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Autore: Martolilla96    15/11/2011    6 recensioni
Questa è la storia che racconta l'inizio di un grande amore. Tutto nasce in una giornata di pioggia.
Non so nemmeno io se ero sobria o ubriaca quando l'ho scritta
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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In questa storia Castle e Beckett hanno la stessa età ovvero 6 anni, ma frequentano classi diverse. Castle è un piccolo genio qui poiché invece di essere in prima è in terza elementare, ma questo noi non glielo diremo non vogliamo mica far aumentare il suo ego vero? xD         Praticamente l'ho fatto diventare padre a 18-19 anni. Si è dato da fare al college con Meredith! Fortuna che è diventato ricco in fretta.
 
9 Novembre 1984
Il cielo è buio e tempestoso, grandi lampi squarciano il cielo e il cupo suono dei tuoni sovrastava persino il frastuono del traffico newyorkese . La gente per strada sembrava facesse a gara per accaparrarsi l’unico taxi disponibile rimasto e tornare nelle loro calde e confortevoli case dai loro cari. Si prospettava una tempesta coi fiocchi sulla cara e vecchia New York City. A causa della pioggia, che aumentava sempre di più col passare del tempo, il Sindaco si vide costretto a dichiarare lo stato di allerta meteo: i cittadini non avrebbero dovuto muoversi da casa o dal loro luogo di lavoro per nessuna ragione al mondo e le scuole avevano il dovere e la responsabilità di non far uscire nessuno dai cancelli se non accompagnati da un genitore. Infatti, nonostante il tempo, di certo non tra i migliori, il freddo, che faceva battere i denti e condensare l'alito, e la minaccia di un secondo diluvio universale, il Sindaco aveva deciso di tenere le scuole aperte e così i poveri studenti si erano ritrovati, ancora una volta, chini sui libri a sfaticare come muli da soma. Un lampo e un fragoroso tuono dopo e la pioggia venne giù scrosciante. Nella Katic and Fillion Elementary School la luce andava e veniva a fasi alterne, ma ormai gli alunni ci erano abituati e non ci facevano più caso. Nella III A dell’istituto solo un bambino, all’apparenza un normale ragazzino di 8 anni, un po’ paffutello occhi azzurri e magnetici e soffici capelli castani, non sussultava ogni qualvolta che quei meravigliosi fenomeni naturali si facevano sentire e/o vedere, persino le maestre emettevano dei piccoli urletti strozzati. Tutti lo guardavano sconvolti, mentre lui continuava tranquillamente a fare il compito che la maestra Sophie, una donna gentile sempre sorridente e a modo, aveva lasciato a tutta la classe prima che iniziasse a piovere. La traccia diceva “Descrivi una giornata tipo con tuo padre”, in un primo il ragazzino aveva guardato attonito quella semplice frase per pochi minuti, poi aveva iniziato a scrivere furiosamente, quasi avesse paura che il foglio o l’ispirazione gli scappasse di mano, e credeteci o meno aveva riempito già più due fogli.
“Richard” lo chiamò dolcemente la maestra
“Si signora maestra?” rispose il bambino alzando gli occhi dal foglio e mostrando un sorrisone sdentato senza mai smettere di scrivere.
“Non hai paura del temporale?”
“No sinora maestra. La mamma mi ha insegnato che non bisogna aver paura e poi io ormai sono un ometto e gli ometti non devono aver paura di niente” rispose gonfiando il piccolo petto e la donna rise dolcemente alla vista di quell’innocente scenetta.
“Bene ne sono contenta!” esclamò l’insegnante “Ma dimmi, mi fai leggere quello che stai scrivendo? Sono proprio curiosa di leggere quello che hai tirato fuori dalla tua geniale testolina”
Il piccolo Richard negò col capo.
“Ma come no? Perché non vuoi?” ma prima che il ragazzino potesse rispondere bussarono alla porta e la testa del vicepreside sbucò, chiedendo alla maestra Sophie se per piacere poteva uscire un attimo. La maestra, dopo aver detto alla classe di stare tranquilli e che sarebbe tornata subito, uscì per rientrare subito dopo.
“Ragazzi per oggi le lezioni sono sospese…” prima che potesse finire di parlare, la classe esplose in urli di gioia. “Ehm io ancora non ho finito di parlare! Dicevo, per oggi le lezioni sono sospese, ma purtroppo le strade fuori sono tutte allagate perciò non potrete lasciare l’edificio finché il Sindaco e la Protezione Civile non ci daranno il via libera a meno che i vostri genitori non vengano a prendervi” a fine frasi diversi mormorii di dissenso si levarono nell’aria e le facce mogie dei ragazzi erano una palese dimostrazione di quello che provavano.
-Nonostante ciò, Richard continua a scrivere senza sosta. Chi l’avrebbe detto, il giorno in cui il preside mi disse che avremmo avuto un nuovo alunno, non avrei mai immaginato che si trattasse di un bambino di sei anni. Con il quoziente intellettivo che ha mi stupisco che non sia passato direttamente alle medie, è sprecato per questa classe- rifletté brevemente Sophie.
“Comunque ragazzi, oggi non saremo da soli in classe” in risposta all’espressioni perplesse dei suoi alunni la maestra si sciolse in un sorriso “Il piano terra è completamente allagato quindi avremo l’onore di ospitare la I A per il resto della giornata” un discreto bussare alla porta fece rivolgere l’attenzione di tutti alla porta e un attimo dopo, una bella donna, alta, magra, rossa e occhi azzurri, faceva il suo ingresso seguita dalla sua classe composta per lo più da bambine.
-Se la memoria non mi inganna, quella dovrebbe essere la maestra Grace- pensò il futuro scrittore di best seller dopo aver dato una rapida occhiata alla donna.
“Bene! Voglio che adesso voi socializzate con i vostri compagni e mi raccomando, non litigate” disse Grace dolcemente.
“Si signora maestra!” dissero tutte insieme le bambine.
Il piccolo Richard stava scrivendo tranquillamente quando, ad un tratto, la voce di una bambina che proveniva dalle sue spalle lo fece sussultare.
“Ciao! Che stai facendo?” la sua voce squillante quasi gli perforò i timpani.
“Sto scrivendo non si vede?”
“E che cosa stai scrivendo?” chiese cercando di sbirciare sul foglio, ma il bambino glielo impedì.
“Ehi!” si imbronciò la piccola.
“Ma che vuoi? Non te l’ha mai insegnato nessuno il significato della parola privac…” il piccolo Rodgers non poté finire la frase poiché appena si voltò verso la ‘seccatura’ si ritrovò inchiodato da due immensi e luminosi, ed anche un po’ lucidi a dire la verità, occhi verdi smeraldo e un tenerissimo broncio. Deglutì a quella vista non sapendo che altro fare.
“La maestra ha detto a tutti di descrivere il proprio padre e io stavo solo svolgendo il mio compito” spiegò con naturalezza alzando le spalle.
“Ah! E com’è il tuo papà? Che lavoro fa? Il mio è fantastico! L’altro giorno ha portato me e la mamma a fare una visita allo zoo, mi sono divertita tantissimo , c’erano pure gli elefanti! Sai lui aiuta la polizia a mettere dentro i cattivi come la mia mamma” la bambina parlava a raffica con un dolce sorriso a illuminare il volto già incorniciato da quei riccioli castani, ma vedendo che il bambino si era intristito smise.
“Io il papà non ce l’ho” sussurrò il piccolo triste “La mia mamma non sa chi è, ma secondo me non vuole dirmelo sai lei è un’attrice famosa e non è mai a casa”
“Oh mi dispiace! Non lo sapevo! Parlo sempre a sproposito, scusa, scusa, scusa”
“Non fa niente. Comunque io sono Richard Rodgers, ma tutti mi chiamano Rick”
“Ciao Rick. Io invece sono Kate. In realtà il mio vero nome è Katherine, ma mi piace di più Kate”
“Perché non ti piace Katherine? E’ bello come nome, fa molto principessa russa”
“Non mi piace e basta. Tutti mi prendono sempre in giro” rispose rimettendo il broncio.
“Ok ok non ti scaldare! Certo che hai un bel caratterino mia cara”
“Non è vero!” urlò lei.
“Si”
“No”
“Si”
“No”
“Si”
“No”
“Si”
“Kate!” la bambina si voltò, sentendo la voce della donna che l’aveva tenuta in grembo per 9 mesi.
“Mamma!” la piccola corse a tuffarsi tra le sue braccia.
“Coraggio tesoro, prendi le tue cose così adesso ce ne andiamo. Sai papà ha fatto la sua famosa torta della pioggia e stavolta è davvero molto grande, guarda come diluvia fuori”
“Evvivaaa! La torta che bello! Mamma domani se ne resta un pochettino, posso portare una fetta a Rick?”
“Ma certamente tesoro. Ma dimmi chi è Rick? Il tuo fidanzatino?”
“MAMMA! Rick è quel bambino dagli occhi azzurri che siede laggiù. Sai è davvero molto simpatico e mi ha tenuto compagnia. Sai lui non sa chi è suo padre”
“Oh” disse Johanna “Va benissimo tesoro, ma adesso vai a salutare il tuo amichetto così poi torniamo a casa”
“Si mamma”
“Te ne vai di già Kate?” chiese lui con gli occhi da cucciolone.
“Si mamma è venuta a prendermi, ma mi ha promesso che domani posso portarti una fetta di torta di papà”
“Davvero?”
“Si e ora scusami ma devo andare. Ciao Rick” disse la bambina baciandolo sulla guancia.
“Ciao” sussurrò lui mentre la bambina correva via
“Ehi Kate!” urlò e la piccola si voltò
“Si?”
“Tieni” disse donandole il tema
“Ma tu come farai?”
“Ah sta tranquilla! Voglio che lo tenga tu così ti potrai ricordare di me. Always. Conservalo, così quando saremo grandi ti potrò ritrovare, e quel giorno diventerai la mia sposa” disse convinto.
“Grazie” e con le gote teneramente scarlatte uscì fuori dall’edificio mano nella mano con la madre, mentre il diluvio ancora non accennava a smettere.
Il giorno dopo non si videro, e neanche quello dopo ancora. Passarono gli anni ed entrambi si dimenticarono di quell’incontro. Chi l’avrebbe mai detto che a 30 anni di distanza si sarebbero rivisti e non si sarebbero più lasciati.
“Mamma mamma! Cos’è questo?” una bambina dagli occhi azzurri e i capelli castano chiaro corse dalla sua mamma con un foglio stropicciato e ingiallito dal tempo tra le mani.
“Questo? Oh questo è il primo regalo che mi fece tuo padre, è con questo che mi ha chiesto di sposarlo sai? Ma dove l’hai trovato?”
“In un libro. Ma davvero ti ha chiesto di sposarlo con un foglio stropicciato e ingiallito?” chiese alzando un sopracciglio.
“Ahahahahaha! Jo ti prometto che quando sarai più grande ti spiegherò tutto, ma adesso che ne dici di andare a mangiare un ò di torta di nonno Jim?”
“Siiiiiii”
“Chi ha detto torta?” disse un uomo scendendo le scale con un altro bambino in braccio. Ma nessuno gli rispose, così si diresse in cucina, sperando che quelle ingorde di madre e figlia non si fossero finite tutto e ringraziando il Cielo per quel giorno di pioggia che li aveva fatti incontrare.
“Kathyyyyyy, Mary Joo lasciatecela anche a noi una fettina di tortaaa!”


Non siete obbligate a commentare questa cosa e vi posso assicurare che non so nemmeno io perchè l'ho scritta o che senso abbia. Ringrazio chiunque la leggerà e la vorrà recensire.  Buonanotte,
Marta
   
 
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