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Autore: Nikki Cvetik    08/11/2011    5 recensioni
C’era una sensazione di soffice, come di pan di spagna, guarnito di dolce rossetto alla ciliegia.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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(H)Eat.

A.S. Mi si perdoni la “prolissaggggggine”. NC

“Il fatto che io sia un cuoco almeno mille volte migliore di te è INNEGABILE!”
Era una calda mattina d’aprile al dodicesimo.
Gli assassini sembravano stranamente essersi tutti voluti dedicare a più legali attività, lasciando la sconsolata Kate alle prese,
oltre che con le scartoffie, anche con uno scrittore in astinenza da azione.
Erano ormai cinque ore che non faceva altro che parlare dei suoi manicaretti.
Non che alla donna dispiacesse: trovava la voce di Richard un gradevole sottofondo quando si parlava di dover stare ore a compilare
rapporti, ma quella mattina era reduce dai 13 km di jogging della sera precedente con Lannie, rinfrancati solo da una barretta proteica
e una tazza di latte prima di andare a nanna.
In poche parole il suo stomaco necessitava di nutrimento e un Richard Castle particolarmente incline alla decantazione delle sue abilità
culinarie non era certo il massimo per zittire i crampi.
Aveva pensato di porvi rimedio ingurgitando un’altra sorsata di caffèmacchiatofreddoconduebustinedizuccherodicanna, ma il risultato era
stato solo il rimbombo cupo da cornamusa del suo stomaco.
No, non era certo un buon rimedio quello e, no, non era quella una situazione delle migliori, ma quando lo scrittore si era permesso di
offendere la sua arte ai fornelli...ahia...era diventato qualcosa di personale!
“...puoi ripetere?”
Lo scrittore alzò gli occhi al cielo e sillabò:
“Il fatto che io sia un cuoco almeno mille volte migliore di te è IN-NE-GA-BI-LE!”
A quel punto Kate lo fulminò. Diamine oltre al danno anche la beffa!
“Dato che non hai mai avuto la fortuna di assaporare una delle mie prelibatezze, mi posso permettere di ritenere la tua affermazione alquanto
inopportuna.”
Ma lo scrittore si sentiva impavido quella mattina, incoraggiato dalla sua largamente celebrata padronanza di quel terreno di scontro.
“Avanti, Kate, ammettilo! Basta aprire il tuo frigorifero per avere conferma di quel che dico.”
“Il fatto che io volontariamente  mi astenga dall’esprimere le mie capacità in un determinato campo, non determina che non ne abbia padronanza.”
A quel punto lo scrittore si alzò e portò il viso vicino al suo.
“Mi stai gentilmente chiedendo di approfondire la questione?”
Kate gli posò una mano sulla spalla rispingendolo seduto sulla sedia. Nonostante i lunghi anni di lavoro come  partners, la troppa vicinanza al suo
volto la metteva ancora in soggezione.
Riincollò gli occhi al rapporto che stava scrivendo e continuò come se nulla fosse accaduto.
“Ti sto solo chiedendo di non trarre conclusioni affrettate. Sono quasi cinque anni che lavoriamo assieme e non hai ancora imparato una lezione così
importante?”
“Le mie conclusioni sono tutto fuorché affrettate.
Frecciatina!
“D’accordo...se la metti così ti propongo una sfida. Questa sera. Casa mia. 8:00. Se vinco io riconoscerai pubblicamente che sono una brava cuoca.”
“... e se vinco io?”
Kate ingoiò un paio di volte a vuoto. Si era messa nei guai da sola.
“Se vinci tu, vinci tu e basta!”
“Hai ragione, credo che il solo gusto della tua sconfitta sarà un premio sufficiente.”
Richard vide la donna sbiancare e gli occhi farsi come nuvole cariche di fulmini.
“Richard Castle, io giuro che...”
“Accetto!”
I due si strinsero la mano per rendere valida la sfida.
Kate chiuse il fascicolo e lo consegnò alla Gates, chiedendo due ore di permesso per uscire prima di fine turno. Castle l’aspettava all’ascensore con
la sua giacca e la sua borsa.
“Non voglio farti perdere tempo inutile...”
5 minuti dopo i due erano fuori dal distretto.
 
Kate aveva fatto la spesa ed ora davanti a se, divisi per portata, si trovavano i vari ingredienti. Passò gli occhi su uova, latte , farina, pomodori, basilico,
cannella, le sue nuove personali armi.
Decise di partire da antipasto e dessert, che avrebbero richiesto una preparazione più lunga, per poi continuare con primo e secondo, che avrebbe sfornato
al momento.
Tre ore e vari cambiamenti di ricetta dopo, si tolse il grembiule e guardò l’orologio. Aveva ancora due ore per prepararsi mentre la carne cuoceva nel forno a
fuoco lento, esattamente come avrebbe fatto lo scrittore di lì a qualche ora.
 
Richard saltò gli ultimi due scalini e si diresse al portone. Guardò per un attimo il suo Rolex prima di bussare.
7:57.
Amava essere in perfetto orario.
Si attardò un attimo a sistemare la giacca del suo gessato scuro sopra la candida camicia fresca di tintoria.
7:58.
Piccola revisione al nodo della cravatta. I capelli, spettinati ad arte, ricevettero un ultimo controllo.
7:59.
Un’ultima lucidata alle scarpe.
8:00
Richard sbatté una volta le nocche sulla porta metallica. La seconda andò a vuoto perché si aprì.
Una rapida occhiata all’interno e lo scrittore iniziò a boccheggiare.
L’ambiente era tutto illuminato dalla soffusa luce delle candele, l’aria profumava di vaniglia e gelsomino.
Ma tutto ciò passò in secondo piano quando i suoi occhi si posarono sulla deliziosa figura davanti a lui.
La donna che gli ha aperto la porta è una meravigliosa visione divina.
Il lungo e niveo corpo è avvolto in un leggero tubino bordò monospalla a mezza coscia, metri di rilucente taffetà brillano alla luce dei piccoli ceri.
I piedi sottili sono racchiusi in decolté di velluto nero aperte in punta, tacco 12 ovviamente.
Tra le clavicole risplende timida una piccola ametista e sul polso sottile, del braccio senza la spallina, tintinnano cristallini tanti sottili cerchietti.
I capelli sono una voluttuosa criniera riccia color corteccia, gli occhi sono resi languidi dal trucco smokey e le labbra sono del colore delle fragole.
La visione si straccò dalla porta e gli cinse con le braccia il collo.
“Dovresti essere affamato...”
“...Io...Cioè...Io...Non...”
La detective si alzò sulle punte per raggiungere più facilmente l’orecchio e sussurrò sensuale.
“Non preoccuparti, per stasera ti nutro io.”
 
In men che non si dica lo scrittore si ritrovò trascinato per la cravatta all’interno dell’appartamento in penombra.
Al centro del soggiorno c’era un tavolo con una sola seduta, apparecchiato con una sottile tovaglietta candida.
“Tu non...”
Kate lo spinse sulla sedia, come aveva fatto la mattina, anche se stavolta le sue intenzioni erano chiaramente meno innocenti.
Non essendoci altre sedute, il tavolo divenne la sedia della donna, con somma approvazione di Richard.
“Questa sera sei tu il protagonista. Goditelo.”
La situazione si stava facendo sempre più scottante, e lo divenne ancora di più quando, da dietro la schiena, la detective estrasse due nastri
verdi ed una sciarpa rossa.
“Scusami, quelli da dove li hai cacciati?”
Bastarono i denti della donna a muoversi sul suo labbro inferiore a fargli capire che non si trovavano sulla tavola prima che loro si sedessero.*
Kate si sporse in avanti e gli bendò gli occhi piano, senza stingere troppo, attardandosi sui capelli morbidi tra le sue dita.
Anche i polsi ricevettero la loro meritata attenzione, tanto che allo scrittore venne la pelle d’oca.
Se stava cercando di farlo impazzire, be’ era sulla buona strada.
Si diresse in cucina e prese il primo piatto sul largo banco davanti a lei e tornò in salotto.
Castle avvertì la porcellana che si posava morbidamente sul legno e le soffici pieghe del vestito di Beckett sfilare contro l’orlo del tavolo.
“Questo  il primo piatto, l’antipasto. Dovrai dirmi in cosa consiste e dare un giudizio.”
 “Dubito che tu mi abbia bendato solo per qu...”
Avvertì un dito posarsi sulle sue labbra e una vampata di ciliegia alla sua destra.
“Per ora usa questa meraviglia solo per assaggiare, ok?”
Sentire il respiro caldo di Kate sul lobo non era di certo il miglior calmante in quella situazione, ma, conoscendola, sapeva che sarebbe stato
lautamente ricompensato poi.
Ok…neanche questo pensiero aiutava troppo a rilassarsi…
“Perfetto…direi che possiamo iniziare.”
Castle sentì le posate grattare contro il fondo del piatto e le dita di Kate che gli sfioravano le labbra.
“Apri la bocca…”
Il boccone venne posato sulla sua lingua, ma la detective indugiò lungamente nel raccogliere le bricioline attorno alle labbra dello scrittore.
Forse si era sbagliata nel dire che solamente lui avrebbe goduto di quella serata speciale.
Quando i pensieri di Castle tornarono lontanamente razionali, si focalizzò sul gusto per capire cosa Kate gli avesse fatto mangiare.
Era croccante e morbido assieme, spugnoso, dal gusto deciso e basso, con qualcosa di leggermente più dolce per equilibrare.
“Sformato di tartufo nero e besciamella con crema di formaggi e rosmarino…”
Kate trattenne il fiato in attesa del verdetto mentre lo scrittore sorrideva birbante.
“…squisito.”
E la prima prova era andata! Ma la serata era ancora lunga e prometteva di scaldarsi ancora.
Fu la volta del secondo piatto, la pasta. Kate era stata ore, titubante, a domandarsi se optare per un più semplice riso o dare il meglio di
sé con una pasta fatta in casa. Ma quella era una sfida all’ultimo sangue e sarebbe stata felice di imbrattarsi tutta di farina fino a sembrare
un fantasma pur di vincere!
In quel momento, mentre stava portando a tavola il piatto fumante, si domandò cosa avrebbe detto Castle se l’avesse vista appena finita la dura
via crucis dell’impasto.
Ancora una volta si appollaiò sul tavolo, comoda.
Con delicatezza tagliò in due il boccone e, similmente a come aveva fatto con l’antipasto, si chinò a far provare nuove sensazioni al suo scrittore
preferito.
Dal canto suo, Castle fu fortemente contrariato dal fatto che avesse usato la forchetta. Avrebbe preferito molto di più che la sua musa l’avesse nutrito
usando le sue stesse dita.
Di nuovo si concentrò e tentò di carpire tutti i sapori. Vari livelli di morbidezza, un tocco un po’ più amaro perfettamente neutralizzato da una sensazione
rotonda sul finale.
“Ravioli di ricotta e burrata con pesto di basilico e fagiolini con aggiunta di champignon.”
“Complimenti, non hai sbagliato un ingrediente.”
“Il che è una vera impresa. Stai cercando di distrarmi in tutte le maniere possibili questa sera, Kate.”
“Devo ricordarti che non c’è un premio per chi azzecca più ingredienti? Quello è solo un accessorio. Stiamo valutando la mia abilità in cucina e, a quanto
pare, sto vincendo.”
“Dovrei dire a mio malgrado, ma mentirei.”
“Senti senti…il tuo super ego è in grado di accettare una sconfitta? Non mi dire…”
“Avessi le mani libere non mi limiterei solo a dirlo…”
Kate si morse il labbro per la seconda volta in una giornata. Senza esitazioni portò via il piatto e lo andò a posare sul lavandino in cucina.
Sì, la situazione si stava facendo mooooolto calda.
Estrasse la placca dal forno e con delicatezza tagliò la carne morbida ponendola su un piatto pulito.
“Potrei avere qualcosa da bere?”
Le chiese a un tratto Castle. Kate rimase un attimo con il piatto a mezz’aria, colpita dalla sua dimenticanza.
“Ma certo!”
E meno male che doveva pensare a tutto lei! Lo stava appassendo.
Versò il liquido rosso dal decanter nel bicchiere. Quindi posò una mano sulla nuca dello scrittore e appoggiò il vetro sottile sulle sue labbra.
Quando pensò che fosse abbastanza riposò il tulipano sul tavolo e osservò la faccia compiaciuta di Castle.
“Penso che tu beva Lanari Rosso Conero Riserva del 2006 anche quando sei sola a casa dopo una giornata di lavoro.”
“Mmmmm…Tu vuoi sempre sapere troppo…”
Distratta da quel piccolo dettaglio la detective fece meno attenzione stavolta a imboccare Richard facendogli finire un piccolo schizzo di sugo sul mento.
Senza neanche pensarci si avvicinò e con un singolo fluido movimento leccò via la piccola goccia, facendo involontariamente sfiorare le loro labbra.
“Detective, pensavo che ti fosse chiaro che la vittoria era già tua…ma questo…”
“Non era affatto una distrazione. Diciamo…un’incentivo.”
“Detective Beckett, tu sei un biglietto di sola andata per la perdizione.”
Alla risposta Kate rise civettuola.
“Agnello arrosto con patate alle erbe, comunque. Siamo alla fine, manca solo il dolce.”
Sentì Kate allontanarsi leggermente da lui.
“Kate…”
Nessuna risposta.
Una zip che si abbassa, tessuto leggero che collassa sul morbido parquet.
“Kate…dove sei?”
Due scarpe sono lanciate lontano, sottile metallo tintinna contro il legno del tavolo.
“Kate…cos…?”
Ancora una volta le dita morbide di Kate lo zittirono. Sentì che si stava mettendo a cavalcioni sulle sue gambe, una posizione fisicamente
impossibile con quella gonna di taffetà. A meno che… 
“Davi sapere, Richard che purtroppo la mia muosse allo jogurt e panna con frutti di bosco non ha ancora riposato abbastanza in frigorifero…”
Kate stava cominciando a accarezzarlo mentre gli parlava languidamente all’orecchio.
Ormai già due bottoni della camicia erano saltati e le sue unghia affilate si muovevano lungo tutto il torace ansimante dello scrittore.
“…Ma nell’attesa vorrei farti assaggiare un altro dessert, che forse troverai ancora di più di tuo gradimento.”
A quel punto le labbra soffici si Kate si posarono su quelle ormai secche di Richard. C’era una sensazione di soffice, come di pan di spagna,
guarnito di dolce rossetto alla ciliegia.
Kate mise fine alle pene dello scrittore liberandolo da quella dolce prigione di nastri, permettendo che le sue mani si congiungessero al suo corpo.
Tolse la sciarpa solo all’ultimo, mentre si metteva comoda per  distendersi trasversalmente sulle gambe dello scrittore.
Entrambi con gli occhi chiusi cominciarono a rendere il bacio ancora più profondo, sempre di più.
Entrambi avevano fame, una fame fisica, un disperato bisogno della morbida cerne altrui per sopravvivere.
Solo quando una minima parte di quella fame fu saziata i due si divisero.
Kate guardò orgogliosa, negli occhi da Castle, la sorpresa. Era pronta a tutto, persino a passare un’intera giornata ai fornelli solo per lui, solo per
vedere quella luce nei suoi occhi quando si accorgeva di quel piccolo dettaglio personale che aggiungeva in ogni sua creazione.
Nello specifico quella volta il piccolo particolare personale era stato farsi ritrovare, vestita soltanto di quella piccola collanina d’ametista, tra le braccia
della persona che più amava al mondo, che era stato in grado senza prepotenza e senza un minimo ripensamento di abbattere quel muro che a lungo
si era costruita attorno, che era con lei mentre arrestava l’assassino di sua madre, che con lei aveva diviso il letto per quasi un anno e che sapeva
non l’avrebbe mai lasciata.
I suoi occhi ora erano di un blu così intenso che potresti perdertici dentro. Ecco, è così, esattamente di quel colore, che immaginava gli astronauti
vedessero l’infinito universo attorno a loro.
Richard affondò il viso nel collo di Kate mordicchiandole piano la tenera pelle sul collo.
“Mia Musa, come hai corrotto Apollo affinché io potessi godere di questa dolce ambrosia?”
Le sue mani la accarezzavano piano, centimetro per centimetro, mentre gli ultimi bottoni venivano via, permettendole libero accesso, anche per lei,
alla sua cena.
“Lo so che sei sazio, ma ora ho fame anch’io, amore mio. E poi tra poco sarà pronta la mousse, non vorrai mica perdertela.”
“Se è come il resto, no assolutamente.”
Richard si chinò verso di lei, pronto anch’egli a nutrire la sua affamata compagna. Senza staccarsi mise un braccio sotto le sue gambe e uno
sotto la schiena, issandola in direzione della camera.
Durante il tragitto Kate si era staccata e aveva poggiato la testa sul petto nudo di Richard.
A metà strada tra il salotto e la camera lo fece fermare.
“Aspetta…”
Chiese seria, tanto che lo scrittore trasalì.
“…la settimana prossima è il nostro primo anniversario…cucini tu, giusto?”
Richard rise di gusto, dandole un lieve bacio sulla guancia.
“Ma certo, amore mio…e chissà se saprò fare ancora meglio di te.”
“Ne dubito.”
Arrivati alla porta, la fece rimettere in piedi, così che l’aiutasse a spogliarsi.
E quando ormai gli erano rimasti addosso solo i calzini si ricordò di un piccolo particolare.
“In salotto non c’erano né mutandine né reggiseni. Non vorrai mica dirmi che hai passato tutta la serata con solo indosso il vestito senza nulla sotto?”
Sentì Kate prendere il suo labbro inferiore tra i denti.
“Mmmm…Castle…tu fai troppe domande…decisamente troppe, troppe domande!”
 
*Ok, non chiedetemi come abbia fatto Kate a nascondere sciarpa e nastri nel vestito perché non ne ho idea.
 
Nikki:
Ok, questa storia mi è cascata in testa così all’improvviso che ho ancora il livido xD!
Mi perdoni laDìpuntato, che mi è quasi totalmente rimasta all’oscuro della questione!
Come al solito, segnalazioni di errori e simili sono graditissime, quindi non vi trattenete.
Detto ciò ci vediamo presto, speriamo con qualcosina di un po’ più consistente.
NikkiCvetik

  
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