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Autore: Mushroom    16/11/2011    2 recensioni
Piccola raccolta su Ao No Exorcist.
"01. Rin/Shiemi - Invece le stava davanti, con un’espressione a metà tra il pensoso e l’imbarazzato, cercando di dire qualcosa di particolare.
02 - Female!Yukio/Rin - Così, quando accadde che sua sorella, con un sorriso, gli chiese perché la stesse evitando, dovette convocare un’assemblea tra le varie personalità della sua mente per cercare una risposta appropriata.
03. Yukio/Shura - Ed era lì che aveva conosciuto Shura: arrogante, leggermente prepotente e inspiegabilmente arrabbiata con lui. Era diventato il quattrocchi e, spesso e volentieri, si divertiva a canzonarlo, con una nota di odio che non era mai sfuggita al suo udito.
04. Fujimoto/Mephisto - Che Mephisto fosse sempre stato un tipo un po’ equivoco, Fujimoto non l’aveva mai messo in dubbio."
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Rin Okumura, Shiemi Moriyama, Shura Kirigakure, Yukio Okumura
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Gender Bender
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Quiet

01 - Rin/Shiemi  
Prompt 04. Sera
{Hold my hand to keep me steady}
Fece ciondolare le gambe avanti e indietro, sospendendo la linea di pensieri discontinui. Picchiettava impercettibilmente sul muretto, mentre il sole le cingeva le spalle, in un ultimo saluto alla giornata. Il blu si fuse con l’ocra del sole, accentuando appena il profilo della città. Con un sorriso, Shiemi alzò gli occhi al cielo. Cinque minuti. Poi altri tre. Infine, dieci. Le piaceva quella sensazione di calma, così rara negli ultimi tempi. Respirò a pieni polmoni aria che graduava verso il freddo, desiderando potersi stendere per un solo momento sul prato di fronte a lei. Dalla piccola panchina, sembrava tutto così possibile; tutto così relativo.
Arricciò appena le labbra, distratta da una voce.
Affannato, coi capelli leggermente scompigliati e la divisa in disordine, Rin corse verso di lei. Sorrise imbarazzato, facendo una piccola smorfia.
Se fosse stato un appuntamento, quella sarebbe stata la classica scena in cui lui arriva in ritardo e lei, con nonchalance, alla domanda “sei qui da tanto?” risponde “non ti preoccupare, sono appena arrivata”. Era una fantasticheria tipica da shoujo manga, di quelli che – di tanto in tanto – le era capitato di leggere nei suoi periodi di malattia. Fino a qualche anno prima sarebbe stata troppo fragile e troppo chiusa per uscire dal suo giardino ma, chissà come, le cose erano cambiate.
Sebbene un po’ lo negasse, sapeva che era stata la determinazione di Rin a farle desiderare di essere una persona migliore.
Aspettò che Rin prendesse posto affianco a lei, ma non lo fece. Invece le stava davanti, con un’espressione a metà tra il pensoso e l’imbarazzato, cercando di dire qualcosa di particolare.
Shiemi inclinò la testa.
Quello era il loro ritrovo; o meglio, una scusa per farsi compagnia e stare in pace, almeno un ora alla settimana.
«Ricordi quanto ti dissi che…» si fermò un attimo, in difficoltà. Tergiversò con le mani, iniziando a frugare nelle proprie tasche, fino a tirarne fuori due fogli stropicciati «Quando ti dissi che saremmo tornati al parco divertimenti di Mephisto?»
Ci volle solo un attimo perché assimilasse quelle parole; un attimo, prima di accendersi e sorridere a trentadue denti, annuendo con vigore.
Rin borbottò, portandosi una mano dietro la testa «Beh, io, vorrei… insomma, ho i biglietti e… sarebbe divertente, giusto?»
Shiemi annuì, ancora, senza sapere cosa dire. Come un’idiota, esclamò un «Sì!» carico di troppo entusiasmo, che portò Rin a ridacchiare. Porgendole una mano il sole si abbassò all’orizzonte, lasciando nell’aria un piacevole color indaco.

02 - Female!Yukio/Rin
Prompt 93: Giustificazioni
{Here we are again. I feel the chemicals kickin’ in / It’s gettin heavier / And I wanna run and hide}
C’erano tante cose che Rin reputava saggio non dire. Sebbene sapesse di parlare a sproposito e, spesso, di mancare di tatto, aveva anche una cosetta chiamata “coscienza” che, a braccetto con il buon senso, qualche volta sapeva come frenarlo.
Così, quando accadde che sua sorella, con un sorriso, gli chiese perché la stesse evitando, dovette convocare un’assemblea tra le varie personalità della sua mente per cercare una risposta appropriata.
La prima cosa che pensò, sbattendo la testa sul tettuccio inferiore del letto a castello, fu che non poteva essersene accorta: era sempre stato molto attento a far sì che nessuno - soprattutto lei – si accorgesse di piccoli imprevisti e di eventuali rossori indesiderati. Era stato attento, e Yuki non era così sveglia. La seconda cosa, che seguì velocemente la prima, come in un groviglio di cavi impolverato, fu che – Diamine! – aveva sedici anni, ed era il periodo degli ormoni; meglio dire che si trattava di quello, no? Che a quell’età non si aveva controllo del proprio corpo e che si finiva per eccitarsi per tutto. Pensò alla faccia inviperita dalle sorella se solo avesse provato a dire una cosa simile. Gli aveva chiesto motivazioni sul suo distacco, non delle conseguenti erezioni procurate dal suo vagare seminuda per la stanza. Rin desiderò seriamente sbattere una seconda volta la testa sul letto a castello.
Una vocina gli urlò di rispondere come se niente fosse, un’altra di controbilanciare con un nuovo quesito e, una terza, di fingersi particolarmente interessato alla lezione di farmacologia demoniaca che Yuki aveva tenuto quella mattina, sebbene non ne avesse ascoltata una sola parola.
Yuki inclinò la testa, dal bordo del materasso, sbattendo gli occhi celesti e portandosi una ciocca castana dietro all’orecchio.
Liquidala. Suggerì una vocina.
Aprendo la bocca e richiudendola, però, non trovava nessuna giustificazione utile. Niente di niente.
Pensò semplicemente che, se avesse emesso un solo verso, probabilmente si sarebbe lasciato scappare cose che, per il suo bene (e per evitare una pistola puntata alla testa), sarebbe stato meglio tacere.
Non riuscire a controllare le proprie parole era come ammettere di essere al limite. E forse lì c’era già, da molto tempo. Con un sospiro, pregando che si allontanasse il più possibile da lui, non trovò altro da dire se non il negare, in modo scorbutico, l’evidenza «Non ti evito. Ma ti pare?»
Da dietro gli occhiali, Yuki lo fulminò con lo sguardo. Si avvicinò ancora, studiando i lineamenti del gemello e procurandogli, nuovamente, la voglia di picchiare la testa contro il muro.
«Eppure indietreggi» lo incalzò, mantenendo un tono calmo. La voce della sorella era sempre stata così pacata e flebile che, spesso, aveva dovuto aguzzare l’udito per coglierla appieno; col tempo era diventata più sicura, forse per il suo ruolo da esorcista, forse per l’età.
«E sei paonazzo, Nii-san» assottigliò lo sguardo «Hai la febbre?»
Dio, e quell’affermazione cos’era? Deglutì appena. Che cliché.
Senza attendere risposta, si avvicinò fino a posare le labbra sulla sua fronte. Per un secondo, uno soltanto, sentì il bisogno di crogiolarsi in quel piccolo gesto; di percepire il calore della sua bocca sulla pelle, senza indietreggiare, borbottare o sputare parole insensate. Senza scappare, una volta soltanto.
Fu solo quando si accorse realmente di quel che stava accadendo che saltò in aria, batté un'altra volta la testa e si rifugiò nel punto più lontano del letto.
La scena si svolse in modo così ridicolo che non riuscì neanche a biasimare Yuki per la risata che si stava facendo a sue spese.
«Non hai la febbre, Nii-san» disse, semplicemente, ancora con un sorriso ilare. Per la prima volta, desiderò picchiare sua sorella. «Però mi eviti»
«Come posso evitarti se viviamo assieme!» sbottò esasperato, dandosi una leggera pacca sulla fronte.
«Senti, Yuki, ti prego, sarai paranoica» continuò, con una nota di isteria nella voce.
Pensò seriamente si comportasse apposta in quel modo, per il gusto di veder schizzare la chimica nelle sue vene e di fargli udire, in modo impercettibile, il sangue che, veloce, tamburellava nelle sue orecchie.
Rin sentì di star per fare una delle più grandi cazzate della sua vita. Fu solo quando sentì le labbra di Yuki sulle sue e la propria lingua scivolare nel suo palato che capì, come un’idiota, che era stata lei a prendere l’iniziativa.
Così, in un attimo, tutte le affermazioni e le provocazioni e le prese in giro (che sarebbero dovute essere inconsapevoli) presero senso. Lo faceva davvero apposta.
Desiderò seriamente sbattersi la testa al muro.

03 – Yukio/Shura
Prompt 01: Alba
{I lost myself yes is it better not said. Now I'm closer to the edge}
Yukio aveva sempre pensato che l’alba fosse l’esatto punto di incontro tra il nuovo e il vecchio. Era un pensiero assurdo, fatto in una notte di tanto tempo prima. In realtà, vedere il cielo così vicino al confine tra buio e luce, i quali veniva separati da una strisciolina celeste, riusciva in qualche modo metterlo di buon umore. Sapeva benissimo che si trattava di una considerazione assurda accompagnata da una sensazione totalmente immotivata.
Gli ricordava un po’ le serate passate sui libri, l’addormentarsi la sera e riscoprirsi sveglio solo la mattina successiva, quando il sole sorgeva; ancora, lo scenario si ripeteva, in un universo quasi parallelo a quello della quotidianità dello studio, durante i primi allenamenti da esorcista, dove aguzzare gli angoli del proprio carattere era stato difficile quanto inaspettatamente liberante.
Ed era lì che aveva conosciuto Shura: arrogante, leggermente prepotente e inspiegabilmente arrabbiata con lui. Era diventato il quattrocchi e, spesso e volentieri, si divertiva a canzonarlo, con una nota di odio che non era mai sfuggita al suo udito.
Shura lo trattava come se le avesse rubato qualcosa di unico e importante.
Non come il bambino qual era, ma come quell’adulto che sarebbe presto diventato; lo esponeva a critiche non indifferenti, lo incolpava del proprio dolore e non esitava a tiranneggiarlo.
Per un certo periodo, l’aveva odiata.
Poi, origliando, aveva capito. Discuteva con suo padre, animatamente, tra grida e i singhiozzi tramutati in ringhi. Fujimoto scuoteva la testa, piano, cercando di calmarla; lei gli dava del pazzo, diceva qualcosa sull’onore di un esorcista. Infine, l’aveva semplicemente salutato, come se niente fosse, ed era scomparsa.
Yukio aveva sinceramente pensato che le fosse accaduto qualcosa di male; che forse, in vaticano, insultare il paladino non era concesso, oppure che quelle parole avevano avuto più peso di quanto credesse.
Dopo di quell’evento, il mondo aveva continuato a scorrere.
I giorni si erano susseguiti senza troppa difficoltà.
E in quel momento in cui qualcosa si era frantumato; in cui quel susseguirsi di eventi, di albe e tramonti, di passi avanti e disguidi si era interrotto, facendogli credere che non potesse essere felice per il semplice fatto che non amava esserlo, Shura era ricomparsa.
«Gli ho fatto una promessa» aveva detto «Non posso deluderlo»
Così lui era diventato la promessa di Shura, e Rin la sua personale battaglia.
In quel momento, con quelle parole, sembrò che qualcosa si aggiustasse.
Yukio ora scuote la testa, cercando le parole adatte tra dei ricordi troppo affollati.
Il cimitero è deserto, e i ricordi appaiono sbiaditi e appartenenti a un’altra realtà.
Sorride, chiedendosi se il padre, da quella prospettiva non lo trovi stupido. Per lui si sente stupido, e tanto.
Cerca qualcosa da dire, inutilmente, prendendole la mano, come se fosse ancora un’adolescente.
Shura gli dà del bambino, Yukio ripete comunque che la ama.

04 – Fujimoto/Mephisto  
Prompt 96: Tema libero - Superficialità
{ You're the queen of the superficial, But how long before you tell the truth?}
Che Mephisto fosse sempre stato un tipo un po’ equivoco, Fujimoto non l’aveva mai messo in dubbio. Se ne andava in giro vestito come un fottutissimo gelato gigante, appellandosi come demone e come esorcista, e permettendosi – che colmo! – di indossare un Kimono Rosa con personaggi Moe; un Kimono che avrebbe fatto impallidire pure gli otaku più sfegatati.
Faceva una missione ogni tre per due, beccava i meriti del Vaticano e giocava tutto il tempo con la Playstation; quest’ultima preferibilmente su schermo gigante.
Inoltre, il Gelato-gigante vestito da Otaku, aveva sempre qualcosa in mano. E per qualcosa, il reverendo intendeva una qualche fattispecie di scommessa o di contatto con il suo luogo d’origine: l’inferno, per l’appunto.
La verità era una sola: Mephisto era una altezzosa Regina, capace di trasformarsi in un cucciolo di cane e incredibilmente forzuta. Questa era l’unica spiegazione che Fujimoto aveva trovato.
Non si poteva definire “Re” un uomo così… che la parola giusta fosse eccentrico?
Ancora una volta, si ritrovò a pensare – suo malgrado – ai gelati.
Era il genere di persona con cui non avrebbe mai lasciato i suoi bambini, in quanto la sua faccia da stupratore seriale non lasciava mai intendere nulla di buono.
«Che alta stima che hai di me, Shiro! Posso tenere a bada due ranocchietti come loro!»
Sì, certo, come no.
«Non mi credi? Dopotutto, sono i miei adorati fratellini <3 »
Il cuoricino che parve avvertire alla fine della frase lo fece inorridire
«Mephisto, non è che non ti voglia far badare a Rin e Yukio… » Semplicemente tengo a non procurare loro traumi infantili «Ma se me lo dici così, mentre cerchi di togliermi la divisa, perdi un po’ di credibilità»

 



 

 

   
 
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