Marciavano.
Tutti i giorni.
Marciavano.
Non si stancavano.
Come avrebbero potuto?
e si trascinavano dietro quello che restava di un uomo.
Un uomo?
No, quello non era più un uomo.
La sua pena era stata troppo anche per lui.
O almeno così pensavano tutti.
Uomo?
no, non era un uomo.
Era un ragazzo.
Un 18enne.
O forse no.
Forse non era più niente.
La sua pena l’aveva mangiato.
O almeno così credevano tutti.
Un assassino.
Un serial-killer.
Se lo merita.
Era questo ciò che quegli uomini si ripetevano ogni giorno.
Ogni giorno.
Perché ogni giorno dovevano sottoporlo a ogni genere di tortura.
Ma no.
Non era più neanche quello.
Nessuno poteva sapere chi era.
Forse non era nessuno.
In una rete.
Veniva trascinato a terra per un chilometro circa da quegli uomini.
Militari.
Marciavano.
Non si stancavano.
Non potevano.
Non si pentivano.
Non dovevano.
E si ripetevano quella frase: “se lo merita”
Ma sapevano che non era vero.
Tutto per un capriccio.
Un capriccio di un investigatore.
Perché si, se non fosse stato per lui Beyond sarebbe già stato morto sulla sedia elettrica, non avrebbe sofferto così tanto.
Ma L voleva sapere.
Voleva capire.
Perché.
Perché aveva ucciso quelle persone.
Perché.
Il capriccio di un bambino troppo cresciuto.
E troppo intelligente.
E ancora.
Altre torture.
Altro dolore.
Ma lui niente.
Non parlava.
A volte urlava.
Ma non diceva niente.
E L aspettava.
E poi.
Un giorno arrivò quel.. come si chiamava? Kira.
Anche lui un bambino.
Lo uccise.
Pose fine alla sfida delle due copie.
Senza neanche immaginarlo.
Per sfizio.
Per un nuovo mondo, così diceva.
Perché era un criminale.
Perché..
Se lo meritava.
Solo allora, L capì.
Campì veramente.
L’aveva  fatto per lui.
Per lui.
Solo per lui.
E lui l’aveva torturato, martoriato.
Perché era la loro sfida.
Chi aveva vinto?
chi aveva perso?
Fu allora che fu veramente motivato a uccidere Kira.
Non si interrompe mai un giocatore mentre gioca.
Mai.