Anime & Manga > Sailor Moon
Ricorda la storia  |      
Autore: Querthe    12/07/2006    7 recensioni
Lo sfogo solitario di una Usagi che spero non vedremo mai.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Usagi/Bunny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Vi siete mai svegliate la mattina e avete odiato la vostra faccia con tutto il cuore?
Io sì. Ogni giorno nell’ultimo anno.
Certo, con una faccia come la tua, non è poi così difficile, mi potreste dire. Solo quei due stupidi codini lunghi fino alle ginocchia e gialli come una maionese impazzita basterebbero a farti odiare dal mondo.
Ma non è quello.
Io non odio la mia faccia. Odio la faccia dell’altra che vive dentro di me, delle altre che vivono in me.
No, non sono schizofrenica, anche se credo che magari potrebbe giovare alla mia sanità mentale.
Immaginatevi come mi posso sentire.
Per un attimo, un attimo solo mettetevi nei miei panni, nei panni di una donna da poco maggiorenne che ripercorre con gli occhi della mente la sua adolescenza, scoprendo che per anni, per lunghi e schifosi anni, lei non ha vissuto una vita normale, ha fatto finta di viverla.
Ho mentito ai miei genitori, costringendoli a credere che fossi una sciocca ragazzina mangiona e piagnucolosa che si addormentava presto la sera e che non combinava mai nulla di buono.
E invece ero là, vestita come una cosplayer più adatta ad un pubblico di guardoni obesi e sudaticci che al ruolo di paladina della legge, al ruolo di combattente che si veste alla marinara.
Ma ci credete? Secondo me sono morti più dal ridere che per i miei colpi i mostri contro cui ho combattuto.
Tornavo a casa, sconvolta per quello che avevo visto, e vi ricordo che non ero la figlia di Rambo o di Terminator, ma una ragazzina che si spaventava anche solo con le storie dei fantasmi.
E cosa dovevo fare?
Mentire, sorridere, dire che tutto andava bene e che tutto era stato allegro.
Avete mai pensato che mi sentissi una merda in quel momento, mi sentissi la più schifosa e ributtante delle creature per dover mentire ai miei genitori, per non poter dire nulla a mio fratello, per non potermi sfogare se non con una gatta parlante che mi aveva coinvolto in quello che credo sia il mio peggior incubo ad occhi aperti.
E poi l’idea di essere madre anche se non vuoi.
Certo, ho ancora l’idea di volere una famiglia, di avere dei figli e di avere dei nipoti magari, di vivere serenamente, facendo incetta di belle esperienze e di scappare da quelle spiacevoli, ma su tutto pesano due persone.
Scusate il sorriso che sembra più una smorfia, ma non riesco ad essere totalmente felice pensando a loro.
Pensando a Chibiusa e a Mamoru.
Devo ancora capire, e questo mi pesa come piombo fuso sul cuore, se lui mi ama perché sono Usagi, o se mi ama perché sono Sailor Moon, o Selenity o cos’altro.
Io lo amo, ma ho questo tarlo che mi rode l’anima, ho questo dubbio che mi fa vedere che tutto ha qualcosa di sbagliato nella mia vita, qualcosa o qualcuno ha deciso per me e io non posso fare altro che seguire una trama già impostata, di essere solo un personaggio nelle mani di un folle creatore.
Dico folle, certo, e vi spiego.
Come lo chiamereste voi un essere che mi fa incontrare mia figlia prima ancora che io potessi capire totalmente il concetto di madre, io che come tutte le persone di questo mondo aveva in quegli anni un rigetto dell’autorità paterna e materna, io che faticavo ad essere chiamata ancora bambina o figlia, io che mi credevo indipendente?
Avevo già una figlia.
Una figlia, mi capite?
Io ho saputo prima di conoscere l’amore, quello vero, quello fisico, io ho saputo di aver avuto una figlia da Mamoru.
Ami e altre non si sono accorte dei miei occhi gonfi, mi hanno sempre creduto quando dicevo che era la stanchezza delle battaglie, era la polvere negli occhi, era il compito di matematica andato male. Già, le mie care credulone.
Le ore a piangere come una cretina, indecisa se picchiare o abbracciare quella piccola creatura che era mia figlia e che insisteva a dormire nel letto con me.
Intendiamoci, se mi avessero detto che era mia figlia e basta, sarei stata al settimo cielo.
Una figlia la volevo, e lei era perfetta, e lo è tutt’ora.
Ma sapere che io dovevo averla da Mamoru, che il momento in cui avrei fatto l’amore con lui sarebbe stato non un gesto di pura libertà legato solo ai nostri cuori ma un atto dovuto al folle che aveva scritto la mia vita, mi ha segnato, mi ha segnato tanto, forse troppo per darmi il coraggio di compiere davvero quell’atto.
Sono mesi che lui insiste, sono mesi che io mi tiro indietro. Il nostro rapporto si sta logorando, lo sento, e in qualche modo sono felice.
Già, che cretina. Sono felice che l’uomo della mia vita, la mia metà si stia allontanando da me. Ma così sto beffando il destino, così sto dimostrandogli che non è lui che decide, ma io.
Io sto decidendo con la morte nel cuore di lasciare che io e lui ci si allontani, che io e lui non si sia la principessa e il principe che tutti ci dicono che saremo in un futuro.Non voglio castelli sulla Luna, non voglio un vestito bianco che mi fa i seni piccoli e i fianchi grossi, non voglio una vita che mi terrorizza perché dal futuro mi hanno detto che deve essere così. Io voglio decidere giorno per giorno, sbaglio per sbaglio la mia vita, e se farà schifo, beh, almeno saprò contro chi inveire.
Basterà mettermi davanti allo specchio e osservare la mia faccia.
- Va tutto bene cara? - grida mia madre da fuori la porta del bagno.
- Certo. Esco subito.
- Dai che Mamoru ti aspetta giù.
Sorrido davanti allo specchio, una prova generale. Se devo recitare una parte, meglio farlo al meglio.
E tutto ricomincia, come un cartone animato dove le puntate sono tutte uguali. Già, certe volte mi sembra di vivere in un manga di quelli che prendevo da ragazzina.
   
 
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Sailor Moon / Vai alla pagina dell'autore: Querthe