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Autore: Mama we re All full of Lies    14/11/2011    7 recensioni
-Vedrai che ti piacerà, è pieno di belle ragazze.-
-E di bei ragazzi.-
Sbuffai roteando gli occhi al cielo. Possibile che ai miei non andasse giù il fatto che fossi bisessuale? Loro dicevano che avevo una rotella nella mia testa che non andava come doveva andare, affermavano convinti che loro erano una coppia modello da cui prendere spunto, senza nessun ingranaggio mal funzionante. Peccato che la loro lingua funzionasse fin troppo bene.
Anche ora che eravamo in macchina non facevano altro che dirne di tutti i colori. Ragazzi qui, ragazzi là, ragazzi che ce l'avevano lungo quanto la canna di un fucile. Sentii l'ennesima risatina occupare l'aria e decisi di non farci caso, presi le mie cuffie e mi sparai una canzone dei Green Day a tutto volume. Al Diavolo i miei e le loro fottutissime battute.
Genere: Comico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Let Your Body Become My Only Madness








-Vedrai che ti piacerà, è pieno di belle ragazze.-
-E di bei ragazzi.-
Sbuffai roteando gli occhi al cielo. Possibile che ai miei non andasse giù il fatto che fossi bisessuale? Loro dicevano che avevo una rotella nella mia testa che non andava come doveva andare, affermavano convinti che loro erano una coppia modello da cui prendere spunto, senza nessun ingranaggio mal funzionante. Peccato che la loro lingua funzionasse fin troppo bene.

Anche ora che eravamo in macchina non facevano altro che dirne di tutti i colori. Ragazzi qui, ragazzi là, ragazzi che ce l'avevano lungo quanto la canna di un fucile. Sentii l'ennesima risatina occupare l'aria e decisi di non farci caso, presi le mie cuffie e mi sparai una canzone dei Green Day a tutto volume. Al Diavolo i miei e le loro fottutissime battute.

 




 

La macchina si fermò davanti a un cancello rugginoso alto almeno tre metri. Scesi con cautela senza scrollargli gli occhi di dosso, mi chiedevo cosa cavolo c'era di così importante da custodire dall'altra parte.

-Ecco la tua valigia. Ah, e questa lettera. Te l'ha mandata tuo cugino, io ho preferito non aprirla.- dettò questo mio padre tornò in macchina. Mia madre si avvicinò -Fai il bravo e fammi sapere se trovi un ragazzo.-

-Mamma...-

-No, non aggiungere altro.- mi baciò la fronte -Torneremo quando starai meglio.-

-Cos... Aspetta mamma, la chitarra!-

-Non c'è tempo, tesoro, siamo di fretta. Un bacio!-

E ripartirono. Senza di me.

Con la mia chitarra.

Con la mia Pansy.

Vaffanculo.

Tirai un calcio alla mia valigia che cadde proprio dentro una pozzanghera -Bell'inizio.- La recuperai scuotendola un po', presi il cellulare e scrissi a mia madre di non sfiorare la chitarra, con tanto di minaccia allegata. Dopo, mi avviai verso il cancello.

 

 


 

Per tutto quello che accadde dopo, mi sforzai davvero moltissimo per mantenere la calma ed evitare di urlare. Avevo scoperto che quello non era, come avevano detto i miei, un “allegro campeggio di fine agosto con i compagni di scuola”, bensì una specie di manicomio. Cazzo, quanto li odiavo, mai una volta che mi dicessero la verità.

Successivamente, il direttore dell'edificio mi accolse con un sorriso sulle labbra, convinto che fossi un nuovo paziente, o almeno, così gli avevano riferito i miei attraverso una telefonata. Erano già due buoni motivi per riempirli di botte appena li avessi rivisti. Così, il direttore, il signor Hughes, uno sulla cinquantina con tanto di giacca e cravatta e, finalmente, più basso di me, mi accompagnò a una specie di reception dove dovevo registrare i miei dati anagrafici. Lui si volatilizzò nel nulla.

Nel mentre aprii la lettera e lessi avidamente, mio cugino aveva introdotto nella busta, oltre alla lettera, una falsa carta d'identità e un falso diploma in neuropsichiatria, un altro in psichiatria e un altro ancora in... cosa cazzo è la neuropsichiatria?

Ricacciai la lettera nella giacca e mi avvicinai alla signorina dietro il banco, aveva i capelli raccolti, era anche molto carina di viso -Ehm... mi scusi, io...-

-Buonasera.- a quanto pare era occupata a digitare parole sul computer, non alzò neanche lo sguardo

-Da queste parti usa non guardare la gente negli occhi?-

-E rischiare che un paziente ti salti addosso? No, grazie.-

-...Ma io sono un dottore.-

Lei alzò la testa e mi resi conto in che razza di guaio mi stavo cacciando -Allora è un altro discorso. Mi chiamo Jamia, voi siete?-

-Frank Anthony Thomas Iero. Per tutti, solo Frank.-

-Allora, solo Frank... Diploma e carta d'identità, prego.-

Consegnai il tutto pregando che non si accorgesse che fossero falsi -Ah... vedo che siete molto esperto in tutti questi campi. Benissimo, vi mostro gli alloggi, potrete cominciare da... subito.-

-S...subito?-

-Non vi sta bene?-

-No, ecco... cioè, si, ma prima volevo prendere un po' di familiarità con i miei... alloggi, appunto.-

Lei sorrise alzandosi dalla sedia -Avete ragione. Prego, seguitemi.-

 

 


 

Dovevo ammettere che la vita di un dottore non era poi così male. Il mio alloggio era uno dei migliori, con tanto di parquet sotto i piedi, tende di velluto pregiato color porpora, un tavolo da biliardo e una credenza piena di alcolici. Si, non era affatto male. Buttai la valigia su una delle tre poltrone accerchiate al caminetto e io presi posto su un'altra, controllando costantemente l'orologio. Dovevo assaporarmi ogni centimetro di quelle stanze, perché tra dieci minuti avrei dovuto essere già fuori ad assistere i pazienti dell'istituto. E allora, smascherato, mi avrebbero buttato fuori a calci in culo. O reputato matto e rinchiuso per non so lì dentro quanto tempo. Mi alzai e presi un bicchierino di vodka e uscii dalla stanza.

Salii e scesi non so quante rampe di scale, fino a che non ritrovai Jamia -Dottore, vi stavamo aspettando.-

-Ehm... mi ero perso...- arrossii terribilmente, lei rise e mi porse un lungo camice bianco -Questo ve lo manda direttamente il signor Hughes per scusarsi di avervi confuso per un paziente.-

-Ah, non importa.-

-Per lui si.-

-Quando lo vedrò gli riferirò che è stato solo un malinteso. Niente di più.-

Lei sorrise -Voi non siete come gli altri dottori, tutti ricchi e sfondati, che esigono il rispetto. Lo stesso errore del direttore rivolto a uno di loro e avrebbe comportato la chiusura immediata dell'istituto.-

-Non preoccupatevi, chiuderò un occhio. E poi non mi sembra grave, a tutti capita di sbagliare.-

Ci fermammo davanti a un grande portone bianco, lei mi guardò nuovamente -Buon lavoro, dottore.-

-Grazie mille.-

Entrai e chiusi la porta alle mie spalle, lei rimase dall'altra parte e la vidi tornare indietro, probabilmente verso la reception all'entrata dell'edificio. Era evidente che le piacevo. Benissimo, appena arrivato, una camera di lusso, un camice tutto mio e una scopamica. Meglio di così non poteva andare.

Indossai il camice e mi girai, davanti a me si estendeva un corridoio pieno di celle, tutte chiuse. Qualcuno completamente vestito di bianco, in pantaloni e camicia, faceva su e giù davanti a queste celle controllandole. Presi a camminare lungo il corridoio. Indifferenza, mi ripetei più volte, devi fare l'indifferente. Ma proprio non ce la facevo. Buttai un'occhiata a ogni cella e a ogni persona al suo interno, gli infermieri mi guardarono in modo strano e io accelerai un po' il passo fino a scontrarmi con un altro medico.

-Mi scus... Ahh, ma che cazz...?!-

Lui si avvicinò pericolosamente al mio viso, scrutandomi. Aveva la bocca e il naso coperti da una sciarpa blu e un paio di spessi occhiali neri sugli occhi. Scosse la testa -Sei nuovo, eh?- mi prese per un braccio e mi trascinò dentro un bagno -Lasciatemi!-

Mi spinse e caddi per terra -Come ti permetti?!-

-Ehi, ehi, stiamo calmi, amico!- si tolse occhiali e sciarpa, porgendomi la mano e aiutandomi a rialzarmi -Mi chiamo Ray. Tu, piccoletto?-

-Frank e non sono piccolo.-

-Infatti, io ho detto piccoletto.-

Sospirai -Ok, va bene, come ti pare, ma mi spieghi cosa ti prende? Vai a giro in stile Assasin's Creed.- Lui mi guardò confuso -Ah, lascia stare.-

Ciò che mi colpì di lui furono i capelli. Ne aveva tanti, troppi, una matassa di ricci afro attaccati alla testa. -Che sono tua?-

-Come?-

-I capelli, intendo...-

-Cazzo, gli stai dando del parrucchino? Attento a come parli.-

Ok, questo era fuori. E mi piaceva.

Lui scosse nuovamente la testa -Si vede che sei nuovo.-

-E tu? Da quanto lavori qui?-

-Oh, bé, saranno circa sette anni. A volte non ne posso proprio più.-

-È tanto dura, qui?-

-Scherzi? È uno dei manicomi più grandi e importanti al mondo, questo, il prestigioso manicomio di Sant'Andrea.- spalancò le braccia come per ingigantire la cosa -E anche uno dei più vecchi, ci sono talmente tante cagate di uccello sull'insegna esterna che il nome non si legge neanche più.-

Scoppiai a ridere, lui con me -Ma dopotutto, ci sono anche degli aspetti positivi.-

-Tipo?-

-Tipo, alle dieci di sera abbiamo finito di lavorare, ognuno può ritirarsi nelle proprie camere e bere quanto gli pare.-

-E la mattina a che ora si comincia?-

-Alle undici. Insomma, ci va di lusso.-

Aprì la porta del bagno ed uscì -Vieni con me? Ho una visita, almeno vedi come si lavora qua dentro.-


 

 


 

Entrammo in una stanza completamente bianca. Sul lato est c'era un lettino d'infermeria, a nord un armadietto colmo di medicinali e ad ovest tre sedie di plastica dall'aria molto scomode. Presi posto su una di queste mentre Ray preparava tutti gli oggetti su una scrivania affiancata all'armadietto.

-Chi devi visitare? Dov'è la cartella con i dati del paziente.-

-Non importa vederla. È uno stronzo e ho detto tutto.-

Prese dei medicinali tra i tanti nell'armadietto e aspettò che un infermiere bussasse alla porta -Avanti.- Entrò un ragazzo giovane, la camicia sbottonata dal caldo, il fiatone e i nervi a fior di pelle -Non lo sopporto più. Cazzo, dottore, non lo sopporto più!-

-Calmati, James, per oggi hai finito il turno. Vatti a stendere un po', ci penso io a lui.-

Annuì e mormorò un “grazie”, io incrociai lo sguardo di Ray -Così grave?- Lui annuì.

Era strano come Ray cambiasse tono di voce e modo di parlare da persona a persona. Con me si era rivolto come un fratello, o un amico che conosceva da tempo, al suo collega come un figlio. Mi chiedevo come si sarebbe comportato col paziente.

-Entra dentro e non fare il furbo.-

Un piede fece capolino da dietro la porta spalancata, subito dopo una mano ben curata afferrò il legno della porta. Pensai subito che era un peccato che una ragazza dalle mani così curate potesse essere rinchiusa là dentro. Forse c'era stato un errore.

Entrò nella stanza un ragazzo giovane, alto, moro, lo sguardo fisso per terra. Cazzo, era un ragazzo in tutto e per tutto, con tanto di attributi. Ingoiai la saliva rumorosamente.

-Siediti.- e non se lo fece ripetere due volte. Prese posto sul lettino, alzò la testa e i suoi occhi verdi ricaddero su di me. Ray se ne accorse – È nuovo.-

-Come ti chiami?- La sua voce era profonda, leggermente sporca. -Frank.-

Lui sorrise -Scherzavo, non mi importava sapere come ti chiami.-

-Sii gentile.- Ray lo rimproverò subito, poi si girò verso di me -Perdonalo. Gerard soffre di un disturbo della personalità, un disturbo narcisistico.-

Annuii in segno di approvazione e lui tornò a guardare il ragazzo -James era disperato. Si può sapere che gli hai detto?-

-Niente.-

-Gerard...-

-Ho mal di testa.-

-Ecco perché non hai ancora cominciato con l'adularti.-

Prese un oki e glielo porse -Io non prendo quella roba.-

-È per il mal di testa.-

-Già mi imbottite di farmaci e non fanno bene alla pelle...-

-Non cambi mai, eh?-

-No, voglio rimanere giovane e bello in eterno. Non come te.-

Ray lo fulminò con lo sguardo -Guarda che prendo il tuo amichetto ago e te lo infilo in gola.-

Per un secondo il paziente non aprì bocca, chiaramente spaventato -Non è che sei stato un po' troppo duro con lui, Ray?- intervenni io

-Già, non è che sei stato un po' troppo duro con me, Ray?- ribadì il moretto.

Il dottore stavolta guardò male anche me e afferrò i medicinali, facendoli cadere a terra per errore. Le mani gli tremavano troppo, dalla rabbia forse. -Lascia, ci penso io.- mi alzai e in quel momento bussarono nuovamente alla porta. Entrò l'infermiere di prima -Ray, il direttore ti vuole parlare di persona. Ora.-

-Arrivo.- si girò verso di me -Tre pasticche della scatola grigia, una di quella rossa e un'altra di quella gialla. Torno il più presto possibile.-

-Ma...- non feci in tempo a finire la frase che eravamo rimasti solo io e il paziente. Raccolsi i farmaci ed aprii le scatole evitando in tutti i modi il suo sguardo. Ne presi tre della scatola grigia, una da quella gialla e... quante della scatola rossa?

-Una.-

-Grazie...- notai una bottiglia d'acqua sulla scrivania, riempii un bicchiere e glielo porsi insieme alle medicine. Le buttò giù tutte insieme. Calò un silenzio tra di noi.

-...Credi che abbia un bel corpo?-

-Come?-

-Ho detto... credi che io abbia un bel corpo?-

Arrossii appena. Frank, rilassati, è un disturbo della personalità, non farti cogliere impreparato.

-Fai la stessa domanda a tutti i dottori che ti visitano?-

Fece spallucce -Mi visita solo Ray e lui disse...- si bloccò -Sai che non si risponde a una domanda con un'altra domanda?-

-Touché. E comunque... si, hai un bel corpo.-

Lo sentii sorridere. Si sente una persona quando sorride? Evidentemente, si.

-E del viso cosa ne pensi?-

-Quasi femmineo.-

-La voce?-

-Sporca.-

-Le mani?-

-Curate.-

-Come mai non mi guardi in faccia?-

Alzai lo sguardo e incontrai i suoi occhi -Così va bene?-

-E degli occhi, cosa pensi?-

-...Penso che tu abbia degli smeraldi, al posto degli occhi.-

Lui sussultò un secondo -Me ne hanno dette tante, ma quella degli smeraldi è nuova.-

Mi accorsi solo ora di quanto gli fossi vicino. Se uno dei due si sporgeva anche di poco, si sarebbe ritrovato a un paio di centimetri dal viso dell'altro. -Basta con i complimenti?-

-Vorresti che te ne facessi altri?-

Lui annuì -Sempre.-

-È perché sei malato, lo capisci questo?-

Annuì nuovamente -Non che la cosa mi interessi.-

-Facendo così rimarrai solo. E dopo chi te li farà i complimenti?-

-Io stesso.-

-Sai tu per primo che non ti soddisfaranno mai abbastanza, detti da te.-

Sorrise -Sei più intelligente dell'altro. Ti meriti un premio...-

Si avvicinò al mio orecchio -Devo dirti una cosa...- bisbigliò appena

-Non è che nascondi un coltello dietro la schiena?-

-Stai tranquillo, non voglio ucciderti.- Le nostre voci erano ridotti a lievi sussurri. Fin che lui, raggiunto il mio orecchio destro, mi afferrò le spalle per non farmi andar via e cominciò a simulare gemiti e piccoli gridolini che chiamavano il mio nome. Arrossii violentemente e tentai di allontanarmi. Lui sorrise nel vedere l'espressione dipinta sul mio volto -Devo ammettere che hai un faccino interessante, anche se non sarà mai gradevole quanto il mio.- Mi liberai dalla sua presa e afferrai la cartella con i suoi dati all'interno e la nascosi sotto il camice. -Dovresti fare qualcosa.-

Mi girai verso di lui, ancora paonazzo in volto -Intendo... per l'erezione.-

Istintivamente mi portai una mano al cavallo dei pantaloni, era diventato subito duro.

Lui mi guardava ancora sorridendo soddisfatto mentre io mi affannavo per tentare, almeno un poco, di ricompormi. Ray tornò nella stanza proprio in quel momento tanto imbarazzante -Scusa se ci ho messo tanto... Frank?-

-Non importa. Devo andare, scusa. A domani.- mi girai diretto verso la porta ed uscii senza guardarlo, né lui né Gerard.

Ray incrociò lo sguardo di quest'ultimo -Prese le medicine?-

Annuì -Che gli hai fatto?-

-Niente.-

 


 

 

Tornai di corsa nella mia stanza e chiusi la porta a chiave, cominciai a spogliarmi, i pantaloni e i boxer soffocavano l'eccitazione al loro interno. Desideravo solo levarli. Entrai nella doccia completamente nudo e feci scorrere l'acqua fredda. Rimasi immobile nel sentirla pungere addirittura le ossa, trapassarmi la testa come un pesante martello, scorrere sul mio corpo e sul basso ventre. Con la mano sinistra girai la manopola e feci scorrere l'acqua calda. E cominciai a pensare. Pensai intensamente a Gerard mentre la mia mano prendeva possesso dell'eccitazione e cominciava a coccolarla, a stuzzicarla. I gemiti si alzarono timidamente nell'aria, cominciai ad ansimare unendo quei respiri affannosi in un tutt'uno con il vapore caldo. Dopo, accompagnato da un gemito più forte degli altri, sporcai la mia mano del mio stesso seme che si confuse con il resto dell'acqua, per poco non caddi a terra sentendo le gambe tremare sotto il mio peso.

Quando uscii dalla doccia mi detti una ripulita e raggiunsi il letto, nudo, dove nemmeno lì, l'immagine di Gerard, mi lasciò in pace.









___________
La mia prima ff che ha una traccia di comico nelle battute. Non amando questo genere ed esaltando invece quello horror, o quello triste o drammatico, non so io per prima come definire questo primo capitolo della storia. Diciamo che mi è presa '-' E spero di realizzarla come ho nei miei piani: una storia incasinata piena di intrecci.
Ringrazio chi ha trovato il coraggio di leggerla e se mai leggerai tu, Maylene, sappi che ci saranno W. e J. Hai già capito chi sono.

  
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