I
WILL ALWAYS CHOOSE YOU
5
DEJA-VU’.
- Cosa ci fai tu
qui? -
Fu questa
l’automatica domanda
che le sfuggì dalle labbra e le fece corrugare le
sopracciglia non appena una
figura slanciata aprì la porta di casa Salvatore,
palesandosi in tutta la sua
tonica fisicità.
Due altezzose iridi chiare
la scrutarono
subito con quel modo altisonante e fremente che le caratterizzavano,
dissimulando con maestria e sarcasmo l’iniziale sorpresa nel
trovarsela
davanti.
Un brillio di compiaciuto
divertimento le attraversò un secondo dopo averla
riconosciuta, animandole
vivacemente e preannunciandole la solita sequela di battutine maliziose
che
ormai distinguevano i loro incontri.
Le sorrise, o meglio
ghignò, e
appoggiò un braccio alla porta, sistemandosi meglio come a
pregustare già il
sapore di quell’incontro. Un sapore che era sempre pungente,
dolce-amaro con un
retrogusto di frizzante malizia.
Elena richiuse invece le
labbra,
che aveva involontariamente dischiuso, piegandole in una smorfia
corrucciata.
Vedere alle otto di mattina
Damon Salvatore non era assolutamente una cosa salutare per i suoi
nervi.
Per niente,
incrociò sulla
difensiva le braccia al petto.
Restarono a fronteggiarsi in
silenzio per alcuni brevi secondi, che però a lei sembrarono
lunghissimi, senza
dire nulla e lanciandosi occhiate opposte.
Lui, infatti, si
limitò
semplicemente ad osservarla con i suoi soliti sguardi misteriosamente
ambigui e
maliziosi, squadrandola in quel modo che la irritava da morire.
Sembrava dover
sempre esaminare superbo dall’alto in basso chi aveva
davanti, constatò mentre
percepiva già distintamente l'irritazione iniziare a
diffondersi in lei .
Gli restituì
un'occhiata
irritata, facendo aumentare smisuratamente il suo sorriso.
Damon inclinò poi
impercettibilmente il volto distogliendo gli occhi dai suoi e
lambendole il corpo
in una lunga occhiata carezzevole, soffermandosi, per alcuni languidi
secondi,
sulle sue gambe lasciate generosamente scoperte dai pantaloncini corti
che
indossava.
L’indignazione per
quella
sfacciataggine le si riversò a fiotti nelle vene, facendole
arrossare
prepotentemente le guance di un rosso così intenso da
rasentare il porpora.
Si morse innervosita le
labbra,
assottigliando gli occhi e trattenendosi dal picchiarlo.
Era quanto mai ambiguo e
strano
di come quel maledetto Salvatore riuscisse a suscitare in lei emozioni
così
forti, irruenti.
Non era da lei innervosirsi
per
nulla – anzi era sempre stata così paziente e
calma! -, eppure bastava un suo
sguardo maliziosamente oltraggioso o una battutina a farle scattare
qualcosa
dentro.
Era più forte di
lei: in lui
c’era qualcosa che le scatenava sempre reazioni tumultuose,
quasi
violente, che l'avvolgevano così velocemente da toglierle il
respiro.
Lui ghignò invece
apertamente
compiaciuto, scambiando probabilmente quel rossore per un lusingato
imbarazzo e
facendola irritare inconcepibilmente ancora di più.
Era proprio vero che i
maschi
pensavano ogni sei secondi al sesso.
-Non so, ci vivo?-
ipotizzò
sarcastico Damon, aggrottando ironicamente le sopracciglia e
rispondendo alla
sua iniziale affermazione.
Elena lo fulminò
con gli occhi
scuri, per nulla divertita da quella battuta, rifilandogli poi una
lunga
occhiata torva.
La stessa che ormai era
diventata un’abitudine lanciargli e che sembrava divertirlo
enormemente, visto
il solito mezzo sorriso smaliziato in cui si aprì.
Un po' stizzita da quella
reazione, serrò ancora di più le braccia sotto il
seno non rendendosi
minimamente conto che, così facendo, aveva messo in evidenza
la sua scollatura
che fu fulmineamente lambita da due vispi occhi chiari.
Rialzò lo sguardo
su di lei un
attimo dopo, trovandola estremamente corrucciata e con un sopracciglio
seccamente inarcato al suo indirizzo che lo fece ridacchiare appena,
lieve e
divertito.
- Simpatico -
l’apostrofò senza
un minimo di ilarità nella voce, un finto sorriso ad
inclinarle le labbra.
Lui continuò a
sostenere il suo
sguardo, un brillio di sfuggente divertimento a colorargli gli occhi e
il
ghigno sempre più ampio sulle labbra.
-Tu invece sei molto
perspicace
– la rimbeccò beffardo, portandola a roteare gli
occhi al cielo.
Perché doveva
sempre ribattere?
Si chiese annoiata e infastidita.
Non lo sopportava, non
c’era
nulla da fare. Non sopportava quel suo essere altero e superbo,
malizioso e
perennemente sarcastico.
Per fortuna non lo avrebbe
rivisto
per tutto il fine settimana, sospirò più leggera
e soddisfatta.
L'aspettava un rilassante
week
-and nella tenuta in montagna dei Salvatore e Jeremy sarebbe tornato il
martedì
successivo.
Inoltre, se fosse stata
particolarmente abile ad evitare casa Salvatore, si sarebbe prolungato
quel
delizioso tempo senza la sua presenza.
Si, si disse più
rincuorata e spensierata,
doveva pensare a quello.
Fece poi per rispondergli
acidamente ma, solo in quel momento, i suoi occhi captarono un
particolare
quanto mai importante che le era evidentemente sfuggito.
Arrossì
violentemente, questa
volta di puro imbarazzo mentre le parole le si strozzarono in gola in
un soffio
inudibile accavallandosi in pensieri sconnessi.
Soltanto allora, infatti,
notò
che la camicia scura e fatta sicuramente su misura che indossava era
mezza
aperta lasciando intravedere una buona porzione della parte superiore
del
petto.
Trattenne il respiro e si
sentì
avvampare. I suoi occhi seguirono, di loro spontanea
volontà, la linea sicura
dei pettorali delineandone i contorni.
Accadde poi tutto in
così pochi
secondi che neanche si accorse di cosa stava pensando.
Si morse istintivamente un
labbro, torturandolo impietosamente con i denti senza riuscire a
distoglierne
lo sguardo. Era come se non ci riuscisse.
Si dava l'ordine di farlo ma
i
suoi occhi non rispondevano. Non volevano
rispondere, notò sconcertata e
shoccata.
Esterrefatta dal suo stesso
comportamento ci riprovò, ma, un attimo dopo, fu qualcosa
d'altro a shoccarla
totalmente.
Chissà se erano
tonici come
sembravano, fu il quesito spontaneo e la voglia di tastarne manualmente
la
veridicità la fulminò sul posto, annebbiandole la
mente di sconcerto.
A giudicare da
com’erano
scolpiti dovevano essere anche sodi, fu il pensiero mal sano della
parte più
remota, ma decisamente sveglia, del suo cervello.
Quella riflessione le
rimbombò
nella mente senza che lei ne capisse realmente il significato per
alcuni
secondi e, quando lo comprese, boccheggiò scioccata,
sentendo le guance andare
sempre più in fiamme per quel pensiero decisamente non da
lei.
Cosa diavolo aveva appena
pensato? Si chiese orripilata.
Tuttavia, nonostante si
ordinasse tenacemente di farlo, non riuscì a distogliere lo
sguardo per alcuni
interminabili attimi dalla sua figura.
Il calore bruciante
dell’imbarazzo la pervase spietatamente, scaldandola
più del sole già alto in
cielo.
Cosa diavolo le era preso?
Si
chiese riuscendo, finalmente, a distogliere lo sguardo che
puntò ostinata sul
muro dietro di lui.
Cioè,
deglutì spaesata, non
era da lei fare quei pensieri! O meglio,
li faceva anche, ma era inconcepibile che avesse quel tipo
di pensieri
verso Damon.
Il suo orgoglio
protestò
vivacemente, indignato da quel pensiero.
- Potresti anche curarti di
essere presentabile prima di aprire la porta, comunque -
bofonchiò arrossata e
accaldata, più inasprita con se stessa per aver concepito
quel pensiero che con
lui.
Prese poi un profondo
respiro,
cercando di scacciare i postumi di quella riflessione e di calmarsi.
In qualche modo il fatto di
aver
pensato a lui in quel modo la indispettiva,
innervosendola più di quanto
fosse normale.
Perché diavolo
era accaduto? Si
domandò ancora in cerca di una risposta, socchiudendo
lievemente gli occhi.
Prese un'altra lenta boccata
di
ossigeno, continuando a ripetersi come un mantra che era colpa del
caldo che
opprimeva l’aria, nonostante l’ora mattutina.
Si, doveva essere
sicuramente
così, si convinse.
Lievemente più
tranquilla rialzò
lo sguardo, facendo il colossale errore di incontrare quello di Damon,
così
colmo di malizia da renderlo liquido e plumbeo.
Sorrideva, come al solito,
con
quel mezzo sorriso che, però, in quel momento
le infuse una strana sensazione di insicurezza.
Il timore che lui avesse
colto
in qualche modo il pensiero che aveva avuto e il rossore anomalo delle
sue
guance, la gelò sul posto portandola a guardarlo di
sottecchi e circospetta.
Studiò la sua
espressione,
trattenendo il respiro in attesa della battutina sfacciata e maliziosa.
Battutina che tuttavia non
arrivò.
Lui non disse
inaspettatamente
nulla, limitandosi solo a continuare a guardarla. Cosa che la sorprese
non
poco.
Era già pronta a
difendersi
dalle sue frecciatine e invece lui sembrava non essersi accorto di
nulla.
Davvero strano.
Almeno per una volta
fortunatamente il karma sembrava sorriderle e lei lo colse come un
buono
auspicio per il week- and, tornando a respirare normalmente.
Era sicura che se avesse
captato
disgraziatamente quel suo sguardo diverso non
avrebbe più smesso di
tormentarla e, visto che purtroppo aveva già fin troppi
elementi per farlo, era
decisamente meglio così.
- Stefan è in
casa?- gli chiese
velocemente, ansiosa di spostare l’attenzione su qualcosa
d’altro che non fosse
il suo insolito comportamento.
Sbirciò alle sue
spalle in cerca
del minore dei fratelli Salvatore, ma tutto ciò che vide fu
l’ingresso .
Lui corrugò la
fronte, aprendosi
in una smorfia sarcastica.
- Non lo so. Non sono mica
la
sua babysitter. – affermò ironico e tagliente con
un’alzata di spalle, lo
sguardo di nuovo imperturbabile e freddo.
- Ci vivi insieme, come fai
a
non saperlo ?- ribatté pungente, inarcando scettica un
sopracciglio.
Va beh che praticamente non
si
sopportavano e che avevano una casa grossa quanto un castello, ma
avrebbe
dovuto almeno sapere se era in casa o no.
- Ringrazia che ti abbia
aperto
e non ti abbia lasciato ad aspettare fuori.- ribatté con
un'occhiata ovvia,
come se le avesse fatto chissà che favore.
- Oh, grazie di avermi fatto
questo regale onore! – allargò gli occhi
fingendosi lusingata per poi fulminarlo,
per l’ennesima volta.
Quella era
un’altra cosa che non
sopportava in lui, il fatto che facesse passare ogni suo gesto come un
dono
divino.
- Prego –
affermò, lasciandola
basita.
Era snervante.
- Stefan mi aveva detto che
eri
uno scansafatiche – lo punzecchiò tagliente,
volendo far scomparire quel
sorrisino irritante dal suo volto.
Sorrise internamente, in
attesa
di vedere passare una scintilla di orgoglio ferito nei suoi occhi. Cosa
che
però non accadde.
Anzi, il suo sguardo
cambiò
ancora una volta sfumatura, velandosi di languido divertimento per
chissà cosa.
Ridacchiò,
socchiudendo gli
occhi quasi in un modo felino.
Era possibile che quel
ragazzo
fosse lunatico anche nello sguardo? Si chiese, aggrottando sconcertata
le
sopracciglia. Lei lo insultava e lui rideva divertito? Doveva avere
davvero
qualche rotella fuori posto.
- Interessante.-
soffiò
con ancora l'alone della risata sulle labbra e lei pensò che
avesse davvero un
modo tenebroso di calcare sulle parole.
Scacciò quel
strano pensiero
inopportuno, concentrandosi su di lui e sulla sua uscita fuori luogo.
Quel giorno il caldo le
stava
davvero dando alla testa.
- Parlate di me, dunque,
durante
le vostre conversazioni.- ghignò compiaciutamente divertito,
curandosi solo
della parte che gli interessava della frase che lei aveva appena
pronunciato.
Elena roteò gli
occhi al cielo
con un sonoro sbuffo. Quel ragazzo aveva un egocentrismo grosso come
tutto il
Tennessee.
- Non parliamo di te
– ci tenne
subito a puntualizzare con una mossa del capo che fece ondeggiare i
suoi
capelli, per nulla intenzionata a gonfiare maggiormente il suo
già smisurato
ego. Ci mancava solo che pensasse chissà cosa.
- E sentiamo cosa ti ha
detto? –
ignorò totalmente il suo ultimo commento, affondando le mani
nelle tasche dei
pantaloni scuri e guardandola maliziosamente in attesa.
Si morse l’interno
della guancia
per non mandarlo direttamente al diavolo, anche se avrebbe voluto
davvero
farlo.
Non lo sopportava e il fatto
che
prima avesse avuto quel pensiero le faceva dolere
l’orgoglio
insopportabilmente, innervosendola particolarmente oltre che
sconcertandola.
Il fatto che poi ci fosse
andata
a letto non aiutava molto a farselo andare a genio.
Damon sogghignò
più apertamente,
quasi in modo felino, facendole provare una strana sensazione di
deja-vù.
- Che sono tremendamente
intelligente, carismatico e sexy?- inclinò il volto, i
sbarazzini capelli
corvini a solleticargli la fronte .
Inarcò un
sopracciglio, notando
come quel ragazzo avesse una visione distorta e ingigantita di se
stesso.
Dischiuse le labbra per
rispondergli, ma fu un’altra voce ad anticiparla sul tempo.
Era una cosa che le capitava
spesso in questo periodo, notò accigliata.
- No, che sei un
rompiscatole,
vendicativo e senza scrupoli fratello - affermò la voce
pacata ma lievemente
divertita di Stefan, comparendo improvvisamente dietro il fratello
maggiore.
Una sensazione di
deja-vù
l'avvolse ancora, ricordandole terribilmente la sera del quattro luglio
a casa
Lockwood. Infondo, erano nella stessa identica situazione.
Si palesò a loro
con un piccolo
sorriso, ricevendo un’occhiataccia risentita dal fratello e
facendo trattenere
violentemente il respiro ad Elena.
Come era infatti accaduto
quella
sera lei si irrigidì, avendo la terribile sensazione che
Damon potesse spiattellare
da un momento all’altro cosa – purtroppo - era
accaduto fra loro due.
Stefan alternò lo
sguardo tra
loro due, posandolo poi definitivamente sul fratello.
- Semplicemente la
verità,
quindi- gli diede una pacca sulla spalla, sorridendo divertito per la
sua
espressione tra l’offeso e l’irritato.
- Qui l’unico
rompiscatole e
guastafeste sei tu, fratellino- affermò con un sorriso
tagliente, calcando
sull’ultima parole e conferendole una sfumatura pungente, per
nulla affettuosa.
Gli lanciò poi
uno sguardo
glaciale, imperturbabile.
Stefan lo ignorò
deliberatamente, sorpassandolo e raggiungendola in due ampie falcate.
- Buongiorno – le
lasciò un
bacio sulla guancia e lei sentì due occhi perforanti
studiarla.
Quando però
rialzò lo sguardo su
Damon, lo trovò intento ad abbottonarsi tranquillamente la
camicia.
Aggrottò le
sopracciglia. Doveva
essere stata solo una sua impressione, si disse.
Lei lo aveva detto che non
era
salutare vederlo già alle otto di mattina!
- Giorno, Stefan –
lo salutò,
sorridendogli lieve. – Dormito bene?- gli chiese addolcendo
il tono della voce
e rilassando in minima parte i nervi, più tranquilla.
Damon non sembrava
intenzionato
a rivelare il loro piccolo segreto, per fortuna.
- Vi prego, mi sta venendo
il
diabete - sbuffò sonoramente Damon, beccandosi subito la sua
occhiataccia.
Li sorpassò con
una smorfia
disgustata sul volto, incedendo con passo spedito oltre di loro fino a
scomparire nel vialetto.
- Lascialo perdere -
mormorò
Stefan con un cenno non curante del capo, facendole distogliere lo
sguardo dal
punto esatto in cui era scomparso. - Dov’è la tua
valigia? -le chiese un
secondo dopo, distraendola dalle sue riflessioni.
- Nella mia macchina- la
indicò
con la mano, parcheggiata proprio lì davanti.
- Ok, vado a prenderla e la
carico
in auto - le sorrise.
Elena annuì,
lasciandogli le
chiavi e neanche un paio di minuti dopo era di nuovo da lei,
trascinandosi
dietro il suo trolley e un sorriso sulle labbra.
Il telefono le
vibrò nella
tasca, segnalandole l'arrivo di un nuovo messaggio.
- Caroline ha detto che
parte
ora da casa e sarà qua in due minuti - lesse il messaggio ad
alta voce,
informandolo e incamminandosi con lui verso la macchina.
- Non doveva venire con
Tyler?-
le chiese aggrottando le sopracciglia chiare, confuso quanto lei.
Lei alzò le
spalle in risposta.
- Cosa ci hai messo qui
dentro?-
le chiese poi con una risata, indicando con il capo la valigia che si
stava a
fatica trascinando dietro sulla ghiaia del vialetto.
- Sicuro di farcela?- rise
allegra, ma fu una voce infastidita e un po' strascicata a distrarla,
richiamando la sua attenzione.
- Quando avete finito di
giocare
al principe e alla principessa, vorrei partire- affermò
Damon, appoggiato con i
fianchi alla macchina nera di Stefan e l'espressione scocciata stampata
in
volto.
Furono però le
sue ultime parole
a sconcertarla.
- Partire?-
inarcò un
sopracciglio Elena fermando la sua camminata, credendo di aver capito
male.
Anzi, doveva essere
sicuramente
così.
Un piccolo ma pressante
dubbio,
che le provocò un irritante morsa allo stomaco, si
insinuò repentinamente in
lei, confermato anche dal sorriso divertito in cui si aprì
il moro.
Ancora una volta una
scintilla
di divertimento animò i suoi occhi, rendendoli meno
imperturbabili,
allarmandola e facendole sperare che non fosse come pensava.
- A quanto pare il mio caro
fratellino non ti ha dato la bella notizia - ghignò
sfacciato, lanciando un
luccicante sguardo di sfida a Stefan.
- Che notizia? - chiese
confusa,
voltandosi verso di lui e fissandolo in attesa di una risposta mentre
quella
brutta sensazione si intensificava.
Lo sguardo di scuse di
Stefan fu
la conferma più lampante delle sue paure, prima ancora che
le parole uscissero
dalla sua bocca.
- Viene con noi sul lago-
pose
fine ai suoi progetti con tono tetro e abbacchiato, guardandola di
sottecchi
come temendo la sua reazione.
Infatti sapeva che non lo
sopportava, gliel'aveva confessato lei stessa una qualche sera prima al
telefono cercando di evitare altre scomode domande.
Totalmente pietrificata lo
fissò
quasi con gli occhi sbarrati.
- E' uno scherzo, vero?- fu
l'unica, spontanea, affermazione che solcò le sue labbra,
dischiuse dallo shock
di quella rivelazione.
No, non era possibile.
Doveva
essere una sorta di incubo ad occhi aperti, probabilmente.
Come se si stessero
realmente
sgretolando davanti a lei, vide i suoi sogni di relax e
tranquillità andare in
fumo sostituiti da continui battibecchi e frecciatine maliziose.
E lei che sperava di
riposarsi!
- Scusa, mi sono dimenticato
di
dirtelo - si scusò lui incassando il capo fra le spalle,
riservandole uno
sguardo realmente dispiaciuto.
Totalmente senza parole non
riuscì a far altro che lanciare uno sguardo al vetriolo a
Damon, cercando di
sfogare in minima parte il nervoso e l'irritazione che la pervadevano.
Infondo, era colpa sua visto
che
le aveva rovinato il week-end.
Era un odioso, pomposo,
arrogante e vanesio rovina vacanze, si sfogò lanciandogli
mentalmente contro
ogni insulto possibile.
Imbufalita, seguì
con passo di
marcia Stefan nella parte posteriore dell'auto lasciando solo un
ghignante e
soddisfatto Damon.
Lo odiava. Era riuscito
anche a
mandarle in fumo un favoloso fine settimana in montagna con i suoi
amici, perché,
ne era sicura, glielo avrebbe rovinato.
- Per quale ragione non mi
hai
detto che veniva anche lui?- sussurrò concitata, cercando
però di non farsi
sentire da Damon. Non voleva dargli nessuna ulteriore soddisfazione.
- Scusa, mi sono
dimenticato. -
ripeté ancora, scusandosi e passandosi una mano fra i
capelli -Il tirocinio è
massacrante e assorbe ogni mia energia in questo periodo. Mi
è passato di mente
-
Come diavolo aveva fatto a dimenticarsi
di dover passare il fine settimana con il diavolo in persona?
Non era
umanamente possibile. Ok, era impegnato con il lavoro, ma se lo avesse
saputo
prima sarebbe decisamente rimasta a casa.
- Non potevi impedirglielo?-
mugolò imbronciata.
- La casa è anche
sua. - le
ricordò, caricando la sua valigia rossa - Se vuole andarci
ci va e se anche
glielo impedissi lui ci andrebbe lo stesso -
Elena sbuffò,
incrociando le
braccia al petto e alzando gli occhi al cielo.
- E' un comportamento in
perfetto stile Damon -
- Probabilmente lo fa solo
per
infastidirmi. Si diverte a farlo. La migliora arma è
ignorarlo – le spiegò
Stefan in un sussurro sicuro che sapeva di abitudine, ormai.
– Non lo sopporta.
–
Magari fosse stato
così facile
anche per lei!
Nuovamente, però,
la sensazione
che ci fosse della tensione fra loro le balzò agli occhi con
evidenza lampante,
distogliendola dal lanciare qualsiasi epiteto poco fine contro di lui.
Avevano un comportamento
strano.
Elena assottigliò
sospettosa gli
occhi, appoggiandosi con i fianchi all’auto.
Continuò a tenere
lo sguardo
puntato su di lui, nella speranza di incontrare il suo e avere una
risposta più
chiara, ma ciò non accadde visto che Stefan persistette a
tenerli ostinatamente
puntati altrove.
Allora c’era
davvero qualcosa
dietro, fu il suo istantaneo pensiero che gratificò il suo
sesto senso
femminile.
Stefan era limpido in tutto
e
per tutto e il fatto che persistesse a non guardarla negli occhi
dimostrava che
le celava qualche cosa. Ed era sicura c'entrasse con Damon
- Io comunque non ho ancora
capito la causa di tutto questo astio fra fratelli –
buttò lì lei, fissandolo
attentamente in cerca di una qualsivoglia reazione che non venne ,
però.
Il suo volto rimase
impassibile,
quasi indurito in un'espressione neutrale.
Li aveva osservati
attentamente
quelle poche volte che li aveva visti insieme e, ogni volta, aveva
avuto la
stessa sensazione della sera del barbecue del 4 luglio: c’era
un attrito fra i
due. E anche bello grosso.
Era un qualcosa di mal
celato e
sempre presente, bastava poco a farlo saltar fuori.
Doveva essere antico,
risalente forse addirittura a prima che lei incontrasse Stefan. Vi era
una
rivalità strana fra i due, che non ci sarebbe dovuta essere
fra due fratelli.
Stefan non disse null'altro,
limitandosi a rimanere in silenzio e sistemare i borsoni.
- C’è
qualche problema fra te e
Damon?- gli chiese allora lei, decidendo di abbandonare i mezzi termini
ed essere
diretta visto la sua totale assenza di risposta.
Lui sospirò
pesantemente,
alzando finalmente lo sguardo su di lei.
- No - affermò
secco e lei era
già pronta ad insistere ma, a salvarlo da ulteriori domande,
fu la voce acuta
di Caroline, che corse trafelata verso di loro.
- Scusate il ritardo. Non
avevo
messo la sveglia- sorrise tremolante, rifilandogli quella banale scusa,
e lei
capì subito che c'era qualcosa che non andava.
Aveva i capelli scarmigliati
e
non si era neanche truccata, cosa che succedeva solo quando...
-Tutto bene, Care?- le
domandò
infatti sospettosa.
-Certo. Cosa dovrebbe non
andare?-rise nervosamente, confermando sempre più le sue
ipotesi.
Annuì, non troppo
convinta e
decisa a parlarle in privato.
- Tyler?- le chiese invece
Stefan, caricando anche la sua valigia, color rosa intenso, in auto.
La bionda fece una smorfia
significativa
che preannunciava guai in vista, schiudendo poi le labbra per parlare.
- Non verr...-
Ma non ebbe neanche il tempo
di
finire la frase che il diretto interessato si palesò davanti
a loro.
- Eccomi –
affermò, il borsone
su una spalla e l'espressione calma.
Fece per salutarlo ma,
ancora
una volta, Caroline la interruppe.
Quel giorno evidentemente
tutti
si divertivano a interromperla.
- Che ci fai tu qui?-
gli
chiese diretta e alterata, voltandosi verso di lui con gli occhi
fiammeggianti
di ira e lei pensò che erano le esatte parole che aveva
rivolto poco prima a
Damon, anche se in tono diverso.
-Mi hai invitato tu- le
rispose
lui confuso, alzando però le mani in segno di resa.
- Ti avevo invitato prima
che tu
flirtassi con Amy-sono-una-bambola-gonfiabile-Parker-
sibilò tagliente
assottigliando gli occhi azzurri, riducendoli a due lame sottili.
Elena li fissò
con gli occhi
sbarrati, incredula da quella sfuriata. Dovevamo aver litigato e
ciò non era
per niente una buona cosa.
- Pensavo avessimo
già chiarito
quel punto – sbuffò Tyler, allargando le braccia.
- E poi non stavo flirtando
con lei – sillabò, innervosendosi anche lui.
Si scambiò un
dubbioso sguardo
con Stefan, rendendosi conto che le cose non si stavano mettendo bene.
Quando
quei due litigavano non finiva mai bene, in effetti. E volano piatti.
- Si hai ragione, abbiamo
già
chiarito. Io andrò in montagna con loro e tu non verrai.-
affermò sicura la
bionda. Sapeva, però, che se anche si atteggiava da dura in
realtà dentro ci
stava malissimo.
- Sono anche miei amici ,
Caroline.- si impuntò lui, indicandosi il petto.
Ok, le cose stavano
decisamente
prendendo una brutta piega.
- Ehm, noi vi aspettiamo in
macchina- mormorò, decidendo che era meglio lasciarli
discutere da soli per la
sicurezza e l'incolumità di tutti.
Loro non la degnarono
neanche di
uno sguardo, continuando a guardarsi in cagnesco, e lei
trascinò Stefan in
auto.
Neanche cinque minuti dopo
Caroline e Tyler li raggiunsero in auto, muti e nervosi, dove
calò un gelido e
scomodo silenzio.
Sospirò,
allacciandosi già la
cintura mentre Stefan metteva in moto e partiva.
Sarebbe stato un lungo
viaggio
quello.
***********************
“Si trovarono a una ventina
di iarde uno dall'altra, e il
suo apparire era così improvviso, ch'era ormai impossibile
evitare il suo
sguardo. Subito i loro occhi s'incontrarono e a ciascuno il viso
avvampò del
più intenso rossore. Egli ebbe un vero e proprio soprassalto
e per un attimo
sembrò immobilizzato dalla sorpresa.”*
Le figure ottocentesche di
Mr
Darcy ed Elizabeth si sfocarono gradualmente nella sua mente fino a
scomparire
del tutto, offuscate dal caldo e dall’umidità che
la opprimeva senza pietà.
Sbatté un paio di
volte le
palpebre, ben decisa a continuare la sua lettura e ignorare il sudore
che le
imperlava il corpo in un abbraccio bagnato.
Riprovò a
focalizzare
l’attenzione sulle pagine un po’ ingiallite, ma il
cicalio acuto delle cicale
le ronzò prepotentemente nelle orecchie impedendole, di
fatto, di concentrarsi.
Sbuffò allora,
alzando gli occhi
scuri e allungando mollemente le gambe davanti a se.
Faceva un caldo
insopportabile
quel giorno. Il meteorologo alla TV aveva detto che si erano sfiorati i
trenta
gradi, ma lei sospettava ce ne fossero molti di più.
Si raccolse i capelli in una
coda bassa, nel vano e inutile tentativo di trovare refrigerio.
Sembrava quasi di essere
all’inferno e non in un piccolo e fresco - si intenda, solo
in teoria - paesino
di montagna.
Socchiuse gli occhi, sempre
più
oppressa dalla calura di metà pomeriggio.
Beh, forse
all’inferno c’era
veramente visto che condivideva una casa con Damon e le sue continue
frecciatine maliziose, cercava di evitare le scomode domande di Stefan
su come
si fossero conosciuti lei e suo fratello, il tutto coadiuvato
ovviamente dalle
continue liti fra Caroline e Tyler.
Era come vivere sotto il
fuoco
incrociato, rise leggera del suo stesso pensiero.
Un impertinente raggio di
sole
vibrò nell’aria, illuminando di un acceso verde le
foglie che incontrava sul
suo cammino fino a posarsi delicatamente sulla sua gamba nuda,
all’altezza
della coscia.
Sospirò annoiata
un secondo
dopo.
Si rigirò il
libro fra le mani
per poi chiuderlo definitivamente, abbandonando il suo progetto
iniziale. Tanto
era inutile, con quel caldo era impossibile leggere.
Reclinò il capo
indietro fino ad
appoggiarlo sul ruvido tronco dell’albero alle sue spalle,
lasciandosi avvolgere
dal silenzio confortante, interrotto solo dal cinguettio degli uccelli
e dal
cicalare.
Le piaceva quel posto, che
assomigliava tremendamente ad un piccolo scorcio di paradiso. O almeno
lei lo
immaginava così.
Inclinò il volto,
perdendosi ad
ammirare quell’adorabile creazione della natura.
Era una piccola radura
composta
da un verde manto erboso che guardava su un piccolo laghetto,
circondato da una
fitta serie di alberi disposti a semicerchio e su cui spiccava la
parete dura e
nuda della montagna.
Era delizioso e molto
…poetico,
convenne con un ampio sorriso ad inclinarle le labbra.
Vi era una calma e una pace
quasi surreale, decisamente impossibile da trovare in città.
Lo aveva scoperto qualche
anno
prima, quando, durante una passeggiata con Caroline e Bonnie avevano
accidentalmente sbagliato sentiero ed erano finite lì.
Ridacchiò
divertita, ricordando
gli isterismi della bionda, che credeva di dover passare la notte con i
lupi, e
i vani tentativi di Bonnie di calmarla.
Quel pomeriggio, invece,
aveva
deciso di andare a fare un giro poco dopo pranzo, stufa delle continue
discussioni tra Caroline e Tyler.
Già, alla fine
entrambi erano
partiti con loro. Inutile dire che non avevano fatto altro che litigare
per
tutto il viaggio, rischiando di farla diventare pazza.
Ormai discutevano per tutto
e
lei si sentiva di troppo ogni volta che la bionda la tirava in mezzo
per avere
la conferma delle sue ragioni. Era un po' infantile come comportamento,
ma
decisamente tipico di Caroline.
Non vedeva l'ora che Bonnie
li
raggiungesse, cosa che purtroppo sarebbe accaduta solo quella sera.
Stefan era poco d'aiuto al
riguardo, visto che sembrava più interessato alla partita di
football in TV e
al ventilatore che ad uscire.
Damon, invece, era
fortunatamente scomparso poco prima di pranzo – per la sua
grande gioia, visto
che non ne poteva già più delle battutine spinose
che le rifilava ogni tre per
due - e non si era fatto più vedere, ma tanto non avrebbe
voluto comunque la
sua compagnia. Anzi, più lontani erano e meglio era per la
sua sanità mentale.
Probabilmente, era da
qualche
parte a circuire e sedurre una povera fanciulla di montagna,
alzò gli occhi al
cielo con una smorfia.
Un po’ annoiata e
ben decisa a
non stare in casa, si era diretta quindi verso la piccola libreria e
aveva
scrutato con attenzione le copertine colorate.
I suoi occhi avevano
brillato di
pura gioia quando aveva scorto un titolo più familiare degli
altri. Orgoglio
e pregiudizio.
Accarezzò con le
dita la
copertina del libro che aveva appoggiato in grembo, tracciando il
contorno
delle figure raffigurate su quell'edizione un po' datata, probabilmente
da
collezione.
Era uno dei suoi libri
preferiti
fin da bambina. Adorava quei modi così lontani e al tempo
stesso attuali, il
pathos velato dal linguaggio impostato dell’epoca e gli
sguardi fugaci.
Per lei era quello
l’essenza del
romanticismo, non cioccolatini a San. Valentino e dei smielati e quanto
mai
svuotati di significato “ti amo”.
Il verso acuto ed improvviso
di
un uccello la riscosse dai suoi pensieri, facendola sobbalzare
lievemente per
lo spavento.
Si sventolò poi
una mano davanti
al volto, sempre più accaldata.
Come silenziosamente
richiamata,
voltò il volto verso destra fissando lo specchio
d’acqua davanti a se quasi
ipnotizzata.
Un’idea insolita e
birichina le
balenò nella mente, dettata probabilmente dalla
volontà di trovare un po’ di
refrigerio. Magari avrebbe potuto farsi una nuotata...
La voglia di tuffarsi in
quell’acqua fresca si fece sempre più pressante,
fino quasi a persuaderla del
tutto.
E se però
qualcuno l’avesse
vista? Le ricordò la parte più riflessiva e
giudiziosa di se, frenandola.
E poi non aveva neanche il
costume.
Considerò quella
eventualità,
lanciando al col tempo un occhiata sempre più affascinata
allo specchio d’acqua
poco distante da lei.
Beh a quello c’era
facilmente
rimedio visto che avrebbe potuto farlo in intimo, si disse con una
alzata di
spalle.
Sbuffò
nuovamente, allontanando
le remore e lasciando cadere il libro al suo fianco.
Jane Austen avrebbe
aspettato,
pensò, abbandonando il testo sull’erba e alzandosi
in piedi.
Portò le mani al
bordo della
canottiera, facendo per togliersela, ma poi si bloccò .
Ancora un po' indecisa si
guardò
in giro circospetta, cercando qualche presenza umana, ma incontrando
solo
alberi e foglie.
Si morse interdetta un
labbro,
indecisa se lasciarsi sopraffare dalla parte più libera e
selvaggia o da quella
riflessiva e bacchettona.
Continuò a far
vagare lo
sguardo. Non sembrava esserci nessun altro a parte lei in quel posto.
Oh, al diavolo! In quella
landa
sperduta non c’era nessuno e dubitava fortemente, col caldo
che c’era, che
qualcuno si addentrasse nel bosco.
Inoltre, probabilmente,
erano
ben pochi a conoscere quel posto nascosto dalla vegetazione, quindi non
correva
nessun pericolo di essere vista.
Si tolse velocemente la
canottiera rossa che indossava, lasciandola cadere poi a terra e
rimanendo
avvolta solo dal reggiseno in pizzo nero che indossava.
Un secondo dopo anche i
pantaloncini corti fecero la stessa fine.
Con pochi passi decisi e
veloci
raggiunse la riva del lago , facendosi solleticare la pianta del piede
dalla
sabbia fine e umida per alcuni secondi.
Si immerse
nell’acqua chiara e
cristallina, lasciandosi inghiottire fino alla vita
Sorrise divertita, muovendo
le
mani e creando dei giochi di piccole onde concentriche intorno a se.
Un brivido dovuto al
repentino
cambio di temperatura le percorse la schiena, tremendamente delizioso
visto il
senso di freschezza che le stava infondendo.
Socchiuse gli occhi
deliziata,
godendosela appieno.
Si rese conto della
sciocchezza
appena fatta solo un attimo dopo, quando una voce roca e canzonatoria
si vibrò
nell’aria.
- Guarda, guarda chi gioca
alla
piccola sirenetta –
Si voltò
così velocemente da
produrre degli schizzi d’acqua intorno a se, il battito del
cuore
tumultuosamente accelerato e gli occhi dilatati.
La coda precaria che reggeva
i
suoi capelli si sciolse impietosa, facendoli ricadere disordinatamente
sulle
sue spalle.
Fece saettare lo sguardo fra
il
verde della vegetazione, in cerca del proprietario di quella
voce.
Si irrigidì e il
respiro le si
mozzò in gola incontrando due perforanti occhi azzurri, che
la scrutarono
imperscrutabili e attenti.
Damon era poco lontano da
lei,
all'ombra di un albero a cui era appoggiato con una spalla e le braccia
mollemente incrociate al petto.
- Damon –
sussurrò con un filo
di voce, le labbra dischiuse tra il sorpreso e l'infastidito.
Inspiegabilmente le guance
le si
velarono di rosso e il battito accelerò ancora.
- In persona -
ghignò lui,
canzonatorio e vanesio.
La squadrò poi
con una occhiata
lenta, languida e vibrante, che la fece rabbrividire, accapponandole
dolcemente
la pelle.
Solo allora, sotto lo
sguardo di
quegli occhi adamantini, si ricordò infatti di essere quasi
totalmente nuda
davanti a lui.
Si immerse velocemente
nell’acqua, fermandosi nella discesa solo quando
l’acqua le arrivò a lambire il
mento.
Con il respiro ansimante e
le
guance sempre più arrossate si maledisse per quella
leggerezza.
Lo fulminò con
gli occhi mentre
l'irritazione si propagava in lei, stizzendola.
In verità lo era,
ancora una
volta, più con se stessa che con la sua reale presenza. Se
lo sarebbe dovuto
aspettare in qualche modo, imprecò silenziosamente.
Aveva pensato a tutte le
possibilità, ma non a lui.
Rialzò poi lo
sguardo su Damon,
trovandolo intento a fissarla divertito da quella specie di scenetta.
- Stai per caso cercando di
affogarti ?- le chiese acutamente svagato, inarcando un sopracciglio
scuro e
ridacchiando ironicamente.
Strinse le labbra senza dire
nulla, limitandosi solo a pensarli gli improperi.
I suoi occhi plumbei
saettarono
ancora su di lei, percorrendo quel poco di pelle che non era immersa
nell'acqua
e lei arrossì nuovamente.
Un pò per il suo
sguardo
accattivante, un po' per essersi ritrovata mezza nuda davanti a lui.
Nonostante l'acqua non fosse
così limpida da permettere la visione di ciò che
vi era sotto strinse le
braccia al seno, sentendosi più protetta.
Continuando a fissarla,
Damon si
staccò dall'albero e si incamminò verso la riva
del lago.
Si fermò a pochi
passi
dall'acqua, lanciandole uno sguardo così malizioso da farle
trattenere il
respiro.
Sorrise poi, passandosi una
mano
fra i capelli corvini e lanciandole l'ennesimo sguardo intrigato da
sotto le
ciglia scure.
Qualcosa si mosse
inaspettatamente nel suo basso ventre, solleticandola con un malizioso
formicolio che le fece di riflesso stringere le gambe.
Per un attimo se ne
sentì
terribilmente attratta. Fu solo un millesimo di secondo, visto che
quello dopo
si ritrovò già a maledirlo in tutte le lingue che
conosceva, purtroppo troppo
poche per riuscirvi a pieno.
Lo fulminò con
gli occhi mentre
il sole continuava a picchiare infuocato su di lei.
- Non trovi anche tu che
faccia
un caldo insopportabile?- le chiese improvvisamente con un sorriso e
subito lei
non capì dove volesse andare a parare.
Solo un attimo dopo, quando
si
tolse con un gesto fluido la maglietta nera a mezze maniche, comprese
le sue
reali intenzioni.
Si voltò
immediatamente, le
guance sempre più rosse e quel formicolio che si stava
intensificando
maggiormente con quel senso di languidezza.
Deglutì
sconcertata e
imbarazzata per la sensazione di deja-vù, che era tornata a
tormentarla
prepotente.
Era come se avesse
già vissuto
quel momento e l’immagine sfocata, un po’ oscura,
di una stanza in cui lui
compiva esattamente lo stesso gesto la stordì per
la sua intensità.
Ansimò,
inspiegabilmente senza
fiato, mentre l’immagine fugace del suo petto nudo era
stampata indelebilmente
nella sua mente, provocandole ancora quella strana sensazione di
intorpidimento.
La sua risata divertita si
sovrappose all’eco delle sue reazioni e dei suoi pensieri
sconnessi e senza
senso.
Era uno strano contrasto.
Proprio come quello che
percepiva fisicamente, fra il freddo dell’acqua in cui era
immersa e il calore
bruciante del sole che era alto in cielo.
Era stato così
quel pensiero,
una contraddizione vivente fra l’opinione che aveva di lui e
quello che aveva
pensato in quel fugace attimo.
Cosa diavolo le stava
succedendo?
- Che stai facendo?- gli
ringhiò
contro continuando a dargli le spalle, il cuore che aveva preso
incomprensibilmente
a martellarle nel petto.
- Mi pare abbastanza ovvio:
mi
sto spogliando - le disse con il suo solito tono di voce, strascicato e
sarcastico.
Percepì il sole
scaldarla ma ,
se solo si fosse voltata, avrebbe trovato due perforanti occhi chiari
puntati
su di se.
Si, si disse, doveva aver
preso
troppo sole e le sue strane reazioni ne erano il risultato evidente.
Cercando di scacciare quel
senso
di intorpidimento e formicolio al basso ventre, iniziò a
nuotare.
- E comunque, guarda che non
c’è
nulla che tu non abbia già visto- rise divertito e, se anche
non lo poteva
vedere in volto, era certa che avesse quell’odioso sorrisino
stampato sulle
labbra. – E toccato
– aggiunse con
malizia, calcando languido e allusivo sull’ultima parola fino
a farla arrossire.
Boccheggiò
indignata,
ricordandosi però delle parole di Stefan.
Ignoralo…non lo sopporta…
E lo fece, seppur a fatica,
non
dandogli risposta e continuando a nuotare fin poco oltre
metà lago,dove si
fermò.
Un frusciare
d’acqua, come se
qualcuno si fosse tuffato, la portò tuttavia a rivoltarsi
nuovamente verso la
riva.
Lo cercò subito
con gli occhi,
che però furono catturati dagli abiti scuri ammassati, tra
cui anche i boxer.
Arrossì
violentemente mentre un
pensiero consapevole le attraversava la mente a quella vista.
Si era tuffato
completamente…nudo.
Imbarazzata e a disagio si
guardò intorno, aspettandosi di vederlo riemergere da un
momento all’altro. E
così fu.
Riemerse infatti un secondo
dopo
poco lontano da lei, boccheggiante per la mancanza di ossigeno.
Si passò una mano
fra i capelli
zuppi e gocciolanti, portandoli indietro.
Puntò poi gli
occhi su di lei,
così chiari da sembrare dello stesso azzurro intenso e
limpido dell’acqua del
lago.
La inchiodò con
uno sguardo
intrigato, affascinante, che la fece sentire stranamente a disagio,
imbarazzata.
Il formicolio
tornò a
tormentarla nello stesso momento in cui lui si mosse con la prima
bracciata,
avanzando lentamente verso di lei.
Di riflesso Elena indietreggiò,
compiendo il movimento opposto
al suo.
Nessuno dei sue disse nulla,
limitandosi ad osservare l’altro.
Diede l’ennesima
bracciata e con
le spalle si scontrò contro la roccia fredda e bagnata alle
sue spalle,
rendendosi conto solo allora di aver indietreggiato così
tanto da percorrere
tutto il lago.
Lui la raggiunse in poco
meno di
due bracciate, lanciandole un’occhiata quasi da predatore e portandola ad aderire quanto più
possibile alla roccia.
Prese un tremolante respiro,
un
po’ ansimante per lo sforzo della nuotata e il battito
anomalo.
Ancora una volta il suo
sguardo
la fece avvampare e lei continuò a non capirne la ragione.
Nonostante Damon Salvatore
fosse
costantemente impassibile e freddamente sarcastico il suo sguardo aveva
un non
so che di caldo, notò scontrando gli occhi scuri con quelli
chiari di lui.
Era una sorta di paradosso
visto
che erano color del ghiaccio e, alcune volte , ne avevano anche la
freddezza.
C’erano
però alcune rare volte
in cui il suoi occhi avevano un
non so
che di bruciante.
Era uno sguardo che le
provocava
sempre un senso di deja-vù alla bocca dello stomaco,
ricordandole tremendamente
lo sguardo di quella sera.
Con un ultima poderosa
bracciata
Damon la raggiunse, appoggiando un braccio sulla nuda roccia e
intrappolandola,
di fatto, tra la parete rocciosa e il suo corpo.
Abbassò lo
sguardo su di lei, facendola
sentire quasi denudata.
Deglutì a vuoto,
improvvisamente
senza salivazione e la mente leggera, priva di pensieri.
Si sentì andare a
fuoco,
improvvisamente accaldata nonostante fosse immersa nell’acqua
fredda.
E il fatto che lui la stesse
sovrastando con il suo corpo totalmente nudo non aiutava per niente.
Spostò
nervosamente gli occhi
oltre di lui, cercando di non incontrare il suoi, sentendosi tesa e
terribilmente
in imbarazzo.
Cosa diavolo le stava
prendendo?
Fu il suo unico pensiero.
-Smettila – gli
intimò decisa,
le guance in fiamme per i suoi occhi bramosi e quel dannato formicolio
che
aveva ripreso a infastidirla.
- Di fare cosa? –
chiese
innocente, ma qualcosa nella sua voce le fece chiaramente capire che,
invece,
sapeva benissimo a cosa si riferisse.
- Smettila di guardarmi come
se
avessimo fatto sesso- puntualizzò con voce acuta, un ottava
più alta del
normale.
- Tecnicamente
è successo – le fece notare con un sorriso
malandrino,
avvicinandosi ancora. Ora i loro toraci quasi si sfioravano.
- E smettila di guardarmi
come
se fossi nuda- mormorò con un filo di voce appena udibile,
sempre più accaldata
dal suo sguardo
rovente.
Non era
possibile…Cosa diavolo
aveva in quel giorno il suo corpo? Sembrava essere in netto contrasto
con ciò
che pensava e non rispondere ai suoi ordini.
- Beh, tecnicamente
non sei molto vestita – le fece notare inclinando il
volto verso destra, verso di lei, e
sorridendo sbiecamente malizioso.
- E smettila di dire tecnicamente- si
infervorò, innervosita dal
comportamento del suo stesso fisico e da quello di lui che continuava a
pressarla.
Lui ghignò
più apertamente, il
volto poco lontano dal suo e le loro labbra distanti meno di una
spanna.
La sensazione di
deja-vù la
colpì ancora alla bocca dello stomaco, notando davvero
l’esigua distanza che li
divideva. C’erano pochi, miseri centimetri fra i loro corpi
bagnati.
Sentendosi improvvisamente
nuda
sotto il suo sguardo, strinse le braccia al petto, dimenticandosi
però di non
toccare.
Rischiò quasi di
annegare, ma,
per fortuna, un braccio muscoloso l’afferrò in
tempo, sorreggendola.
Ansimante per il movimento
brusco appena fatto e per lo spavento, alzò lo sguardo su di
lui incontrando il
suo, tenebrosamente cupo.
Esattamente come le era
accaduto
al barbecue dei Lockwood una piccola elettricità la pervase
nel punto esatto in
cui le sue dita la sfioravano, facendola rabbrividire.
Era un strano senso di
irrequietezza
e tensione palpabile, incentivata dall’illanguidimento al suo
basso ventre.
Non era normale che provasse
quelle sensazioni nei confronti di Damon, fu il pensiero istantaneo e
lucido che
la riscosse bruscamente.
Scottata ruppe il contatto
visivo fra i loro occhi, distogliendo lo sguardo.
Lui sciolse la presa sul suo
braccio, ma non ebbe neanche il tempo di fare una bracciata che
Damon parlò ancora.
- Perché non
rimani invece? Conosco
molti modi per scaldarsi - ammiccò sfacciatamente al suo
indirizzo,
socchiudendo gli occhi in quel suo tipico modo
felino è un po’ sbruffone.- E alcuni sono
davvero piacevoli-
- Nei tuoi sogni- lo
liquidò
fulminandolo con gli occhi e sorpassandolo.
Con un paio di ampie
bracciate
si allontanò e raggiunse la riva, sentendo però,
per tutto il tempo, sulla nuca
lo sguardo perforante di Damon.
Un po’ ansimante
si fermò a
pochi metri dalla riva, ricordandosi della sua presenza e della sua
quasi
totale nudità
- Voltati - gli
intimò
- Stai scherzando spero - fu
la
sua risposta seccata e arrogante- Tanto non c’è
nulla di interessante da
vedere.-
- Voltati!- gli
urlò nuovamente
perentoria, percependo l’irritazione prendere il posto di
quella sensazione
strana che l’aveva pervasa fino a quel momento.
- Ok, ok.- alzò
le mani in segno
di resa, voltandosi dalla parte opposta a quella in cui era lei.
Solo dopo avergli lanciato
un’occhiata verificatrice uscì
dall’acqua.
Con una piccola corsa
raggiunse
il posto dove aveva lasciato i vestiti, infilandosi velocemente i
pantaloncini e
la canottiera.
I cappelli gocciolanti la
inzupparono subito, rendendola quasi trasparente ma la sua mente era
già
impegnata in ben altri
pensieri.
Prese un profondo respiro,
cercando di calmare il battito anomalo dovuto alla corsa e ai gesti
affrettati.
Si scostò una
ciocca di capelli
dagli occhi, pensierosa.
Per un attimo si era sentita
strana, come…attratta da
lui pensò
disgusta e sconvolta dal suo stesso pensiero.
Era stato solo una micro
frazione di secondo, fugace ma molto sconvolgente. Non se ne spiegava
il
perché, la ragione.
Una riflessione quanto mai
improbabile
e allucinante. Era impossibile che una cosa del genere accadesse.
- Ah, Elena?- la
richiamò e lei,
ingenuamente, si voltò in attesa.
Lo trovò a
metà del lago i
capelli corvini sbarazzinamente scompigliati e bagnati e gli occhi
spumeggianti
di malizia.
- Carino quel reggiseno in
pizzo
nero – ghignò, non distogliendo neanche per un
attimo gli occhi chiari dei
suoi.
L’indignazione si
riversò così velocemente
in lei che agì di istinto, facendo l’unica cosa
che voleva fare da quando lo
aveva incontrato.
Damon riuscì ad
evitare la
pietra che gli tirò solo per un pelo.
* orgoglio e pregiudizio 42esimo
capitolo
Salve
Gente!!! Come state? Spero
bene. Ora passo alla solita spiegazione per punti
1-
Innanzitutto vorrei scusarmi
per l’immenso ritardo che ho avuto nel postare. Sono
imperdonabile, lo so, ma
spero che il capitolo vi abbia ripagato dell’attesa. Ci sono
vari motivi che
spiegano questo ritardo: l’università, febbre, ho
scritto una nuova storia
delena, ho avuto l’ispirazione per il capitolo successivo a
questo e ne ho
scritto un pezzo, impegni vari e molte altre cose. Questa non vuole
essere una
scusa però.
2-
Passando al capitolo…è
incentrato quasi tutto su Damon ed Elena, tranne qualche piccola scena
con
Tyler, Caroline e Stefan. Il titolo “Deja-vù” fa chiaramente riferimento
al fatto che nel corso del
capitolo Elena ha numerosi deja-vù. Elena in alcuni punti
potrà sembrare
incoerente forse visto la discrepanza fra i suoi pensieri in un momento
e le
sue sensazioni corporee in un altro. È un fatto voluto. Mi
serve a sottolineare
che qualcosa sta cambiando in lei e lo capirete meglio nel prossimo
capitolo. Spero,
tuttavia che non risulti troppo confusionario e incoerente.
3-
Elena dice una cosa
importante ad un certo
punto, che le si ritorcerà contro in qualche modo. E non mi
riferisco al fatto
puramente fisico che sia sconcertata dal fatto di aver avuto strani
pensieri su
di lui. No,è un qualcosa che va oltre, in qualche modo,a
quei fatti comunque
importantissimi perché iniziano a smuovere la situazione. Mi
riferisco a una
frase, o meglio un pensiero, non molto amorevole che ha Elena ad inizio
capitolo. Non vi dico però qual è
perché voglio che lo capiate da soli e se non
lo avete notato non preoccupatevi, è una cosa che
tornerà molte volte in
futuro…cambiando piano piano però.
4-
Nella seconda parte del
capitolo, all’inizio, ho inserito una citazione dal libro
orgoglio e
pregiudizio di Jane Austen. Come avrete notato la situazione descritta
dalla
citazione che vi ho proposto richiama quella di Damon ed Elena che si
fronteggiano poco dopo. Forse non c’entra nulla
però mi andava di metterla.
Spero vi sia piaciuto.
5-
Ho scritto una nuova storia
delena intitolata DESTINED
FOR ETERNITY , se
vi va leggetela e lasciatemi un commentoJ
6- Il
prossimo aggiornamento dovrebbe arrivare
abbastanza presto perché ho già buttato
giù la bozza del capitolo nuovo.
7- I
personaggi di questa storia sono tutti UMANI, quindi non terrò conto
di certi eventi accaduti nel telefilm, e purtroppo non mi appartengono
né li
uso per scopi di lucro.
8- Ah, mi
sono accorta di non aver mai
specificato di come sia nata questa storia. L’idea mi
è venuta vedendo la
famosa scena del bacio della 2x22, quando Damon dice ad Elena che
avrebbe
dovuto conoscerlo da umano. Li mi sono detta : come sarebbe stato se si
fossero
conosciuti da umani? Spero che io fin qua stia riuscendo a mantenere la
caratterizzazione dei personaggi e che la storia si avvincente e che vi
piaccia.
9- Ho
aperto un account Twitter dove lascio
piccoli spoiler, notizie e curiosità sulle mie ff e
semplicemente commenti..se
vi va seguitemiXD QUI
Ok, direi
che non ho altro da dire se non che
spero vi sia piaciuto il capitolo, e
che
recensirete.
Io ormai
l’ho letto così tante volte che non
ci capisco più nulla XD abbiate pietà se trovate
qualche errore di battitura o
ripetizione ma l’ho scritto con la febbre.
Baci.
PS: la
prossima storia che aggiornerò
sarà…rullo di tamburi… True Love- Vero Amore.