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Autore: remsaverem    11/11/2011    1 recensioni
Se Ianto non fosse morto, cosa sarebbe successo, e Jack, cosa avrebbe fatto? - one shot- Personaggi: IANTO JONES, JACK HARKNESS CONTESTO: dopo la III stagione
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Another day in paradise

 

Si svegliò di soprassalto. Le coperte aggrovigliate ai piedi e la sensazione di essere appena scampato a un pericolo mortale.

Si trascinò fino al bagno ma non accese la luce, l’acqua fresca gli diede un po’ di sollievo. Aggrappato ai bordi del lavello inspirò profondamente, uno, due, tre, quattro volte.

Infine decise di tornare a letto, domandandosi stupidamente quante persone l’avrebbero riconosciuto ora, quanti dei suoi “amici” avrebbero potuto affermare che sì, lui era Ianto Jones.

 

 

“Non riesco a trovarlo, non lo trovo, Gwen!!” i primi tempi era stato così, un incessante susseguirsi di incubi che via via, invece di diminuire di intensità, diventavano sempre più cupi.

Leitmotiv delle urla nel cuore della notte era sempre lui: Jack.

Il fatto che fosse scomparso da mesi senza lasciare pressoché traccia non migliorava molto la situazione.

Le loro ricerche, così assidue all’inizio, erano risultate vane e con la polizia alle calcagna non era facile condurre indagini tenendo un basso profilo.

Erano rimasti soli, questa era l’amara verità che alla fine avevano ammesso entrambi.

Ma lui no, lui non poteva accettare che Jack li avesse lasciati per sempre.

E così, dopo aver origliato l’ennesimo battibecco tra Rhys e Gwen sul da farsi, aveva deciso di partire.

Da solo.

Avrebbe continuato lui, per tutti e due.

 

 

 

Dopotutto, pensava, Jack non poteva essersene andato molto lontano, privo del teletrasporto bruciato durante l’esplosione di Torchwood 4.

Doveva essere da qualche parte, sulla Terra, a respirare la loro stessa aria.

A volte credeva di essergli andato molto vicino, quando entrava in qualche taverna particolarmente vivace e animata o s’imbatteva in un luogo che pensava Jack avrebbe amato.

Altre volte, invece, si sentiva lontano mille miglia, lontano da tutto e da Jack in particolare come durante l’operazione 456.

Continuava a ripetersi che le cose sarebbero potute andare diversamente, se solo gli fosse stato più vicino, se fosse riuscito a indurlo a confidarsi, a fidarsi di lui.

Mentre si spostava da un posto a un altro pensava di arrivare a capire, quasi comprendere, le ragioni per cui Jack se n’era andato.

 Non avrebbe forse fatto la stessa cosa?

Quello che non riusciva a spiegarsi era perché non li avesse avvisati, perché li avesse abbandonati in quel modo, lui che una volta aveva detto di essere tornato per loro.

Perché, Jack, perché? si domandava angosciato rigirandosi nel letto di turno di una città sconosciuta.

In realtà quello che avrebbe voluto davvero domandargli era molto più egoistico. Perché non mi hai portato con te?

Qui stava il nocciolo della questione e Ianto, talvolta, pensava di volerlo trovare solo per chiedergli questo. E nient’altro.

 

 

Riflettendoci meglio, forse aveva sopravvalutato se stesso.

Si era detto che era una questione di giorni, di settimane, che poi si erano trasformati in mesi e … ora, per la seconda volta nella sua vita, si sentiva un fantasma.

 Era successa la stessa cosa dopo la morte di Lisa. Per tutto il periodo successivo aveva avvertito uno strano vuoto, come se non ci fosse più nessuno ad ancorarlo alla realtà, al mondo circostante.

Qualcuno più saggio di lui, forse si sarebbe arreso. Avrebbe mollato già da un pezzo. Ma lui non poteva, semplicemente non poteva.

Ed era diventata la sua ossessione, vedeva Jack ovunque, tra la calca di un centro commerciale, per le strade affollate di una capitale … e tutto gli ricordava l’amico scomparso.

Poteva considerarlo ancora così dopo tutto quel tempo? Lui e Jack erano stati molto più che amici, ma ogni tanto si sorprendeva a pensare che non ci fosse stato nulla, che si fossero solo presi in giro a vicenda. Altrimenti perché sarebbero arrivati a quel punto?

“Promettimi solo una cosa” gli aveva detto una volta.

Jack l’aveva guardato in modo strano, le promesse non gli piacevano, forse perché ne aveva infrante fin troppe “cosa?” gli aveva domandato distrattamente.

“Che non te ne andrai mai in un luogo dove non posso trovarti”.

Jack aveva annuito, ma non gli era parso molto convinto.

 

 

“Sei un idiota Jack, sei solo uno stupido” aveva gridato Ianto una notte, ubriaco, tirando bottiglie vuote sul molo di C.

Era per “quell’idiota” che lui aveva mollato la sua vita (o quello che ne era rimasto), per dare la caccia a una persona che non voleva farsi trovare.

 Si era promesso di smettere con le ricerche, aveva fatto i bagagli in fretta, acquistato un biglietto per il primo aereo in partenza per F., ma quando era arrivato all’aeroporto di nuovo quella sensazione: che gli mancasse qualcosa e che finché non avesse ritrovato Jack non sarebbe mai scomparsa.

 

 

Così si era rimesso all’opera, con rinnovate energie, accumulando chilometri e una delusione dietro l’altra. Le telefonate di aggiornamento con Gwen si erano diradate, fino a scomparire del tutto.

Non sapeva dove si fosse nascosta, l’ultimo contatto con lei risaliva a mesi prima, quando l’aveva raggiunto in quel buco a Bangkok, decisa a farlo desistere.

 L’aveva trovato ridotto piuttosto male, dopo una rissa in un locale.

Ne aveva raccattato i pezzi e l’aveva riportato in albergo, dove l’aveva rimesso in sesto o, almeno, ci aveva provato.

Poi avevano litigato.

Dopo una bella serata trascorsa a rivangare i bei momenti trascorsi a Torchwood lei aveva sferrato il suo attacco.

“Dovresti smetterla Ianto” gli aveva sussurrato a un tratto, improvvisamente seria.

Lui si era irrigidito.

“Tua sorella la pensa come me” aveva aggiunto lei tutto d’un fiato.

“Non coinvolgere mia sorella” aveva ribattuto lui tagliente, cercando un pretesto per attaccar briga “tu non sai niente”.

“Quello che so è che non puoi andare avanti così e nemmeno io, Rhys …”

“E allora vattene!!” gli aveva urlato lui “vattene come ha fatto lui, vattene con il tuo prezioso Rhys, vattene via, sparisci …”

“I. io non …” aveva cercato di placarlo, di riportare la conversazione sui binari, ma lui non si era lasciato abbindolare.

“Vattene Gwen, torna in Inghilterra, o dove diavolo hai intenzione di andare a vivere, me la caverò da solo, non ho bisogno di te, ho soltanto bisogno di trovare Jack, lui …” e si era bloccato, incerto su come continuare.

“Lui cosa Ianto?” a quel punto anche Gwen aveva alzato la voce “cosa farà Jack? Uno dei suoi miracoli? Se n’è andato Ianto. Se n’è andato per sempre e tu dovresti saperlo meglio di me!!”

“Non è vero, lui non …” aveva cercato di ribattere, con la voce impastata.

“Cosa vuoi aspettarti da un uomo che ha fatto quello che …” si era morsa la lingua, poi aveva sbattuto con forza il bicchiere sul bancone e aveva fatto per andarsene.

Giunta sulla soglia però si era fermata ed era tornata indietro.

Sprofondato sul bancone Ianto le dava le spalle.

Lei si era avvicinata da dietro e, delicatamente, gli aveva dato un bacio sulla fronte e gli aveva arruffato i capelli.

Non si erano più sentiti.

 

 

Adesso si trovava lì, a S.P. Nel freddo dell’inverno russo. Le occhiaie lunghe, la barba incolta, un gelo persistente e di Jack nessuna traccia.

Mentre osservava l’alba sul mare ghiacciato pensava a come sarebbe stato bello condividere quel paesaggio con lui, con Jack.

Poi era sopraggiunta la collera.

Nella mano stringeva ancora l’orologio che Jack aveva indossato fino al giorno del disastro. Aveva sentito l’impulso di liberarsene, scagliandolo lontano.

Poi aveva fatto per andarsene. Basta, sarebbe tornano indietro, avrebbe ripreso la sua vita interrotta …

Infine era tornato indietro, cercando l’orologio sulla spiaggia, inutilmente, mentre le lacrime gli ostruivano la vista e i singhiozzi gli mozzavano il fiato. Era sopraggiunta la notte e lui era ancora lì, a rabbrividire per il freddo.

L’aveva salvato un barbone che l’aveva trovato svenuto in un angolo e l’aveva trascinato vicino al fuoco.

 

 

 

Era tornato a casa, in incognito.

“Gli hai dato troppo” gli aveva detto sua sorella abbracciandolo.

“Non abbastanza” aveva pensato lui, ricordando tutte le volte che J. l’aveva salvato, che li aveva salvati tutti quanti, senza chiedere nulla in cambio.

Per tutte le volte in cui lui era stato lì, presente, con il suo coraggio, anche in quell’ultima occasione con i 456…

Si ostinava a credere che Jack meritasse di avere almeno una persona a cui mancare, almeno uno cui importasse di lui, dopo tutto quello che aveva fatto. Tutto però remava contro questa convinzione.

Era peggio che con Lisa, allora aveva dovuto far fronte all’ineluttabile, quello che provava per Jack invece era un dolore costante che non poteva essere arginato, che non trovava sbocchi, se non nella decisione assurda di un uomo che, un tempo, aveva creduto di amare.

L’entusiasmo e la fiducia che lo avevano accompagnato al principio delle sue ricerche si erano spenti e con essi gran parte delle sue speranze.

 Al dolore era seguito il tedio, la noia, spesso non riusciva nemmeno ad alzarsi dal letto, finché …

 

 

 

Scivolò dolcemente tra le porte a scorrimento veloce.

Nessuno gli badò.

Con un camice bianco era uno come tutti gli altri, un’infermiera gli si avvicinò persino per chiedergli un consulto.

Lui disse di essere occupato e puntò verso il 4° piano.

Quando arrivò all’entrata si bloccò, la mano sulla maniglia.

Che cosa l’aveva trattenuto fino a quel momento?

Era forse vigliaccheria, come gli aveva suggerito Rhiannon, la sorella di Ianto?

Quando aveva saputo di Ianto era accorso.

Era tornato a C. ma, una volta lì, non aveva saputo cosa fare.

Si aggirava di notte, davanti alla casa di Rhiannon, perso, per la prima volta senza sapere cosa fare, lui, che era sempre stato così lucido e risoluto sul da farsi.

Anche durante la sua fuga aveva avuto le idee chiare: andare il più lontano possibile.

Da chi, da cosa? Da Gwen, da Ianto, da sua figlia, da …? Non lo sapeva.

Sapeva soltanto che doveva andarsene e in fretta.

“Smettila di andare avanti e indietro, entra, l’auto civetta sta per passare” gli aveva gridato A., il marito di Rhiannon, una sera.

Così era entrato, la testa incassata nelle spalle, gli occhi puntati al suolo.

“Non startene lì imbambolato sulla soglia, siediti” gli aveva intimato lei e Jack aveva capito subito che si trattava di Rhia.

“Dobbiamo parlare” aveva affermato la donna e con un cenno del capo aveva allontanato marito e figli.

Erano rimasti soli.

Lei lo aveva studiato attentamente.

“Mi ha detto che eri bello” aveva esclamato infine.

Lui non aveva potuto fare a meno di sorridere.

R. però si era fatta seria “mi devi un favore, anzi più di uno”.

Jack l’aveva guardata sbigottito: di che diavolo stava parlando?

“Primo,” e qui aveva fatto una pausa, significativa per una donna che non sapeva cosa volesse dire la parola tacere “ NON ti azzardare mai più a scomparire così!” gli aveva urlato tirandogli un pugno su una spalla.

“Ahi, ma cosa …” non si aspettava certo un’aggressione. Rhia però era un furia e tirava sberle niente male.

“Ho detto che non devi azzardarti mai più ad andartene in quella maniera” aveva gridato alla fine, fermandosi.

“Sai, quello che abbiamo passato? Sai quello che … quello che ha passato Ianto? Puoi almeno immaginartelo?”.

“Io non …” Jack non aveva saputo cosa rispondere.

“Lui ti ha cercato Jack, non ti ha mai dimenticato, ti ha dato la caccia come …” R. quasi non riusciva a parlare per la stizza. Aveva sognato a lungo quel momento e adesso che si trovava davanti la causa di tutti i suoi tormenti, non riusciva a spiegarsi. Trasse un profondo respiro.

“Mi, mi dispiace, io non sapevo”.

R. lo guardò storto “mi ha detto che avresti detto così. Già. Vedrai, un giorno lui tornerà mi diceva sempre. E ci credeva davvero, il mio stupido fratello minore credeva davvero che tu …” poi scosse la testa, con forza “e adesso spiegami, dimmi perché sei qui”.

“Io … ho saputo che tuo fratello, I. è in ospedale e …”

“Ah e allora hai pensato bene di tornare, tu, eroe dei miei stivali” l’aveva attaccato di nuovo ”ma ora, ora è troppo facile, io … non ti permetterò di ….” Le parole  di Rhia suonavano indistinte, fino a trasformarsi in un mugolio.

Stava piangendo.

Jack provò a confortarla, ma Rhia si rivoltò come punta da una vipera “non ci provare capitano Harkness, posto che questo sia il tuo vero nome, non ci provare, mio fratello mi teneva nascoste molte cose ma questo lo capisco anche da me!”.

“Oh sì” aveva proseguito Rhiannon asciugandosi gli occhi con un fazzoletto “so come siete fatti voi, uomini di mondo, ve ne andate quando la gente ha più bisogno e poi …” qui Rhia si interruppe tormentandosi le mani.

“Mi dispiace, Rhiannon, mi dispiace, non so che altro dire …” ripetè Jack.

 Quante volte aveva chiesto perdono, ad amici, amanti, sconosciuti … quante persone aveva deluso e poi implorato … ed eccolo lì, adesso, davanti all’emotiva sorella dell’uomo che giaceva in un letto d’ospedale, l’uomo per cui sarebbe stato disposto a dare la vita, un tempo, senza pensarci un momento.

“Quando Ianto mi ha parlato di te io avevo capito che eri pericoloso” aveva ripreso Rhia “sapevo che in te c’era qualcosa che non andava, ma lui era così … io volevo solo che mio fratello fosse felice. Solo questo e invece …”

Jack le prese la mano, questa volta Rhia non si sottrasse.

“Tu non ti meriti Ianto” esclamò lei, infine “ma lui ha scelto te e se adesso non vai da lui, giuro che ti staccherò la testa con le mie mani”.

 

 

 

La stanza era immersa nel silenzio. Si udiva solo il ticchettio dei macchinari.

Rhia  gli aveva spiegato com’era successo, ma lui ancora non se ne capacitava.

Alla fine l’avevano trovato, quelli che gli davano la caccia, a lui, a Jack, a Gwen, gli ultimi sopravvissuti di Torchwood 4.

L’avevano preso presso il cantiere navale di J.

Si era detto che quel momento, prima o poi, sarebbe dovuto arrivare e che, anzi, era sfuggito loro fin troppo a lungo.

Era così stanco, stanco di essere un fuggiasco, stanco di essere colui che Jack non aveva voluto al suo fianco nel momento di maggior bisogno.

Nonostante ciò aveva fatto un ultimo tentativo di scappare dalle mani dei suoi inseguitori.

Non era mai stato particolarmente agile, ma per esigenze di lavoro, gli inseguimenti con Torchwood non mancavano mai, era molto migliorato.

Le sue doti ginniche però non l’avevano salvato da uno scivolone di 7 metri dal tetto di un conteiner.

Per sua sfortuna, o fortuna c’erano alcuni operai al lavoro che avevano chiamato un’ambulanza.

 Era stato trasportato d’urgenza al CV Hospital e lì i membri dell’unità che gli dava la caccia lo piantonavano in attesa di mettere le mani su di lui.

In realtà, se non fosse stato per l’opposizione di un medico coraggioso, quelli del X: l’avrebbero già trasferito, ma per il momento erano bloccati dalla burocrazia.

 

 

“Ci ritroviamo qui” sussurrò Jack muovendo qualche passo verso il letto “buffo dopotutto … mi hai cercato così a lungo e adesso sono io che vengo a trovare te”.

Ianto giaceva circondato dai macchinari.

“Io non capisco sai, come siamo arrivati qui … quando ho … quando Steven … ” le parole esitavano a formarsi per dare corpo a una frase che fosse meno mostruosa di : ho ucciso mio nipote, l’unico figlio di mia figlia. Ho commesso un delitto imperdonabile e non c’è posto così lontano da permettermi di dimenticare.

“Non volevo coinvolgere te, me ne sono andato perché voi poteste avere una vita, tu e Gwen … pensavo …  non so … che avrebbero seguito solo me … che … “ ma non c’era nulla che potesse spiegare quello che aveva fatto.

 Non c’erano termini adatti per la mostruosità perpetrata.

L’aveva capito subito, ancor prima di premere quel pulsante, mentre la sua unica figlia batteva forte contro la porta, implorandolo di fermarsi.

Si era macchiato del sangue del suo sangue e questo era un peccato mortale, che nessuno mai avrebbe potuto lavar via. Nemmeno Alice, nemmeno sua figlia nell’improbabile caso in cui …

“Mi dispiace” fu tutto quello che riuscì a dire, sfiorando la mano di Ianto. Lo pensava veramente, ma questo non diminuiva il suo senso di colpa.

“Mi dispiace” ripetè piano “non volevo che succedesse questo, non volevo io … ho sbagliato tutto lo so”.

Niente, Ianto sembrava solo profondamente addormentato.

“Se potessi rifarei tutto, lo sai Ianto” e gli strinse forte la mano “ farei tutto in modo diverso”.

Gli sfiorò i capelli e si avvicinò di più “non ho mai voluto che tu soffrissi per causa mia”.

“Ora devo andare, ma ti prometto una cosa, non lascerò che ti portino via … o tua sorella potrebbe arrabbiarsi e penso tu sappia com’è quando si arrabbia”.

Gli diede un leggero bacio sulla fronte e si incamminò verso l’uscita.

“È  tremenda vero?”.

Era appena un sussurro e lì per lì Jack pensò di essersi sbagliato, che non poteva essere …

“Jack …”.

Jack tornò sui suoi passi “ehi, come stai? Non vedi sforzarti, non …”

Poi sorrise, e quando mai gli aveva dato ascolto?

“Ianto io…”

Ianto gli fece segno di tacere “non m’importa … a me non importa Jack … sono contento che sei qui”.

Jack annuì “mi dispiace, per tutto quello che è successo, non  …”

“Non ci riesci proprio eh Jack? Vieni qui”.

Jack si avvicinò esitante.

“Sei proprio tu” esclamò Ianto sfiorandogli il camice che gli dava un aspetto strano. E sorrise, nonostante le cicatrici e le escoriazioni.

“Non volevo che ti accadesse questo, è tutta colpa mia”.

“No” ribattè Ianto scuotendo la testa con forza “non dirlo più, non dirlo mai … non … “ ebbe un eccesso di tosse, ma si riprese subito “so che hai fatto quello che hai potuto …”

Jack si ribellò “ho ucciso, consapevolmente un innocente, un bambino innocente, come ne ho sacrificati altri anni fa … che diritto avevo dimmi, che diritto avevo di …” inspirò profondamente per non lasciarsi travolgere dall’ira, dal disgusto di sé.

“Non pensi di esserti punito abbastanza Jack?” domandò Ianto con un filo di voce.

Jack scosse la testa “non sarà mai abbastanza Ianto, non c’è nessuno che … potevo scegliere, potevo scegliere e invece  … “ a quel punto le lacrime scorrevano copiose sul suo volto, ma non gliene importava.

Non gli importava se Ianto lo vedeva piangere. Non gli importava più di nulla, come non gli era importato di nulla dopo aver premuto quel pulsante.

 Quello che aveva marcato la sua entrata nel regno degli inferi.

Erano tante le cose di cui si pentiva nella sua lunga, troppo lunga vita, ma quella … oh quella, superava anche la disgrazia di aver lasciato la mano di Grey.

Almeno, in quell’occasione aveva una scusa: era un bambino. Ora invece…

Si può sopravvivere a una cosa simile? si era chiesto talvolta, e come sarebbe sopravvissuta sua figlia alla perdita di Steven?

Perché lui doveva perdere tutti coloro che amava, perché riusciva sempre a ferirli irreparabilmente e a farsi odiare da loro?

Che cosa c’era di così sbagliato in lui?

Era un mostro, come gli aveva detto qualcuno in passato, e non senza ragione. Solo un mostro avrebbe fatto una cosa simile a una figlia.

Quello che tutti ignoravano però era che benché fosse immortale, una parte di lui era morta per sempre quando aveva preso quella decisione. Le aveva detto addio in sordina, perché, lo sapeva, non sarebbe più tornata.

A poco a poco la sua anima si era ritirata in regioni che non sapeva nemmeno di possedere, era fuggito da tutto e da tutti, nel tentativo di evitare quell’urlo disumano che lacerava le sue notti e lo seguiva ovunque.

Aveva viaggiato, ma non aveva dimenticato.

Era impossibile.

Le immagini di quel giorno erano marchiate a fuoco nella sua mente e scorrevano come in un caleidoscopio impazzito, ogni volta che non stava attento, che non teneva il cervello occupato su qualcosa.

Aveva detto addio agli amici, non perché volesse allontanarsi da loro, ma perché non aveva più il coraggio di guardarli in faccia. Come poteva essere il coraggioso capitano Harkness che salva il mondo quando … e cosa avrebbe pensato il vero Jack Harkness se solo avesse saputo?

 L’avrebbe ripudiato anche lui, alla fine lo facevano tutti.

 

“È vero, Jack, tu sei responsabile della sua morte” iniziò Ianto, piano.

Jack rabbrividì.

“l’hai ucciso, eppure gli volevi bene, tu amavi quel bambino e anche Alice …”

Jack annuì incapace di parlare.

 “Io ti perdono Jack, ti perdono per quello che hai fatto” sussurrò Ianto.
“N-non puoi, nessuno può  …” aveva risposto Jack con voce rotta.

“È questo quello che credi? È così che vuoi continuare a vivere? Il Jack Harkness che conoscevo non si sarebbe mai comportato così!”

“Non c’è più Ianto, quella persona non c’è più e mi chiedo se sia mai esistita …” mormorò Jack, incapace di guardarlo in volto.

“Ma io ti amo Jack …”

Jack si scostò, le lacrime avevano ripreso a scendere copiose “no, no no, tu non puoi, Ianto, tu non puoi … dopo quello che ho fatto” arretrò fino alla parete, lasciandosi scivolare fino al pavimento “non devi”.

Ianto si avvicinò, inginocchiandosi con cautela vicino a lui “io c’ero Jack” mormorò posandogli una mano su una spalla “io c’ero e so quanto ti è costato”.

“ … E infatti mi dicevi di non farlo …  avrei dovuto darti ascolto “ mugolò Jack per tutta risposta.

Ianto scosse la testa “e sarebbero tutti morti”.

“Alice mi parlerebbe ancora e Steven …  Steven … che cosa ho fatto? Che cosa ho fatto Ianto?” esclamò Jack esaminandosi le mani, come se fossero sporche del sangue versato.

“Hai fatto quello che dovevi, come sempre, senza pensare alle conseguenze per te, come sempre …” rispose Ianto abbracciandolo.

Jack cercò di divincolarsi “e se non fosse stato Steven eh Ianto, ci hai mai pensato? Se si fosse trattato di David o Mica? Ora mi odieresti anche tu”. Era questo che l’aveva condotto lontano, l’incubo che anche Ianto lo odiasse, dopo quello che era successo. E non poteva accettare che Ianto non lo amasse più. Alice era già abbastanza.

“Sh … stai un po’ zitto” fece Ianto carezzandogli la testa. Sì, ci aveva pensato e spesso, senza trovare risposta, forse perché semplicemente non ce n’erano.

 

 

“Ora siamo insieme” riprese Ianto, dopo un po’.

“E questo cosa cambia?” Jack aveva smesso di cercare di divincolarsi e cominciava a trovarsi a suo agio tra le braccia di Ianto, ascoltare il suo cuore battere aveva un effetto calmante. Avrebbe potuto rimanere così per sempre.

“Oh, un sacco di cose” ruppe l’incantesimo Ianto “innanzitutto devi farmi uscire da qui, a proposito come sei entrato?”

Jack si lasciò andare a un fugace sogghigno.

“Aspetta, non dirmelo, non voglio saperlo”.

Rimasero così, per un po’, persi ciascuno nei propri pensieri. Ianto, felice di aver ritrovato l’uomo che aveva cercato così a lungo e Jack … bè Jack sapeva che niente li avrebbe più divisi.

“Ce l’hai ancora quel cappotto?” domandò Ianto dopo un po’.

“Certo, non lo lascerei per nulla al mondo, ho tanti bei ricordi …” rispose Jack con un sorriso.

“Ottimo” fece Ianto con una risata.

 

 

fine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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