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Autore: redKaori    05/11/2011    3 recensioni
Timeline: Quarta Stagione
"Non l’ho mai visto felice, davvero felice, tranne quando, in carcere, era convinto di aver ucciso Red John. Mi venne incontro con un sorriso mai visto prima e scherzò con me, senza malizia, senza amarezza, senza fingere … in quel momento il mio cuore si sciolse, mi sentii, finalmente, occhi negli occhi con un essere umano e non con uno spaventapasseri consumato dal rimorso."
Jane è convinto che RJ sia ancora vivo. Ma quale sarà la sua reazione quando ne avrà le prove?Riuscirà a non crollare o trascinerà Lisbon nel suo baratro personale?
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Jane/Lisbon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Keep it in the closet

Tea and other flavours

"If you don’t believe the sun will rise

Stand alone and greet the coming night

In the last remaining light."

Dieci anni ormai. Quasi dieci anni che lavoro sul caso Red John e ci fosse una volta che riesco a capirci qualcosa, a evitare vittime, a trovare un testimone, un sopravvissuto, qualcuno che mi aiuti a fare luce su questa serie infinita di omicidi. È frustrante e la cosa che rende tutto molto più pesante e difficile da gestire è il coinvolgimento diretto di colui che è diventato il mio migliore amico, Patrick. Assetato di vendetta, da poco anche lui omicida : convinto di avere fra le mani Red John, gli buca la pancia con tre colpi. Convinto che fosse tutto finito, una volta grattata la superficie, si è dovuto ricredere e, così, niente rivincita sanguinaria per lui e più lavoro per me. La mia preoccupazione per il suo stato di salute mentale è ogni giorno più forte, anche se non voglio che si accorga quanto sono in pensiero per lui; penserebbe che lo stessi trattando come uno psicopatico, un irresponsabile e si chiuderebbe a riccio. Non credo si renda conto di quante volte l’abbia passata liscia, di quante volte non abbia ricevuto un minimo rimprovero per i suoi comportamenti davvero infantili; non ha mai subito nient’altro che freddi richiami ufficiali, da quando lavora con me. A volte penso che sia già stato punito abbastanza, ma poi mi ricredo subito : un uomo che non ha colpe, né subisce “castighi”, non ha nemmeno l’opportunità di espiare, non è vivo. Patrick è continuamente giustificato per le sue azioni sconsiderate in quanto fiore all’occhiello del CBI  e in quanto vittima di Red John e io non riesco più a sopportarlo … perché io voglio che viva.

Vorrei tanto dargli due sberle, giusto per farlo tornare alla realtà; è un istinto che mi assale ogni volta che porta lo sguardo lontano e vaga, vaga lontano da tutto, affoga nei suoi ricordi e nella sua bruciante follia vendicativa. Vorrei tanto dirgli che, sì, quello che ha vissuto è terribile ma, ehi, Red John ha fatto altre vittime e pensa un po’ anche ai bambini del terzo mondo! Che facciamo, incendiamo le banche e i governi nella vana speranza di salvare i poveri del globo? Vorrei tanto dirgli di tornare alla vita, che non c’è bisogno di frequentare altre donne per ricominciare a vivere, non c’è bisogno che dimentichi tutto e riparta da zero … dovrebbe solo liberarsi di questo assurdo senso di colpa che lo lega ancora a quella fede e lo tiene sveglio, la notte, a conversare con i suoi demoni.

Perché sono davvero convinta che lui non provi più amore per la sua famiglia, le sue due donne. Le terrà sempre nel cuore ma non prova più nulla di puro per loro. Le tiene legate a sé solo per sentirsi motivato nella sua missione, per dare un senso alla sua esistenza senza di loro. Non l’ho mai visto felice, davvero felice, tranne quando, in carcere, era convinto di aver ucciso Red John. Mi venne incontro con un sorriso mai visto prima e scherzò con me, senza malizia, senza amarezza, senza fingere … in quel momento il mio cuore si sciolse, mi sentii, finalmente, occhi negli occhi con un essere umano e non con uno spaventapasseri consumato dal rimorso. Scoprire che Carter non era il suo serial killer preferito l’ha fatto tornare indietro. Quel giorno, in auto … occhi gelidi e vuoti e parole senz’anima. Sentivo il suo respiro accanto a me e quello era il suo unico segnale vitale. Era morto di nuovo e volontariamente. Si punisce continuamente, bloccando le proprie emozioni, come se non fosse degno né capace di provarne altre dopo aver perso Angela e Charlotte.

Non è così e lo sa. Lo sa ma non vuole rendersene conto. Io ho visto l’uomo sereno e in pace che può essere e l’ha visto anche lui. Certo, sono sue le decisioni riguardanti il modo di vivere il lutto … ma, cazzo, Jane, dieci anni di sofferenza e di vuoto non ti sembrano abbastanza?

Ogni volta che lo vedo con lo sguardo perso nel nulla, non riesco a fare a meno di immedesimarmi in lui. Io non sono in pace con me stessa, non sono Angela e ho i miei drammi irrisolti : non parlo mai di mio padre, di mia madre e cerco di non pensare a quella testa di cazzo di mio fratello Tommy, quindi, sì, so com’è sentirsi vuoti dentro. Non dimenticherò mai il giorno del funerale di mamma e nemmeno quello di papà : quelli sono stati, ironicamente, i giorni più belli della mia vita. Perché? Mi sentivo viva, avevo un cuore e lo sentivo in agonia, trafitto dal dolore. Dopo la morte di mamma facevo la stessa identica cosa che, a quarant’anni suonati, fa Jane : non mi permettevo nemmeno un attimo di felicità, di emozione. Ecco perché riesco a parlare con lui, a capirlo, addirittura. Sono molto più simile a lui di quanto sembri e vederlo percorrere un cammino quasi parallelo al mio … mi fa arrabbiare tantissimo.

Per questo, ogni volta che si perde nel suo vuoto cosmico interno, vedo la sua maschera crollare rovinosamente. Lo vedo mentre immagina, sogna, visualizza il momento finale della sua rivalsa, la sua vittoria e l’istinto mi dice di uscire dall’ufficio e prenderlo a schiaffi, urlandogli “Sveglia Jane! Ci sono un sacco di motivi per non cadere nell’inferno che Red John stesso ti sta costringendo a vivere! Non lasciarti trascinare dal dolore!” … poi mi ricordo che sono già passati dieci anni da quella sera e quell’uomo non conosce altra vita che questa, oramai.

E invece di uno schiaffo, è un tè caldo che gli porto.

Eccolo, mentre, steso sul suo divano nel bullpen, si perde nei suoi pensieri. Giochicchia con la fede al dito. Ogni volta che lo fa o è nervoso e in imbarazzo – momenti, questi ultimi, che si contano sulle dita di una mano – oppure, come molto spesso succede, progetta la sua vendetta. Ancora.

Appoggio il mento sulla mano e mi perdo nei movimenti agili delle sue dita Ogni tanto appare una monetina accanto alla fede. A-ah, allora è in modalità omicida. Ed ecco, come già annunciato, il mio istinto schiaffeggiatore che spunta dal nulla e, piano piano, il pensiero razional-tenero che si insinua tra le pieghe del primo. Tè, andata.

 

-Tè?

Teresa appare davanti al mio viso con una tazzina celeste in mano e un sorriso un po’ timido. Ci siamo, è di nuovo in modalità materna.

-Ehi … sì, grazie.- Da steso, mi siedo sul divano e prendo in mano la tazzina. Lei non si siede accanto a me, resta in piedi, con le mani in tasca.

-Allora … come va?- Cerca di conversare con me. Non ne ho molta voglia, oggi, ma per lei farò un’eccezione. È sempre così gentile con me e ha un cuore enorme, per essere una poliziotta.

-Mmm … nessun caso importante, Cho e Rigsby in permesso, Grace un po’ nervosetta … poteva andare peggio. – Fa un altro sorriso timido e finalmente si siede accanto a me, ma non troppo vicino. I suoi problemi con il contatto fisico sono molto simili ai miei, d’altronde. –Tu? Annoiata?

-Un po’ … tra mezz’ora stacco, ti va di venire in palestra con me? È tanto che non ti fai una corsetta sul tapis roulant!

-Già e devo proprio dire che non mi manca per niente … tu, magari, sei a tuo agio con il correre come un criceto su una ruota, io … non tanto- La stuzzico un po’, anche se non mi viene particolarmente bene, oggi.

-Ehi, devi essere davvero giù di corda se questo è il massimo che sai fare! Dai, vieni, ti fai una corsa e butti giù quella pancetta!

-Avanti, sono in formissima! Sei tu quella che deve smaltire i chili di gelato ingeriti nell’ultimo mese!-Uh, l’ho presa. Un punto per me!

-Sì, sì, vieni o no? Non sarò sempre così gentile, ti conviene approfittarne!

Sorseggio il tè e guardo a terra. Lei rimane in silenzio, allora la guardo. I suoi occhi sono pieni d’affetto e tristezza : non vuole lasciarmi, anche stasera, da solo e, a dirla tutta, non ne ho voglia neanche io. Le voglio sorridere, la vorrei abbracciare e dirle quanto questi momenti sono importanti, per me, quanto mi impediscono di scivolare nel baratro ai miei piedi, vorrei che fosse sicura del mio supporto, vorrei aiutarla con i suoi problemi e i suoi drammi irrisolti, vorrei essere almeno un decimo di quello che lei è stata per me, in tutti questi anni. Invece, tutto quello che riesco a darle, dall’alto della mia vacuità, è uno sguardo a metà fra il disperato e il riconoscente, l’affettuoso e il timido. Non riesco a fare altro, non riesco a trovare mai le energie e il modo per esprimere, a parole, ciò che provo.

Lei è importante, per me. Con lei ho ricominciato a provare qualcosa di simile all’affetto, qualcosa di simile all’amicizia. Con il tempo il nostro rapporto si è rafforzato, soprattutto perché siamo entrambi danneggiati, entrambi senza pretese, senza particolari desideri. Lei riempie un po’ il grande spazio oscuro in me, ma giusto un po’, quello che serve a tenermi in vita e a lasciarmi seguire il mio destino, il mio fine ultimo. Ammazzare quel figlio di puttana.

Risponde al mio sguardo di conferma annuendo e si alza dal divano, di scatto.

-Finisco con le scartoffie e andiamo. Tra mezz’ora all’ascensore!- Torna trotterellando nel suo ufficio.

Finisco il tè a piccoli sorsi. Lentamente, come lentamente guarderò morire quel pezzo di merda. La sua morte saprà di bergamotto e miele, per me e la assaporerò con tutta la calma del mondo. Guardo la fede al mio dito. Ogni giorno di più aumenta il suo peso. Da oro a piombo, in dieci anni, senza lei che cercava di convincermi a lasciare il mio lavoro-truffa e senza lei che si faceva accarezzare i capelli e raccontare le fiabe da me, solo da me. L’odore dei pancake la mattina, aprire il frigo, prendere il succo di frutta e versarlo a Charlotte. Non eravamo perfetti ma io ero felice. Adesso, sono perfetto e infelice. Ironico, eh? Sono il consulente perfetto, il team con il quale lavoro ha la percentuale più alta di casi chiusi in tutto il CBI. Sono perfetto ed estremamente irritante e ficcanaso, distaccato e rumoroso; sono un bastardo dal cuore di ghiaccio, freddo, insensibile e triste.

Sono un uomo triste e lei lo sa.Tenermi a bada e avermi intorno a fare casino è il suo modo di sentirsi felice; evidentemente, le ricordo un suo amore non corrisposto, magari del liceo e ,allo stesso tempo, prova per me un genuino affetto. Lei sente un legame fra noi ma ho solo imparato a sopportarmi e ogni tanto riesce anche a vedermi dentro : in quei momenti prova compassione, le ricordo se stessa in un momento particolarmente buoi della sua vita. La differenza fra me e lei è proprio questa, però : lei ha superato, bene o male, quel momento; io non voglio farlo, invece. Non posso, davvero.



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Eccoci qui! Questa è il mio primo tentativo di scrivere una long...spero che qualche anima brava legga e mi faccia sapere cosa ne pensa, così se sbaglio ho la possibilità di rimediare :)  
Ad ogni capitolo "assegnerò" una o più frasi di una canzone;per questo primo capitolo ho scelto qualche verso di The last remaining light degli Audioslave, una delle mie band preferite.
L'azione arriverà nel prossimo update e ce ne sarà un bel po' nl corso di questa storia!:D
Spero di non avervi annoiato con il mio sproloquio XD e che vi sia piaciuto questo "preludio"!
Un abbraccio a te che stai leggendo e un sorriso di Simon Baker a te che recensirai!*O*


  
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