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Autore: Ice in Glasgow    20/11/2011    17 recensioni
Storia che non tocco da anni e che non finirò mai. Pace e amore :3
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Prima di lasciarvi al primo capitolo vorrei presentarmi un po'.
Chiamatemi pure Ice; ma non fatevi ingannare, non è riferito a "ghiaccio", non è altro che la parte finale del mio nome.
Mi chiamo Beatrice e ho 16 anni, vivo vicino Firenze e amo alla follia scrivere, leggere e ascoltare la muscia.
Non ho molta esperienza con la scrittura, lo faccio solo per passione e questo mi ha portato ad aprire una pagina su Facebook ("Scontrino abbandonato in un pub di Glasgow" se siete curiosi cercatemi pure!) dove esprimo le mie emozioni e cerco di condividerle con gli altri.
Non volendo annoiarvi troppo parlando di me adesso vi lascio alla storia!

Buona lettura!


Correvo, correvo e non mi fermavo.
Il respiro si faceva sempre più affannato, il sudore iniziava a cadermi, leggero, sulla fronte, le gambe erano doloranti, ma io non mi fermavo: continuavo la mia disperata corsa nel buio verso l'ignoto.
Dove stavo andando?
Perché correvo?
Una voce mi martellava nella testa “corri, vieni da me!”, rimbombava, ma non mi faceva paura.
Tutto ad un tratto il buio svanì, e una luce accecante mi colpì all'improvviso.
Rividi il suo volto, la sua pelle leggermente abbronzata, gli occhi che mi guardavano dolcemente e la sua risata inconfondibile mi circondò, come un caldo abbraccio.
“Ti voglio bene” mi disse.
“Mi manchi tantissimo”, e le lacrime cominciarono a rigarmi il viso.
“Lo so..” rispose.


Tirai un urlo quasi soffocato e mi ritrovai a sedere sul letto.
Il solito sogno mi aveva risvegliato e riportato alla realtà; mi lasciai cadere di nuovo sul letto e sentii che il cuscino era leggermente umido: avevo pianto davvero.
Mi raggomitolai portandomi le ginocchia vicino al petto, come facevo da piccolo quando avevo paura, mi morsi il labbro con forza per evitare di piangere ancora e sussurrai “Papà..”.
Cercai di riaddormentarmi, ma non ci riuscii: la ricomparsa di quel sogno che ormai non facevo da qualche mese mi aveva turbato.
Mi rigirai per una buona mezz'ora nel letto e alla fine, disperato, guardai l'ora, erano le 4 del mattino, e , consapevole che sarei rimasto sveglio, decisi di alzarmi.
L'appartamento era buio e silenzioso, dalla strada arrivavano solo i rumori di qualche auto di passaggio e la chiara luce dei lampioni, filtrata dalle persiane.
Faceva caldo, aprii la porta-finestra e mi affacciai al balcone: le stelle brillavano e si vedeva tutta la città, ancora addormentata, in una tranquilla notte di inizio estate.
Quella vista mi invogliò ad uscire, prendere un po' d'aria dopo quel sogno affannoso mi avrebbe fatto bene; lo facevo spesso e mia mamma ormai non si preoccupava nemmeno più.
Mi vestii e poi entrai in camera sua, le diedi un bacio sulla fronte e le lasciai un biglietto sul comodino:
“Di nuovo quel sogno.. Ho bisogno di uscire e camminare, torno con la colazione. Filippo ”

Prima di uscire di casa diedi un'ultima occhiata alle valige accatastate vicino alla porta.
Finalmente il giorno dopo ce ne saremmo andati, mamma aveva trovato un posto di lavoro in un piccolo hotel dove avrebbe fatto la cameriera per tutte le vacanze estive, però ero contento di trasferirmi momentaneamente: da quando papà se n'era andato, lei passava da un lavoro all'altro, spesso anche lontani da casa, ma stavolta la destinazione sarebbe stata una sorpresa ed io, sogno a parte, in questi giorni mi sentivo parecchio ottimista.

Sbattei la porta del condominio, imboccai il vialetto che portava alla strada principale e mi diressi verso Piazzale Michelangelo, il mio angolo magico, dove andavo ogni volta che volevo stare solo con i miei pensieri.
Firenze vista da lì sembrava ancora più bella, e le luci tremolanti della notte, accompagnate dalle stelle, le davano un tocco un po' misterioso.

“Papà che cos'è quello?”
“E' Ponte Vecchio, piccolo mio! Lo sai che è uno dei ponti più famosi al mondo?”
“Che bello.. Ma un giorno mi ci porti, vero?”
“Da oggi in poi ci andremo insieme tutti i giorni, se lo vorrai.”
E scoppiammo a ridere felici.


Avevo solo 7 anni all'epoca, ma a distanza di ben 10 anni ricordo ancora quella conversazione, avvenuta il primo giorno che ci trasferimmo qui, proprio su quella panchina dove io sedevo.
Potevo quasi sentire il profumo del dopo-barba di mio papà e le sue mani che mi stringevano forte mentre mi indicava i luoghi più importanti di Firenze.
Quegli occhi verdi, uguali ai suoi, che quel giorno ammirarono per la prima volta la vista mozzafiato della mia nuova città, erano gli stessi che oggi contemplavano in silenzio, un po' umidi, l'alba rossastra che, piano piano, la stava svegliando.

Quanto tempo rimasi a pensare a lui e a quei dolci momenti?
Un minuto? Un'ora? Un'eternità?
Non avrei saputo rispondere; ogni volta che pensavo a lui succedeva così.
Mi mancava..da morire!

Guardai il display del mio cellulare, erano quasi le 7.
Come promesso, andai in pasticceria per comprare la colazione, e poi me ne tornai a casa canticchiando: la tristezza portata dal sogno se ne era andata, lasciando spazio solo ai dolci e nostalgici ricordi.


Spero vi sia piaciuto almeno un po'!
Se vi va lasciate una recensione, ne sarei felice!
Un bacio e alla prossima!
Ice;
   
 
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