Una stanza semibuia.
Le tapparelle lasciate sollevate in modo
che la luce della luna filtri attraverso le finestre.
Vestiti.
Vestiti sparpagliati qui e là, alla
rinfusa, senza un ordine preciso.
Non è da loro, o meglio non è da lei, ma
entrambi dopo la sparatoria sono cambiati.
Vogliono godersi la vita, in tutte le
sue forme.
Lenzuola.
Lenzuola stropicciate che avvolgono i
due corpi.
Due corpi, uniti insieme, fusi, sudati.
Mani che si uniscono, lingue infuocate
che toccano e si uniscono, e solo una bocca segue il contorno del corpo
del
uomo.
Numerose goccioline di sudore imperlano
il loro volti, e alla luce bianca della luna solo un oggetto brilla
sotto di
esse.
Un oggetto metallico, chiaro, legato al suo
polso.
È libero solo con il braccio sinistro.
Vorrebbe essere libero per toccare la
donna che è lì con lei, ma ha accettato questo gioco.
Lei lo bacia, e lui è felice che sia
viva.
Il suo cuore scoppia di gioia, perché
ora è la sua ragazza.
E vuole gridarlo al mondo, ma con la
sparatoria e il caso di sua madre non vuole che tutta l’attenzione sia
riversata su di lei.
È stata già messa nel mirino, e non
vuole questo per lei.
Lei è stata chiara anche sotto questo
punto di vista: non vuole una relazione con lui.
Non potrà mai essere se stessa se non
risolve prima l’omicidio di sua madre.
Non potrà avere il tipo di rapporto che
vuole lei.
Che vogliono entrambi.
Loro sanno che lei non è neppure la
ragazza da ‘amici di letto’, ma ogni tanto ha bisogno di lui, ha
bisogno di
sentire il suo corpo sul suo, e finché non deciderà che il suo cuore
viene
prima di tutto, avere un rapporto così con lui, è l’unica cosa che non
la
faccia affogare di nuovo.
Perché lei stava annegando, e lui era la
terra ferma.
Ma quando lui la bacia, sa che è solo
lui quello giusto, perché solo con lui ha provato sensazioni simili.
Da quella volta del bacio sotto
copertura, non aveva fatto altro che pensarci, e anche lui aveva in
testa solo
le sue labbra morbide sulle sue e di come si siano avventati l’uno
sull’altra
per reclamare ancora quel contatto.
Per entrambi solo quella volta hanno
provato la sensazione più bella della loro vita.
Sanno che quel bacio in fondo non era
sotto copertura.
Ma lei vuole cambiare.
Ha capito che la vita è una e una
soltanto, e ha già rischiato di perderla in parecchie occasioni, e in
particolare al funerale di Montgomery è quasi morta fra le sue braccia.
E lui sa che lei lo ama, ma che ha paura
di questo sentimento.
Lui deve aiutarla ad aprirsi, a fare in
modo che lei lo scelga completamente, come il suo ‘one and
done.’
Castle aprì gli occhi e respirò
profondamente.
Il polso destro era legato con le
manette alla sbarra del letto.
Era stata tutta una fantasia.
Aveva bisogno di una scena con Nikki e
Rook e si era trovato a fantasticare su di lei, su di loro.
Non poteva farci nulla.
Lei occupava la maggior parte dei suoi
pensieri.
Dal bacio al congelamento, a quelle parole
non dette.
Alla sparatoria al funerale di
Montgomery, a quelle parole dette.
E ora che sapeva che il dottore era
andato via dalla sua vita, non riusciva a non fantasticare su di loro.
A loro che cenavano insieme, che
facevano una passeggiata al parco mano nella mano, che mangiavano un
gelato
insieme.
A loro che facevano l’amore,
quell’espressione dell’amore incondizionato che due amanti sentono il
bisogno
di esprimere perché ormai le parole non bastano più.
Sperava che non tenesse più un piede
fuori dalla porta, che quella porta
potesse aprirla per farlo entrare, perché non ci sono porte mezzo
aperte o
bicchieri mezzi pieni.
Le porte o sono aperte o sono chiuse.
Rifletteva alla penombra della stanza.
Non poteva andare avanti così.
Presto, quando avrebbe avuto l’occasione
e trovato il momento giusto le avrebbe parlato. Ne era certo, si
sarebbe
arrabbiata per avergli taciuto che in realtà lui aveva continuato ad
indagare
sul caso di sua madre e che aveva ricevuto quella strana telefonata che
gli
intimava di convincerla a lasciare perdere, ma non poteva costruire un
rapporto
sulle bugie.
Se voleva questo, se davvero lo
desiderava, doveva essere completamente sincero.
La sua pelle avverti i primi brividi di
freddo.
Doveva alzarsi e farsi una doccia calda.
O fredda in base a tutte le immagini che si
erano fate largo nella sua testa.
Allungò la mano sinistra sul comodino,
ma andando a tentoni non trovò la chiave.
Accese l’abat-jour ed ebbe giusto il
tempo di far abituare gli occhi alla luce che, con suo sommo orrore,
realizzò
che la chiave non era lì.
Spostò la sveglia, il cellulare e il
caricabatteria. Nulla.
Alzò il libro, sperando che fosse finita
lì sotto, ma della chiave non vi era traccia.
Il panico s’impossessò di lui. Non
sapeva che fare e ammanettato non poteva fare troppo.
Ma infondo era lì per questo no?!
Scrivere una scena in cui Nikki ammanettata al letto cercava di
liberarsi.
Ragionò.
Come poteva fare senza la
chiave?
Poteva prendere l’abat-jour e colpire le
manette fin quando non si fossero aperte.
Ma nulla gli assicurava che oltre a
distruggere l’unica fonte di luce, le manette si fossero poi aperte.
Il libro.
No, quello poteva darselo
tranquillamente in testa.
Il carica batterie.
Afferrò l’estremità
della spina e cercò di forzare la serratura.
Niente.
E poi si ricordò della chiave universale
che si era fatto fare subito dopo che Beckett l’aveva arrestato la
prima volta.
La teneva sempre dentro al suo
portafoglio che stava… esattamente dentro i suoi pantaloni nella sedia
di
fronte al letto.
Impossibile raggiungerlo.
Non aveva via di uscite.
E in più anche
se si fosse liberato realizzò che non aveva così tanta voglia di
scrivere.
L’unica cosa che voleva realmente fare era vedere Kate.
Afferrò il cellulare, ma si bloccò di
colpo.
Chi poteva chiamare?
Suo figlia no di
certo e ancora di meno Martha, che chissà dov’era poi, e neppure Ryan
con
Esposito.
L’avrebbero preso in giro fino la morte.
Lanie.
No Lanie era da escludere.
E pure
Kate.
Optò per Ryan.
Compose il numero rapido 4 e attese.
Il
cellulare squillava a vuoto, e poco dopo si inserì la segreteria
telefonica. Era
piena notte e magari era stanco per tutti gli impegni del matrimonio e
la lunga
giornata a lavoro. Probabilmente era crollato e non l’aveva neppure
sentito
squillare.
Rifece il numero, ma come poco prima
Ryan non rispose.
“Merda!” pensò.
Gli restava solo una persona. Ma non
poteva chiamarla, nel cuore della notte e farsi trovare così, quasi
nudo nel
suo letto, e per di più ammanettato.
Aspettò, ragionò e decise di vagliare
tutte le opzioni.
Dopo un’ora di freddo e nervoso si
decise a chiamarla.
Il suo cellulare squillò nella notte.
Odiava questo lato del suo lavoro,
sempre disponibile, sempre reperibile in caso di omicidio.
Lei di notte voleva
dormire!
Afferrò il cellulare e senza neppure
guardarlo rispose:
-“Beckett”-
-“Detective…sai, ti ho chiamato
raccontarti la favola della buona notte!”- disse malizioso.
Beckett avvampò riconoscendo la sua voce
al telefono.
Che voleva a quell’ora indecente?
-“Castle!??? Se mi hai svegliata per uno
stupido motivo domani non ti presentare al distretto…potrei
spararti!!”- disse
lievemente seccata dalla sua sveglia improvvisa e incavolata con se
stessa
perché appena lui le diceva qualcosa di più malizioso del solito, lei
diventava
di un altro colore.
-“Ho un piccolo problema. Dovresti
venire da me.”- rispose lo scrittore.
-“Che tipo di problema?”- chiese
facendosi seria.
-“Non posso spiegarti ora. Sbrigati a
venire. La chiave la trovi sotto la pancia della tartaruga affianco
alla
porta!”- disse chiudendo la chiamata.
Beckett rimase a bocca aperta.
Ma poi un’idea gli balenò nella
mente: Castle gli aveva chiesto di
andare a casa sua, in piena notte. Di sicuro non avrebbe voluto parlare.
O forse… no, non trovava altre
spiegazioni.
Ampi scenari di loro due che si
baciavano presero forma nella sua testa.
Emozionata e su di giri come non mai si
vestì velocemente e nel giro di mezz’ora arrivò al loft di lui.
Girò la tartaruga e trovò la chiave.
Non sapeva come sentirsi, se felice che
l’avesse chiamata o se in ansia per quello che probabilmente pensava
sarebbe
successo.
Infilò la chiave nella toppa ed entrò.
Nell’appartamento regnava il buio più
assoluto.
Accese la luce e chiamò:
-“Castle?! Sono qui. Dove sei?”-
Una voce provenne da una stanza al primo
piano.
-“Sono in camera mia.”-
Beckett non capiva.
Cos’era una caccia
al tesoro?!
Andò da lui e scostando la porta vide la
camera illuminata solo dall’abat-jour.
Si guardò in torno e vide i suoi vestiti
x terra e sulla sedia.
-“Castle?”- chiese ancora una volta.
-“Sono qui.”- rispose semplicemente.
Alzò lo sguardo e lo vide nel letto, a
torso nudo, cercando di coprirsi almeno le parti intime. Da lì Kate non
poteva
vedere che indossava i boxer.
E poi le notò. Le manette al suo polso
destro.
Rimase un attimo basita ma subito dopo
chiese.
-“Che è successo? Stai bene?”- disse
avvicinandosi a lui.
-“Si, tutto apposto, ma non trovo la
chiave. Devi trovarla Kate!”- disse fermo.
-“Ma perché sei ammanettato? È entrato
qualcuno in casa? E… perché sei nudo?”- chiese diventando la settima
gradazione
di rosso.
-“Non sono nudo! Ho i boxer! Ma continua
pure a radiografarmi se ti fa piacere!”- disse malizioso.
Kate si voltò velocemente, sentendo le
sue guance andare in fiamme, balbettando qualcosa:
-“I-io…. Non.. non stavo…”-
-“Non ti preoccupare… so di essere
davvero affascinante!”- rispose modesto.
Kate non disse nulla. Rischiava di
balbettare ancora e lui avrebbe continuato su quella linea.
Doveva fare in
fretta. Trovare la chiave ed andare via.
Beh magari l’avrebbe preso in giro un
po’.
Si voltò riacquistando il suo
autocontrollo e chiese:
-“Ok Castle. Non ricordi proprio dov’era
la chiave l’ultima volta che l’hai vista?”-
-“Stava là, sul comodino. Ma non c’è
più. Però ne ho una dentro il portafoglio. È nei miei pantaloni.”-
Kate prese i pantaloni e trovò il
portafoglio.
-“Qui non c’è nessuna chiave. E perché
ti porti una chiave di manette sempre appresso?! No, non lo voglio
sapere!”-
disse alzando la mano mettendo a tacere l’uomo di fronte a lei prima
che
iniziasse a parlare.
Castle sorrise.
-“Non vuoi neanche sapere perché sono
ammanettato?!”-
La curiosità di Beckett prevalse:
-“No, non voglio sapere con chi stavi
facendo sesso!”- esclamò con evidente gelosia.
-“In verità non ero con nessuno. Volevo
solo provare una scena per Nikki Heat e affinché risulti realistica
devo
provare su di me. Solo che mi sono stancato e vorrei solo togliermi
queste
manette!”- disse frustrato.
Kate roteò gli occhi. Di tutti gli
scenari che aveva immaginato questo era sicuramente quello più
fantasioso.
Si tolse la giacca e rimboccandosi le
maniche della camicia iniziò a cercare la piccola chiave.
Sapeva com’era fatta, ma proprio non
riusciva a trovarla.
Guardò dappertutto, sotto il letto,
sotto il tappeto e sotto il comodino e il comò.
Nulla.
Fece il girò e controllò sotto il divano
e dentro, ma ancora niente.
-“Perché hai detto quella frase?”-
-“Quale?”- chiese cercando ancora.
-“Che non volevi sapere con chi ero.”-
-“Beh scusa se non mi interessano i tuoi
retroscena con qualche altra ragazza.”- continuò inviperita.
-“E dimmi, mia musa, cos’è che
esattamente ti da fastidio? Che ti abbia svegliata nel cuore della
notte o che,
secondo il tuo pensiero, ero con un’altra?”-
Beckett ridusse gli occhi a due fessure.
-“Nei tuoi sogni Castle!”-
-“No in realtà nei miei sogni tu
assecondi…”- ma non finì di parlare perché Kate, trovando un calzino lì
vicino,
glielo infilò in bocca, e ciò che si udì fu solo qualcosa di
incomprensibile.
-“Umfr affefond offe sfodfff..”-
-“Almeno ora non parlerai!”- disse
Beckett con un ghigno malvagio.
Prese le scarpe di Castle e controllò
anche lì dentro.
Lo scrittore la guardò con aria interrogativa e capendo al
volo Kate esclamò:
-“La mia chiave una volta era finita
dentro uno stivale. Che c’è?! No, non ti racconterò come penso ci sia
finita lì
dentro… non è un discorso che reggeresti!”- disse maliziosa.
Kate, che gli dava le spalle, si inchinò
leggermente per spostare il comodino. Magari era caduta lì dietro e da
dove
stava lei con la poca luce, non riusciva a vederla.
Castle allungò la testa rimanendo ad
osservarle il sedere, ma proprio in quel momento Beckett si tirò su
cogliendolo
in fragrante.
Questa volta non riuscì ad arrabbiarsi
perché lo scrittore stava guardando proprio lei, non un’altra ochetta.
Gli angoli della sua bocca si piegarono
all’insù e proprio non riuscì a
nascondere un sorriso.
Abbassò lo sguardo.
Per quanto le piacesse che Castle la
guardasse non riusciva a non imbarazzarsi.
Castle pensò che l’avrebbe ucciso su due
piedi, e invece non solo non aveva detto niente, ma stava anche
sorridendo.
-“Castle, la chiave qui non c’è! Non hai
un paio di tronchesine così la facciamo finita?”- disse sperando che
lui non
dicesse nulla.
Lo scrittore sputò via il calzino e
disse:
-“No. Ma ho un’ascia da qualche parte in
cantina. Potresti tagliare in due le manette!”- propose.
-“Si certo, e se sbaglio e ti taglio via
la mano?!”- rispose per niente d’accordo con quella possibile soluzione.
-“La mano mi serve!!”- disse orripilato
dalla sua stessa idea.
-“Sai detective, c’è ancora un posto
dove non hai controllato.”- disse ma a Kate non sfuggì quel sorrisetto
furbo
che aveva ogni volta che flirtava con lei.
-“E dove sarebbe?”- chiese sospettosa.
-“Qui nel letto!”- rispose soddisfatto.
Kate arrossì, non sapeva bene neppure
lei perché dovesse arrossire così, ma facendo finta di nulla si
avvicinò al
letto.
Scostò il lenzuolo dalla parte opposta
rispetto a dove stava lui, e con tutta la forza di volontà cercò di non
guardarlo, ma ancora quella maledetta chiave non si trovava.
Fece il giro del letto per poter
guardare anche dove si trovava lui.
-“Castle hai almeno i boxer vero?!”-
-“Beh non c’è nulla che tu non abbia già
visto.”- sentenziò.
Beckett sgranò gli occhi.
-“Veramente io non ti ho mai visto solo
con i boxer!”- disse con la voce un po’ più stridula del dovuto.
-“No scusa, questa è una battuta che
voglio inserire nel nuovo libro! Nikki e Rook, sai… si sono già
ammirati
ampiamente.”-
-“Hai davvero intenzione di scrivere
questa scena imbarazzante?”- chiese Kate quasi arrabbiata.
Lo sapeva che non avrebbe mai e poi mai
dovuto scrivere fatti realmente accaduti.
-“Perché no?! Un po’ di pepe ci vuole
fra i protagonisti!”- rispose allusivo.
Kate si morse il labbro inferiore, cosa
che faceva impazzire Castle, e avvicinandosi pericolosamente a lui gli
sussurrò
ad un orecchio:
-“Sai… quasi quasi ti lascio ammanettato
qui!”-
Kate avvertì subito il suo profumo
invadergli le narici, mentre Castle sentì il respiro di lei infrangersi
sulla
sua pelle.
Si voltarono entrambi come attratti da
una calamita e rimasero lì a fissarsi, a perdersi l’uno negli occhi
dell’altra,
a domandarsi come sarebbe baciare l’altro un’altra volta, e questa
volta non
perché erano sotto copertura.
Voleva affondare le mani nei suoi
capelli e attirarlo a se.
Voleva baciarlo come mai le era capitato di voler
baciare un uomo.
Voleva accarezzarle il viso, sentire
quando fossero soffici i suoi capelli, e quanto fossero morbide e calde
le sue
labbra.
L’istinto primordiale di afferrarla e
baciarla lo invase.
Dannazione aveva una mano bloccata!
Stava sul serio odiando quelle manette.
Diede uno strattone così forte che si
fece male, ma ancora era legato lì.
Kate si ricompose subito e sollevandosi
notò un affarino in metallo sbucare da sotto il cuscino.
In fretta l’afferrò prima che lo
scrittore distruggesse tutto.
-“Castle fermo! Che volevi fare?
Staccarti il braccio?”- disse Kate preoccupata che potesse essersi
fatto male.
-“No! I-io…. Volevo solo…”- ma l’ultima
parola gli morì in gola.
Baciarti.
Era quella l’ultima parola che
non riuscì a dire.
-“Tranquillo. Ho trovato la chiave!”-
disse entusiasta aprendogli le manette.
Castle si liberò di quella trappola
mortale e balzò in piedi abbracciando Kate e cogliendola completamente
alla
sprovvista.
Kate dopo un
attimo di smarrimento l’abbracciò anche
lei.
Potevano entrambi sentire il profumo
dell’altro, ed entrambi avvertirono i loro cuori battere insieme e
sempre più
velocemente.
Si staccarono da quell’abbraccio in
evidente imbarazzo.
Castle si schiarì la gola e Kate disse:
-“Ti aspetto giù mentre ti rivesti.”-
-“Se vuoi puoi aiutarmi a svestirmi!”-
Kate afferrò la maglietta lì vicino e
gliela lanciò in piena faccia uscendo sorridendo dalla stanza.
Pochi minuti dopo Castle la raggiunse in
cucina mentre lei si stava rivestendo per andare via.
-“Beh ci vediamo domani Castle.”- disse
sorridendo.
-“Grazie per avermi aiutato.”- rispose
ringraziandola.
-“Beh se anche mi fossi trovata in
quella situazione, anche tu avresti fatto lo stesso per me.”- disse
maliziosa
Beckett.
-“E comunque domani ci sarà da ridere!
Chissà Esposito e Ryan cosa diranno!!”- continuò Kate facendogli vedere
da
lontano il suo cellulare e mostrandogli una sua foto scattata poco
prima mentre
era ancora ammanettato.
-“Come hai fatto a farmi una foto senza
che me ne accorgessi?!”- chiese interessato.
-“Conosco un sacco di trucchi, scrittore
da strapazzo!”- rispose incamminandosi verso la porta.
-“NoNoNo… Beckett! Andiamo non puoi
farmi questo!!”- disse inseguendola.
-“Buona notte Castle!”
-“No dai… Kate… Kaate!!!”- urlò lo
scrittore mentre lei gli lanciava un ultimo sguardo furbo prima di
salire in
ascensore e ritornare a casa.
Il giorno dopo sarebbe stata una lunga giornata.
ANGOLO MIO: Ma ciaooo!!! eccomi tornata con una shottina che stava facendo la muffa nel pc... beh visto che siamo in tema 'Cuffed' ho pensato di pubblicarla... non ricordo neppure quando è stata scritta.. forse ai primi di ottobre.. bo!! xD
per il rating se vi sembra arancione
ditemelo che lo cambio... a me sembra giallo... ;)
ehm... non ho troppo da dire, qndi buona lettura e se vi va fatemi sapere che ne pensate! xD
sbaciotti
Mari_Rina24 ;>
ps: a me era caduta la chiavetta di
internet dentro uno stivale, qndi quella parte è autobiografica!!
U_U