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Autore: xstaystrongandsmile    14/11/2011    3 recensioni
Jaitlin.
otto anni dopo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Author's space;
Saaaalve cente! (?)
Bitches, I'M BACK! (??)
Ahahha,no,ok.
Eccomi qua, con una nuova storia.
Questa sarà una short fic, non ci saranno più di dieci capitoli.
Questa storia mi è nata ascoltando 'Mistletoe' di quel coglione del mio idolo, e non so cosa può essere venuto fuori.
Io ora chiudo che domani vado a Tivoli con la classe.
Hope you like it :3

stay strong,
Alice.


C.

 
Sono un’importante giornalista nel New York Times.
La prima pagina è quasi sempre la mia.
La gente mi ama, e io amo i miei lettori.
Mi descrivono come seria e professionale ma allo stesso tempo semplice e molto alla mano, simpatica.
Ho anche un grande autocontrollo, grazie anche ai miei sedici anni di sopportazione di mio fratello Christian, presentatore di uno dello show comico serale amato da tutta America, Dottor Stalker.
Eppure oggi il mio senso di controllo è in standby.
Ho uno strano nodo allo stomaco e temo che la doccia calda fatta prima del cambio non aiuti ai miei nervi.
Un messaggio.
‘E’ confermato l’appuntamento per le sette allo Starsbuck’s?’
Un respiro profondo.
‘Certo. :)’
‘Non vedo l’ora di incontrarti.’
‘Nemmeno io.’
Il senso di responsabilità che mi caratterizza mi sta abbandonando, sembro una bambina di cinque anni a rispondere così.
Le sei e cinquanta.
Farò con calma.
Afferro la borsa ed esco.
 

1. Are you serious?
 
Time goes by so slowly.

 
- Buongiorno signora Beadles. –
È così che mi accoglie la mia segretaria.
Tutti i giorni, alle otto in punto, lei mi accoglie sulla soglia dell’ufficio con un gran sorriso, un paio d’occhialoni neri sugli occhi, un vestito sempre molto elegante – anche troppo – e una cartella in mano, dove sono scritti i miei appuntamenti.
- Ciao Marie, che cos’abbiamo in programma oggi? –
- Ha un appuntamento dal direttore alle otto e trenta nel suo ufficio, alle dieci e trenta ha un’intervista col direttore della banca, dalle undici alle dodici deve cominciare a scrivere il bozzetto dell’intervista – il direttore lo vuole alle quattordici sulla sua scrivania, puntuale! -alle dodici e trenta un pranzo col direttore della CNN, alle quindici deve scrivere il bozzetto anche di questo – il direttore lo vuole alle sedici e trenta sulla sua scrivania – e alle diciotto e trenta una cena di lavoro con tutti i direttori dei giornali. –
- Stai scherzando, Marie, vero? – esclamo forse con troppa enfasi – È impossibile che il direttore voglia addirittura due articoli in una giornata! Non sono una macchina! –
- Lo so, ma sa com’è, signora Beadles, il direttore punta molto su di lei e… -
- Sì, ok. Che ore sono Marie? –
- Le otto e venti, signora. Sarebbe meglio che cominci a raggiungere la sala riunioni, il direttore odia il ritardo. –
Lo so, Marie, ogni giorno ho una riunione e so benissimo cosa succede se una persona viene in ritardo.
Le voci di corridoio dicono che ogni volta che un dipendente viene in ritardo, il direttore gli toglie un punto.
E si dice che alcune persone addirittura possano essere sotto lo zero, in negativo.
Sempre le voci dicono che, oltre alla ‘lista nera’ abbia anche una ‘lista bianca’, ovvero una lista di punti dove chi è più in alto è più probabile che abbia una promozione – ovvero la prima pagina.
La più accreditata – se così si può dire – sono io, Caitlin Beadles.
Circa il tre quarti del mio ufficio crede che io sia una raccomandata, ma li lascio parlare.
Io conosco la mia storia, so cosa ho passato, non mi serve il loro geloso parere.
Sono nata in una minuscola cittadina del Canada, con si e no quarantamila abitanti.
Stratford.
Ho sempre vissuto lì.
Ho fatto l’asilo lì, le elementari lì, il liceo lì.
Al periodo dell’università, all’ambita età di sedici anni, ho preso le redini della mia vita, e sono partita alla ricerca di me stessa.
Sono andata alla Stanford, una delle università migliori – e più costose – di tutta America.
Ma era quello il mio sogno.
Studiavo di giorno, lavoravo di notte.
In alcuni fine settimana facevo da baby sitter, altri da dog sitter, ma mi avrei fatto di tutto pur di rimanere in quell’università.
Quando ebbi l’età adatta a cominciare a lavorare, decisi di tentare nel giornalismo della Standford.
Ed è da lì che ho iniziato a farmi conoscere.
Ora lavoro al New York Times.
Dopo due tentativi falliti, il terzo è stato l’ultimo e fortunato colpo.
Cosa mi manca del Canada?
Il mio primo, vero, grande amore.
  
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