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Autore: Red S i n n e r    15/11/2011    1 recensioni
Non posso pensare a tutto! Non posso pensare a parole, reazioni, facce e persone, perché altrimenti mi si spacca la testa e non so cosa ne uscirebbe fuori: forse niente, forse farfalle.
Come sarebbe poetico se uscissero farfalle dalla mia testa spaccata! Porterei un cartello con scritto: “mi hanno detto di andare avanti, e avanti sono andata, le scale non le ho proprio viste e la testa s’è spaccata.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un dolore che trema.

 

 

 

 

Sai, è un periodo che voglio rifare gli errori commessi, sbagliare così tanto e cercare di farlo nel modo più sbagliato possibile. Magari a forza di sbagliare ti convinci che hai ragione, a sbagliare intendo, perché se sbagli sempre allora… allora… allora un motivo c’è.

Balbetto. Nella mia mente balbetto, ed è strano, è sbagliato, perché le parole sono sempre state dalla mia parte, tutte schierate come nobili soldati pronte ad essere urlate e singhiozzate a mio piacimento. Ma no, è da un po’ che balbetto, è da un po’ che va tutto bene, è da un po’ che non va bene niente.

A compiere errori non ho mai smesso e se non li facevo sulla pelle, allora mi stupravo la mente e, giuro, andava bene, andava bene! Era una punizione perché ho commesso errori, tanti errori… perché l’ho fatto?

Non me lo ricordo più, forse l’ho dimenticato, forse non è vero, forse lo ricordo così tanto che ce l’ho scritto addosso e non ci faccio più caso.

Voglio essere un caso clinico, patologico, voglio un motivo e lo voglio adesso, voglio sapere perché non riesco a salvarmi. O a perdonarmi.

Voglio sapere perché non riesco a parlare, perché le parole mi rimangono nella testa a balbettarsi tra di loro. Fanno tanta confusione, loro, fanno come me: fanno tanta, tanta confusione, poi stanno zitte, stanno zitte finché non mi marciscono dentro e iniziano a puzzare.

E la gente la sente, la puzza, eccome se la sente! Si sente in un solo respiro frettoloso,  la puzza di tutte le parole che ho lasciato a marcire, di tutte le cose che non sono mai stata in grado di dire.

La gente lo sente l’odore di chi certe volte non sa che farsene di sé, e si vorrebbe buttare, lasciare da una parte per dimenticarsi. La gente lo sa perché non è stupida e se ne va lontano, ti dimentica senza prima averti conosciuto.

Dimenticarsi.

Dimenticare.

Che bella parola.

Profuma.

Profuma di cose accantonate per andare avanti, avanti, avanti… perché dovrei voler andare avanti?

Non lo so, ma credo di dovere perché lo fanno tutti. Ma io non sono tutti, io sono io e non mi dimentico, io sono io e non mi perdono, io sono io e ripeto errori vecchi.

Io sono io e… boh.

Una volta avrei detto di voler morire, perché anche morire è una bella parola, e se rabbrividisce un po’ quando ti esce dalla bocca diventa solo più bella, fa scena. È un dolore che trema.

Una volta volevo morire, morire, morire, perché è una parola che sa di abbandono, è un abbraccio che non se ne va. Morire sarebbe stato un punto fermo nella mia vita che si trascinava tra puntini di sospensione e parole interrotte a metà, mutilate, lasciate a sanguinare.

Una volta volevo morire, ma mi hanno detto che è una cosa troppo facile, che sarebbe meglio vivere e andare avanti, avanti, avanti sempre.

 Devi andare avanti perché devi andare avanti e se chiedi ‘perché’ non ti risponde nessuno,  è consuetudine, è un’abitudine, è come fare gli auguri di natale anche se non te ne frega un cazzo, anche se non ci credi nemmeno nel natale.

Allora buon natale, continua ad andare avanti!

 

 

 

Vivere è troppo difficile, però. E le facce, le persone, le reazioni, le parole.

Ah, le parole, le parole degli altri! Sono così sgraziate, zoppe, dette senza pensare, eppure fanno male, tanto di quel male che mi stupisco ogni volta perché lo contengo tutto. E diventerei pazza a cercare di capire come fa una cazzo di parola (solo una stupidastupida parola detta tanto per) a far più male dell’insulto più oltraggioso, ad essere più pesante e a romperti le ossa.

Giuro, impazzirei. Dato che lo so nemmeno ci provo, tanto non avrebbe senso, non avrebbe senso.

E le reazioni, oh, le reazioni! Parole urlate, piedi pestati in terra, volti rossi, lacrime, rabbia – com’è bella la rabbia – frustrazione, rimpianti.

Non posso pensare a tutto! Non posso pensare a parole, reazioni, facce e persone, perché altrimenti mi si spacca la testa e non so cosa ne uscirebbe fuori: forse niente, forse farfalle.

Come sarebbe poetico se uscissero farfalle dalla mia testa spaccata! Porterei un cartello con scritto: “mi hanno detto di andare avanti, e avanti sono andata, le scale non le ho proprio viste e la testa s’è spaccata.”

È necessario usare rime ogni tanto, rendere tutto più armonico, aggraziato, perché ci sono mostri che non riesco nemmeno  a pensare, figurarsi a combattere!

Sarebbe bello combattere i mostri con rime e farfalle; sarebbe bello per me vedermi per strada con la testa spaccata, un cartello con parole in rime e tante farfalle a volare via.

Non credo che però si fermerebbe qualcuno, sono tutti stati educati ad andare avanti, come soldatini, come le mie parole che si balbettano sopra, come condannati a morte.

 

Non voglio più morire, e forse è un bene, perché la vita la vivo e non la lascio scorrere, ma mi manca il senso di tutte le cose, mi manca la magia nelle parole, mi manca la voglia di aggiustare le cose, tutte le cose, mi manca la voglia di svegliarmi la mattina e quella di andare a letto la sera.

Mi manca, mi manca… mi manca un pensiero ricorrente, ecco! Non sarebbe bello avere come pensiero una cotta di scuola, il sorriso dolce di un ragazzo, il ricordo di un amore passato o la speranza per uno futuro? Ma io non ci riesco.

Io non ne ho mai avuti. Non ho mai amato abbastanza me per potermi liberare e lasciar amare, vivere e respirare.

Respirare… Chissà che odore potrebbero sentire!  No no no no, dovrei stare da sola anche se non mi sta bene e farmelo star bene, e dovrei  lasciar perdere i sogni e le storie, perché le storie le scrivo e non le vivo.

È così triste che è quasi una tragedia, che è quasi poetico e che non sarebbe male morirci su. Ma no, no, ho detto che non lo faccio, che ho cambiato idea, perché magari ho paura di fermarmi del tutto e preferisco girarmi intorno come una trottola.

Non so come vivere, però, né come si fa a reagire, come si dicono le cose, come si fa a pensare a tutto senza spaccarsi la testa.

So come si fa a sbagliare -  oh, lo so bene! – ma dagli errori si impara se sono tutti diversi, si impara una lezione che ti aiuta ad andare avanti … dio come odio ‘andare avanti’! Perché non posso andare avanti anche se faccio gli stessi sbagli?

Perché?

Perché?

Perché nessuno ti sa dare una risposta? Perché, perché, perché…  sono fatta così?

Forse mi impegno ad essere diversa, ad essere storta e mutilata, non so, forse mi sono rincretinita a forza di cercare risposte, a forza di sbattere la testa contro muri e limiti, a forza di… vivere, credo.

È logorante, vivere, massacrante, dilaniante, ma ho trovato tre parole che fanno rima e la vita di adesso l’ho resa un po’ più aggraziata di com’era ieri e di come sarà quando torneranno i mostri dell’incomprensione.

Perché tanto non te lo dice nessuno che proprio nessuno riuscirà mai ad entrarti dentro e abbracciarti tanto forte da farti sentire compresa, perdonata, piena di parole da poter dire.

Non ci riuscirà nessuno, è così, ma nessuno te lo dirà. La tua ferita dovrai curartela da sola, e così le paure, i dolori, tutta la solitudine. Ognuno è solo e dolorante e impaurito qui, ma tutti lo sono in modo diverso, ed è qui che ti frega la vita, è qui che mi spaccherei la testa perché è troppo triste.

È troppo triste davvero, così triste che è una tragedia veramente, così triste che quasi quasi ci morirei su; però no, ho deciso di cambiare idea, ho deciso di non volerlo più.

Voglio tante cose. So di volere tante cose, ma non saprei dirti in due parole come sono fatta e come vorrei essere, ti balbetterei addosso parole prive di senso, ti balbetterei consonanti in faccia e penserei pure di farti male  se non ti vedessi aggrottare le sopracciglia e prestare maggiore attenzione, cercando di capire le mie parole a pezzetti.

Oh, no, non lo fare, non cercare di capire: impazziresti o ti spaccheresti la testa e poi piangerei se dalla tua testa uscissero farfalle e dalla mia proprio niente.    Sarebbe triste, ma non ci morirei su, te lo giuro. Ho cambiato idea e preferisco girarmi intorno che andare avanti, perché avanti ci vanno tutti e io non sono tutti.

Io sono io e non mi perdono, io sono io e non capisco tante cose, io sono io e certe volte non riesco a parlare anche se voglio scrivere, io sono io e vorrei tanto l’amore, io sono io e voglio l’assoluzione, io sono io e vorrei vedere farfalle uscirmi dalla testa – se proprio dovesse spaccarsi.

Io sono io e… boh. Forse sono una bella parola, una di quelle che quando trema fa più scena, come ‘morire’.

Ma io sono stanca e vorrei dormire, sì, dormire, e poco mi importa delle farfalle nella testa e per un po’ accantono anche le rime, i cartelli, le mie parole soldato, i perché senza risposta e tutto il resto. Tutto, tutto il resto.

Voglio solo dimenticare che io sono io: un dolore che trema.

Dimenticare.

Dimenticare.

Dimenticare.

Che buon profumo…

 

 

 

 

 

Dimenticare.

Bella parola.

Mi ricorda farfalle in volo, ma non saprei dirti perché.  

   
 
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