PIOVE.
Non
parlo.
Assorta, ascolto
il rumore della pioggia.
Pioviggina
sul corpo seminudo
d’una giovane prostituta,
sull’amore venduto
ogni sera agli sconosciuti,
sugli amanti nascosti
dalle ombre del portico.
Sentite? Diluvia
dalle nuvole gonfie,
diluvia sul tetto del carcere di San Vittore,
sull’università e sull’uomo che chiude
il portone,
sulla chiesa di Sant’Ambrogio, vuota, silenziosa,
sulle case di gente comune.
Piove sul pusher che aspetta un cliente,
sul barbone avvolto nelle coperte,
su un cane che cerca invano tra i rifiuti,
su politici che non ci danno tregua
e sulla folla che ascolta il solito comizio.
Piove, ma Ermione ci ha lasciati
ed io cammino, sola, seguita dalla sera.
Vedete? Lacrime dal cielo,
lacrime che si posano sul cappello
e sulle poche monete
del mendicante ormai stanco.
Gocce che bagnano i capelli scuri
di uno zingaro che torna a casa
con il suo strumento in spalla.
Pioggia fitta sulla gente
che vagabonda senza meta,
che insegue qualche sogno morto,
che aspetta treni in perenne ritardo,
che immagina l’abbraccio della famiglia,
una casa e la cena in tavola,
sull’uomo con la borsa di pelle
e gli occhi fissi sul suo orologio.
Pioggia fitta sulle lapidi del cimitero
e sull’anziana donna
che ha portato fiori profumati e freschi.
Pioggia che mi sorprende,
ma io non corro ai ripari
e offro il viso al vento.
Ascoltate, fermatevi.
Il suono è più dolce, ora,
mentre cammino,
di strada in strada.
Battono le goccioline sui vetri
e piange un bambino
quando il lampo illumina tutto.
e divento ombra senza nome,
tendo le orecchie al suono di una chitarra,
alla canzone trasmessa da una radio,
a voci di persone mai viste.
È
tardi,
i vestiti sono ormai
zuppi d’acqua e di ricordi.
Ma è bello fermarsi,
attendere qualcosa che forse mai verrà.
Attendere e intanto ascoltare.
Piove.