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Autore: Nero inchiostro    11/11/2011    2 recensioni
Ricordate la storia di Tom ed Erika? Non è mai finita perchè ho cancellato il mio account. Sì, sono la vecchia scrittrice di "Time of love, time of pain", qualcuno si ricorda di me??
Questo è il tanto atteso finale. Finalmente l'ho scritto.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao lettori e lettrici di EFP. Sono la vecchia _Black_Abyss_. Lo so, ho lasciato il sequel di “Time of love, time of pain” in sospeso. Ho cancellato il mio vecchio account quindi anche la prima storia è andata persa. Ci tenevo così tanto, mi fa triste pensarci. Scusate ma sto passando un periodo di confusione, non ascolto quasi più i Tokio Hotel e non so perché. Mi viene da piangere a pensarci, cinque anni che li seguo e adesso sono depressa al pensiero di non seguirli più come una volta. Quando ero una pazza che si andava a leggere ogni dettaglio della vita dei quattro tedeschi.

Ad ogni modo, voglio regalarvi questa one shot che spiega un po’ come finisce “Gegen meinen willen”. Spero vi piaccia, magari lasciatemi un commento, ne sarei davvero felice.

Per voi … vi voglio bene.

 

(Le parti in corsivo sono dal POV di Tom. Le altre da quello di Erika.)

 

Quando interviene il destino

 

Spingo la sedia a rotelle fino al grande tavolo bianco. Marmo, mi aveva detto Tom. Questo è marmo. E non avevo avuto niente da contro ribattere, ero stata zitta a guardare i suoi occhi grandi.

 

Mi accomodo su una sedia di pelle nera di fronte al tavolo. Una sedia che, secondo Erika, è scomoda d’estate perché la pelle ti si appiccica tutta sulla stoffa. Non le avevo detto niente, non avevo nemmeno sorriso ed ero rimasto a guardare quei suoi occhi assenti. Dove sei Erika?

 

Appoggio i gomiti sul tavolo e lo sento freddo sulla pelle. Ma più freddo è il silenzio. Più freddo di quello niente.

Alzo lo sguardo e lui è lì, seduto di fronte a me, non mi guarda. Guarda alla sua sinistra sperando che qualcuno lo venga a salvare, ma sa di non avere nessuno. Lo sa. Io sono il suo tutto e lui nemmeno mi guarda. Io gli ho donato l’anima e nemmeno mi guarda.

 

Guardo alla mia sinistra e spero di veder entrare mio fratello, ma sono passati i tempi in cui casa mia era casa sua e lo vedevo spuntare con la chiave di scorta in mano, un sorrisetto sulla faccia e un “la chiave era sotto lo zerbino”.

Lei è lì di fronte a me, mi guarda, lo so. Sento il suo sguardo pungente dritto su di me. L’aria la potrei tagliare con le dita, la tensione mi uccide.

 

“Hai portato Gustav alla partita di calcio?” Adesso lui non mi risponderà nemmeno, volterà la testa e sbufferà pensando a quanto gli manca la musica, dirà che non gliene frega nulla se nostro figlio deve vivere la sua vita senza la depressione del padre, mi dirà che sono una stupida e mi accuserà di avergli rovinato la vita, mi dirà che incontrarmi è stato il suo sbaglio più grande, mi dirà che al posto che mettere incinta me doveva provarci con una foca ed il risultato sarebbe stato migliore, mi dirà che devo stare zitta.

“Sì.” Sospira.

 

“Corinne resta a dormire da Bill, va bene?” Adesso mi dirà che prima dovevo parlarne, mi dirà che è una decisione che si deve prendere in due, che non posso sempre fare di testa mia, che Corinne è piccola e non può dormire dagli zii come se niente fosse senza nemmeno avvertirla, che sono uno stupido, che dovrei vergognarmi, che sono sempre preso dalla mancanza dalla musica che non mi accorgo nemmeno di vivere.

“Va bene.”

 

“Basta litigare Tom, vero?”

 

La sua voce è un pozzo di lacrime. La sento incrinarsi ogni volta che pronuncia il mio nome.

“Basta litigare.”

La sua voce è senza tono. Le sue parole mi trafiggono.

“Amore, non siamo costretti.”

“Io voglio farlo, non c’è altra soluzione.” E io ti amo, vorrei dirgli.

 

Un peso al petto quasi m’impedisce di respirare.

 

Una lama al petto quasi mette fine al mio continuo battere.

 

“Finiamola qui Erika, facciamolo e basta.”

Lei cerca di alzarsi, la vedo che fa leva con le braccia e scoraggiata, quando ricorda l’incidente, si ributta sulla sedia a rotelle e piange. E io la guardo. Le lacrime luccicano.

 

“Baciami … ti prego.”

Il tempo è pazzo e ruba tutto quello che resta.

 

Mi alzo e le accarezzo una guancia, lei subito mi afferra la mano e la tiene stretta. Chiudo gli occhi.

 

“Tutto quello che abbiamo costruito è solo polvere.”

 

“Tutto quello che abbiamo costruito una volta era solido, adesso è solo polvere, sì.”

 

“Ti amo.” E i suoi occhi mi guardano. E dentro me la polvere aumenta. “Tom, mi ami?”

 

“Lo sai.”

 

“E allora perché fai questo?”

 

“Lo sai.”

 

“Rispondimi!”

 

E mi sembra di essere ritornato al litigio di ieri sera e della sera precedente, di quella prima, di quella prima ancora. “Non ti dirò che ti amo, Erika.”

 

 E la polvere si tramuta in lacrime.

 

E le lacrime si tramutano in bacio.

 

Il mio pianto si tramuta in amore.

 

Il mio amore in cosa si è tramutato?

In tutti questi anni il mio pensiero era lei, lei, lei. Lei. Ed ora il mio amore in cosa si è tramutato?

 

Apro gli occhi e lui è di fronte a me, ancora. Finito il bacio. Finito il tocco. E so che sarà l’ultimo.

 

E dentro lei vedo ancora la ragazzina di cui mi sono innamorato, tutta libri e astio.

 

E la penna scorre fra le mie dita.

 

E il mio passato se ne va.

 

E la penna scorre fra le sue dita.

 

Il destino è crudele. Per quanto due persone si siano amate, abbiano gioito, sofferto, pianto, riso insieme, se c’è di mezzo il destino non c’è nulla da fare.

 

Mi sporgo e lo abbraccio. Lo tengo stretto a me e sento il suo cuore battere.  E piango. Lo tengo stretto a me e piango. E lui è fermo immobile, con le braccia lungo i fianchi aspettando che finisca tutto.

 

E mi incurvo, appoggio la mia testa sulla sua e piango. Ormai è l’unica cosa che so fare e lei mi tiene stretta come a non volermi lasciare andare via.

 

E sento il suo mento sulla mia testa. E lo tengo stretto mentre si divincola. E piango. E piango.

 

E sciolgo il suo abbraccio e lei si aggrappa forte.

 

E lui si volta e cammina a passo veloce.

 

E la porta sembra lontana come se non volesse arrivare mai.

 

E quei metri che lo separano dalla porta sembrano centimetri.

 

Ed esco da quella stanza.

 

E io rimango fissa con gli occhi sul tavolo di marmo. Marmo bianco. Bianchi i fogli, quasi il modulo del divorzio si confonde con il materiale.

 

Ti amo Erika.

 

Ti amo Tom.

 

 

  

*Angolino dell’autrice*

 

Ragazze … è finita così. Capite? È finita. Niente più Erika e Tom. Troppe litigate, troppi problemi. Ma loro si amano. Ma il destino quando divide non riunisce. Capite quant’è ingiusta la vita? È strana davvero.

 

   
 
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