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Autore: ferao    08/11/2011    16 recensioni
Qual è il confine tra il corpo e l’anima?
Quand’è che avranno fine le mie sensazioni?
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Titolo: Dita
Autore: Ferao
Fandom: Originali
Genere: Horror (spero)
Tipologia: One shot
Avvertimenti: NPSD (almeno credo)
Trama: Qual è il confine tra il corpo e l’anima?
Quand’è che avranno fine le mie sensazioni?
Note dell’autore: è il mio primissimo esperimento e di storia originale e di storia horror. Probabilmente non è nemmeno horror. Oh, al diavolo.
È una roba strana, diversa da qualsiasi altra cosa abbia mai scritto; l’importante, però, è aver tentato.
Disclaimers e crediti: la storia è MIA, MIA, SOLO MIA.

Per i miei lettori consueti: non temete. Ci sono le note finali.
Il rating è arancione perché qualcosa potrebbe infastidirvi, se siete particolarmente sensibili. 
La storia è stata scritta per il "Giro dell'Oca", challenge indetta da Writers Arena Rewind.
 
 



Dita

 



 
Qual è il confine tra il corpo e l’anima?
Quand’è che avranno fine le mie sensazioni?
 
 
 
Dita.
 
Tutto ciò che riesce a sentire sono quelle dita che percorrono il suo corpo, centimetro per centimetro, senza un attimo di pausa.
Avrebbe continuato a sentirle… per quanto tempo, ancora?
Dita. Due, tre, cinque, otto dita. Dieci. Su di sé.
Che schifo.
Dita. Toccano, si intrufolano senza chiedere permesso, senza vergogna.
Dio.
Non ci sono solo le dita. Qualcosa di strano sfrega la sua pelle nuda: gomma, forse?
Indossa i guanti.
Dio, che schifo.
Guanti di gomma, come quelli dei medici. Magari è davvero un medico, chi può dirlo?
D’altronde, cosa importa ormai? Guanti o non guanti, nulla le impedisce di sentire quel tocco, quella pressione, quell’aprirsi lento che viene imposto al suo corpo.
Non importa; ormai si è arresa. L’unica cosa importante è che finisca; che quell’uomo – o è una donna? – le tolga le dita di dosso, che la pianti di toccarla, di palparla, di sfiorarla in quel modo rivoltante.
 
Dita. Come polipi, come tentacoli di polipi. Dita che frugano, che toccano, che si insinuano e danno forme nuove alla sua carne, lasciano orme, rompono. Qui un pezzo, lì un altro. Il polmone è scivoloso sotto le dita, sguscia via, cade quasi a terra. Il cuore è una spugna, le dita lo strizzano senza ritegno, sembrano divertirsi. Il cervello è la parte meno gradevole da toccare: è umido, viscido, sembra vivo, ma quelle dita ne percorrono ogni ruga, ogni solco, ne saggiano la consistenza. Insopportabile.
Lei però non vede nulla. Non vede il suo intestino srotolato come una corda particolarmente molle; i reni, come due feti gemelli, vengono deposti vicini l’uno all’altro, ma lei non li vede.
Non vede, però sente; sente tutto. Sente ogni singola – schifosa – falange inserirsi tra i suoi tessuti, prendere, giocare, modellare, scavare. Togliere. Staccare. Far sanguinare.
I polmoni non ci sono già più, il cuore è stato gettato via. Lo stomaco è un sacchetto moscio, le dita che lo toccano possono sentire i resti di ciò che lei ha mangiato poco prima. I seni non esistono più, quelli che erano capezzoli ben dritti penzolano ai lati del corpo di lei come stracci, scoprendo lo sterno, le ossa, l’inutile difesa delle costole.
 
Dita. Prendono il suo fegato e lo palpano, sembrano godere della consistenza flaccida di esso. Lei vorrebbe rabbrividire, ma improvvisamente realizza di non riuscirci.
Vorrebbe alzare le mani, afferrare quelle dita moleste, strappare via il lattice che le ricopre e poi morderle, staccarle a morsi, ossa e pelle e carne e tutto; vorrebbe sputarle il più lontano possibile da lei per dimostrare che anche se non vede nulla non significa che non senta. Lei sente, cazzo.
Sente tutto, sente le dita nelle sue ovaie, nel suo utero inutile. Sente.
E non può muoversi.
Non vede nulla – le pupille sono state divelte pochi minuti prima.
Non sente suoni – senza cervello sarebbe difficile.
Percepisce solo quelle – maledette – dita.
 
Sente tutto, ed è la peggiore delle violenze. Il suo corpo intero divelto, spezzettato, toccato come se fosse una cosa, come se non valesse nulla.
Tessuti, sangue, umori, tutto passa sotto quelle dita, tutto viene segnato, scomposto, deformato. Vorrebbe urlare, urlare tutto il suo orrore per quello che le fanno – perché è l’orrore, quello che sta subendo, quelle dita che la toccano e non dovrebbero.
Vorrebbe urlare, forse urla – d’altronde non può sentirsi; vorrebbe muovere la lingua – non ce l’ha più, ma chi sa, forse…
Forse non finirà mai, forse avrà sempre quelle dita su di sé e non potrà farci nulla, non potrà far smettere tutto ciò, forse…
 
Ad un tratto le dita si fermano. Lei le sente ritrarsi da ciò che rimane della sua carne, uscire fuori con un risucchio umido e disgustoso.
Finisce all’improvviso, così come è iniziato.
Grazie.
Finalmente cessa di sentire – ogni cosa. Niente più dita, niente più gomma, niente di niente. Finisce il dolore, finisce il ribrezzo.
Finisce.
Solo, ad un tratto, le sembra che i suoi reni tremino di freddo, ma in fondo può benissimo essersi sbagliata.
Calma.
 
 
 
 
 
Il primario di medicina legale si sfilò con cautela i guanti in lattice, macchiati di sangue e liquidi corporei.
- Bene, signori, quello che vedete è il corpo umano. Niente di sacro, di inviolabile, di intoccabile. Solo una macchina.
Gli studenti lo osservarono un po’ stralunati. Era la prima volta che assistevano ad una dissezione di cadavere; qualcuno tratteneva ancora i conati.
- Nella nostra professione - continuò il primario, - si deve trattare ogni “pezzo” come un ingranaggio, senza timore o eccessivo rispetto. Dovete tenere sempre presente che un conto è la persona, l’essere umano che si rivolge a voi, un conto è il suo corpo. Il corpo è una macchina, di per sé. Soltanto una cosa.
Si avvicinò al lettino; due assistenti stavano già ricucendo il corpo dissezionato.
- Privato della vita, ogni corpo è un oggetto. Non sente dolore, non percepisce ciò che gli accade. Potreste eseguire su questo cadavere le azioni più turpi, ed esso reagirebbe come qualsiasi altra materia inanimata: non farebbe nulla. Il corpo umano è una macchina: se non terrete a mente questo non potrete mai curare un paziente, e non sarete mai veri medici. Ho finito.
Il primario gettò via i guanti sporchi e uscì, senza degnare nemmeno di uno sguardo il cadavere che aveva appena finito di svuotare per la sua lezione di anatomia.
Il cadavere che non avrebbe dovuto sentire nulla.
 
 
 
 
 
 
Qual è il confine tra il corpo e l’anima?
Quand’è che avranno fine le mie sensazioni?
 













Note finali: ebbene sì, la Fera ha scritto una storia originale e anche abbastanza truculenta. Yèèè!
Non diventerà mia abitudine scrivere cose schifose, tranquilli. L'ho fatto solo perché dovevo scrivere o una storia horror o un giallo... e beh, sono stata costretta a scegliere.
Essendo questo essenzialmente un ESPERIMENTO, gradisco MOLTO eventuali critiche, consigli e anche insulti. Qualsiasi cosa pensate possa aiutarmi a scrivere meglio di così, ditemela, per favore.
Grazie mille di aver letto.
Ferao
   
 
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