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Autore: vento di luce    16/11/2011    6 recensioni
So che un giorno mio figlio partirà per inseguire il suo sogno.
Anche le donne più forti o che credono di esserlo prima o poi cedono...
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Natsuko Ohzora/Maggie Atton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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   CONFESSIONI DI UNA MADRE

 Questi personaggi appartengono a Yoichi Takahashi,questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 Un saluto a chiunque leggerà questa storia! 

 
 *****

   Le prime luci del mattino rischiarano il cielo di questa città sopita. I raggi del sole   filtrano dalla tenda della mia   camera,solleticandomi l’epidermide. Sono appena le   sei,sussurro guardando l’antico orologio cinese regalatomi da mio  marito,durante  una delle sue tante traversate intorno al mondo.

 Mi alzo dal letto lentamente,prendendo il beauty sul comodino e chiudo la porta   alle mie spalle. Percorro a piccoli passi il lungo  corridoio fino al bagno,tutto tace.

  Mi spoglio,posando la vestaglia che indossavo in una tinozza,insieme ad altri abiti  che ieri non ho avuto il tempo di lavare. Osservo il mio corpo nudo riflesso nel  grande specchio incastonato nel marmo,palpando la cute leggermente secca.  Nonostante una gravidanza il fisico è ancora asciutto,penso mentre il getto d’acqua  calda mi rilassa,lavando via la schiuma al profumo di rosa. Pettino i capelli ancora  umidi,li ho sempre portati corti,sin da quando ero adolescente,un po’ per comodità  un po’ perché mi ci ero abituata. Mi avvolgo in un asciugamano di spugna e torno in camera,senza far rumore.  Tsubasa e Roberto rimangono spesso a parlare in salotto fino a tardi la sera e non voglio disturbarli.

 Sul pavimento,ai piedi del mio letto scorgo il disegno che mi ha regalato Taro per le tante merende consumate a casa nostra. Lo ripongo vicino alla foto di mio figlio con i suoi amici. Non siamo arrivati nemmeno da un mese in questa città che è già riuscito a farsi volere bene da tutti come suo solito,specialmente da Sanae. Ho notato sin dal primo momento come lo guarda ma anche se Tsubasa sembra non curarsene,capirà col tempo quanto sia fragile il muro che divide l’amicizia dall’amore fra un uomo ed una donna. Solo Genzo sembra resistere alla sua simpatia e bontà d’animo,ma quando non si cresce con i genitori,in particolar modo a questa età si è portati ad indossare una maschera.

   - No,non è vero!voglio partire,voglio andare in Brasile - sento gridare all’improvviso,sobbalzando. Indosso la biancheria intima ed un vestito verde giada in tutta fretta ed ancora in pantofole mi precipito nella stanza di mio figlio. Lo vedo agitarsi nel letto con il volto contratto. Il pensiero del calcio non lo lascia in pace nemmeno durante il sonno,sussurro scuotendo la testa. Non è la prima volta che succede da quando è arrivato Roberto. Gli rimbocco le coperte,accarezzandogli una guancia,è ancora presto per svegliarlo,penso prima di uscire dalla sua stanza.

 Mi dirigo in cucina e mentre sto riponendo in un contenitore il riso avanzato della sera prima,scorgo una bottiglia di liquore semivuota sul tavolo. Non può continuare così,vocifero turbata,sospirando. Mi lascio cadere un momento su una sedia,sfiorandomi il collo  prima di preparare come tutte le mattine una sostanziosa colazione per tutti. Sulla poltrona rossa vicino alla finestra mi sembra di vedere mio marito,intento a leggere il giornale,le rare volte che si trova a casa con noi. So che un giorno mio figlio partirà per inseguire il suo sogno,quello di diventare un campione del calcio,lasciandomi sola. Per tutti questi anni gli ho fatto da madre a da padre,cercando di colmare i vuoti e la tristezza che provava pur non facendomelo vedere,sacrificando me stessa. Lacrime amare mi rigano il viso a questi pensieri,anche le donne più forti o che credono di esserlo prima o poi cedono. Mi asciugo le palpebre e  riempio il bicchiere con il liquore rimasto,mandandolo giù tutto d’un fiato.

   - Ciao mamma,io vado,è tardissimo - sento vociare in corridoio.

   - Tsubasa – esclamo aprendo lentamente gli  occhi,stropicciandoli con le dita.  --Tsubasa aspetta - continuo raggiungendolo all’ingresso,scuotendomi da quel torpore.

   - Non ho fame stamattina scusami - mi dice mentre passa velocemente il pallone o il suo migliore amico,come ama definirlo lui,da un piede all’altro,con lo zaino sulle spalle. - e poi è tardissimo,devo allenarmi con gli altri prima di andare a scuola. -continua frastornandomi col suo entusiasmo.

   - Tesoro... - dico ma non faccio in tempo a finire che ha già attraversato il giardino.

  - Tsubasa alla buon’ora - grida Ryo dall’altra parte della strada,palleggiando a stento.  - ma lo sai che fra poco dobbiamo entrare in classe? - continua passando il pallone al suo amico che respinge di testa.

  - Scusami Ryo,è che stamattina proprio non ne volevo sapere di alzarmi -

  - E va bene,per oggi sei perdonato - replica Ryo incrociando le braccia - ma solo perché senza di te non vinceremmo una partita! -

  - Ti ringrazio amico mio - risponde Tsubasa dandogli una pacca su una spalla.       -Ciao mamma noi andiamo,salutami Roberto. -

  - Arrivederci signora -

  - Buona giornata ragazzi e state attenti per strada - rispondo loro agitando la mano destra.

Come si può non volere bene a mio figlio,penso guardandoli andar via. Il suo sorriso contagioso,la sua innata gioia di vivere mi hanno accompagnata per anni,cullandomi dolcemente nella mia malinconia,ma ripagandomi forse di tutti i sacrifici.

   - Buongiorno Natsuko -  sento dire da una voce profonda mentre rientro in casa.

Sussulto girandomi lentamente fino ad incontrare quegli occhi castani,dai caldi riflessi ramati.

   - Buongiorno Roberto - rispondo a bassa voce.

   - Tsubasa è già andato via? - esclama appoggiato al muro del corridoio.

 Annuisco chinando leggermente la testa.

   - Sempre di fretta questi ragazzi! -  dice incrociando le lunghe gambe ancora scolpite dai tanti duri allenamenti.

  - Ti preparo la colazione,alle nove devi andare da quel professore  - esclamo distogliendo lo sguardo.

 Mi osserva accennando un sorriso.

È la prima volta che facciamo colazione da soli da quando si è stabilito da noi. Dopo aver mangiato tutti insieme di solito Tsubasa  va a scuola mentre io esco subito dopo per le compere o per qualche altra commissione,lasciando Roberto da solo solo,attaccato ad una bottiglia.

    - Grazie Natsuko -  mi risponde infine,seguendomi in cucina. -  ma ormai la mia carriera è compromessa - continua sospirando. - Anche se dovessero decidere di operarmi non potrò più giocare a livello agonistico. -

   - Roberto io … - cerco di dire guardando quel viso delicato,dai lineamenti regolari e dalla barba incolta.

  - No,non avere pena per me. - mi interrompe. - Da quando sono arrivato in questo paese e soprattutto da quando ho conosciuto tuo figlio la mia vita ha di nuovo un senso. E poi … - dice titubante mentre il suo sguardo si insinua sulla mia bocca.

Ma mentre cerco di accendere il forno a microonde,faccio cadere dei piatti sul pavimento,mandandoli in frantumi.

  - Aspetta ti aiuto -  dice prontamente lui.

   - Grazie non preoccuparti - balbetto con voce tremula,piegata sul pavimento.

Ma le nostre mani si sfiorano,provocandomi un brivido. Non posso più fuggire da me stessa,penso perdendomi di nuovo in quegli occhi velati di tristezza ma oggi,rischiarati da una luce intensa.

  - E poi da quando sono arrivato qua … -  inizia a dire avvicinandosi sempre più. Non siamo mai stati così vicini,posso percepirne il profumo che mi fa vacillare,ma  è molto più giovane di me,penso guardando quel corpo statuario,è solamente un ragazzo.

  - da quando sono arrivato qua … -  continua ma non ho il tempo di pensare oltre che lo sento stringermi a se sul suo torace muscoloso,le sue morbide labbra posarsi sulle mie.

Dicono che la felicità non sia una condizione perenne dell’essere umano, ma che sia data da  fugaci momenti della nostra esistenza, vissuti pienamente.

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