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Autore: GioGiaMon    17/11/2011    4 recensioni
E se Aramis avesse preso il posto di D’Artagnan come carnefice? E se Aramis non fosse una donna ma un uomo?
Questa fic prende spunto dalla puntata 31 dell’anime (che ultimamente è un po’ inflazionata), in cui viene condannata Milady (editto del Re d’Inghilterra, rea di aver assassinato Buckingham). Qui mescolo le carte, creando un Aramis nuovo, simile a quello del libro.
È una mini fan fiction, di pochi capitoli che sono inspirati ad un album molto bello.
Spero che a qualcuno interessi.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Forget thy past, anne

Forget thy past, Anne


«Questa volta non mi sfuggirete!», la voce di D’Artagnan era ferma e decisa.
Doveva prenderla, a tutti i costi.
La sua adorata Constance giaceva in letto moribonda per colpa di quell’arpia; no! Non avrebbe mai più fatto del male a qualcuno! Era una promessa!

La donna, colta di sorpresa, si diresse verso l’ampio caminetto acceso, cercando disperatamente un modo per difendersi.

Scagliò contro al guascone i tozzi di legna accesi; i suoi occhi smeraldini brillavano di vivido odio e impotenza. Era come una belva in trappola.

Ma D’Artagnan li parò senza difficoltà.

Anche Pepe, la fedele scimmietta della donna, correva a nascondersi. Forse presagiva ciò che stava per accadere.

«Fermatevi, Milady!» aveva una bomba in mano, ed era pronta ad usarla.

Sorriso amaro, occhi lucidi, non per il fumo che emanavano i ceppi nel camino.

La mano era malferma, ma la sua volontà non vacillava; doveva assolutamente riuscire a sopravvivere; ad ogni costo.

«Ormai non ho più nulla da perdere!» quindi la scagliò nella direzione del ragazzo; ma egli fu più rapido di lei.

In un balzo le fu addosso e la gettò nella nicchia nel camino dove il fuoco era praticamente quasi spento.

La bomba, non appena toccò terra, esplose in boato sordo e potente. Il vecchio convento pericolante si sgretolò come un castello di sabbia.

Finalmente, dopo tante peripezie, era riuscito a catturare la sua acerrima nemica; la teneva  in pugno. Presto giustizia sarebbe stata fatta.

Ma l’unico pensiero del ragazzo andava alla sua amata Constance: chissà se si sarebbe mai ripresa. La sua situazione rea davvero disperata.

La spinse fuori dalle macerie, nel vecchio chiostro del monastero. Milady gli dava le spalle, mentre la sua spada sfiorava la sua schiena.

«Che cosa volete farne di me, adesso?» chiese impaurita la donna, gettandosi ai suoi piedi.

Vedere un simile sguardo, anche qualora fosse quello di un’assassina, lo metteva a disagio. Ma cercò di riprendersi, di stare freddo e concentrato. Non doveva dimenticarsi che colei che ora giaceva inerme ai suoi piedi si era presa gioco (e anche bene!) di due importanti nazioni, quali la Francia e l’Inghilterra. Doveva controllarsi.

«Questo dipende da Lord Patrick, che è venuto apposta da Londra per decidere!» ma la sua voce risultò un po’ troppo indecisa e questo non sfuggì alla donna.

«Dunque avete intenzione di rispedirmi in Inghilterra?» il tono mellifluo e quasi rotto dal pianto tradiva che in realtà stava provando terrore puro; forse per la seconda volta in vita sua.

«NO! Vi prego! Non costringetemi a tornare in Inghilterra!» si aggrappò alle vesti del giovane con tale foga e tale disperazione che quasi D’Artagnan si commosse. Ma subito gli affiorò alla mente l’immagine della sua Constance.

«Dite! Perché avete ucciso il Duca di Buckingham?!»

La donna rimase di sasso; quindi abbassò lo sguardo, sconfitta e rassegnata. Gli occhi le si riempirono di lacrime. Per nasconderle distolse lo sguardo, ma aspettò giusto quell’attimo affinché D’Artagnan le notasse.

«Purtroppo ho solamente obbedito a Sua Eminenza, il Cardinale Richelieu», disse, con un filo di voce.

«Vorreste dirmi che, anche l’attentato a Constance e me, vi è stato ordinato dal Cardinale?» a D’Artagnan non sembrava vero; se fosse davvero il responsabile di tutto il Cardinale, avrebbe potuto tranquillamente perdonare Milady. In fondo al suo cuore voleva tanto farlo.

«NO!» si affrettò a rispondere; quindi distolse di nuovo lo sguardo, «no, quello no» dalla sua voce il guascone colse tutto il rammarico che la donna provava. Ma la rabbia montò.

Il pensiero di perdere la sua amata era davvero insopportabile.

«Constance è molto grave e forse non arriverà a domani!» i sentimenti verso Milady de Winter erano nettamente contrastanti tra loro: vi erano dei momenti che l’avrebbe volentieri perdonata ma vi erano altri che avrebbe solo voluto vederla marcire dietro le sbarre di una prigione.
Ma morta no.
Questo mai.
Lo sentiva; era chiaro che vi era qualcosa che non aveva funzionato nella vita di quella donna.
Qualcosa di tremendo e oscuro che l’aveva trasformata nel mostro di ora.
Ma un giorno, forse, tutto sarebbe andato meglio.

Glielo augurava di tutto cuore anche perché sentiva una specie di affinità, un legame verso di lei.

Ma il filo dei suoi pensieri fu interrotto dalle urla di Jean che chiamava il suo nome a gran voce.

«D’Artagnan!», il guascone rivolse il suo sguardo verso il cancello diroccato e vide il suo cavallo ronzinante insieme a Jean; dietro di loro Athos, Porthos ed Aramis. A chiudere la fila Lord Patrick.

Si rasserenò nel vedere i suoi commilitoni. Sicuramente loro sapevano che cosa sarebbe stato giusto fare e avrebbero preso in mano la situazione l’avrebbero risolta brillantemente.

Come sempre.

«Ah, avete fatto presto!»

«Abbiamo fatto il più velocemente possibile ma, a quanto pare, non hai più bisogno d’aiuto!» gli rispose prontamente Porthos; dalla sua espressione si capiva che era un po’ deluso. Detestava arrivare tardi ai divertimenti, sia che fossero banchetti che schermaglie.

«Sir Patrick, come voi stesso potete vedere, Milady de Winter è stata catturata!» voleva liberarsi di questa incombenza al più presto e ritornare da Constance. Ella sì che aveva bisogno di lui!

«Vi sono molto obbligato, D’Artagnan!» rispose il servitore del Duca oramai defunto.

Intanto Milady, con la coda dell’occhio, non smetteva di fissare Athos. Dopo tutti questi anni non era cambiato affatto. La sua avvenenza, il suo portamento aristocratico, la sua naturale nobiltà senza essere però altero. Ma nei suoi occhi era ormai scomparsa da tempo la scintilla della speranza e la lucentezza del sogno.

Il bruno moschettiere, dal canto suo, non la degnava di uno sguardo. Quindi si rivolse all’inglese: «Vedete, Sir Patrick, secondo le nostre usanze … »

«Ma cosa credete di potermi fare? Lasciate che vi ricordi che nessuno potrà torcermi un capello e questo perché, ciò che io ho fatto, è stato approvato da Sua Eminenza, il Cardinale Richelieu» basta, non ce la faceva più ad essere ignorata così! Il torto glielo aveva fatto lui! E pure grosso! E ora osava pure aprire bocca? No, non era tollerabile!
E poi era lei ad essere nel giusto, o perlomeno ad avere una giustificazione plausibile.

Si frugò le tasche alla ricerca di della lettera che il Cardinale le aveva affidato. Ma non fece in tempo a mostrarlo che Athos glielo strappò di mano, lasciando la donna, ancora una volta, inerme ai suoi piedi.
Ma questa volta non ci stava.

«Che cosa volete fare?» suonava come una minaccia; si rialzò in piedi pronta a lottare per riprendersi il prezioso foglio di carta ma lama del guascone le ricordò che rea un bersaglio facile.

«D’Artagnan, d’ora in poi porterai questa lettera con te. Probabilmente ti tornerà utile un giorno o l’altro».
Athos sapeva bene era ingiusto togliere quella lettera alla donna, ma non riusciva ad essere razionale quando si trattava di lei, il suo unico amore che gli aveva strappato il cuore dal petto.

«La rivoglio!» protestò la Contessa de Winter ma incontrò solo il volto duro del moschettiere più anziano. Biasimo e disgusto è tutto ciò che vi si poteva leggere.

«È tutto inutile», quindi continuò a dissimulare; cosa che gli riusciva bene soprattutto quando c’era lei di mezzo.

«Voi siete inglese, giusto?»

«E questo che cosa c’entra?»

«Essendo una cittadina inglese, voi dovete sottostare alle decisioni del Re d’Inghilterra, ecco che c’entra!» rispose stizzito.

«Se voi foste francese, potreste godere della protezione del Cardinale Richelieu ma purtroppo non è così!», precisò Porthos.

In ginocchio a terra guardava spaesata ora l’uno ora l’altro moschettiere sempre più confusa e agitata.

«E che vuol dire questo?»

«Il Re, Sua Maestà Carlo I, ha emanato un editto secondo il quale voi dovete essere condannata a morte per l’assassinio del Duca di Buckingham» precisò Sir Patrick.

Terrore puro.

Angosciante ironia: un foglio di carta autorizzava i suoi peccati mentre un altro condannava gli stessi.
Qualcuno in alto doveva avere un sadico senso  d’ironia.

Dunque era giunta realmente la fine?

«È un ordine scritto di Sua Maestà» quindi estrasse il mandato di esecuzione e lo mostrò alla donna. Milady avrebbe voluto piangere e disperarsi ma non ci riuscì.
In fondo ella era già morta una volta, proprio in luogo simile a questo, in un bosco, dagli alti alberi.
La cosa che la disturbava di più era il ripetersi degli eventi sempre uguale, quasi come se il tempo fosse ciclico.
Se almeno la morte fosse arrivata per mani diverse!

«Appena catturata, giustiziatela immediatamente. Così sta scritto» dunque passò l’editto a Porthos.

Non restava che arrendersi. Ancora una volta. Ancora allo stesso uomo. Nel cuore lo stesso amore e nei suoi occhi blu mare lo stesso sconvolgente odio.

«D’Artagnan», si rivolse al guascone con aria distinta e solenne, «a nome del Duca di Buckingham, che fu mio signore, vi chiedo di prestarmi i vostri servigi», al giovane venne una stretta al cuore.
Sapeva perfettamente cosa stava per chiedergli, ma non se la sentiva proprio di farlo.

«Vorrei farvi assumere il compito di giustiziare quella donna», perfino Milady vi rimase male.

Il guascone imbarazzato e in evidente disagio cercò di rispondere in maniera consona.

«Ma … ma dite a me?»
“Accidenti! Perché ho esitato? Ora tutti penseranno che sono un codardo e che non voglia vendicare la morte del Duca! Maledizione!”

«Sì, dato che io ho sempre fatto il maggiordomo non ho molta dimestichezza con la spada», si sentiva incastrato in un bruttissima situazione.
La sua difficoltà era evidente ma Athos lo volle subito incoraggiare a compiere quel gesto; più per egoismo che per effettivo spirito d’altruismo.

«D’Artagnan, non è forse quello che volevi da molto tempo? È un’ottima opportunità per poter vendicare il Duca di Buckingham e Constance», rammendargli Constance era davvero un colpo basso.

«Che ti prende? Hai forse paura di farlo?» lo provocò Porthos.

Punto sul vivo del suo orgoglio si affrettò a negare l’insinuazione del moschettiere corpulento.

«No! … io …» ma la sua protesta risultò debole.
Intervenne Aramis a salvarlo.

«Se non te la senti di poterlo fare, uno di noi si offrirà di farlo al posto tuo»

«Beh non ho detto che non me la sento … », cercava di giustificarsi.
Un tentativo davvero maldestro.

«Allora vi prego di occuparvene personalmente» insisté il maggiordomo del Duca, ormai defunto.

Visibilmente in imbarazzo, smise di protestare.
Ma Aramis, da attento osservatore, non sfuggì il suo disagio.

«D’Artagnan, vi capisco perfettamente. Siete preoccupato per la vostra Constance e non riuscite più ad essere lucido. Noi tutti ti comprendiamo, quindi, se Lord Patrick è d’accordo, proporrei di sollevarti da tale incarico.»

Quindi si rivolse all’inglese, guardandolo dritto negli occhi.

«Milord, D’Artagnan ha un grave peso nel cuore. La sua amata è tra la vita e la morte a causa di questa donna. Tutto ciò che desidera è poterla abbracciare; il giovane sa che potrebbe essere anche l’ultima volta che la vede. Quindi vorrebbe in cuor suo correre da lei. Dopotutto ha assolto egregiamente al suo compito, non siete concorde con me?», niente da dire, quando Aramis sfoggiava la sua dialettica, sapeva essere davvero convincente.

«Non ne ero a conoscenza. Perdonatemi D’Artagnan. Vi esonero da questo incarico. Potete andare dalla vostra amata» il cuore di D’Artagnan traboccava di gioia; non solo perché andava da Constance, ma anche perché non sarebbe stato lui la causa ella morte di Milady.
E questo lo confortava.
Almeno un po’.

«A questo punto, la cosa più umana da fare è procedere il più velocemente possibile. Aramis, dato che sei stato tu a sollevare la questione, propongo che sia tu stesso a porre fine ai giorni della Contessa Milady de Winter»

“E tutti poi lo chiamano eroe! Non riesce nemmeno a sbrigare le sue faccende in sospeso da sé! Deve delegare ad Efestione! Che squallore!” pensò, disgustata la condannata.

«Fermo! Questo è un monastero dove vengono elevate le preghiere a Dio. Non possiamo sporcare col sangue la dimora del Signore», ma Athos ha soluzione per ogni problema.

«Sull’altra riva del fiume, vi è una foresta tranquilla che fa al caso nostro. Portiamola laggiù, allora.»

“Parla di me, come se non fossi nemmeno presente! Non conto davvero niente? Eppure ho messo in seria difficoltà qualunque moschettiere, ho ucciso un Duca, ho ordito piani e complotti e ho creato tensioni tra Inghilterra e Francia! Ma non sono degna di attenzioni da parte sua!”
Le uscì una risata a cui nessuno fece caso.

“Che sciocca che sono! Tra poco morirò e tutto ciò che riesco a pensare è che Olivier non mi considera! Sono davvero una stupida”
Degli occhi azzurro cielo la guardarono, con empatia.
Forse non passò proprio inosservata.

«D’accordo! La porterò io lì!» replicò secco il moschettiere biondo.

«Milady, pensate sia consono che sia Aramis a portare a termine questo compito, invece di D’Artagnan?»

«È giusto che D’Artagnan corra al capezzale di Constance che io stessa ho ridotto in quelle condizioni. Per me, quindi, sarà un immenso onore morire per mano di Aramis. Uomo di Chiesa e dall’animo nobile», ma nella sua mente si agitavano pensieri confusi: rosso sangue, tradimento risso sangue, amore perduto e ingrato, ma che ardeva ancora. Avrebbe voluto potergli parlare una volta sola ancora.
Sollevato  e contento che il compito non fosse più sulle sue spalle, D’Artagnan si allontanò in groppa a Ronzinante.

«Ma D’Artagnan? Mi lasci qui? Anch’io voglio vedere come sta Constance! E voglio essere lì quando si sveglierà!» lo rincorse Jean.

«Hai perfettamente ragione! Dai monta su che si va più veloce del vento! Forza, Ronzinante! Si va dalla mia Constance!» quindi si allontanò.

«Aspettate! Avrei una richiesta» spezzò il silenzio la povera donna.

«Quale?» l’apostrofò Athos.

«Non voglio che nessuno di voi sia presente e assista alla mia morte», tra lo sguardo torvo e Athos e quello confuso di Porthos, ella si rivolse ad Aramis, «vi prego! Giustiziatemi e seppellitemi senza l’aiuto di nessuno!»

«Attento, Aramis! Te lo sta chiedendo perché ha sicuramente l’intenzione di scappare!» l’ammonì il moschettiere più anziano.

«Certo! Sta pensando che se Aramis è da solo sarà più facile ingannarlo!» incalzò Porthos.

“Come al solito non capisci mai niente, Olivier! È la mia ultima vendetta! Farti vivere nell’incertezza se io sono morta o meno! Una cosa è sentirsi raccontare un fatto, tutt’altro vederlo! E poi mi hai già visto morta una volta, maledetto!”

«Tu che ne pensi, Aramis?» disse Athos; si avvertiva una leggera preoccupazione nel tono della sua voce.

«Non crucciatevi per me, signori. La mia mano sarà guidata verso la cosa giusta da fare, non abbiate timore! E poi sono maturo abbastanza per potermi risparmiate tutte queste raccomandazioni, non credete amici miei?» rispose sicuro e calmo il biondo soldato.

«Bene! Allora procedi pure!»

Dunque il moschettiere mise il ginocchio destro a terra e offrì le mani alla donna.

«Milady, abbiate la bontà di seguirmi. Vi sorreggerò per tuto il tragitto» la donna fu colpita dall’eleganza e dalla dolcezza dell’uomo che le stava di fronte.
Gentile, premuroso, calmo.

Non sembrava affatto il suo futuro carnefice.

Le offrì il braccio destro che ella accettò volentieri.

«La mia ora è scoccata; addio a tutti voi» in realtà era rivolto soltanto ad Athos; un’ultima supplica che rimase inascoltata.

La fedele scimmietta, che doveva aver intuito che qualcosa di orribile stava per accadere, riapparve da qualche angolo buio per raggiungere la sua padrona nel momento del bisogno.

Milady indugiò un attimo, guardando il cielo; la luna argentea si intravedeva tra le nuvole che passavano blande.

“Perfino stanotte la luna è bellissima in cielo …”

«Mia signora, non chiedetevi come mai la luna splenda con tutta la sua forza perfino ora. Essa se ne sta lassù, nel suo mondo perfetto, incurante delle nostre sofferenze e disgrazie» le disse Aramis, che aveva notato la malinconia nel suo viso e nel profondo dei suoi occhi smeraldini.

Quindi la prese per la vita e la mise sopra alla barchetta con cui sarebbero arrivati all’altra sponda del fiume.

Trovava la gentilezza di Aramis così rassicurante e affascinante; nonostante il suo aspetto vagamente effemminato, questa notte le sembrava più virile di qualsiasi altro uomo che avesse mai incontrato nella sua vita.

Quindi iniziò a vogare.

La donna guardava costantemente l’acqua che era animata da blande onde.

Era immersa nel valutare un po’ tutto il suo vissuto: tutte le sua speranze e i suoi sogni, col passare degli anni e degli eventi, era stati infranti brutalmente. Aveva cercato di raccoglierne i pezzi, ma essi erano come minuscoli frammenti di vetro tagliente sul pavimento, quindi non le era rimasto altro che guardarli giacere a terra, sconfitti da una forza più grande di lei.

Infine arrivarono al luogo stabilito; Aramis  scese dalla barca e poi allungò la mano destra per aiutare la Contessa; lo prese e scese dalla barca.

Ma la donna gli si gettò al petto, stringendo tra i pugni la sua blusa.
Aramis la cinse con le sue forti braccia, la poveretta tremava.

«Scusatemi, credevo di esser pronta! Ma se penso che da qui in avanti ogni passo mi porta più vicino alla morte, ho paura», nei suoi occhi il moschettiere non vedeva più quella cattiveria e quel cinismo che l’avevano sempre contraddistinta.

Era come se, tra le sue braccia, non ci fosse più la Contessa Milady de Winter ma bensì una persona diversa, che non aveva mai visto prima.

* * *

«Voi siete il miglior amico che si possa desiderare, Aramis»
«Lo stesso vale per voi, Athos»
«Voi siete un uomo di Chiesa, un uomo buono. Se solo sapeste che cosa mi ha condotto qui, non mi sareste così amico. Anzi, dubito perfino che sedereste al mio stesso tavolo … »

Forse era il vino che parlava, ma il suo maestro e amico sembrava davvero scosso.
Cercò di rassicurarlo come poté.

«Athos, noi tutti siamo qui per diversi motivi. Ognuno di noi nasconde qualcosa di orribile ed è qui per rimediare a delle promesse infrante, atti sconsiderati, o semplicemente per ricominciare una nuova vita o per espiare semplicemente in attesa di cadere in battaglia»

«Non è così semplice; per me era giunta l’ora di rompere con quel mondo e quello stile di vita. Tutto mi era insopportabile. Ogni volta che qualcuno pronunciava il mio nome mi ricordava lei. E quindi quello che le avevo fatto»

Aramis ascoltava attentamente, ma ancora non era in grado di capire l’entità delle ferite della sua anima.

«Andiamo, non potete aver commesso un fatto così grave! Athos, tendete ad ingigantire le cose. Sicuramente non è nulla di così grave», il moschettiere biondo era veramente convinto della buona fede del suo amico.

«No, voi non capite. Voi conoscete Athos, moschettiere impavido, lo stratega, colui che ha sempre la situazione sotto controllo, che esige il controllo. Olivier non era così. Si è comportato da vigliacco e si è fatto prendere dall’ira. Ha infierito su una povera disgraziata creatura a cui ha negato perfino il diritto di parola. Non riuscirò mai a perdonarlo. Né pretendo perdono» quindi appoggiò la testa tra le mani, abbandonandola.

Aramis non ebbe il coraggio di dire nulla; sentiva che il suo amico aveva un gran peso nel cuore e ora l’aveva diviso con lui. Si sentiva onorato per questo, anche se non aveva ben capito che cosa fosse davvero successo.

«Anne, non mi avevate fatto nulla di male, ma solo ora me ne rendo conto» nonostante nascondesse il volto tra le mani, calde  lacrime amare rigarono le sue gote, infrangendosi sul legno del tavolo.

«Mi l’avevate nascosto perché sapevate chi era veramente Olivier, vero? Che Dio abbia pietà della mia anima! Poteva essere tutto un grandissimo malinteso ma non ascoltato niente e nessuno, se non il mio barbaro istinto. Anne, non vi chiedo perdono, non me lo merito. Ma voglio comunque riscattarmi. E non temete, lo farò!»

Aramis poggiò la sua mano sul suo braccio destro.

«Athos, tutti commettiamo errori, siano essi inezie o nefandezze inenarrabili. È normale, fa parte di noi, del nostro essere umani. Ma sono proprio i nostri errori a renderci più saggi, se riusciamo ad imparare da loro. Quindi non angustiatevi, ve ne prego. Mi fa male al cuore e all’animo vedervi così», Athos alzò il suo viso e guardò l’amico negli occhi. Quindi appoggiò la sua mano sopra quella del suo amico.
In quel momento sentiva davvero che le loro anime erano davvero unite e vicine, quasi in un unico essere.

* * *

Camminarono un po’, addentrandosi nel bosco; all’improvviso gli alberi si diradarono e un ampio spazio si mostrò ai loro occhi; in cielo non vi era più una nuvola, la luna splendeva serena.

Milady si fermò proprio nel centro e, guardando verso l’alto, sospirò: lungo e intesto.

«È molto bello qui, vero?» disse con un filo di voce.

«Non è il luogo più adatto per seppellire una donna come me, rinnegata dal resto del mondo fin dalla nascita?»

«Rinnegata dal mondo fin dalla nascita?» le fece eco il moschettiere.

«Sarebbe stato meglio se non fossi mai venuta al mondo! Avrei potuto evitare di morire così miseramente!» ad Aramis non piacque ciò che la donna stava dicendo.

«Aramis, prima di morire, avrei solo una richiesta da farvi», disse girandosi verso di lui.

«Dite pure, Contessa»

«Lasciate che vi racconti la storia della mia vita, ve ne prego!»

«Ma certo! Sarò ben lieto di ascoltarvi», da sempre desiderava conoscere quali potessero essere le cause di un tale accanimento verso la nobiltà, il clero e gli uomini in generale. Quali ferite celava la sua anima.
Egli non credeva affatto che la donna che gli stava di fronte fosse il mostro che tutti descrivevano, perlomeno ci doveva essere stato un tempo in cui l’innocenza e la purezza albergavano in lei.

* * *

Sono nata da una famiglia  di contadini molto povera, in aperta campagna. Mio padre era figlio del Signore Feudale che governava quella provincia. Conobbe mia madre e se ne innamorò perdutamente. Quando la sua famiglia scoprì che egli voleva sposarsi una semplice serva lo diseredarono.
Per cercare di mantenerci, si arruolò come soldato, nonostante fosse inesperto dell’arte della spada.
Infatti non tardò ad arrivare la cattiva notizia. Di lui non si seppe più nulla.
Mia madre era una donna caritatevole, infatti accolse sotto al suo tetto un’altra bambina; ella era gravemente malata, per questo infatti fu abbandonata.
Per mantenerci sia io che mia madre, che mia sorella – sì, per me quella bambina era come la sorella che non avevo mai avuto – andammo a lavorare in un convento.
Passarono gli anni e il lavoro diventò sempre più duro e pesante, soprattutto per mia madre e la mia sorellina.
Ma le monache non ebbero pietà di noi; continuarono a vessarci con lavori umilianti e pesanti. Mia sorella si aggravò e, poco dopo, si ammalò mia madre.
Oramai inutili, le monache smisero di dare loro cibo, quindi divisi con loro la mia porzione; ma era troppo scarsa per tutte e tre.
Mi sentivo così impotente! Soffrivo nel vederle in quello stato pietoso!
Quindi decisi di procure loro almeno un pasto decente a testa. E qui commisi l’errore che mi rovinò la vita.
Rubai del cibo dalla dispensa; carne, pane, uova e qualche cipolla. Me lo ricordo ancora.
Feci appena in tempo a vederle mangiare felici quando dei gendarmi entrarono nella nostra stanza e mi accusarono di essere una ladra!
Non vollero ascoltare ragioni; in tempo di carestia, rubare del cibo era uno dei crimini peggiori.
Fui processata sommariamente e decisero che il marchio venisse impresso sulla mia carne.
Non fu tanto il dolore inflitto dalla bruciatura, o l’odore acre della mia pelle ustionata a darmi la nausea, ma tutta la gente che mi giudicava superficialmente, senza sapere.
Mi avevano additata come mostro: chi può rubare del cibo in tempi così magri può essere soltanto un mostro senza cuore.
Mentre io, il cuore, l’avevo colmo di amore e di altruismo. Perlomeno fino a quel giorno.
Mia madre e mia sorella, senza le mie cure, perirono.

Il mio cuore e la mia anima sanguinarono; i miei occhi piansero vive lacrime. Tutto ciò che volevo era smettere di provare tutto quella sofferenza, tutta quella pena, tutto quello strazio. Quindi decisi di chiudere il mio cuore sottochiave per non provare più tutta quella sensazione; era come se mi dilaniassero l’animo, riducendolo in brandelli.
Mi indurii, non volevo più provare sentimenti.
Girai un po’ per il mondo fino a raggiungere un villaggio della Francia settentrionale.
Avevo quasi diciassette anni ma ero già una persona disillusa e disincantata.
Il mio unico pensiero era quello di diventare nobile e ricca, per poter avere la vita che era non avevano avuto mia madre e mia sorella.
Il Signore di quelle terre rea un uomo gentile e affabile.
Si innamorò di me al primo sguardo, ma io lo stavo usando per i miei scopi.
Mi prometteva mari e monti, come qualsiasi giovane innamorato e idealista.
Acconsentii di sposarlo, dopotutto mi stava trasformando in una Contessa.
Ma la vita insieme a lui, era davvero come una favola; gentile e premuroso, sempre attento alle mie esigenze e ai miei bisogni.
Mi rispettava, mi riteneva degna di lui, nonostante fossi solo una popolana: il vivere con a fianco un uomo così meraviglioso fece nascere di nuovo in me il desiderio di aprire di nuovo il mio cuore, fidarmi delle persone, di rinascere a nuova vita.
Quindi presi la decisione di dirgli tutta la verità, del marchio, della mia storia ,delle mie iniziali intenzioni e di come egli avesse operato un miracolo in me.

Ma purtroppo il destino volle che quel giorno dovessi cadere da cavallo e la mia favola perfetta si trasformasse in un incubo senza fine.
Scoprì il marchio e, da principe, diventò orco.
Senza sentire ragioni, si scagliò contro di me, pieno d’odio, sconvolto, stravolto.
Quel giorno credo che ben due vite vennero recise.
Quindi, infine, diventai il mostro che tutti volevano che io fossi.

* * *

Con un gesto preciso e netto strappò il suo vestito per rivelare la sua vergogna.

«Questo marchio d’infamia, inflittomi ingiustamente, è riuscito a rovinare la mia intera esistenza. Dovunque io cercassi di ricominciare da capo, venivo trattata da ladra o prostituta; la vita diventò un vero inferno. Venni brutalmente scacciata, da tutti, senza appello. Chiunque mi dimostrasse un po’ affetto, non appena gli mostravo il marchio, fuggiva, dileguandosi nel nulla. Quindi cominciai ad odiare tutto e tutti. Gli aristocratici in primis; e poiché oramai ero additata come figlia del Demonio, decisi di diventarlo davvero»

«Ed oggi, sono una donna disposta a fare qualunque cosa per denaro. Per questo Richelieu si è servito di me, per non doversi sporcare le mani»

Aramis aveva ascoltato ogni singola parola; dal racconto della Contessa era emerso tutta la sofferenza e l’ingiustizia che albergava in questo imperfetto mondo.

Una volta ancora trovò la prova che la giustizia non parteggiava mai per il giusto ma solo per i potenti e, a farne le spese, sono sempre le creature più fragili, come quell’esile donna che si ergeva davanti a lui, piena di dignità e pentimento.

«Aramis, forse voi che siete così saggio e uomo di Chiesa sapete. Perché gli esseri umani vengono al mondo pur non avendolo chiesto? E perché solo alcuni di loro hanno la fortuna di nascere tra gli agi mentre altri devono lottare semplicemente per vedere l’alba del giorno dopo? Se avessi la possibilità di nascere, no, non chiederei di essere tra quelli privilegiati, ma solo di essere circondata da persone che mi amino per quella che sono e che non si lascino condizionare da pregiudizi di sorta. Chiedo troppo?», si accasciò a terra, stanca.

Alzò lo sguardo fino ad incontrare gli occhi azzurro cielo del moschettiere.

«Se mi fosse data una tale possibilità, potrei andarmene in pace, rendendo Gloria a Dio. Ma vi prego, non fate caso ai discorsi deliranti di un condannato nella sua ultima ora. Credetemi, mi è stato di grande conforto la vostra gentilezza e premura nell’ascoltare le mie parole. Ora posso andarmene in pace»

Quindi chinò la testa in avanti, offrendo il suo collo al soldato.

«Procedete pure»

La fedele compagna di tante avventura della donna, quasi come se avesse intuito ciò che stava per accadere, saltò dalle sue mani e si nascose in un cespuglio poco lontano.

Aramis preparò il suo animo a ciò che stava per affrontare; entrasse la spada e trasse un profondo respiro.

Alzò la spada verso il cielo, il riflesso flebile della luna si infranse sulla fredda lama creando dei strani giochi di luci.

Milady sentì il suo collo sfiorato dal metallo gelido; stava prendendo bene la mira per poter eseguire un colpo netto e preciso.

Una leggera brezza, la spada si era sollevata di nuovo.

La fine.

Chiuse gli occhi.

Buio.

La lama ricadde.

Lunghi capelli corvini si librarono in aria e si sparsero sull’erba.

“Sono ancora viva!”

Si alzò in ginocchio e con le mani afferrò la casacca del moschettiere; i suoi erano colmi di lacrime.

«Perché?»

«Perché è giusto così. Avete patito la paura sotto il suono assordante dei cannoni.
Avete sentito spade e pistole di uomini che vi trascinavano via dai vostri affetti.
Avete indurito la vostra anima e il vostro temperamento ma il cuore vi è rimasto tenero, troppo»

«Non capisco. State graziando una condannata a morte, sapete quanto rischiate?»

«Trovate la forza di sanare la vostra anima anche in questo momento così oscuro; la solitudine vi ha reso sterile e audace allo stesso tempo. Dimenticate il vostro passato, Milady. Prendete ciò che vi è stato di buono e usatelo per un futuro migliore. La vostra vita vi sembra solo un mucchio di cenere ora, ma trovate la forza di ravvivare il fuoco; sono sicuro che sotto vi sono ancora braci ardenti.
In questo mondo è difficile trovare una via giusta e retta e perciò veniamo indotti nell’errore; è normale, fa parte di noi lo sbagliare.
Signora, tutto quello che posso offrirvi è questa opportunità.
Coglietela.
Ho ascoltato il vostro cuore, Milady.
Ora tocca a voi ascoltarlo.
Dimenticate il vostro passato.
Rinascete a nuova vita»

«Vi devo la vita, nessuno ha usato tanto gentilezza nei miei confronti. Voi non siete come tutti gli altri, siete un uomo buono» per la prima volta, dopo tanto tempo, il suo cuore tornava a battere.

A battere per qualcosa di puro e vero.

«Non so quale sia il vostro vero nome, ma presumo che pronunciare Anne rovinerebbe tutto»

La donna restò attonita; come faceva a sapere il suo vero nome?

«Ho notato degli sguardi di Athos e dei vostri atteggiamenti. In più, mettendo insieme gli indizi che avevo a mia disposizione, non mi è stato difficile arrivare a tale conclusione. Ma oramai non ha più importanza. Ora potete essere chi più vi aggrada. Andate, vivete la vostra nuova vita», ma la donna non riusciva a scappare né a muovere un muscolo.

Il comportamento di Aramis era stato completamente diverso da quello di Olivier.

«Non so esattamente cosa sia successo, né mi interessa scoprirlo, ma vi prego di dimenticarlo. Non vi fa bene rimuginare sulle sofferenze passate; prendete il buono da ogni cosa. Siete una persona forte orami, non siete più la fragile fanciulla di un tempo. Siete una donna adulta, con carattere e personalità. Vi attende una nuova vita. Sentite, respirate. Questo è l’inizio di un nuovo giorno, il primo del resto della vostra vita»

Era ubriacata da quelle parole; sentiva davvero una forza nuova scorrere in lei; sentiva veramente la forza di ritornare ad essere finalmente Anne, sente più remore o paure. Ma, la tempo stesso, sentiva che ci sarebbe riuscita solo se ci fosse stato lui al suo fianco.

«Ora scappate, presto!»

La donna chiamò la scimmietta che la raggiunse in pochi balzi.

«Grazie di tutto» e si fermò un attimo a contemplare il suo viso.

Quindi, d’improvviso, gli corse incontro, gli gettò le braccia al collo e unì le sue labbra con quelle dell’uomo.

Dapprima un bacio casto, ma poi le loro bocche si dischiusero e le loro lingue si unirono, cercandosi a vicenda.

Aramis la strinse in un abbraccio che tolse il respiro alla donna.

Insieme a lui si sentiva veramente se stessa.

Poi si staccò e prese la direzione del bosco.

Aramis la guardò sparire nell’oscurità.

§ ○ § ○ § ○ § ○ §

Guardando l’episodio 31, “La Condanna di Milady” ed ascoltando attentamente i dialoghi mi è venuta una specie di folgorazione. Credo che questo azzardo non verrà molto apprezzato, perché (credo!) non si è mai vista una cosa così.
Inoltre ascoltando alcune canzoni (che citerò, stavolta) ho avuto l’inspirazione.
Tetide, questa fan-fiction la pubblico soprattutto per te; spero non ti deluda troppo.

Per questo episodio mi sono inspirata a Manuela, una canzone davvero bellissima, che vi consiglio d'ascoltare.

Desidero ringraziare tutto coloro che leggeranno questo scrittino; prego, perdonatemi gli eventuali errori e di segnalarli.

Ringrazio anche tutti coloro che leggono e hanno letto la mia fic, Verso una nuova vita. Non temete, sto andando avanti anche con quella. Presto un nuovo capilo.
Ovviamente per chi fosse interessato.

A presto!

  
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