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Autore: Essemcgregor    07/11/2011    5 recensioni
Un diario per non dimenticare.
Blaine Anderson si riteneva diverso, considerava il suo orientamento sessuale un problema per gli altri. Aveva paura. Decide di riportare le sue esperienze in un diario, per non dimenticare.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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New Kid

 
Blonde Mushroom: allora dorme?

Black Mushroom: aaawww che cosa dolce!
 
Blaine_blaime_it_on_Kurt  ha cambiato il suo nome in: Super Mario Bros
 
Super Mario Bros: ora sì che mi sento in tema. Comunque sia sì, dorme, e con i vostri messaggi rischiavate di svegliarlo.
 
Blonde Mushroom: uh?

Black Mushroom: abbassa il volume del computer, no?
 
Super Mario Bros: che volete?
 
Blonde Mushroom: sapere come va.
 
Black Mushroom: e sapere che stai combinando.
 
Super Mario Bros: Va tutto bene. Ah riguardo l’audizione… o provino… mi sembra un po’ stupido farlo no?

Black Mushroom: Dovrebbe in realtà farlo, come tutti.

Blonde Mushroom: Hai ancora quei video?

Black Mushroom: Se hai quei video basterà farli guardare al gruppo.

Super Mario Bros: Penso di sì. Ok domani ci metteremo d’accordo. Vado ad aggiornare il mio diario così domani avrete qualcosa di nuovo da leggere.

Blonde Mushroom: Malfidato.

Super Mario Bros: Realista.

Black Mushroom: touchè.
 
 
Ho troppo sonno, ma penso sia il caso di aggiornarlo, riportando almeno gli ultimi avvenimenti importanti di questi giorni.
Non posso neanche fare troppo rumore, altrimenti rischio di svegliare il mio compagno di stanza. Sì, perché ora ho un nuovo compagno di stanza. Addio pace e tranquillità!
Scherzi a parte, non potevo desiderare compagno di stanza migliore, e soprattutto da quando lui è qui, le incursioni nella mia camera per vedere film o giocare alla playstation, sono diminuiti di molto.
Ciò che ancora non riesco a placare, sono i sensi di colpa, ma forse quelli piano piano spariranno. Forse.
 


 
Il giorno dopo il festival, c’è stata una piccola riunione dei Warblers, una riunione “speciale” se possiamo intenderla così. Per la prima volta non si tenne nella sala di musica della scuola, ma in uno dei tanti localini di Westerville, e non eravamo solo noi ragazzi, ma c’erano anche le ragazze della Crawford.
Wes, David e Thad avevano organizzato quel piccolo meeting insieme a Roxel, avevano scelto un pub abbastanza tranquillo, dove poter pranzare tutti quanti insieme.
L’interno del locale era quasi tutto in legno, all’ingresso c’era un grosso contenitore dove si potevano prendere manciate di noccioline da poter portare al tavolo in attesa dell’arrivo delle ordinazioni. Ogni ragazzo passando ne prese una bella manciata.
Quando ci riunimmo tutti intorno al lungo tavolo di legno scuro, prendemmo posto: le ragazze si sedettero tutte insieme ad un lato, i ragazzi invece dall’altro. I primi minuti non si sentì altro che il grattare delle sedie di legno sul pavimento, e il vociare di ragazzi e ragazze che parlavano tra di loro. Ad una delle estremità del tavolo, sedevano Roxel e Arien, insieme ai membri del consiglio dei Warblers, anche loro parlottavano e ridevano tra di loro.
Jeff continuava a lanciare occhiate a Roxel, occhiate ovviamente non ricambiate, l’unico che forse aveva qualche speranza era Nick, ma era talmente tanto timido che a malapena riusciva a guardare Arien quel giorno.
Era incredibile come il vivace e casinista Nick si trasformasse in un cucciolo spaventato di fronte ad una ragazza.
Wes si alzò in piedi richiamando l’attenzione generale.
- La collaborazione tra Warblers e Crawford Girls è andata alla grande. Io, come rappresentante del Consiglio, vorrei ringraziare di cuore voi ragazze della Crawford per la bellissima esperienza.-
Un piccolo applauso si alzò dal gruppo di ragazzi, sedato subito dopo da un gesto di Roxel.
- Siamo felici del risultato, volevo anche comunicarvi che il comune di Westerville ha donato una generosa somma di denaro ad entrambe le scuole. Meglio di così non poteva andare.-
La ragazza si sedette con un piccolo sorriso, accompagnata da un piccolo applauso.
La comunicazione più importante, la diede David, che annunciò la preparazione di un piccolo spettacolo di Natale al quale non tutti potevano partecipare, spettacolo che sarebbe stato realizzato sempre in collaborazione con le Crawford Girls.
I dettagli per le audizioni sarebbero stati dati a breve.
- Parteciperai?-
Jeff si sporse verso di me con aria interrogativa.
- Ma sì, penso di sì. E voi?-
Sia Nick che Jeff scrollarono le spalle.
- Tentar non nuoce, poi se in questo modo riesco a stare con Roxel…-
Scossi la testa, in quel momento però lo sguardo andò verso due persone in particolare, Jamie e Cameron. Jeff e Nick seguirono il mio sguardo, dopodiché mi lanciarono una gomitata.
- Non dirmi che ci stai ripensando?-
- A cosa?
- A Jamie.-
Da poco avevo scoperto che l’oggetto del desiderio di Jamie non era Richard, felicemente accoppiato con una delle ragazze della Crawford, ma il timido e silenzioso Cameron.
Insieme erano davvero molto carini, l’esuberanza di Jamie era compensata dal carattere calmo di Cameron, mentre Cameron, sarebbe uscito un po’ dal suo guscio grazie a Jamie.
Erano una coppia equilibrata, ed il modo in cui Jamie rivolgeva le sue attenzioni a Cameron, era davvero dolce.
- Sono carini, insieme.-
Nick e Jeff mi guardarono poco convinti.
- Non mi piace Jamie, non mi è mai piaciuto sotto quel punto di vista e non penso mi piacerà mai.-
I due annuirono poco convinti, ma non vi prestai molta attenzione. C’era ancora una persona che ancora occupava il mio cuore e la mia mente, una persona che tra l’altro non sentivo da tempo.
Presi il cellulare e digitai un messaggio velocemente. Nessuno dei ragazzi mi stava guardando, ognuno era impegnato a flirtare con le ragazze della Crawford, purtroppo non mi accorsi di una presenza alle mie spalle, fino a quando non mi saltò letteralmente addosso.
- Blaine! Dolce che sei! Mi stavi mandando un messaggio per sapere che fine avessi fatto?-
Sharon. Pensavo, anzi speravo di non vederla più e invece eccola qui, con le braccia attorno al mio collo e il suo viso attaccato al mio.
- Ah… Sharon ciao! Che bello vederti…-
Nascosi il cellulare sotto il tavolo, e dopo aver finito di digitare il messaggio lo inviai. La ragazza nel frattempo aveva preso posto accanto a me, intimando Flint di farle spazio. Il Warbler mi guardò perplesso, ed io scrollai le spalle in risposta.
Dopo il gesto di Sharon, le altre ragazze presero coraggio, alzandosi e prendendo posto accanto ai ragazzi, sembrava quasi che non aspettassero altro. Mi ritrovai seduto di fronte a Nick e Jeff, entrambi impegnati a dirmi stupidaggini e ad escludere Sharon dai nostri discorsi.
- Allora ti proporrai per lo spettacolo natalizio?-
La voce di Sharon suonò melliflua, spostò il mio viso verso il suo per potermi guardare negli occhi.
- Uh sì certo, anche Jeff e Nick…-
- A me non interessa cosa faranno loro, voglio sapere cosa farai tu.-
Non feci un tempo a rispondere, che James e Nicholas, cominciarono una sorta di battaglia con le molliche di pane.
Guardai prima Sharon, poi Jeff e Nick. Sharon aveva l’espressione perplessa, Jeff e Nick invece ammiccarono, sapevano già a cosa saremmo andati incontro.
Nicholas per sbaglio colpì Richard. Il castano stava chiacchierando con una delle Crawford, ma quando venne colpito dalla mollica di pane, fece un piccolo ghigno, prendendo una delle noccioline sul tavolo, gettandola contro Nicholas. La nocciolina non colpì il destinatario, ma il ragazzo accanto a lui: Ethan.
Piano piano in modo abbastanza silenzioso, cominciò quella che definirei una vera e propria battaglia del cibo.
Cominciarono a volare noccioline, briciole di pane, tovaglioli sporchi.
Il tutto, condito dalle urla concitate dei ragazzi e le urla di terrore delle ragazze. Quello che doveva essere un pranzo per festeggiare il successo avuto al festival, si era trasformato in una guerra.
Finito il pranzo, uscimmo dal locale, pieni di briciole e noccioline, e altre strane macchie sugli abiti di dubbia provenienza. Le ragazze erano tutte salve, grazie alla loro brillante idea di rifugiarsi sotto il tavolo, mente noi ragazzi davamo sfogo ai nostri istinti repressi.
La Dalton era fin troppo rigida nelle sue regole, e ogni tanto era necessario sfogarsi in qualche modo. 
Tutto sommato alle ragazze non aveva dato fastidio il nostro comportamento che loro ritenevano molto virile e da macho ( questione di gusti ), e non vedevano l’ora di organizzare nuovamente un’uscita tutti insieme.
Il mio verso di disappunto, esternato una volta che le ragazze erano andate via, fu colto da Jamie, che si avvicinò ridacchiando.
- Non ti sei divertito? Stavo cominciando a pensare che stessi cedendo alle avances di Sharon.-
Lo guardai con un sorriso.
- Invece che parlare di me perché non parliamo di te e Cam?-
Jamie scrollò le spalle e fece un sorriso.
- Sapevo che prima o poi mi avresti chiesto di lui.-
Non riuscivo a capire, inclinai la testa di lato.
- In che senso?-
- Nel senso che … sai riguardo il fatto che io più e più volte ci ho provato con te, mentre ora sto con Cam… Si dice che tu sia geloso. Che le mie attenzioni ti facessero piacere. Cose del genere.-
Si dice? Chi è che dice quelle cose?
Non mi lasciai andare ad una risata isterica solo perché non eravamo io e lui da soli, e le altre persone intorno a noi potevano capire male.
- Sono felice per te e Cam, ma non direi proprio di aver mai provato gelosia nei tuoi confronti.-
Jamie annuì abbassando lo sguardo. Gli altri ragazzi ci avevano ormai distanziato di un po’, mentre noi due rallentammo sempre di più il passo.
- Io invece sì. Ero geloso di Kurt, e penso di esserlo tutt’ora.-
Quella dichiarazione mi lasciò interdetto. Mi fermai di colpo guardandolo, Jamie mosse qualche passo in avanti, prima di fermarsi anche lui. Si poi voltò lentamente verso di me con un piccolo sorriso.
- Le attenzioni che tu hai dedicato a lui, avrei tanto voluto essere io a riceverle.-
Continuavo a non capire, non immaginavo di aver rivolto a Kurt chissà quali attenzioni. L’anno scorso mi piaceva, avrei dato di tutto per poterlo conoscere, parlare con lui, stringergli anche solo la mano. Sentimenti svaniti dopo aver conosciuto Jeremiah.  
Jamie scrollò le spalle e lanciato uno sguardo a Cameron, sospirò.
- Cam… Cam è dolcissimo. Mi piace come ragazzo e penso di poter trovare la felicità con lui, quella felicità che pensavo di poter trovare con te. Spero… spero che Kurt si renda conto di quanto tu sia speciale.-
Mi rivolse un ultimo sorriso per poi tornare dal resto del gruppo e da Cameron. Lo vidi cercare la mano del suo ragazzo e stringerla dolcemente. In quel momento Jeff e Nick spuntarono alle mie spalle, entrambi mi diedero una pacca sulla spalla e senza dire nulla, cominciarono a camminare al mio fianco.
Non so come, ma ebbi l’impressione che avessero sentito la piccola chiacchierata avuta con Jamie.
Ripresi a camminare sorridendo ai miei due amici, Jamie era una sorta di mistero, non riuscivo a capirlo. Ogni giorno riusciva a sorprendermi, e quel giorno non fece eccezione. 
 



La Dalton era un porto sicuro per me, era stupido dirlo, ma solo vedere la facciata del palazzo antico, mi rassicurava. Era il luogo dove avevo passato i momenti più belli della mia vita, dove avevo conosciuto quei ragazzi che ora sono mie amici, dove avevo acquistato fiducia in me stesso.
Una scuola normale, dove nessuno mi trattava come il diverso. Una scuola che aveva tirato fuori il meglio di me.
Diventare poi solista dei Warbler, aveva davvero influito molto sulla mia autostima. Di colpo ero diventato il ragazzo più popolare della scuola.
- Ho trovato il frutto dell’Eden!-
E non mi dispiaceva neanche imbattermi nei comportamenti assurdi di alcuni componenti del Glee.
Wes e David continuano a giocare ad Assassin’s Creed, certo, hanno smesso di andare in giro come degli incappucciati, usando delle penne nascoste nelle maniche della divisa come lame celate, ma erano ancora fortemente influenzati dal videogioco, tant’è che ogni graffito che trovavamo in giro per Westerville, per loro era un glifo da decifrare.
- Ragazzi non crederete davvero che quello sia un Frutto dell’Eden? È una stupida mela che qualcuno ha dipinto d’oro!-
Inutile cercare di convincerli del contrario, mi arresi quando cominciarono a portare in giro quella mela, quasi fosse il tesoro più importante del mondo.
Erano da poco finite le lezioni, avevamo fatto la nostra solita riunione pomeridiana, e tutti quanti ci stavamo accingendo a tornare alle nostre stanze, chi per studiare, chi per fare altro.
Quando il telefono prese a vibrare nella mai tasca, cacciai di tasca il cellulare, non riuscendo a nascondere un’espressione delusa vedendo che era una chiamata da parte di Kurt.
- Kurt! Come va? Non sai cosa sta succedendo qui!-
Il mio resoconto fu interrotto da un piccolo singhiozzo da parte del ragazzo dall’altro lato del telefono.
- Stai… piangendo?-
Sentii delle voci in sottofondo ma non capii di chi fossero, le uniche parole che Kurt riuscì a pronunciare furono poche, ma mi lasciarono stordito, quasi avessi ricevuto un pugno in faccia.
- Mi trasferisco alla Dalton.-
In quel momento fu come cadere dentro un baratro. Chiusi la chiamata dopo qualche secondo di silenzio, silenzio in cui Kurt mi salutò velocemente tra un singhiozzo e un altro. Che cosa poteva essere successo? Mi aveva detto che Karofsky era stato espulso da scuola, mi aveva detto che ora era al sicuro, che non dovevo preoccuparmi.
Mossi i primi passi verso il dormitorio, incurante di Jeff e Nick che cominciarono a seguirmi preoccupati.
A quanto pare Kurt non era molto distante da Westerville quando mi aveva chiamato, perché dopo una mezz’ora circa, un trafelato Richard, mi comunicò di aver visto Kurt davanti la Dalton.
Mi fiondai fuori il dormitorio con lui incurante dei ragazzi che stavo urtando lungo il mio percorso, fino a raggiungere l’ingresso della scuola.
Arrivai giusto in tempo per vedere Kurt stringere la mano del Preside. 
Il sole stava tramontando piano dietro l’orizzonte, e un colore rossastro colpì il viso di lui, evidenziando le guance arrossate e gli occhi leggermente lucidi.
- Cosa ci fa qui alla Dalton?-
Jeff comparve alle mie spalle guardando la scena con aria interrogativa.
- Kurt si trasferisce qui.-
Quando il gruppetto entrò a scuola, mi morsi il labbro inferiore, cosa non avrei dato per poter sentire o almeno vedere quello che stava succedendo nello studio del preside.
Diedi un calcio ad un piccolo sassolino del viale, la finestra del preside era fin troppo alta e non mi sembrava il caso di saltellare come un canguro per poter vedere cosa accadeva al suo interno.
In quel momento Nick tirò il mio braccio trascinandomi con lui, aveva intravisto Jamie incamminarsi verso il dormitorio.
- Jamie abbiamo bisogno di te!-
La voce di Nick fece voltare il moro, che ci guardò con curiosità.
Cercai di persuadere Nick a non chiedere nulla a Jamie, ma fu tutto inutile. Il ragazzo non batté ciglio quando Nick spiegò lui che tipo di favore ci serviva.
Mi sentii in colpa, soprattutto sapendo che Jamie doveva rimanere fermo in ginocchio, mentre io mi mettevo in piedi sopra di lui. Non sto descrivendo una scena porno, Jamie aveva accettato di fungere da rialzo per permettermi di vedere cosa accadeva dentro l’ufficio del Preside.
Quando salii sulla sua schiena, a malapena riuscivo ad arrivare alla finestra, ma in qualche modo riuscii a raggiungerla alzandomi in punta di piedi.
- Non puoi alzarti un po’ di più?-
Jamie fece un piccolo mugolio di protesta.
- Cresci Blaine! E per “cresci”, intendo in altezza!-
Appoggiai le mani alla finestra, tutto quello che riuscii a vedere fu Kurt, le mani strette in grembo, mentre la testa del preside copriva a tratti la figura della donna accanto a lui.
Suo padre era seduto dall’altro lato, lo sguardo fisso sul preside. Annuiva ogni tanto lanciando piccole occhiate al figlio. Quando Kurt alzò lo sguardo, ci volle poche che spalancasse la bocca lasciando cadere la mascella in un’espressione di stupore.
Misi il dito sulle labbra, sperando che la sua espressione non mi tradisse, per mia fortuna non accadde nulla. Il preside parlava e gesticolava, i due coniugi annuivano,  Kurt mi lanciò un’altra occhiata e avrei giurato di averlo visto trattenere una risata!
- Blaine… non ce la faccio…-
Jamie non riuscì a terminare la frase, che mi ritrovai seduto sopra di lui, mentre lui era a terra a pancia in giù. Oltre che essere basso, pesavo pure.
Mi rialzai aiutando Jamie a rimettersi in piedi, il Warbler si accarezzò la schiena dolorante, trascinandosi poi verso l’ingresso di scuola. Nick e Jeff cercarono di sollevarmi fino a farmi raggiungere la finestra.
Cercai di aggrappar mici per poter vedere Kurt, ma senza risultato.
- Dai mettetevi a terra carponi.-
I due si guardarono spaventati.
- Cretini fatemi salire sulla vostra schiena! Possibile che non riusciate a fare pensieri un po’ più … puliti?-
I due si misero carponi ridacchiando, salii sulla loro schiena, un piede sulla schiena di Nick uno su quella di Jeff.
- Nick ti puoi alzare un po’? Jeff è più alto.-
Nick sbuffò, tentò di livellarsi a Jeff alzandosi un poco, ma il risultato fu disastroso. Non riuscimmo a tenere quella posizione perché Nick si appoggiò inavvertitamente a Jeff, entrambi persero l’equilibrio, e prima che potessi rendermi conto, mi ritrovai addosso ai due.
Jamie tornò poco dopo, trovando me Jeff e Nick a terra, i due Warblers mugugnavano qualche imprecazione, mentre io cercavo di rimettermi in piedi.
- Come cavolo fanno le cheerleaders?-
Jamie fu dapprima sconvolto da una crisi di ridarella, poi ci aiutò ad alzarci, comunicandoci che il preside aveva lasciato il suo studio e stava per portare Kurt a visitare i dormitori.
- Ergo se passano di qui e vi vedono in questo groviglio umano, possono anche pensare ad una mega ammucchiata gay.-
Sentimmo le voci provenire da dietro l’angolo, il preside stava raccontando loro dell’illustre storia della Dalton. Jamie prese il mio braccio, io afferrai quello di Nick e Nick quello di Jeff e come una catena umana, scappammo verso i dormitori.
Gli studenti che incrociammo ci guardarono senza capire, scrollarono le spalle e continuarono nella loro passeggiata. Effettivamente visti in quel modo, sembravamo quattro deficienti che correvano ridendo come bambini. Mentre correvo però il sorriso scomparve dal mio volto se pensavo di nuovo agli occhi lucidi di Kurt.
Era colpa mia se lui era qui.
 


 
- E questa è la sua stanza, spero non le dispiaccia condividerla con un altro studente.-
Il preside era fermo dietro la porta della mia camera, guardai con orrore Jamie, Jeff e Nick seduti sul mio letto.
Dopo la folle corsa fino al dormitorio, ci chiudemmo tutti nella mia camera per riprendere fiato, non pensai minimamente al fatto che la mia era un delle poche stanze rimaste singole. Ed il preside a quanto pare aveva fatto la stessa pensata.
Bastò uno sguardo di puro terrore sul mio viso, per creare una sorta di fuggi fuggi generale. Il problema era che i tre si fecero prendere dal panico, correndo in modo disordinato nella stanza, sbattendo gli uni contro gli altri, come tanti criceti impazziti.
Trascinai Jamie nell’armadio, e spinsi Nick e Jeff sotto i due letti della stanza, poi mi diede una guardata alla specchio, togliendo i rimasugli di erba sulla divisa.
Mi sistemai poi giacca e cravatta e andai ad aprire, non prima di essermi assicurato che non si vedessero i miei amici nei loro nascondigli.
- Signor preside, buonasera.-
Il preside era un uomo grassottello, i capelli brizzolati erano tenuti fermi e tirati all’indietro dal gel, gli occhi castani mi squadrarono da dietro le lenti dei suoi occhiali.
- Signor Anderson, spero di non disturbarla.-
Indicai la mia scrivania con dei libri aperti.
- Studiavo. Nessun disturbo ovviamente. Prego.-
Feci finta di non essermi accorto delle persone dietro di lui, Kurt mi lanciò un’altra occhiata che non riuscii ad interpretare. Lasciai che il preside mostrasse lui e i suoi genitori la stanza, rimasi tutto il tempo, fermo in un angolo, appoggiato contro il mio armadio mentre i miei occhi saettavano sui due letti, dove sotto vi erano nascosti Nick e Jeff.
- Signor Anderson, le presento il suo nuovo compagno di stanza Kurt Hummel.-
Kurt arrossì avanzando verso di me, strinsi la sua mano come se non lo avessi mai visto in vita mia, stessa cosa feci con i suoi genitori.
- Il signor Hummel era un membro del Glee club della sua scuola, e il signor Anderson è l’attuale solista del Glee Club di questa scuola, credo che vi troverete molto bene insieme!-
Annuii a quelle parole, tenendo il mio sguardo fisso in quello di Kurt, cercai di infondergli coraggio, di mandargli dei messaggi silenziosi. Il contatto visivo si interruppe quando il preside richiamò la loro attenzione. Kurt doveva andare a ritirare la divisa e i libri di testo, a quanto pare avrebbe cominciato lezione già da domani.
Quando la porta finalmente si richiuse, tirai un sospiro di sollievo.
- Blaine spostati, non riesco ad aprire!-
Mi accorsi solo in quel momento che mi ero appoggiato inavvertitamente sulle ante del mio armadio, impedendo a Jamie di venire fuori.
Mi spostai velocemente, andando a dare poi una mano a Jeff e Nick che strisciarono fuori da sotto i letti.
I due si dileguarono borbottando qualcosa riguardo la divisa impolverata e sulla poca pulizia del sotto-letto, mentre Jamie indugiò alcuni minuti nella stanza, indeciso se andare via o meno.
- Cosa c’è?-
- Smettila di piangerti addosso.-
Alzai lo sguardo verso di lui, e mi sentii trafiggere dai suoi occhi.
- Non è colpa tua.-
Kurt si stava trasferendo alla Dalton perché aveva paura del bullo che lo perseguitava da tempo, aveva paura perché dopo averlo affrontato, la situazione era peggiorata. Ed era peggiorata a causa mia e dei miei stupidi consigli. La voglia di riscattarmi era così forte, che aveva incoraggiato Kurt a fare ciò che io non ero stato in grado di fare, senza pensare alle conseguenze.
- Kurt ha deciso di affrontare quella situazione, non perché sei stato tu a consigliarglielo, ma perché lo voleva.-
Non risposi, mantenni il mio sguardo basso. Sentii poco dopo i passi di Jamie avviarsi verso la porta, la aprii lentamente e la richiuse con altrettanta lentezza alle sue spalle.
Se non era colpa mia allora perché mi sentivo morire? Perché i sensi di colpa non accennavano a placarsi?
Mi appoggiai contro il letto, sedendomi a terra, le braccia intorno alle mie gambe piegate, la testa su di esse.
Non so per quanto tempo rimasi in quella posizione, mi riscossi solo quando sentii la porta aprirsi di nuovo, mentre una lieve luce proveniente dal corridoio, penetrò nel buio della stanza.
Alzai lo sguardo, una figura esile si stagliava all’ingresso, riuscii ad intravedere il profilo di un paio di valigie trolley piuttosto grandi, mentre un paio di occhi mi scrutavano silenziosi.
- Posso entrare?-
La voce flebile di Kurt mi costrinse ad alzarmi, andai verso di lui lentamente, invitandolo con un gesto ad entrare. Chiusa la porta alle sue spalle e la stanza piombò di nuovo nella semioscurità.
L’unica luce proveniva dai lampioni del grande parco della scuola. Presi uno dei trolley di Kurt trascinandolo verso il centro della stanza, mentre il suo proprietario mosse i suoi primi passi nella stanza, trascinando l’altro.
Solo in quel momento mi resi conto che sul braccio, teneva delle buste in plastica trasparente, con dentro le divise.
- Stai… stai bene?-
Kurt annuì debolmente.
- Ora che sono qui, sto bene.-
Avrei voluto abbracciarlo, chiedergli almeno scusa, ma tutto ciò che riuscii a fare fu soltanto annuire.
Lo guardai entrare nella stanza, sistemare in un angolo le sue valigie, e posare sul letto le buste di plastica trasparente.
Tra noi scese uno strano silenzio che nessuno dei due voleva spezzare. Non era mai successo, tutte le volte che eravamo usciti, non facevamo altro che parlare, in quel momento invece, era tutto il contrario.
Kurt si sedette sul suo letto, io mi sedetti sul mio, i nostri sguardi si incontrarono ed un piccolo sorriso comparve sul suo volto, insieme ad un leggero rossore sulle guance.
- Sono felice di essere capitato in stanza con te, in realtà ci speravo.-
Annuii, era l’unica cosa buona che era successa in tutta quella giornata. Averlo sempre accanto a me, anche di notte, mi faceva sentire meglio. Anche se la Dalton era diversa dal McKinley, non doveva preoccuparsi di voltare l’angolo e trovare due energumeni pronti a tirarti una granita in faccia, o a sbatterti contro gli armadietti.
- Kurt io… mi dispiace.-
Il ragazzo inarcò un sopracciglio.
- Non dovevo spingerti ad affrontare Karofsky. O perlomeno avrei dovuto affrontarlo io, avrei dovuto proteggerti.-
Non riuscii a vedere l’espressione del suo viso, lo vidi solo alzarsi dal letto per venire a sedersi accanto a me, sul mio.
- Blaine la situazione non poteva andare avanti in quel modo, era un qualcosa che volevo fare da tempo, e tu mi hai finalmente donato il coraggio di cui avevo bisogno.-
Feci un piccolo sorriso rivolgendo il mio sguardo in basso.
- Non devi sentirti in colpa, ho lottato per me stesso, per te, per tutti i ragazzi che come noi subiscono atti di bullismo per cosa poi? Perché siamo noi stessi.-
Le sue parole furono quasi come un balsamo sulla mia ferita ancora aperta. Mi sentii stringere la mano, ed il calore piano piano si irradiò per tutto il resto del corpo.
Alzai lo sguardo verso di lui, sorrideva, i suoi occhi azzurri erano limpidi come il mare dopo una burrasca. Non c’era più quel rossore visto in precedenza, c’era solo quell’azzurro intenso che mi aveva fatto capitolare la prima volta che lo vidi.
- Ti… ti lascio disfare i bagagli, sono sicuro che hai bisogno di un po’ di privacy.-
Lasciai che la sua mano scivolasse lentamente dalla mia, camminai fino alla porta della stanza, aprendola e richiudendola dietro di me, senza mai voltarmi indietro.
Mi faceva male sapere che in quel momento era stato lui a consolare me e non il contrario. Presi un grosso respiro, e mossi i miei passi verso le scale che portavano al piano di sotto.
Se c’era una cosa che riusciva a tirarmi su di morale, era la musica. E proprio in quel momento, alla mente mi ritornò una canzone sentita tempo addietro, una canzone perfetta per me in quel momento. 
Perché mi sentivo dentro una tempesta, con i miei sentimenti e i miei pensieri che vorticavano confusi nella mia mente.
Percorsi strade e corridoi a me famigliari, in silenzio, senza neanche pensare troppo a dove stavo andando, perché sapevo che i miei mi stavano portando nella giusta direzione.
Con le braccia spalancai le porte di legno scuro, scendendo quei pochi gradini bassi che mi portarono dritto in aula di musica.
Richiusi piano la porta alle mie spalle, cominciando ad intonare quella canzone, che da quando avevo lasciato la stanza, premeva per uscire.
 
how long have I
been in this storm
so overwhelmed by the ocean's shapeless form
water's getting harder to tread
with these waves crashing over my head

 
Accarezzai le poltrone dove di solito sedevano tutti i Warblers, e quasi me li immaginai seduti lì, mentre intonavano una melodia di base, che si intrecciava al mio canto solitario.
Quasi li immaginai seguirmi con lo sguardo, i loro volti illuminati dall’unica lampada accesa della stanza, mentre piano piano mi diressi verso il pianoforte.
 
if I could just see you
everything will be alright
if I'd see you
the storminess will turn to light

 
Perché i miei sensi di colpa non si erano calmati? Perché vedendo il tuo viso non potevo fare altro che provare tristezza?
Mi sedetti lentamente sulla panca davanti lo strumento, accarezzai piano il coperchio che copriva quei tasti in mogano bianchi e neri, fino a sollevarlo.
Le mani cominciarono a correre piano sul piano, producendo una dolce melodia che accompagnava la mia voce.
Il suono del pianoforte riempì la stanza, che in quel momento mi sembrava così vuota e grigia, tingendola di colori immaginari.
 
and I will walk on water
and you will catch me if I fall
and I will get lost into your eyes
and everything will be alright
and everything will be al right

 
Avrei dovuto prenderti, avrei dovuto proteggerti, non ero stato capace per l’ennesima volta di aiutare qualcuno.
Ed ora eravamo due fuggitivi, due fuggitivi in cerca di un posto sicuro dove niente e nessuno ci avrebbe potuto ferire, sperando che il mondo cambi anche senza di noi, senza il nostro contributo.
In quel momento il mio cellulare squillò, era posato sul leggio del pianoforte, e la sua vibrazione venne attutita dalla superfiche in legno scuro.
“Quando vuoi. Sai dove trovarmi.”
Un piccolo sorriso si aprì sul mio volto, forse quella giornata si sarebbe conclusa meglio di come era cominciata.    
 
I know you didn't
bring me out here to drown
so why am I 10 feet under and upside down
barely surviving has become my purpose
cause I'm so used to living underneath the surface

if I could just see you
everything will be alright
if I see you
the storminess will turn to light

 

 

Ok per prima cosa ringrazio ancora chi sta seguendo la mia FF. 
Cercherò di procedere più velocemente di così anche se il capitolo di Natale volevo farlo coincidere proprio con il Natale. 
Ma ora come ora se ritardo ad aggiornare penso perderò sempre più lettori. 
Spero che la storia non vi stia annoiando e se è così per favore ditemelo! :)
La canzone è Storm dei Lifehouse, ho cominciato ad amare questo gruppo e chissà forse anche il prossimo capitolo conterrà una loro canzone. 
Dipende da come mi gira. 

Spero che questo capitolo vi soddisfi, e spero in un leggero aumento dei miei lettori e dei commentini :3

p.s. si è capito chi sono Black e blonde mushroom vero? In caso la risposta sia no, sono Jeff e Nick xD e Super Mario vabbè si sa chi è! :p

S.

   
 
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