Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: saraviktoria    10/11/2011    2 recensioni
"Justin, hai idea di cosa possa pensare una madre, se suo figlio se ne va di casa, con questo tempo?"
"non mi interessa. Sono arrabbiato"
"a me sì! Dammi il numero di tua madre" lo scarabocchiò arrabbiato su un foglietto. Chiamai a raccolta tutta la mia dignità, e quel poco di coraggio che avevo.
"pronto, signora Bieber?"
"sì. Chi parla?"
"mi chiamo Noelani Shefarsvili, la coreografa di suo figlio. Volevo chiederle se Justin potesse rimanere da me, per questa notte"
"ah, ecco dov'era finito! " si fermò a pensare "per me va bene , ma gli dica che domani lo voglio a casa. E che voglio delle scuse"
Genere: Comico, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Fanfic su artisti musicali--> Justin Bieber

Genere: comico, introspettivo, fluff (romantico)

Avvertimenti: linguaggio!, un po' OOC (almeno credo), Het

Rating: giallo

NdA: diciamo che non mi posso classificare tra le fan di Bieber, forse perché non ho 15 anni (forse qualcuno in più ;-)) ma ho sentito alcune sue canzoni e non sono per niente male. Per inciso, le ho sentite per caso alla radio, ma non importa. Ad ogni modo, credo non ci sia nessuno su cui non valga la pena di scrivere, e questa mia idea si adattava bene al personaggio. Perciò,

Buona lettura

Baci,

SaraViktoria

 

Introduzione:

"Justin, hai idea di cosa possa pensare una madre, se suo figlio se ne va di casa, con questo tempo?"

"non mi interessa. Sono arrabbiato"

"a me sì! Dammi il numero di tua madre" lo scarabocchiò arrabbiato su un foglietto. Chiamai a raccolta tutta la mia dignità, e quel poco di coraggio che avevo.

"pronto, signora Bieber?"

"sì. Chi parla?"

"mi chiamo Noelani Shefarsvili, la coreografa di suo figlio. Volevo chiederle se Justin potesse rimanere da me, per questa notte"

"ah, ecco dov'era finito! " si fermò a pensare "per me va bene , ma gli dica che domani lo voglio a casa. E che voglio delle scuse"

 

 

 

 

"non mi va. Punto. Non ci deve essere un motivo" mi impuntai, per l'ennesima volta.

"ma cazzo! Sei peggio della mia ex moglie. Una volta il mal di testa, un'altra volta sei stanca, domani ti devi svegliare presto … "

"e allora torna da lei! E lasciami dormire" esclamai, girandomi dall'altra parte. Non che in quel letto matrimoniale ci fosse molto spazio, comunque. Continuò a borbottare per qualche minuto

"cos'hai di tanto importante da fare, domani?" chiese, esasperato, alla fine

"sono problemi miei. Se ti fossi dato la pena di ascoltarmi, ogni tanto"

"non fare la moglie offesa, perché..."

"perché grazie a Dio non siamo sposati!" conclusi per lui, alzandomi di scatto. Presi il cuscino e scesi le scale. Per una notte sarei stata bene anche sul divano. Anche perché il giorno dopo sarei partita. Lo sapeva, vero?

Devo ammettere che stare con un uomo tanto più grande aveva i suoi rischi. Mi avevano avvertito, ma non li avevo ascoltati. Come al solito. E, come sempre, ne avevo pagato le conseguenze.

Quando il tuo ragazzo ha alle spalle un matrimonio e due figli, puoi solo sperare che abbia imparato dai suoi errori.

Quando continua a trattarti come una delle sue figlie, ti viene da chiedergli perché viene a letto con te.

Quando poi se ne frega di tutto quello che non sia sesso, ti girano le scatole.

Per inciso, il giorno dopo sarei dovuta partire per Savannah, dall'altra parte dello Stato. E lui a cosa pensava?

Avevo già preparato le valigie, ma continuavo ad avere la sensazione di essermi dimenticata qualcosa.

"amore ,facciamo pace?" chiese, la mattina seguente.

"quando torno" mormorai, assente, senza smettere di ricontrollare l'elenco delle cose da mettere in valigia.

"perché, dove vai?"

"ma lo vedi che non ascolti mai?"

"ti sto ascoltando adesso. Dove vai?"

"troppo tardi!" esclamai ,arrabbiata, afferrando la maniglia del trolley e uscendo di casa.

Avevo scelto di frequentare la Fire Groove di Los Angeles, allontanandomi dalla mia famiglia.

Avevo scelto di mettermi con lui, andando contro tutti.

Ero diventata corografa. Per lavorare mi sarei dovuta fare un viaggio di 2500 miglia.

Amavo un uomo che ultimamente se ne fregava di me.

Sentivo che era tutto sbagliato, e quello era uno dei tanti motivi che mi aveva spinto ad accettare un lavoro in Georgia. Prendermi una pausa dalla vita di LA, nelle campagne georgiane.

"si pregano i signori passeggeri del volo A-704 Los Angeles International- Savannah/Hilton Head di presentarsi al check-in"

Qualcuno correva, altri prendevano tranquillamente un caffè. Non viaggiavo tanto, di solito. E il trovarmi in un aeroporto mi dava una nuova sensazione. Quella sensazione di libertà che non provavo da tanto. Una sensazione piacevole, l'avere finalmente il controllo della mia vita. Perché in quel momento, potevo scegliere io. E scelsi di salire su quell'aereo, prendendo posto vicino a una donna dai capelli rosso fiammante.

Ero una ragazza insignificante, di quelle che -per fortuna- non attirano l'attenzione, in strada. I capelli, neri come gli occhi, alla pari, mi arrivavano quasi alla vita, anche se li raccoglievo spesso; vestivo in modo anonimo, con abiti da supermercato, rosa o avorio, perché mi piaceva come facevano risaltare la mia carnagione scura.

Forse solo la mia carnagione scura attirava l'attenzione. Avevo quel colore, abbronzato, tipico del Medio Oriente e, nell'epoca di terroristi e kamikaze, c'era chi ancora mi guardava con sospetto.

c'era gente abituata farsi otto ore di volo. Io non ero tra quelle persone, ma dovetti ammettere, una volta arrivata a destinazione, che ne era valsa la pena.

Anche in aeroporto c'era più calma, come se le persone no volessero disturbare. A Los Angeles ce se ne fregava degli altri, riducendo le gentilezze al minimo perché così si risparmiava tempo

"salve, signorina. Benvenuta a Savannah " ripeteva l'addetto ai controlli, a ogni passeggero che gli passava davanti. Gli sorrisi, un sorriso di riconoscenza.

Mi presentai davanti allo studio di registrazione un'ora dopo, dopo essermi persa per gli innumerevoli vicoli della città

"buongiorno" salutai la guardia all'ingresso "sono la signorina Shefarsvili, dovrei iniziare a lavorare qui oggi  " l'uomo controllò su un palmare, poi chiamò un collega perché mi accompagnasse dentro. l'atrio era spettacolare. Tutto era ricoperto di vetro nero lucido, dal pavimento alle pareti, alle scrivanie, alle decine di porte che si aprivano da un lato.

Era primavera, ma lì faceva già caldo. E io che mi ero data della stupida per aver messo degli shorts!

La seconda guardia mi lasciò in una stanza enorme, quadrata, in cui poco dopo entrò un uomo con i capelli corti e vestito come un rapper.

"Scooter Braun, piacere. Ci siamo sentiti qualche giorno fa" si presentò, stringendomi la mano.

"Noelani Shefarsvili, piacere mio " in quel momento entrò un altro uomo, di colore, con delle catene dorate sul petto

"ehi, Scott, questa è la nuova coreografa?" chiese, dando il cinque all'altro. Dietro di lui -ma di questo me ne accorsi dopo- era entrato un ragazzino, di forse quindici anni, biondo e decisamente basso.

"certo! Ti piace?" parlavano come se io non ci fossi. Mah!

"molto. Signorina, posso presentarle Justin?" strinsi la mano anche al bambino biondo.

"Noelani, piacere di conoscerti"

"che nome strano!" esclamò l'uomo di colore. Evitai di rispondere, non volevo essere licenziata il primo giorno.

Quando si furono calmati, ed ebbero smesso di fare battute idiote, mi feci spiegare in che cosa consisteva esattamente il mio lavoro

"questo ragazzo" indicò il biondo "sarà la prossima icona del pop" annunciò fiero Scooter

"ma per realizzare il suo sogno, ha bisogno di un bel video, su questa canzone" proseguì l'altro, che non si era nemmeno presentato. Premette un tasto sul computer e una bella melodia invase l'aria.

"si può fare" accettai, dopo aver sentito tutto il brano.

Ci stavo quasi ripensando, quando vidi il ragazzino in piedi, davanti a un telo grigio. Era impacciato, sembrava voler occupare meno spazio possibile.

"ehi, così non ci siamo" mormorai. Dovevo stare calma, anche ora che gli altri due se n'erano andati.  Mi misi di fianco a lui, imitandolo "ti sembra il modo di stare sul palco?"

"direi di no" rispose, atono, senza guardarmi.

Devo ammettere che fu difficile insegnargli qualche passo di danza. Devo anche ammettere che fu gratificante vedere come il video finito riceveva apprezzamenti su You Tube. Dopo che One Time entrò in classifica, mi proposero di continuare a lavorare per loro.

 

"hai quindici anni, Santo Cielo!" esclamai, esasperata. Erano passati tre mesi dal famoso video di One Time. Il bambino sbatté i piedi per terra

"e allora? Appunto perché ho quindici anni, Noe!"

"ok, ricominciamo. Lei è una ragazza e ti piace. Dov'è il problema?"

"e se non le piaccio?" era il momento di tirargli su il morale

"sei Justin Bieber, cazzo! Chiedile di uscire"

"fai in fretta, tu. Quanti anni hai, venti?"

"ventitré " corressi

"e a quanti anni sei uscita con un ragazzo per la prima volta?"

"a … dodici, suppongo. A New York non si fanno tutti questi problemi" mormorai.

Ma in fondo potevo capirlo. Dopo che era tornato a casa sua, in Canada, la popolarità lo aveva travolto. E improvvisamente, la possibilità di uscire con quella ragazza che gli piaceva da un secolo, sarebbe potuta diventare realtà. Se non fosse stato tanto timido.

Lasciai perdere, dato che quella discussione non sembrava portare da nessuna parte.

Avevamo legato molto in quei mesi. Al punto che preferiva passare la pausa pranzo con me, piuttosto che con i produttori del suo disco.

"Noe … " posai il bicchiere

"sì?"

" … tu sei sposata?"

"non ancora"

"fidanzata? " riprovò

"forse" presi fiato, davanti alla sua espressione sorpresa "è difficile da spiegare, ma …. " mi fermai ancora "sto con un uomo di trentotto anni, che ha alle spalle un matrimonio e dei figli. Due figli, per essere precisi. Diciamo che io lo amo. O almeno, credo di amarlo. Ma per lui ormai non conto più niente. E lo stare così lontano mi sta facendo capire che forse è ora di finirla"

"come puoi lasciare l'uomo che ami?"

"non puoi capire. Sono solo una ragazzina, probabilmente non è il vero amore. Ma lo è per me, in questo momento. Bisogna solo avere il coraggio di guardare più in là"

"non ero io il ragazzino?"
"tu sei un bambino, è diverso" ribattei, fregandogli due patatine dal cartone.

Avevo preso in affitto un piccolo monolocale, al dodicesimo piano di un palazzo, per il tempo che sarei rimasta lì. Non ricevevo mai visite, dato che non conoscevo nessuno del posto. Per questo mi preoccupai sentendo suonare il campanello. Quella sera pioveva a dirotto, tanto che alle nove avevo deciso di mettermi in camicia da notte -la mia camicia da notte di seta panna, regalo dei miei genitori- e rintanarmi sotto le coperte. Non ero abituata a quel clima, ecco tutto. Aprii la porta e per poco non urlai

"cosa ci fai qui, Jus? " era bagnato fradicio, i capelli che si attaccavano alla fronte, i vestiti che cascavano

"ho litigato con mia madre" spiegò, entrando

"e lei sa che sei qui?"

"no. Perché?"

"Justin, hai idea di cosa possa pensare una madre, se suo figlio se ne va di casa, con questo tempo?"

"non mi interessa. Sono arrabbiato"

"a me sì! Dammi il numero di tua madre" lo scarabocchiò arrabbiato su un foglietto. Chiamai a raccolta tutta la mia dignità, e quel poco di coraggio che avevo.

"pronto, signora Bieber?"

"sì. Chi parla?"

"mi chiamo Noelani Shefarsvili, la coreografa di suo figlio. Volevo chiederle se Justin potesse rimanere da me, per questa notte"

"ah, ecco dov'era finito! " si fermò a pensare "per me va bene , ma gli dica che domani lo voglio a casa. E che voglio delle scuse"

"grazie , signora. Buona notte" riattaccai, guardandolo con sguardo materno. Mi saltò addosso

"ti adoro!"

"fermo, che mi bagni! " risi "e non prenderla come abitudine" fece per sedersi sul divano-letto "fermo! Vai a cambiarti!"

Gli prestai una tuta che a me andava piuttosto larga. E che su di lui sembrava ancora più grande.

 

   
 
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