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Autore: _CodA_    07/11/2011    3 recensioni
Questa è una breve fanfiction a cui tengo molto.
Ovviamente Brittana, ovviamente romantica, insolitamente non triste.
Non saprei come definirla. Si basa su dettagli, sensazioni, ricordi, quiete e vite passate. Semplicemente due ragazzine.
Apprezzo ogni commento.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Potreste leggerla ascoltando "Daydreamer" di Adele o "Quattordici Luglio" di Carmen Consoli. Semplicemente perchè non ricordo quale musica mi ha accompagnato nella composizione. Buona lettura.



Una ragazzina bionda in biblioteca guardava confusa ed impaurita i tavoli e le persone lì sedute, immerse nella lettura o semplicemente nella musica dell’mp3.
Casualmente, una ragazzina bruna alzò lo sguardo verso di lei, sentendo la sua presenza, provando fastidio per quel movimento di piedi che aveva visto sott’occhio.
Gomito ben saldo sul tavolo, testa abbandonata alla mano, la ragazzina bruna aguzzò gli occhi per scrutarla a lungo.
E fu stranissimo.
Perché nessun’altro nella stanza si era accorto di lei, della sua irruente presenza, come nessuno s’era accorto della bruna seduta da ore al tavolo di lettura; bastava girare in “borghese”, dimenticare le cheerleader per qualche tempo e vivere senza sentire gli occhi di tutti puntati addosso, pronti a giudicare e a mangiarti viva appena caduta dalla piramide.
I loro occhi non si incrociarono. La ragazzina bionda era troppo intimorita ed agitata per potersi soffermare su qualcuno, qualsiasi persona, in particolare.
La ragazzina bruna intuì che la bionda si trovasse in difficoltà, indossava l’uniforme delle cheerios eppure non ricordava di averla mai vista in squadra con lei, né tanto meno nello spogliatoio, o in giro per i corridoi.
Sta di fatto che nessuno notò la sua presenza, seppure indossasse quella magica ma maledetta uniforme.
Tranne lei.
La ragazzina bruna però scosse la testa e abbassò lo sguardo, decisa ad ignorare ogni segnale di pericolo, ogni sentimento buono e debole che le faceva pizzicare il cuore.
“Scusami…”
La ragazzina bruna fu costretta ad alzare lo sguardo, stavolta incontrando due meravigliosi occhi blu, profondi e sinceri.
Si massaggiò il collo nervosamente, tendendo il viso verso l’altra, cercando di far passare quel gesto come un torcicollo per una posizione prolungata.
“.. avrei bisogno di aiuto..” proseguì la bionda, a bassa voce.
Stranamente la ragazzina bruna non riuscì a frenare le parole che le rotearono per la bocca e che con l’aiuto della lingua vennero fuori.
“chiedi pure”
“Che posto è questo?” chiese sinceramente, guardandosi attorno come se fosse in pericolo di vita, come se qualcosa si aggirasse tra quegli scaffali di legno pronto per divorarla.
“Una biblioteca!” esclamò la bruna, qualche tono troppo in alto per il luogo che occupavano, ma era davvero sorpresa della domanda. Cominciò a credere ad una presa in giro.
Il suo sospetto era alto ma il suo sesto senso non le diceva nulla di male, nulla per cui stare in guardia e attaccare. Così lasciò che l’altra si spiegasse.
“Oh…  credo di essermi persa ancora”
La bruna non riusciva a credere alle sue orecchie, ma ai suoi occhi si. Fissava intensamente quelle due pozze azzurre e non potevano mentire, lei era certa che la ragazzina parlasse seriamente.
Provò a mettersi nei suoi panni, uscì dal suo personaggio, dalla sua consuetudine, dal suo stato naturale e provò ad aiutarla.
Per qualche secondo smise di essere il centro del mondo e di se stessa a cui frappose quella ragazzina sconosciuta, che ben presto avrebbe occupato posto migliore.
“Non preoccuparti, succede a tutti! Questa scuola è un labirinto!”
La bionda sgranò gli occhi.
“E come fate ad uscire ogni giorno per trovare la via di casa?”
La bruna sgranò gli occhi, in modo diverso, ma similmente a quelli della bionda.
“Era… era un modo di dire” spiegò la bruna, se possibile con occhi più grandi dell’altra.
La bionda senza nemmeno chiedere o avvisare scostò la sedia dal tavolo per potersi sedere e magari intavolare una discussione.
La bruna che fu colta alla sprovvista indietreggiò leggermente data l’irruenza che aveva dimostrato l’altra, cercando di capire se poteva funzionare quella vicinanza.
“Se ti chiedessi di accompagnarmi all’uscita, ti seccherebbe? Cosa leggi?”
La ragazzina bionda allungò una mano e toccò quella della ragazzina bruna, che reggeva debolmente il libro tra le mani, a bocca aperta.
“Non so cosa ci sia scritto ma deve essere bello per farti stare qui così tanto..”
“Abbastanza..” riuscì a rispondere l’altra.
“E’ un compito per la scuola?”
“No, lo sto leggendo da me.. è .. come dire… piuttosto personale.”
“Perché lo fai allora?!” le chiese, come se fosse la più naturale delle domande, lasciando quegli occhioni su di lei, in cerca di risposte concrete e probabilmente banali ma necessarie. Ma non si lasciava frenare da un po’ di silenzio.
“Allora, posso venire con te?”
“C-c-certo” balbettò la bruna, portandosi entrambe le mani alla bocca sconvolta, come se si potesse rimangiare il balbettio. Ma non poteva.
Non credeva potesse succedere proprio a lei, voleva fermarlo; quando invece stava già succedendo.





 
Non ricordava esattamente come fosse successo, ma lei non aveva accompagnato la bionda fuori, piuttosto l’altra l’aveva seguita, anche quando non avrebbe dovuto, e senza che la bruna riuscisse a fermarla.
Provava a parlarle, a dirle di smettere di seguirla ma quando la guardava negli occhi una strana confusione la travolgeva e si ritrovava a proseguire il suo percorso, meditando.
Una volta sotto casa sembrò naturale aprirle la porta e farla entrare.
Fu così che si ritrovarono su, in camera sua, mentre la bionda aspettava seduta sul letto e la bruna si cercava nervosamente tra le sue cose, aspettavano e cercavano niente, ma non potevano guardarsi negli occhi. Qualcosa le metteva a disagio, entrambe: probabilmente l’essersi appena conosciute, forse la situazione inusuale, certamente l’energia che stava passando tra i loro corpi, che a ogni piccolo contatto sussultavano, e le faceva vibrare.
La bruna poi prese coraggio e si voltò.
“Non credo di averti già visto” esordì lei.
La bionda guardandola rimase in silenzio e poi parlò.
“Io ti ho già visto ma non ricordo dove”
“Sono una cheerleader anch’io”
“Oh..”
Si ricompose il silenzio, gli occhi si allontanarono e rimasero distanti l’una di fronte all’altra.
La bruna si teneva poggiata alla scrivania scompostamente, tenendo distese le gambe, mentre la bionda sedeva correttamente sulla punta del letto.
“Questa non è casa mia” una muta domanda.
“E’ casa mia, non sapevo dove abitassi” le rispose la bruna, cercando di essere il più carina possibile, anche se in altre occasioni le avrebbe urlato addosso minacciando di chiamare la polizia.
La bionda ragazzina, come se fosse stata rassicurata da questo, si alzò e prese coraggio per girovagare per la stanza.
Lasciò che le sue mani carezzassero le tende, e toccò ogni oggetto che costeggiava i contorni della camera.
Il mobile, l’attaccapanni, un quadro, fece vibrare un acchiappasogni appeso lungo il lampadario, e poi proseguendo le dita toccarono il muro libero e poi…
La mano della bionda si ritrovò sulla bruna, sul suo seno, che era proprio all’altezza percorsa dalla sua mano nel resto della stanza.
In un primo momento i loro sguardi si incontrarono, quelli sorpresi della bionda con quelli allarmati della bruna.
Ma senza scomporsi la bionda riprese il suo cammino e lasciò scorrere le dita morbidamente sulle sue curve tornando a carezzare la tenda grigia.
La bocca della mora si spalancò ma non riuscì a dire niente per cui la richiuse, cercando di non farsi notare.
Quando la bionda ebbe completato un altro giro si fermò prima di tornare da lei essendo stata attratta da qualcosa di inconsueto sulla superficie della scrivania.
Una copertina marrone, quasi rossa, con un nome in corsivo.
La bionda lo carezzò lentamente e la bruna la osservò farlo, ammaliata, incantata, persa.
“E’ il tuo nome questo?”
“Si..” sussurrò quasi come se potesse spezzare l’incantesimo.
Santana Lopez” lesse la bionda senza distogliere lo sguardo da quelle lettere, semplicissime lettere, che avevano appena acquisito un nome, un volto, una persona.
La bruna annuì senza essere vista, ma fu sentita deglutendo.
“Brittany Pierce, piacere..” sembrò dire al libro, senza smettere di fissarlo, senza smettere di accarezzarlo, di accarezzare quelle lettere, come se stesse carezzando la persona in questione.
“E’ il tuo diario?” chiese timidamente, alzando per la prima volta lo sguardo e voltandosi verso di lei solo con la testa.
La bruna annuì di nuovo, stavolta chiudendo gli occhi nervosamente, cercando di trattenere parole imbarazzanti che il suo cuore sembrava voleva a tutti i costi far uscire.
“Posso leggerlo?” disse aprendolo, senza nemmeno attendere una risposta.
Ma la bruna non gliel’avrebbe negato, anche se quella stessa mattina aveva urlato istericamente alla madre per averlo toccato, mentre tentava di pulire la camera.
La bionda sfogliava rapidamente le pagine, senza badare molto alle parole, più che altro si soffermava a sfregare i fogli contro le sue dita, calcando più forte quando due fogli erano incollati, e imprimendo più a lungo il suo tocco.
Non aveva letto ancora nulla e si fermò.
“Sei molto dolce” asserì, senza guardarla, forse molto imbarazzata.
E la bruna senza rispondere e senza farsi vedere arrossì, cercando di contenere le sue possibili reazioni.
Questo complimento è come se le avesse dato il permesso di leggere, come se le avesse fatto intuire qualcosa.
Nessuna persona che avesse anche solo incrociato Santana Lopez aveva osato dire che fosse una persona dolce: opportunista, sicuro; meschina, forse; ma mai, nessuno mai, aveva detto di Santana che fosse una persona dolce.
E forse era proprio per questo che non si era mai mostrata così, per come poi lei era veramente.
Lasciò che l’altra si immergesse per davvero nella lettura e la osservò sfogliare le pagine più lentamente, mentre i capelli biondi e lisci le ricadevano sul viso, un po’ dietro l’orecchio, un po’ sulla guancia, uno si arrotolava sulle labbra, torturate in un morso concentrato.
I suoi occhi azzurri scorrevano attenti su ogni parola che fosse contenuta in quel misterioso e magico libro, il cuore della bruna .
Una strana luce, forse la luce del tramonto, filtrò dalla finestra che le stava di fronte, proprio di fianco alla scrivania e, attraverso le tende scure, riuscì a colpire il viso della bionda, chinata sul diario.
E quella luce la fece sembrare ancora più bella, dando occasione alla bruna di notare le lentiggini chiare che si diffondevano sul naso e in particolare sulla guancia destra dell’altra.
Senza controllare alcun movimento o alcun pensiero, si era avvicinata alla bionda e con un gesto premuroso e naturale, le lisciò i capelli ribelli dietro l’orecchio, delicatamente, senza fretta.
La bionda a quel toccò si irrigidì all’istante, bloccando la lettura e tenendo gli occhi fissi davanti a sé, la pelle tesa e le orecchie pronte a cogliere qualche segnale di fuga.
Sentì la pelle rabbrividire, ma non aveva freddo, al contrario sentiva il calore dell’aria circondarla piacevolmente.
Si voltò a guardare la bruna, che aveva reso la sua presenza quasi oscura fino a quel momento, e i loro occhi si dissero qualcosa.
Si stavano parlando, senza che loro ne fossero state coscienti. I loro occhi erano molto più sinceri di quanto lo sarebbero stati mai, fra di loro, le menti e i corpi.
Solo che, poveri occhi, non avevano modo di comunicare, di dare coraggio al resto del corpo, se il corpo stesso non fosse stato già sicuro e convinto di quel che doveva fare.
Straordinariamente, gli occhi poterono fare la loro parte, si incatenarono così a lungo da lasciare le loro bocche senza fiato, e i cuori fermi un istante.
“Sei bellissima..” gettò via in un sol fiato ciò che giaceva da un po’ tra le sue labbra e poi fece silenzio.
E la mano che stava carezzando i capelli si posò sulla sua guancia chiara e la circondò, sentendo nel palmo la sua espressione cambiare, le loro pelli toccarsi e fremere.
Sembrava come se stesse accadendo tutto lentamente, eppure il tempo fuori di loro scorreva veloce, rapido come non mai, viaggiando per anni e forse anni luce, lasciando loro due immutate in una carezza.
“Non me l’ha mai detto nessuno..” le confessò la bionda, perfettamente seria, oramai a suo agio in quella carezza statica sul suo viso.
La bruna le sorrise amaramente, pensando a chi potesse essere così sciocco da non notare la sua straordinaria bellezza.
Per prime, senza nemmeno conoscersi, avevano visto nell’altra ciò che gli altri per anni non erano riusciti a cogliere. Si erano lette dentro, guardate nel profondo, e ammirate.
E avevano capito di doversi appartenere, di essere forse parte di qualcosa di più grande di loro, che non poteva essere controllato, che non andava controllato!
Forse in un’altra galassia, in un’altra vita, si erano conosciute già, avevano già provato tutto questo;
non avrebbero mai potuto saperlo.
Ma ora, in quell’istante, sapevano solo di essere lì, incapaci di muoversi, incapaci di parlare, sentendo l’energia spingerle, costringerle in un abbraccio, per tenerle vicine, sempre.
Guardandosi negli occhi, semplicemente parlando nel silenzio, avevano capito che il caso non c’entrava questa volta, nessuna coincidenza, solo semplice e puro destino.
Dentro di loro sapevano di appartenersi, sapevano che quello era solo l’inizio, che qualsiasi cosa fosse successa sarebbe andato tutto bene, si sarebbero ritrovate.
E non potevano fare altrimenti, non potevano esprimere tutta questa forza che le attraversava e le univa in altro modo che in un bacio.
Unendo le labbra, univano i corpi, lasciando incontrare i loro respiri, i loro battiti, le loro anime perse.
E fu dolce; fu lento… timido, sensuale, accennato, eccitante.
Fu banale.
Ma loro due sorrisero. Unirono le loro fronti, con le labbra affannanti, le palpebre chiuse, e sorrisero; le mani l’una nei capelli dell’altra, per tenersi vicine, strette, anche se nessuna delle due aveva intenzione di scappare.
E lasciando rincontrare i capelli, lasciando rimescolare le loro pelli e i loro colori, si baciarono ancora, sentendone l’urgenza, sentendone il bisogno, per le loro bocche insaziabili, per le loro mani curiose, per il loro amore eterno.
 
 
 
  
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