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Autore: Keitorin Asthore    09/11/2011    3 recensioni
Le cinque volte che Finn ha trasportato Kurt contro la sua volontà e la volta che Kurt gli ha chiesto di farlo. Scritto per il glee fluff meme
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Finn Hudson, Kurt Hummel
Note: Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: Glee appartiene a Ryan Murphy e alla Fox. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.

La versione originale della storia appartiene a Keitorin Asthore e la potete trovare qui

CHE TI PIACCIA O NO

Parte I: Pre-serie

Finn corse attraverso il parcheggio con lo zaino che gli rimbalzava sulle spalle. Era in ritardo e la campanella stava per suonare per la prima classe (*). Era solo la prima settimana di scuola e aveva sperato di poter arrivare almeno alla fine di settembre prima di prendere una nota di ritardo sulla sua scheda.

Passò davanti a uno dei grandi cassonetti verdi e si bloccò sul posto. Dalla cosa provenivano dei colpi, come se qualcosa fosse intrappolata dentro.

Stai calmo, Finn, si disse. Stai calmo. Anni di film di zombie ti hanno preparato per questo giorno.

Si avvicinò di qualche passo. Il pesante coperchio di metallo sobbalzò, facendo tintinnare i cardini. Cautamente fece scivolare lo zaino su un braccio, preparandosi a combattere, e con una sola mossa veloce sollevò il coperchio.

"Oh mio dio!" esclamò una voce acuta.

Sfortunatamente non fece in tempo a registrare che la creatura intrappolata nel cassonetto non era, alla fin fine, un morto vivente smanioso di mangiargli il cervello. Così, prima che potesse fermarsi, gettò in avanti lo zaino pesante, colpendo il ragazzo in faccia e rispendendolo sul fondo del cassone.

Finn sbatté gli occhi, mentre il suo cervello registrava lentamente l’accaduto e la botta di adrenalina defluiva. "Ehm… scusa" balbettò. "Stai, ehm, stai bene?".

"Mi hai colpito in faccia!".

"Mi dispiace! Ti serve aiuto?".

"Se per aiuto intendi una lavanderia a secco professionista e un massaggio shiatsu, allora sì".

Finn si accigliò. "Non c’è bisogno di imprecarmi contro" protestò. Si issò sul freno e guardò nell’interno buio e puzzolente. Il cassonetto era quasi vuoto, ma poteva vedere un ragazzo, più piccolo e probabilmente più giovane di lui, disteso sul fondo. "Seriamente, amico, ti serve una mano?".

Il ragazzo sospirò pesantemente. "Beh, apprezzerei molto se mi aiutassi a uscire da qui".

Finn tese una mano oltre il bordo. Il ragazzo si alzò lentamente, trasalendo leggermente mentre si raddrizzava. Era alto giusto quanto bastava per vedere oltre il bordo del cassonetto, e si guardò attorno impotente cercando una via d’uscita, gli occhi blu-verdi che catturavano la luce mattutina.

"Se riesci a salire sul lato, posso tirarti fuori" suggerì Finn.

Il ragazzo sospirò di nuovo. "È così umiliante" mormorò. Sollevò una gamba oltre il bordo; Finn si sorprese leggermente che un ragazzo tanto basso potesse arrivare così in alto. Si spinse su, mettendosi a cavalcioni, e piegò anche l’altra gamba per sedersi sull’orlo.

"Ecco, ti ho preso". Si allungò, prendendolo sotto le ascelle e lo sollevò oltre il lato del cassonetto. Era piuttosto facile da trasportare; non era particolarmente alto e decisamente tendente al magro. Non sembrava particolarmente felice di essere tirato fuori da un cassonetto e allontanato dal freno.

Con attenzione, Finn lo appoggiò in terra. "Grazie" disse lui allegramente, pulendosi la giacca blu cobalto dai resti di immondizia. Finn lo riconobbe e si sentì improvvisamente in colpa. Non conosceva il suo nome, ma era uno dei bersagli preferiti degli atleti del McKinley, visto che era così piccolo e facile da lanciare e… beh, abbastanza gay. Finn spostò il peso da un piede all’altro, a disagio.

"Mi sono abituato ai lanci nel cassonetto, ma preferirei sul serio che non chiudessero il coperchio la prossima volta" stava dicendo il ragazzo. "E non pensavo che l’avrei mai detto, ma preferisco quando è pieno. Almeno i sacchi impilati fuori possono essere usati come scaletta".

Finn osservò il ragazzo pulirsi i vestiti e sistemarsi i capelli. Era abbastanza pallido, tranne per il segno rosso che cominciava a spuntargli sulla guancia. "Sicuro di stare bene? Posso portarti in infermeria o qualcosa".

Il ragazzo gli fece un cenno di dissenso. "Tengo del Tylenol nell’armadietto" disse, sollevando la sua borsa a tracolla dimenticata in terra, la bocca che si piegava verso il basso alla vista di un nuovo, brutto segno sulla superficie. "Grazie, comunque. Per l’offerta e per avermi tirato fuori da lì".

"Nessuno problema". Impulsivamente, Finn tese la mano. "Sono Finn Hudson, tra parentesi".

L’altro quasi gli sorrise, gli occhi che saettavano dalla sua mano tesa al suo viso. Sembrava quasi sorpreso, anche se di cosa, Finn non era sicuro. "Kurt Hummel" disse, prendendo la mano cautamente.

Finn gliela strinse. La pelle di Kurt era morbida, perfino più morbida di quella di Quinn, ma le sue dita erano forti e affusolate. "Piacere di conoscerti".

Kurt si mise la borsa in spalla. "È stato fantastico, ma farei meglio a sbrigarmi prima di fare tardi".

Finn sbatté gli occhi mentre Kurt si avviava verso l’ingresso sud. "Oh, merda" imprecò, frugando nello zaino in cerca del suo programma, già accartocciato da qualche parte sul fondo. "Dove la mia prima classe?".

La prima campanella suonò e Finn gemette rumorosamente. Merda. Avrebbe di certo perso la prima classe. Tanto valeva cominciare a dirigersi verso l’aula della prima ora (*).

Parte II: The Rhodes Not Taken

"Amico, cosa ti sei fumato?" sbottò Finn. "MarioKart per la Wii è tipo, la cosa migliore di sempre".

"Questa è una blasfemia" obiettò Puck. "L’unico MarioKart davvero buono è la versione nintendo. La vecchia scuola non sbaglia mai".

"Ma i controllers della Wii sono mille volte migliori" protestò Finn. "È più facile girare e tutto il resto".

"Già, beh, sei solo arrabbiato perchè non sei stato capace di battermi alla Rainbow Road alla nintendo" ridacchiò Puck.

Finn roteò gli occhi. "Ogni volta che ci provi, finisci…". Puck si interruppe a metà frase. "Wow. Cos’ha Hummel che non va?".

"Sembra che l’abbia investito un camion" commentò Finn.

Kurt barcollava lungo il corridoio, con il completo grigio orribilmente sgualcito e la borsa a tracolla che pendeva dalla spalla. Il suo viso era arrossato e gli occhi blu annebbiati. Finn si accigliò. Non sembrava nemmeno Kurt.

Puck gli diede una gomitata. "Amico, è ubriaco" sghignazzò. "Non pensavo che avrebbe mai fatto qualcosa come presentarsi a scuola ubriaco. Di solito è qualcosa come, lo stereotipo del bravo bambino innocente".

Il cipiglio di Finn si intensificò. "Pensi che stia bene?".

"Beh, probabilmente ma… Oh, merda, sta per vomitare".

"Sei serio? Forse dovremmo…".

Kurt si piegò in avanti e ricoprì di vomito le scarpe della signorina Pillsbury.

"Oh".

Gli altri studenti nelle vicinanze balzarono fuori tiro, dando voce al loro disgusto. Kurt si appoggiò di peso agli armadietti, ancora stordito. La signorina Pillsbury fissava semplicemente il vuoto. "Signorina Pillsbury, sta bene?" la chiamò Finn. "Signorina Pillsbury?".

"Penso sia sotto shock, amico".

Kurt gemette. Finn gli appoggiò cautamente una mano sulla schiena e cercò di catturare il suo sguardo. "Kurt? Stai bene, amico?".

"Puzza d’alcool" commentò Puck. "E di fiori marci".

Kurt cercò di puntare un dito nella sua direzione, agitando il braccio. "Non fiori" obiettò con occhi vacui. "Chablis".

Puck arricciò il naso. "Che?".

"Uh-oh" assentì Finn. Aveva visto Kurt andare in giro con un thermos che assomigliava sospettosamente a quello di April, ma non aveva fatto due più due e intuito cosa Kurt stesse bevendo. E adesso Kurt si stava ripiegando contro gli armadietti con gli occhi vitrei e la bocca aperta. "Cavolo. D’accordo, Puck, tu aiuta la signorina Pillsbury mentre io porto Kurt in infermeria…".

"No, non là" lo bloccò la signorina Pillsbury, con occhi ancora grandi come piattini. "Portalo in aula canto e chiama suo padre per venirlo a prendere. Non voglio che si metta nei guai".

"Guai per cosa?" biascicò Kurt, chiaramente ignaro della sua condizione.

Finn sospirò e si inginocchiò, prendendolo cautamente per le ginocchia. "Okay, Kurt" disse, raddrizzandosi lentamente. "Se dai di stomaco sulla mia schiena, giuro che ti uccido".

Kurt ricadde sulla sua spalla, appoggiando la testa contro la sua schiena. Finn si mosse con attenzione nel corridoio, cercando di scuoterlo il minimo possibile. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era che riprendesse a vomitare. "Mettimi giù, io… Io posso camminare".

"No, non puoi" negò Finn, spostandolo sull’altra spalla.

Kurt sospirò, strofinando la guancia contro le sue scapole. "Beh, questo è carino". Finn roteò gli occhi.

Portò Kurt fino all’aula canto; l’improvvisata sessione di canto si interruppe bruscamente mentre gli altri membri del glee club si giravano a fissarli. "Dunque, indovina un po’ chi ha appena vomitato sopra le scarpe della signorina Pillsbury in mezzo al corridoio?" disse Finn allegramente.

Mercedes si fece strada verso di loro per guardare Kurt negli occhi. "Hai fatto che cosa, viso bianco?".

"Perchè sei a testa in giù?" gemette Kurt.

Finn lo trasportò verso le alzate e lo mise giù lentamente, facendolo sdraiare sulla schiena. Kurt sbatté pigramente gli occhi verso il soffitto. Quinn si sedette di fianco a lui e cominciò ad accarezzargli gentilmente la fronte. "Cosa è successo?".

"Ha borbottato qualcosa a proposito di Bambi. E poi ha rimesso su tutto il pavimento" raccontò Finn.

Kurt piazzò le mani sull’alzata e si spinse in una posizione seduta. "Hanno ucciso la mamma di Bambi" spiegò. Le sue labbra tremarono e strizzò gli occhi. "I cacciatori… Loro hanno ucciso la mamma di Bambi e dopo lui era così triste e… e… senza madre".

Finn ballò sui piedi a disagio. Kurt sembrava sul punto di piangere e non era sicuro di poter gestire la cosa. "Sta piangendo?".

Decise che era meglio andarsene prima che cominciasse a piangere. O vomitasse di nuovo. Perché quella era decisamente una schifezza.

Parte III: Funk

"Ragazzi" li chiamò il signor Schue sopra il chiacchiericcio. "Ragazzi, sentite, so che siete eccitati e sono felice di vedervi così dopo essere stati depressi così a lungo, ma dobbiamo lavorare a questo numero se vogliamo essere pronti per mostrarlo ai Vocal Adrenaline". I ragazzi abbassarono il volume a un sordo brusio mentre il professore li osservava con un ghigno. "Ora, chi vuole avere l’assolo d’apertura della canzone?".

Finn alzò la mano. "Penso che Artie possa farlo, signor Schue" propose. "Insomma, è una parte davvero bassa e lui può farcela".

"Ehi, che dici di me?" protestò Puck. "Anch’io potrei farlo".

La stanza si riempì di nuovo di chiacchiere mentre il glee club cominciava in fretta una discussione Puck versus Artie. Kurt alzo la mano, agitando le dita. "Signor Schue, se posso".

"Cosa c’è, Kurt?" domandò Schuester in tono assente mentre studiava lo spartito. "Hai pensato a qualcun altro oltre Artie o Puck".

"Io".

Tutte le teste si girarono nella sua direzione, quella di Finn inclusa. "Aspetta, stai scherzando, vero? Questa è quell’ironia che stavi cercando di spiegarmi prima".

"No, posso farlo" insistette Kurt. "Posso provare?".

Il signor Schue guardò prima lo spartito e poi di nuovo Kurt. "Certo, perché no?" disse, facendogli un cenno. "Vieni qui e prova".

Il gruppo si raccolse attorno al piano mentre Kurt prendeva il posto del solista di fianco a Brad. Santana sghignazzò. Rachel si piegò verso Finn. "Non c’è modo che Kurt possa raggiungere quelle note" gli sussurrò all’orecchio. "Insomma, il suo registro alto è assolutamente ben sviluppato, ma è lì che sta la sua forza, non nella parte bassa della sua estensione".

Finn annuì, fingendo di capire cosa stava dicendo.

Brad partì con l’introduzione del piano e Kurt batté leggermente il piede mentre contava il tempo. E allora si lanciò nell’assolo di apertura del loro numero funk nella voce più profonda che Finn avesse mai sentito uscire dalla sua bocca.

Rachel spalancò gli occhi. La mascella di Puck cadde. Brittany si guardò in giro in cerca del vero cantante. Kurt si limitò a sorridere sornione mentre completava l’assolo.

Ci fu un momento di attonito silenzio quando finì. Poi la stanza esplose.

"Oh mio dio!" strillò Tina.

"Amico, è stato bizzarro!" commentò Puck. "Ma fantastico allo stesso tempo!".

"M-ma non è possibile!" balbettò Rachel.

Kurt si scostò i capelli dalla fronte. "Sono un uomo dalle molteplici capacità, Rachel Berry".

"Amico!" esclamò Finn, afferrandolo per la vita e sollevandolo in aria. "Amico, è stato fortissimo!"-

"Mettimi giù!" gridò Kurt, calciando verso i suoi stinchi. Finn rise, tenendolo su senza difficoltà. "Mettimi giù, Finn Hudson, prima che la differenza di altitudine mi faccia venire un’emorragia nasale!".

"Ragazzi, penso che abbiamo il nostro solista" annunciò il signor Schue.

Artie sollevò le mani in segno di resa. "Kurt, hai talento".

"Grazie, grazie, lo apprezzo molto, ma può qualcuno per cortesia convincere Hudson a mettermi giù?" sbottò Kurt, dimenandosi nella presa di Finn.

"Sto solo cercando di mostrarti un po’ d’amore, amico" ghignò Finn, rimettendolo cautamente sui piedi.

Kurt tirò l’orlo del suo maglione stropicciato. "Grazie" disse, rigido.

Allora Brittany lo colpì allo stomaco.

Finn lo afferrò mentre si piegava in avanti. "Per cos’era quello?" ansimò Kurt.

"Beh, a volte le persone dicono che quando non riesci a parlare, hai un rospo incastrato in gola" spiegò Brittany. "Sembrava che l’avessi ingoiato, così stavo cercando di tirarlo fuori".

"Grazie del tentativo, Britty boo, ma quello non era decisamente d’aiuto" boccheggiò Kurt. Finn rise e gli diede una pacca sulla spalla.

Parte IV: Grilled Cheesus

Finn giocherellava ansiosamente con la sua penna. Non prestava attenzione alla lezione di storia nei giorni migliori, ma considerando che tutto quello che riusciva a pensare al momento era se il suo quasi-patrigno sarebbe uscito o no dal coma, era totalmente inutile.

Furtivamente, sbirciò oltre la spalla in direzione di Kurt. Di solito era il primo ad arrivare in classe e prendere posto in prima fila, ma ultimamente si faceva vedere sempre più tardi, accontentandosi di un banco in fondo. E di solito prendeva appunti perfettamente ordinati nei suoi quaderni a spirale colorati in codice, ma il quaderno sul banco di Kurt era ancora chiuso, la penna tappata al suo fianco. Kurt teneva il mento appoggiato in mano, fissando il planisfero attaccato al muro grigio. Sembrava pallido e gli occhi semichiusi erano cerchiato da ombre scure.

Finn deglutì e tornò a prestare attenzione alle parole scritte sulla lavagna bianca. Era abbastanza dura per lui, ma non poteva immaginare quanto dovesse essere dura per Kurt. Non aveva nemmeno sua madre a casa che si prendesse cura di lui. Era solo.

Almeno sua madre aveva finalmente convinto Kurt a stare con loro, invece che da solo nella sua casa vuota. Ma anche questo non era abbastanza. Kurt andava all’ospedale ogni giorno dopo scuola, rimanendo fino alle dieci passate, per poi guidare fino a casa Hudson e sedersi sul divano con i compiti sparsi di fronte a lui sul tavolino. Andava a letto dopo Finn e si alzava sempre prima di lui. A volte Finn si chiedeva se dormisse del tutto.

"Signor Hummel, sta ascoltando?" domandò la professoressa.

Come tutti in classe, Finn si girò a guardare. La testa di Kurt era appoggiata alle braccia incrociate, sopra il quaderno chiuso; i suoi occhi erano chiusi e le labbra pallide socchiuse. Stava dormendo.

Finn avvertì un improvviso senso di colpa stringergli il cuore e alzò la mano prima di potersi trattenere.

"Ehm, signorina Bedford, penso che stia male" balbettò. "Posso portarlo in infermeria".

L’insegnante gli scoccò un’occhiata circospetta. "Va bene, ma torna subito qui" disse, rigirandosi verso la lavagna per continuare la lezione.

Finn scivolò giù dalla sedia e si chinò di fianco al banco di Kurt. "Ehi" sussurrò, appoggiandogli una mano sulla schiena e scuotendolo leggermente. "Kurt, svegliati".

Kurt aprì gli occhi lentamente, le pupille dilatate e le iridi di un verde nebbioso. "Huh?".

"Ti sei addormentato" spiegò Finn, prendendo il quaderno da sotto le sue braccia incrociate e infilandolo nella sua borsa. "Ti porto in infermeria così puoi riposare".

Kurt si accigliò ma non oppose resistenza, mettendosi lentamente dritto e dondolando sui piedi. Finn si mise in spalla la sua borsa e lo prese per il braccio. "A titolo informativo, la prof pensa che stai male, perciò dovresti probabilmente reggere il gioco" gli sussurrò all’orecchio.

Kurt, ancora mezzo addormentato, si mise una mano sullo stomaco e rilasciò un debole gemito. L’insegnante annuì comprensiva mentre Finn lo conduceva in corridoio. Kurt sbatté gli occhi mentre la porta della classe si chiudeva dietro di loro. "Allora, che è successo?".

"Ti sei addormentato in classe" spiegò Finn. "Dormi mai di recente?".

Kurt scrollò le spalle, quasi inciampando nei suoi stessi piedi mentre seguiva Finn verso l’infermeria. Finn si fermò e lo sollevò senza problemi.

"Cosa stai facendo?" domandò Kurt, assonnato. "Mettimi giù".

"Sei troppo stanco per camminare".

Malgrado le sue proteste poco convinte, la sua testa crollò presto contro la spalla di Finn, che lo trasportò attraverso i corridoi silenziosi fino in infermeria, sollevato che, per amore dell’orgoglio di Kurt, nessuno li avesse visti. Non aveva mai notato quando leggero fosse Kurt. Faceva quasi paura, a essere onesti.

L’infermiera alzò lo sguardo dalla sua scrivania quando Finn entrò. "Cosa è successo?".

"È soltanto esausto" spiegò Finn. "Suo padre è in ospedale e si sta più o meno consumando da solo". Spostò un po’ il peso di Kurt tra le braccia. "Posso metterlo giù?".

"Certo, certo, lasciamolo dormire".

Finn portò Kurt verso uno dei lettini e lo mise giù con attenzione. Kurt sembrò risvegliarsi un pochino, aprendo appena gli occhi. "Fatti un pisolino, amico" gli sussurrò Finn. "Dirò a Mercedes dove sei così non andrà fuori di testa".

"Grazie" mormorò lui, girandosi sul fianco e seppellendo il viso nel cuscino, troppo stanco per obiettare.

Finn non riuscì a pensare a nient’altro da dire, così gli diede semplicemente una leggera pacca sulla spalla e tornò in classe.

Parte V: Furt

"Miglior. Matrimonio. Di sempre" disse Finn, appoggiandosi allo schienale della sedia.

"No, tu intendi miglior torta nuziale, a giudicare dalle tre fette che ti sei mangiato" commentò Kurt seccamente.

"No, no, davvero. Insomma, non è che sia andato a molti matrimonio, ma questo è stato davvero fenomenale. Molto meglio di quando si è sposato mio cugino, con una crostata (**) nuziale e il divieto di indossare scarpe".

"È stato davvero un bel matrimonio" concordò Kurt, sorridendo tra sé mentre distendeva le gambe.

I due novelli fratellastri studiarono la sala da ballo quasi vuota. La maggior parte degli invitati se n’era già andata e lo staff dell’hotel stava cominciando a pulire. "Allora, possiamo andare a casa, o cosa?".

"Penso di sì" annuì Kurt. "Ho lasciato istruzioni precise al direttore di eventi qui, perciò posso anche fermarmi qui domani per prendere il resto delle nostre cose".

Finn si spinse in piedi e distese le braccia con cautela. "Voglio solo andare a casa e togliermi questo completo".

"Non è così male" obiettò Kurt, appoggiandosi al tavolo mentre si alzava in piedi. "E non credere che non abbia notato che hai messo una cravatta a clip… ow".

Finn sbatté gli occhi. "Cosa c’è?".

Kurt si appoggiò al tavolo, abbassando lo sguardo sui piedi. "Non ho avuto il tempo di testare le scarpe prima del matrimonio e penso di avere le vesciche". Tentò cautamente un passo avanti. "Hm. Sì. Un sacco di vesciche".

"Vuoi che porti fino alla macchina?".

Kurt trasferì il suo peso dal tavolo allo schienale di una sedia. "No, no, posso farcela". Zoppicò pesantemente verso le porte. "Forza, andiamo a casa".

Finn lo afferrò per il retro del colletto, bloccandolo. "Non penso proprio. Finirai con il lamentarti da qui fino alla macchina se devi camminare. E sono troppo stanco per ascoltare i tuoi lamenti. Perciò, su, vieni".

"Vengo dove?" fece Kurt, prima di accigliarsi. "Non azzardarti a dire ‘è quello che dicono tutte’ (***)".

"Non lo farò, fintanto che mi permetti di portarti alla macchina. Andiamo, amico, più tempo brontoli, più tardi arriveremo a casa".

Kurt sospirò. "Va bene. Ma non ti è permesso parlare di questa cosa".

"Il ‘è quello che dicono tutte’ o il trasporto?".

"Entrambi".

Finn si piegò un pochino e Kurt gli circondò il collo con le braccia. "Tenterò di non farti cadere" scherzò Finn mentre si raddrizzava, issandosi Kurt sulla schiena.

"Se lo fai, giuro che ti denuncio".

"Cos’hai, cinque anni?".

"Sono io il fratello piccolo, dopo tutto".

"Vero".

Finn trasportò Kurt nell’atrio dell’hotel, guadagnandosi qualche occhiata perplessa dagli altri ospiti. Kurt offrì loro un saluto stile regina d’Inghilterra. "Pensi che dovremmo dire a quelli che veniamo da un matrimonio?".

"No, perché penserebbero che era il nostro matrimonio".

"Lo so. È questa la parte divertente". Finn roteò gli occhi mentre lo portava fuori. "Ti faccio cadere" lo minacciò.

Braccia e gambe di Kurt si strinsero all’istante attorno a lui. "Non osare!".

"Non lo faccio, non lo faccio".

A parte gli scherzi, Finn era piuttosto felice di essere riuscito a convincere Kurt a lasciarsi trasportare alla macchina. Il suo SUV era parcheggiato parecchio in alto nel garage dell’hotel; fargli percorrere quella distanza con le vesciche sarebbe stato semplicemente crudele.

"Sai, ho sempre voluto un fratellino" commentò Finn all’improvviso.

"Mi stai ancora prendendo in giro?" domandò Kurt, alzando un sopracciglio.

"No, no, sono serio. È quello che ho chiesto quando avevo cinque anni. Un fratellino. Credo tu sappia che non l’ho avuto".

"No, davvero?" boccheggiò Kurt, fingendosi scioccato.

Finn se lo aggiustò sulla schiena, tenendo le mani sulle sue gambe. "Insomma, sarebbe stato davvero forte avere un fratello allora, ma… è fantastico che siamo fratelli adesso, giusto?".

"Beh, io volevo una sorella maggiore. E tu, signore, non sei quello che ho chiesto".

"Davvero, amico. Ti faccio cadere".

Rimasero in silenzio per un momento. Finn sentì Kurt appoggiare il mento contro la sua spalla. Erano quasi alla macchina quando Kurt parlò di nuovo.

"Grazie per aver cantato per me" disse piano. "Le cose sono state… un po’ dure, ultimamente, e quello… quello ha significato molto".

Finn sorrise. "È a questo che servono i fratelli, amico".

Kurt lo picchiò piano sulla spalla. "Non azzardarti a chiamarmi ‘amico’".

E quella volta:

Finn era stravaccato sul divano, la testa precariamente sporta vicino al pavimento, sparando agli zombie. "Non mi importa cosa dice Puck, l’espansione di Red Dead Redemption è fantastica" mormorò a nessuno in particolare.

Il suo cellulare vibrò dalle profondità dei cuscini del divano; Finn si piegò e frugò in giro finché non lo trovò. Abbassò lo sguardo per controllare velocemente il messaggio.

Kurt: Ehi, Finn. Sei a casa?

Finn appoggiò il joystick sullo stomaco per un momento mentre scriveva una risposta.

Finn: Yeah. E qnd lasci da?

Tornò alla sua partita, solo per essere interrotto un attimo dopo da un altro ronzio.

Kurt: Immagino intendi la Dalton Academy? Sono partito un’ora fa.

Finn rispose, sperando che questo avrebbe posto fine alla cosa e di poter tornare al gioco.

Finn: forte

Apparentemente Kurt non si lasciava scoraggiare facilmente.

Kurt: Stai facendo niente in questo momento?

Finn roteò gli occhi. A volte Kurt lo frustrava come pochi al mondo.

Finn: gioco a rdd

Già. Kurt gli avrebbe risposto. E poco ma sicuro, il cellulare vibrò di nuovo.

Kurt: Puoi prenderti una veloce pausa dai tuoi cowboy zombificati?

Finn: xkè?

Kurt: Perché sono scivolato su una lastra di ghiaccio e preso una storta.

Finn si raddrizzò, lasciando cadere il joystick e fremendo per l’improvvisa scarica di sangue in testa.

Finn: amico, dv 6?

Kurt: Il vialetto.

Finn bloccò il gioco e corse fuori, fermandosi solo il tempo necessario per infilarsi le scarpe. La grande auto nera di Kurt era parcheggiata nel vialetto. "Amico!" chiamò.

"Lato del guidatore, Finn".

Finn girò attorno alla macchina. Kurt era seduto per terra nella sua uniforme della Dalton, il contenuto della sua borsa a tracolla sparso tutto intorno a lui. "Stai bene?" domandò Finn mentre si chinava di fianco a lui.

"A parte la caviglia, penso di sì" rispose Kurt, piegandosi in avanti. "Beh, ho sporto le mani quando sono caduto perciò mi sono un po’ sbucciato i palmi, ma a parte questo… tutto bene".

Cautamente Finn sollevò l’orlo dei pantaloni dell’uniforme di Kurt: la sua caviglia destra era già rossa e gonfia. "Amico, è uno schifo" commentò con aria compassionevole. Alzò lo sguardo verso il fratello. Il viso di Kurt era bianco e le sue labbra fermamente pressate insieme. "Vuoi che ti aiuti ad alzarti?".

Kurt si morse il labbro. "In verità, mi stavo chiedendo… se tu potessi… portarmi dentro. Non penso di riuscire a camminare".

"Certo" annuì Finn in fretta. "Certo, sicuro, posso farlo". Non gli sfuggì l’immediata espressione sollevata che si disegnò sul volto di Kurt. E di certo non gli sfuggì il modo in cui Kurt sollevò le braccia quando Finn si mosse verso di lui. Finn fece scivolare un braccio sotto le sue ginocchia e l’altro sotto le spalle, poi si alzò lentamente.

"Non camminare lì" lo avvisò Kurt. "È lì che c’è il ghiaccio. E credimi, è letale".

"Non lo farò, tranquillo" lo rassicurò Finn. Kurt rabbrividì un po’ per il freddo. "Da quando sei qui fuori?".

"Non molto" rispose Kurt, afferrando le maniche della camicia scozzese di Finn.

Finn lo trasportò fino alla sua camera e lo adagiò con attenzione sul letto. Kurt trasalì un po’ quando la caviglia dolorante toccò il materasso, ma si piegò velocemente per slacciarsi le scarpe.

"Vuoi che ti porti qualcosa?".

Kurt fece cadere le scarpe sul pavimento e si appoggiò ai cuscini. "Solo il kit di pronto soccorso, se non ti spiace".

Ci volle un po’, ma alla fine Finn ritornò con il kit del pronto soccorso, una confezione di piselli surgelati, un flacone di Tylenol e un bicchiere di succo. "Scusa se ci ho messo tanto" disse, giocherellando con gli oggetti che aveva in mano.

Kurt si slacciò la cravatta e la gettò sul pavimento a far compagnia alla giacca della Dalton e la camicia dell’uniforme. "Va bene" disse, sembrando stranamente più giovane e vulnerabile nella canottiera bianca e con i capelli scompigliati.

Finn gli passò il succo e il Tylenol e poi appoggiò il pacchetto di piselli sulla sua caviglia gonfia. "È quello che fa sempre mia mamma quando mi faccio male giocando a football".

Kurt piegò leggermente il piede sotto il pacco freddo. "Grazie. Non mangerò mai quei piselli, ma grazie".

"Non dirlo nemmeno".

Kurt alzò il coperchio del kit di pronto soccorso e ne tirò fuori dell’antisettico e un rotolo di garza. "Grazie dell’aiuto. Ora puoi anche tornare alla tua partita".

Finn esitò. "Beh…".

E questo è il motivo per quando Carole tornò a casa dal lavoro e trovò i due ragazzi rannicchiati sul letto di Kurt, una confezione di piselli mezza sciolta sulla caviglia di Kurt e le sue mani perfettamente bendate, mentre guardavano un film. "Tesoro, stai bene?" domandò, spostando il pacco e schiacciando leggermente il pollice contro l’arcobaleno di lividi sulla caviglia di Kurt.

"Oh, sto bene" disse Kurt con noncuranza, gli occhi incollati allo schermo.

"Mamma, sh! Ci hai fatto perdere la parte migliore e adesso devo tornare indietro" la rimproverò Finn. "Riesci a credere che non ha mai visto Anchorman?".

"È infantile, eppure esilarante".

"Adoro la lampada!" rise Finn.

Carole sorrise.

 

Note dell’autrice

Storia vera: sono un’amante dei fratelli Furt.

Ho preso questo prompt dal fluff meme perché all’epoca ero super bloccata e speravo che scrivere qualcos’altro come una drabble veloce potesse aiutarmi. Non l’ha fatto, ma il mio desiderio di scrivere è tornato a piena forza mi sentivo come se le mie pubblicazioni fossero così sporadiche ultimamente, così avrei dovuto postare qualcosa.

E poi, adoro Furt.

In più, ragazzi, ho Tumblr e dovreste davvero lasciare prompt per drabble nella mia ask box perché ho scritto delle piccole drabble su tumblr ed è COSÌ DIVERTENTE. Il link è nella mia biografia.

In più in più, aggiornerò Someday You Will Be Loved presto. Del tipo, spero stasera.

In più in più in più, la seconda parte è una riscrittura della mia one shot Awesome and Delicious. Che è stata tradotta in italiano. Grazie, dolce Silvia!

Note della traduttrice

Note alla traduzione:

(*) Nelle scuole americane, homeroom è il periodo che precede la prima ora, in cui gli insegnanti fanno annunci oppure è un periodo di studio libero, eccetera. Naturalmente visto che nel sistema scolastico italiano non esiste nulla del genere e non ricordo di aver mai sentito una traduzione migliore in qualche telefilm americano, passatemi buona la traduzione prima classe.

(**) "Crostata nuziale": in originale era wedding pie. Le "pie" in realtà non sono crostate, ma sono queste cose qui, che normalmente si tradurrebbe con un banale torta, visto che in italiano non esiste una distinzione tra le "pie" e le "cake". Ma in questo contesto dovevo mettere in evidenza la stranezza della cosa, visto che la torta nuziale tradizionale è "wedding cake".

(***) Okay, non sono sicura di aver fatto una traduzione che abbia senso, soprattutto quel dove abbinato al vengo (che col doppio senso non c’entra nulla), ma devo ammettere che ci ho messo trent’anni A) solo per cogliere il doppio senso che giustificasse il "è quello che dicono tutte" B) trovare una traduzione vagamente accettabile che continuasse a giustificare il "è quello che dicono tutte". Perciò prendentela per quello che è.

Okay, la cosa stava iniziando a diventare ridicola: questo è più o meno il quarto tentativo che faccio di pubblicare questa storia. Le altre volte, per un motivo o per l’altro, mi sono sempre interrotta prima di finire la rilettura o la stesura di queste stupide note.

Anyways, ah, furt, furt, furt, quanto vi adoro! Penso che storie di Caitlin siano uno dei motivi principali per cui proprio non riesco ad odiare Finn (l’altra essere l’adorabile faccia di Cory Monteith), nonostante RIB a volte sembra fare di tutto per farcelo odiare.

E comunque, tutto il mondo è migliore con un po’ di Hudmel.

See you soon!

  
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