io che non andavo bene per te, è questa la verità'. A quel pensiero strinse i pugni conficcandosi le unghie nella carne.

«Davvero, mi dispiace» insistette lui.

«Ryan, ti ricordi cosa mi hai detto una volta? Siamo noi gli artefici del nostro destino» disse citando le stesse parole che una mattina di quelli che sembravano secoli fa, Ryan aveva usato con tono di rimprovero all'ennesima dichiarazione di resa. «Abbiamo voluto noi che andasse così. Niente scuse, niente rimorsi, niente rimpianti, intesi?».

Ryan non rispose. Si limitò a guardare davanti a sé verso lo stesso gruppo di bambini che prima aveva attirato l'attenzione di Jude.

Uno in particolare lo incuriosì.

Biondo come il sole, era il più vivace di tutti. Scattava a destra e sinistra scartando i compagni per poi segnare un gol deciso in una porta improvvisata fra due alberi. Il bambino si mise ad urlare esultando per la sua performance e si girò verso la panchina a lanciare un sorriso smagliante a Jude.

Lei si accorse di come lo guardava Ryan, orgoglioso ed invidioso insieme. Gli ricordava di quand'era piccolo anche lui e si divertiva a giocare al pallone con i suoi amici. Bei tempi, quando l'unica preoccupazione che aveva era non sporcarsi troppo i vestiti per non fare arrabbiare sua madre. Quanto avrebbe voluto tornare ad essere pure lui un bambino.

«E' bravo, vero?». Jude lo indicò col mento proprio mentre il piccolo riprendeva a correre dietro alla palla.

Ryan annuì. «Mi fa pensare a quando giocavo anch'io» confessò preso dalla nostalgia.

Jude gli lanciò un'occhiata veloce e strozzò una risata.

«Sì, avete molto cose in comune. Ti somiglia più di quanto dovrebbe» ammise in un sussurro appena udibile ma che Ryan intercettò perfettamente.

Guardò Jude con espressione interrogativa. Lo strano ghigno divertito che le si era disegnato in volto diceva e non diceva.

«Che intendi?».

Jude non rispose. Si alzò sollevando le braccia per stiracchiarle ed evitò accuratamente di guardare Ryan.

Il bambino segnò un'altra rete e tornò a voltarsi verso di lei. Vedendola in piedi corse in sua direzione e le si gettò fra le braccia felice come una pasqua.

«Lo sai, vero, che tra un po' non potrai più fare una cosa del genere o mi spezzerò in due, tesoro mio?». Gli scompigliò i capelli per punizione ed il bambino rise scuotendo la testa di qua e di là per sistemarli. Poi le allacciò le braccine al collo e le schioccò un forte bacio sulla guancia. Tutto sotto lo sguardo stupito di Ryan.

«Ray, saluta il signore» esclamò Jude divertita mettendolo giù. La faccia di Ryan era tutta un programma.

Ray gli si mise di fronte e da bravo ometto gli porse la mano.

«Buongiorno signore. Piacere di conoscerla». Il bambino sciorinò il discorso imparato alla scuola materna.

Ryan gli prese la manina e questa sparì, piccola com'era in confronto al grande palmo del 'signore'.

«Ciao piccolo, il piacere è tutto mio».

Jude osservò quei due con una tenerezza che quasi le sfondò il cuore. Era la scena più bella e più dolce a cui avesse mai assistito.

Scambiò un paio di occhiate con Ryan che analizzava il bambino cercando di capire qualcosa in più. Chi era? Qual'era il suo ruolo nella vita di Jude? Possibile che...

«Ray, quanti anni hai?» gli chiese per togliersi quel dubbio che si era insinuato fra i suoi pensieri.

«Quattro» rispose subito il bambino orgoglioso mostrando il numero con le dita, due per ogni mano.

Ryan trasalì. La tempistica confermava o perlomeno accreditava la sua teoria. Quel bambino dai profondi occhi castani poteva davvero... No, non assomigliava per niente a Jude.

«Ray, è ora di andare. Perché non vai a salutare i tuoi amichetti?» lo esortò Jude. Con lo sguardo lo accompagnò mentre a perdifiato correva verso il campo da gioco.

«Jude». Ryan provò a dire, a chiedere qualcosa, ma la voce gli si era bloccata in gola. Quello che ne uscì fu solo un balbettio incredulo e confuso.

«Shhh».

Jude si portò un dito alle labbra inarcate in un sorriso e lo zittì dolcemente.

«Adesso devo andare».

Gli si avvicinò ed azzardò l'improponibile.

Si sporse sulle punte dei piedi e piano, lentamente, per non far mai finire quel momento, gli posò un leggero bacio sulla guancia ruvida.

«Addio Ryan. Di nuovo» sussurrò allontanandosi.

Gli diede le spalle ed andò incontro al piccolo Ray che correva già in sua direzione per raggiungerla.

«Andiamo amore» gli disse senza lasciar trasparire nessuno dei molteplici sentimenti che le si agitavano nel cuore. Ancora una volta il dolore della separazione era tanto e forte ma stavolta era stemperato dalla piccola manina morbida che stringeva nella sua. Una parte di lui le sarebbe per sempre appartenuta.

Il bambino si voltò e sventolando la mano salutò Ryan che, immobile, li guardava andare via, lontano da lui.

«Arrivederci signore!» urlò Ray ed il sorriso che gli rivolse fu per lui come una pugnalata al cuore.

Era il sorriso di Jude. Quello che tanto aveva amato e che lei gli regalava prima che lui se ne andasse dopo che erano stati insieme. Un sorriso fatto di speranza e attesa, di tempo e voglia che questo passasse il più in fretta possibile perché arrivasse presto un'altra occasione per vedersi. Corresse l'impressione sbagliata che aveva avuto prima: quel bambino era Jude.

Li guardò andare via ed il cuore gli si strinse in petto. Quella volta capì davvero l'importanza di ciò che aveva perso.

«Mamma, come si chiama il signore tuo amico?» chiese il bambino quando già avevano girato l'angolo.

«Ryan, amore mio. Si chiama Ryan».

«Come me!» esclamò sorpreso ed il ricordo di alcune parole che la mamma gli aveva detto neanche troppo tempo prima gli si parò davanti ben chiaro.

 

Un compito per la scuola.

«Mamma, perché mi chiamo Ryan?».

«Vedi amore, è un nome stupendo a cui sono molto affezionata. E' il nome dell'unica persona che abbia mai amato ed amerò per sempre. Dopo di te» aveva aggiunto per poi

iniziare a giocare come sempre.

 

«Sì tesoro».

Jude sorrise ripensando a quello stesso episodio. Gli strinse forte la manina mentre attraversavano l'incrocio che li avrebbe riportati al loro appartamento.

Si concesse un'occhiata alle sue spalle ed entrò in casa. Accompagnò la porta perché non sbattesse a causa del vento.

La chiuse.

Ma in cuor suo sapeva che nonostante tutto sarebbe sempre rimasta aperta, pronta ad accoglierlo semmai ce ne fosse stato bisogno.

 

FINE

 

Forse non siamo capaci di amare proprio perché desideriamo essere amati, vale a dire vogliamo qualcosa dall'altro invece di avvicinarci a lui senza pretese e volere solo la sua semplice presenza”

 

Milan Kundera, L'insostenibile leggerezza dell'essere.


 

Anche quest'avventura è finita. Spero di essere riuscita a tenervi compagnia e soprattutto che nessuno di voi mi venga a cercare con un'accetta XD
Ho voluto concludere con questa citazione perché col passare del tempo l'ho fatta un po' mia e forse si può adattare anche al nostro Ryan. E' stato fantastico poter condividere questa storia e le emozioni che porta insieme a voi. Grazie mille a tutte:
Selvaggia_Chan, Sweet96, masa18, Stalker_conlaA, Emmeti, bimbic, Shinichina, oo00carlie00oo, Bryce78, Michelle82, FrancescaVincenzo, lizz1183, PinkPrincess, cara_mello, layla493, Giulietta7, mariaanna, BlueDrake, Defying, FairyLeafy, Sharpettes, Noctis17, Viking_, myllyje, _maddy_25, Cri_o, Poisoned_Tear, bluevalentine, Camilla91, Eve_, Nikita26, blair89 ed Euterpe_12.
Grazie.
Per le lettrici del fandom di TMM, presto troverete una sorpresina ;)
Baci, bacini, bacetti, come sempre la vostra, Serenity.


 

   
 
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