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Autore: Doe    12/11/2011    3 recensioni
DAL TESTO:
- Ciao Dam.
Dam. Solo lei mi chiamava così.
Detestavo i diminuitivi, ma non mi ero mai lamentato, con lei. Per gli amici si ha sempre un diminutivo.
- Felice di rivederti, Rose.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premetto che non è chissà che - e no, non sono afflitta da falsa modestia, dico solo ciò che penso. E' che, non so a voi, ma a me un po' manca il personaggio di Rose. E penso che Damon avrebbe davvero bisogno di lei, al momento. Quindi ecco qua la nuova OS che la mia mente diversamente-normale ha partorito.

Quasi dimenticavo, mi hanno fornito l'ispirazione due aforismi che troverete all'inizio e alla fine del racconto.

 

 

It's never wrong

 

 E non le posso dire che con il tempo passa perché non è vero, non passa.

E' solo che uno si abitua a convivere con il dolore. [...]

Arriva un momento, una mattina, che ti svegli, ti vesti ed esci di casa.

Senti che la vita continua, che è più forte e che, bene o male, tu ci sei dentro.

Allora prendi un respiro e ricominci a camminare con la tua ferita.

- L'uomo che ama

 

Il paesaggio che si estendeva davanti ai miei occhi era tanto bello e piacevole alla vista, quanto conosciuto. Un’infinita landa verde chiaro, di cui non si riusciva a scorgere il confine o dove terra e cielo si dividevano. Quest’ultimo era limpido e privo di nuvole, e mi riusciva difficile guardarlo per via degli accecanti e caldi raggi solari.

Mi preoccupai subito di controllare che portassi il mio anello al dito.

Sì, era lì.

Ma io come avevo fatto a raggiungere quel posto?

L’ultima cosa che ricordavo era di essermi scolato una bottiglia e mezza di bourbon. Poi, più niente.

Forse, mi ero addormentato. Forse, quindi, ero nel bel mezzo di un sogno.

Rimasi immobile ad osservare il paesaggio. Inutile cercarla. Sapevo che, a momenti, sarebbe venuta lei da me.

Ed infatti, un attimo dopo, la scorsi in lontananza, col suo sorriso di scherno e il nasino all’insù.

Mi ero aspettato di trovarla in abiti medievali e con i lunghi capelli castano-dorati sciolti, in onde, sulle spalle; invece, la ragazza che mi veniva incontro aveva i disordinati capelli corti ben noti, jeans attillati, una canotta aderente e, ai piedi, un paio di All Star.

Sorrisi. Era tale e quale a come l’avevo conosciuta.

- Ciao Dam.

Dam. Solo lei mi chiamava così.

Detestavo i diminuitivi, ma non mi ero mai lamentato, con lei. Per gli amici si ha sempre un diminutivo.

- Felice di rivederti, Rose. – Ricambiai il sorriso.

- Giusto per curiosità –, continuai con sarcasmo, - sono morto?

- No. In quel caso potrei colpirti -, rispose, mimando un pugno che mi attraversò lo stomaco senza provocarmi alcun dolore. Avvertii solo un soffio d’aria gelida, nel punto in cui mi aveva colpito.

- Oh, ma che peccato. - Feci un’espressione corrucciata. Lei rise.

- Quindi, che ci faccio qui?

- Mi deludi, Damon Salvatore. Ti facevo più intuitivo. – Questa volta toccò a lei corrucciarsi.

Sghignazzai. Poi ridivenni subito serio.

- Mi sei mancata -, dissi con mia stessa sorpresa, dato che credevo di averlo solo pensato.

Non avevo mai dato voce ai miei sentimenti così istintivamente, fatta eccezione per particolari circostanze – quando ero furioso, sconvolto o ubriaco.

Non era da me.

Mi convinsi, sempre più, di stare sognando.

- Mi sei mancato anche tu, ragazzone sexy. - Sorrise.

Per una manciata di minuti nessuno dei due parlò. Si udiva solo lo scrosciare di un ruscello, in lontananza, e il canto di un paio di grilli che annunciavano l’arrivo della sera, di lì a poco.

Il cielo, infatti, si era improvvisamente tinto a sfumature che variavano dall’arancio del sole calante, al viola, al blu, nel punto più alto.

Sembrava talmente vero quanto irreale.

- Perché sei qui, Dam?

- Speravo potessi dirmelo tu.

- Andiamo, idiota. Nessuno appare nei sogni di qualcun altro senza un valido motivo. Mi hai chiamata. Evidentemente, hai bisogno di me.

La verità delle sue parole mi fece stringere il cuore in una morsa.

Rimasi zitto, a riflettere.

- Che cosa ti turba? -, chiese.

Alzò una mano, nell’atto di accarezzarmi una guancia col dorso delle dita.

Avrei voluto poter sentire il suo tocco veramente.

Ma finii per accontentarmi di quel soffio gelido che riuscì ugualmente a scaldarmi dentro.

Sapevo cosa avrei dovuto dire. Sapevo cosa mi aveva portato a cercare l’aiuto di Rose, cosa mi turbasse…

Ma mi riusciva impossibile formulare un’unica frase sensata, con la confusione che regnava nella mia testa.

Decisi di accontentarmi di un’unica parola, che sembrava capace di dare un senso a tutto. Quel solito, bellissimo nome.

- Elena -, ammisi in un sussurro.

E mi sentii debole e vulnerabile come non ricordavo d’essere mai stato. Fragile, come se tutte le ferite che avevo tentato di nascondere al meglio, dentro di me, stessero riaffiorando sotto forma di cicatrici ben visibili sulla mia pelle.

Mi sentivo nudo. Ma con Rose era sempre stato così.

Lei annuì, con aria da mamma chioccia, comprensiva.

- Non è facile, Damon. Ed è inutile che ti prometta che lo sarà, che il tempo rimarginerà le ferite… Ci sono ferite che porteremo con noi per sempre. Sono state scavate troppo in profondità, perché possano guarire. Il lato positivo di essere come noi è che puoi riuscire a non mostrarle mai agli altri. Sorridere, mentre dentro stai morendo.

Le ferite, adesso visibili più che mai sul mio corpo, presero a pulsare e bruciare, mentre ascoltavo le sue parole. Sentii due tremende gocce d’acqua salata rigarmi le guance e mi odiai per non essere riuscito a trattenerle, per non riuscire a non essere debole.

- Non ti dirò che passerà. Lo sai bene che non passa mai. Neanche dopo secoli.

E, in lontananza, nel cielo violaceo, scorsi l’immagine che conservavo di Katherine del giorno in cui l’avevo conosciuta, nell’estate del 1864.

- Ci si abitua. Si impara a convivere con il dolore. Soprattutto quello lancinante della gelosia.

L’immagine di Katherine, in cielo, sfumò fino a divenire quella di lei che correva e rideva, inseguita da mio fratello Stefan, per i giardini di Villa Veritas. Poi, ancora loro due che danzavano alla prima festa dei Fondatori, e il ricordo del male provato, quando lei aveva scelto di farsi accompagnare da lui e non da me.

- … E magari arrivi addirittura a giurare a te stesso che non ripeterai il tuo errore. Che non amerai mai più… -, scosse la testa, sorridendo tristemente.

- Ma non è qualcosa che puoi controllare. Perché all’improvviso, lei è lì. Quella persona che non avresti mai dovuto incontrare, ti sta di fronte. Ed è fantastica, perché sa farti ridere, sa capirti, confortarti, darti ciò di cui hai bisogno senza che sia tu a chiederlo. Finché non scopri che è capace anche di farti piangere, ferirti… distruggerti. E la storia si ripete.

- Ma io? Cosa devo fare, io? -, chiesi tra le lacrime.

Tu -, disse lei, puntandomi contro tutta la potenza del suo sguardo, - devi essere paziente e continuare a lottare per ciò che ami. Perché non è mai sbagliato. Anche quando l’oggetto del tuo amore non ricambia i tuoi sentimenti.

- Sì, ma… Io sto impazzendo, Rose. Fa male. Per quanto ancora dovrò sopportarlo? Che cosa posso fare per cambiare le cose?

- Puoi svegliarti.

- Come?

- Devi svegliarti, Damon. Svegliati! –, la voce di Rose cominciò a diventare sempre più lontana, finché non mi accorsi che il paesaggio intorno a noi era scomparso del tutto.

- Svegliati. Svegliati, Damon!

Aprii gli occhi di colpo e la vidi mentre mi scuoteva, cercando di farmi rinvenire. Incontrai i suoi occhi scuri e vi trovai dell’ansia, che man mano sfumò in sollievo.

- Ti sei addormentato sul divano, credevo ti sentissi male...

- I vampiri non si ammalano, Elena -, osservai.

Abituata al mio scetticismo quasi quanto al mio sarcasmo, mi ignorò. Avrei voluto potermi ignorare anch’io, invece mi ritrovai a darmi mentalmente del coglione.

Lei ti dice, implicitamente, che era preoccupata per te, e a te viene in mente solo di fare dell’humor nero?!

- Ascolta Damon… Lo so che ho detto che dovremmo lasciar andare Stefan. In fondo è una sua scelta, è la sua vita… Ma non ce la faccio a saperlo in pericolo, la fuori, con Klaus alle calcagna e restare con le mani in mano!

I suoi occhi mi parvero molto più grandi del solito, col suo viso così vicino al mio. Erano gonfi di lacrime. Sapevo che, se non l’avessi tranquillizzata, sarebbe scoppiata da un momento all’altro.

Tuttavia, non riuscii a dire niente. Perché faceva male vederla piangere – mi aveva sempre fatto male. Ma faceva ancor più male il pensiero che stesse piangendo per lui. Sempre per lui.

Anche quando l’oggetto del tuo amore non ricambia i tuoi sentimenti.

La voce di Rose mi rimbombò in testa e allora mi parve di vedere le cose con più chiarezza. Sapevo cosa dovevo fare – e anche che, alla fine, ne avrei pagato le conseguenze.

Le sfiorai una guancia con la mano e accennai ad un sorriso per rassicurarla.

- Ehi… Sta tranquilla…

Il gesto sembrò funzionare. Chiuse gli occhi e fece un lungo respiro.

- Non possiamo abbandonarlo. Dobbiamo aiutarlo -, disse. E vidi i suoi occhi cercare un appoggio nei miei.

Tirai un lungo sospiro mentale.

- Va bene, Elena. Farò tutto quello che mi chiederai.

Mi sorrise, tenera. Poi le feci spazio sul divano, accanto a me, e lei mi si accoccolò contro. La strinsi con delicatezza, mentre si assopiva tranquilla.

Va bene, Elena, se è quello che vuoi. Va bene, Elena,se ti renderà felice. Qualsiasi cosa tu stia pensando, la mia risposta è sì. Farò tutto ciò che vorrai, fino alla fine dei miei giorni.

 

Lei ha amato prima di te e potrebbe amare ancora.

Puoi non essere il suo primo, il suo ultimo, il suo unico.

Lei ha amato prima di te e potrebbe amare ancora.

Ma ti vuole bene ora, che altro conta?

Non è perfetta, nemmeno tu lo sei,

e voi due potreste non essere mai perfetti insieme.

Ma se lei sa farti ridere, farti pensare due volte,

farti ammettere di essere umano e di commettere errori,

tienitela stretta e dalle tutto quello che puoi.

- Bob Marley

   
 
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