Anche se non ancora ho
concluso
‘La principessa e il
pirata’, morivo dalla voglia di pubblicare questa, una delle
prime che ho
scritto (a mano, nel 2002). L’argomento è banale
(l’amore tra Bulma e Vegeta),
ma è anche quello che mi ha fatto sognare di più.
Vegeta si
allenava nella camera
gravitazionale della CC già da tempo. Toccava a Bulma
portargli da mangiare e
fare in modo che riuscisse a sopravvivere, poiché da solo
non avrebbe chiesto
mai nulla a nessuno. Di conseguenza, era la ragazza ad andare da lui.
Il saiyan
le rispondeva sempre in malo modo, ‘grazie’ era 1
parola che non conosceva, e,
dato che Bulma era alquanto irascibile, spesso si arrabbiava con lui. A
Vegeta
questo non importava, ma nel momento in cui lei decideva di negargli
qualche
favore, si arrabbiava molto. Finchè, un giorno, la ragazza
non lo raggiunse
nella camera gravitazionale. Non aveva
nulla da dargli, e il
saiyan si inquietò: “Che diavolo ci fai qui,
donna?” “Sono
venuta a dirti che adesso
è veramente troppo… Stamattina mi sono svegliata
e ho deciso che non ti farò
più da serva; se vorrai qualcosa, dovrai venire in casa mia,
chiedere il
permesso e prendertela! Hai capito, scimmione?” Lui
restò per un attimo
spiazzato da quella reazione, poi rise: “E tutta questa
sicurezza da dove viene
adesso…?” La ragazza
gli si avvicinò a un
palmo dal naso e rispose: “L’ho sempre
avuta… Ora ho capito che tu non mi fai
paura, e l’ho tirata fuori… Sei uno stupido se
pensi che farò un’altra cosa per
te…” Lui rimase a
guardarla in silenzio,
mentre gli parlava a pochi centimetri dal viso. Quella ragazza non gli
si era
mai avvicinata tanto, e lui non aveva mai potuto sentire il suo
profumo. Lei
invece era decisa come non mai, e si ritrovò stupita che lui
la stesse
guardando senza replicare. “Bè?
Non rispondi?” “Che
cosa dovrei risponderti?” “Che
farai come ti ho detto.” “Mh.
E perché?” “Come
perché??” “Non
sarà una scusa?” “Una
scusa per cosa? Uff…”,
concluse lei, andandosene. Se non si fosse voltata, Vegeta avrebbe
visto il
rossore sulle guance di Bulma. Sorridendo compiaciuto, il saiyan
tornò alle sue
occupazioni. Lui non
voleva dargliela vinta,
voleva resistere alla fame pur di non raggiungere la grande casa e fare
così il
volere di Bulma. Lei, orgogliosa quanto lui, si ritrovava a chiedersi
quanto
tempo sarebbe
passato prima che lui
venisse. Ma non aveva intenzione di sollecitarlo. ‘Una
scusa? E per cosa, poi…?
Mah… Non che io provi l’impulso di vederlo ogni
giorno, figuriamoci…! Mi
innervosisce!’ Così pensando, la ragazza
però era sempre affacciata alla
finestra che dava sulla camera gravitazionale. Vegeta non se
n’era accorto, ma
se fosse successo, l’avrebbe sicuramente derisa in cuor suo.
Lui, invece,
pensava sempre ogni giorno che lei sarebbe entrata da quella porta a
chiedergli
di venire a mangiare. Una sera, il
saiyan per caso
guardò dalla finestra. Bulma era
affacciata,e guardava nella sua direzione. La ragazza dopo un
po’ se ne accorse
e rientrò subito. Poco dopo, si stava avvicinando alla
camera gravitazionale.
Vegeta sorrise. Sempre
sorridendo, si fece
trovare sulla porta. Con aria
strafottente, le disse:
“Hai ceduto.” Lei
abbassò lo sguardo. “Non
stai morendo di fame?” “No.”
“Quindi…
non verrai?” “Che
c’è, ti vergogni a
guardarmi negli occhi?” “E
tu sei fiero di questo, non è
vero? Sei felice di intimorirmi.” “E’
questo quello che pensi?” “Sì.”
Per la prima volta in vita
sua, gli dispiaceva di aver messo in imbarazzo qualcuno. Non sapeva
perché, e
rimase in silenzio. “D’accordo…Allora
ciao…”, fece
lei, e usci. Il saiyan la
seguì, la prese per
un polso, tanto da farle male senza volerlo; la ragazza lo
guardò spaventata. A
sua volta lui fu spaventato dalla reazione di lei. Vegeta si
guardò intorno,
poi tornò a guardarla negli occhi. Senza capire, lo sguardo
di Bulma era
interrogativo. Poi, lui la baciò. Timoroso,
poggiò le sue labbra su quelle di
lei, che non ci credeva. Si staccò, e si augurò
si non averlo fatto. Bulma lo
fissò ancora e lo baciò a sua volta.
Dopodiché, lui socchiuse la bocca e si
abbandonò a un bacio più passionale. Bulma credeva
che lui non avesse
mai baciato una donna, ma si dovette ricredere. Infatti, lui era stato
con
molte donne, senza mai innamorarsi, ma sapeva come baciarne una.
Rimasero a
baciarsi per un po’, dopodiché, fu lui ad
arrossire, e se ne andò. Bulma rimase
immobile, cercando
di convincersi che non fosse un sogno. Ma lui era scappato. Decise di
corrergli
dietro. Bussò
alla porta della gravity
room, gridando: “Vegeta! Apri! Apri!” Nessuna
risposta. Dopo un po’,
il saiyan cedette, e aprì. La sua espressione era tornata
burbera. “Che
vuoi, donna?” “Vegeta…cosa
significa?” Lui rimase in
silenzio, non
sapendo che dire. Fissava i suoi occhi azzurri con un gran desiderio di
baciarla di nuovo. Ma si era sentito fin troppo dolce quella sera. Non voleva
più vedere
l’espressione desiderosa d’amore sul volto della
ragazza, e decise di levarsela
di torno: “Non ha significato nulla, stupida!” Ebbe una
fitta al cuore
vedendola cambiare espressione di colpo. Bulma girò i tacchi
e corse via. Lui
rimase sulla porta
a chiedersi ‘Perché
l’ho detto?’. Bulma non
voleva crederci. Era
triste come non lo era mai stata, avrebbe voluto non averlo mai
baciato.
Contemporaneamente, si sentiva felice al solo pensiero. Continuava a
ripetersi
che lo odiava, e allora perché quel bacio? Perché
lui mi ha baciata. Perché è
stato lui a cominciare. E perché allora lui
l’aveva baciata? Pensò che i saiyan
andassero in calore come i cani. Quella notte non dormirono. Vegeta
tornò a mangiare in casa,
ma non rivolgeva la parola a Bulma né la guardava. Lei,
invece, lo guardava
eccome, chiedendosi come fosse possibile per lui far finta di nulla. Ma
non gli
chiese niente, perché la sua reazione di quella sera,
l’aveva spaventata molto. Un giorno,
squillò in telefono.
Bulma rispose. “Pronto?
Oh, Yamcha, ciao!”,
disse la ragazza, voltando le spalle a Vegeta, curiosa da morire di
sapere se
la stesse guardando. Il saiyan,
udito quel nome, si
era voltato bruscamente verso di lei. Quando vide che la ragazza si
stava
allontanando con il cordless, provò l’impulso di
seguirla, ma non lo fece.
Bulma buttò un occhi verso di lui, e compiaciuta lo
beccò a guardarla. Ma il
principe non abbassò lo sguardo. Continuò a
fissarla, come per ammonirla. Quando Bulma
tornò, Vegeta era
seduto sulla sedia, aveva finito di mangiare, e la stava aspettando. “Bè?
Non torni ad allenarti?”,
domandò Bulma, grata a quel diversivo. Vegeta rise,
quella risata
ironica e terribile con la quale lo avevamo conosciuto. La donna lo
fissò,
sentendosi una sua pari. “So
quello che pensi, donna, e
ti sbagli…” “Perché
cosa penso?” “Quel
fallito è tornato a farsi
sentire, e tu speri che a me importi qualcosa!” Bulma assunse
aria vaga. “No,
non mi pare…!” “Non
mentirmi!”, si stava
scaldando. Si alzò.
“Io
me ne sbatto di te e di quel
deficiente! Vedilo pure se ti va, ma non voltarti più a
farmi quegli stupidi
sorrisetti!” La ragazza si alterò a sua volta. “Allora,
punto primo non sono
stata io a chiamarlo, ma lui; punto secondo, perché ti
scaldi tanto e terzo,
non preoccuparti, a vedere la tua faccia tutto mi viene in mente tranne
che
fare un sorriso!”, gli gridò in faccia, appoggiata
al lavello. Stava per
andarsene, ma lui la
bloccò per i polsi. Rise. “Dove
pensi di andare?” “Lasciami.”
“Vuoi
che ti lasci?” “Sì.”
“Sicura?”
Era arrossita. “M-mi
fai male…” Lui lasciò la
presa. E decise di utilizzare una delle parole nuove che aveva imparato
sulla
terra. “Vaffanculo.” Passarono tre
giorni, i due non
si rivolgevano la parola. Finchè, un pomeriggio, Vegeta era
fuori ad allenarsi,
quando vide Bulma fuori dal cancello con delle buste in mano e al suo
fianco
Yamcha che la stava aiutando. Rimase nascosto a guardarli. “Grazie,
Yamcha… E… scusami, per
come ti ho trattato ultimamente…” “Figurati…Io
ci sono sempre per
te, Bulma.”, rispose il ragazzo. Poi rimasero
in silenzio per un
po. Quindi il ragazzo si chinò e le diede un bacio sulle
labbra. Vegeta divenne
rosso di rabbia, ma si contenne. ‘Se vengo fuori e lo uccido,
Kakaroth vorrà
sapere il motivo…’ “A-allora…grazie,
Yamcha…
Ciao!”, rispose la ragazza. Mentre rientrava, la vide che si
stava guardando
intorno. A pranzo,
Vegeta mangiò più in
fretta del solito. Bulma era seduta in salotto a leggere un libro,
mangiava
sempre prima di lui. Dopo un po’, se lo ritrovò in
salotto, che passeggiava… “Il
nostro principe si degna di
farci visita?”, domandò. Lui rise. Quando rideva
non prometteva nulla di buono.
“Dove sei andata oggi di bello?” “Perché
me lo chiedi?” “Non
posso farti una domanda?” “Tu
non fai mai domande del genere.”
“Va
bene, allora non dirmelo.” “Ok.”
Silenzio.
Vegeta non ce la
faceva più a sopportarlo. “Non
devi dirmi niente?!” Bulma
cominciò a sospettare.
“C-cosa dovrei dirti?” “Per
esempio che un certo
fallito oggi ti ha baciata qui, davanti a casa tua!!!”,
rispose. Bulma rise
dentro di sé. Poi prese
coraggio e disse: “Oh,
quel bacio…? Non ha significato nulla, per me.” Il principe
rimase spiazzato.
“Che cosa?” La ragazza si
alzò. “Hai capito
bene. Non ha significato nulla.” “Come…
com’è possibile?” “Così
come non ha significato
nulla per te il bacio che mi hai dato tu, per me non ha significato
nulla
quello che mi ha dato Yamcha.” Il saiyan
perse la pazienza:
“Stronzate! Prima le telefonate, adesso te lo porti pure a casa! Perché
lo hai lasciato, allora?
Perché? A questo punto andate a vivere insieme!” “Tu…non
hai capito niente…
niente…”, mormorò
la ragazza. Mentre si
allonatanva, lui la
fermò. Cercò di baciarla, ma lei si
scansò. “Che
cosa, devo capire?!”,
chiese. Ma lei si divincolò e scappò. Lui rimase
fermo, confuso. Si accorse di
essere rimasto solo nella stanza. E in quel momento,
cominciò a capire. Quella notte,
nessuno riusciva a
dormire. Vegeta sapeva già quello che aveva intenzione di
fare, ma il suo
orgoglio lo frenava ancora. Non sapeva nemmeno se lei fosse tornata a
casa.
Quel pomeriggio era uscita, e non era più tornata. Bulma era in
camera sua, seduta
alla scrivania, a fissare il vuoto. Era uscita, ma era rientrata dal
retro per
non farsi vedere, o cercare. Un rumore. Si voltò verso il
balcone. La porta era
aperta, e lui era lì. La ragazza scattò sulle
difensive: “Che
cosa vuoi?” Il saiyan si
avvicinò. “Vattene!
Vattene!” La ragazza
prese in mano una
mazza da baseball con l’intenzione di difendersi. Sempre
serio, Vegeta l’abbassò
senza sforzo, e lei si trovò con le spalle al muro. Bulma
rimase in silenzio,
paralizzata da quegli occhi neri che la fissavano. Non gridava
più. Lui la
baciò. Poi,
sottovoce, prima che lei
potesse parlare, disse: “Adesso ho capito.” Si
baciarono di nuovo. Lei lo
abbracciò. Il saiyan la
portò sul letto,
mentre lei, incredula, lo guardava negli occhi, piena
d’amore. Iniziarono a
spogliarsi, e in silenzio, fecero l’amore. Quando ebbero
finito, rimasero
svegli per un po’. Bulma lo guardava in estasi, e ogni tanto
lo baciava. Poi, a un
tratto, sempre
guardando il soffitto, Vegeta disse: “Tu…sei stata
con lui ieri?” Bulma
sospirò. “Vuoi dire a
letto?” “Mh-mh.”
“No.”,
sorrise. “Tu…credevi…” L’uomo
si girò verso di lei.
“Si.” Lei gli diede
un bacio. “Ti sei
sbagliato…”, disse ancora, accarezzandolo. “Era
tanto tempo… che non facevo
un cosa del genere.”, disse lui. “Cosa,
sesso?”, domandò la
ragazza. “Come
lo chiamate voi, sì. Da
quando sono qui.” Bulma per un
attimo provò
gelosia per chi prima di lei, sul quel lontano pianeta, era stata con
l’uomo
che si era accorta di amare. Moriva dalla voglia di chiedergli se anche
per lui
fosse così, ma in tal caso, lui non l’avrebbe mai
ammesso, e avrebbe rischiato
di risponderle in maniera brusca. Il saiyan la stava fissando. Non
smise un
attimo, mentre lei lo guardava interrogativa. Aveva
un’espressione seria.
Esitante, volle farle una carezza, ma riuscì solo a
prenderla per un braccio e
a baciarla con passione. La ragazza si addormentò fra le sue
braccia. Solo
allora, quando fu sicuro che non se ne sarebbe accorta, la
accarezzò. Si sentiva
indebolito.
Indebolito dalla sola presenza di una terrestre. Si sentiva sconfitto.
Perché?
Eppure non era triste quando la baciava, quando la toccava. Ma il suo
orgoglio
era stato intaccato. ‘Non posso allenarmi per
l’arrivo dei cyborg… e vederla.
Quando arriveranno…Io dovrò essere
forte…per
ucciderli…perché…verranno qui. E
lei sarà qui. Non posso permettere che distruggano tutto.
Lei è sola, lei non
può difendersi da sola…’ La
fissò. ‘È per questo che devo
andarmene,
Bulma.’ Rimase
a guardarla dormire per
un’ora, soffrendo al pensiero di non poterla più
vedere. Ma voleva proteggerla.
Restando lì, avrebbe pensato solo a lei. Non sapeva che,
andando più lontano,
la nostalgia sarebbe stata maggiore. Con un bacio, volò via
dalla finestra. Mesi e mesi
di lacrime, un
epilogo che tutti conosciamo, dopo quella notte. Se Vegeta si
fosse concentrato
di più, avrebbe percepito che quella nuova aura proveniente
dalla terra
apparteneva sì a un saiyan. Ma non a un fantomatico terzo
figlio di Goku, come
aveva supposto. Un giorno,
Bulma girava per la
casa indaffarata, quando a un tratto, la finestra del terrazzo si
aprì. La
ragazza se ne accorse, e tornò per chiuderla quando si
trovò faccia a faccia
con Vegeta. Anche l’espressione di lui divenne sorpresa.
Bulma aveva in braccio
un bambino. Le lacrime cominciarono a sgorgarle dagli occhi. Ma lui
divenne
subito cupo, deluso. “Sei
tornata con lui.” A sua volta,
Bulma fu
sbalordita. Che diavolo stava dicendo? “Vegeta…”,
disse, cercando di
prenderlo per mano. “Lasciami!”,
si ritrasse. “Pensi
che dopo tutto quel che è
successo io sia potuta tornare con Yamcha?” “Probabile,
visto che io ti ho
lasciata. O per lo meno, tu hai pensato che io ti avessi
lasciata.” “Non
è stato così?” Abbassò
gli occhi. “Ma ora che
importa? Ora siete una famiglia.” “Ma
io non sono più stata con
Yamcha, dico sul serio!” “Andiamo,
Bulma, come si spiega
quel marmocchio?” La ragazza guardò con amore il
piccolo. Era rimasto in
silenzio per tutto il tempo. “Vegeta…guardalo
bene. Non vedi
che ha il tuo sguardo?” Il piccolo
fissava Vegeta con il
musetto imbronciato, un’espressione che lui conosceva bene. E
lo sguardo… gli
occhi erano azzurri, come quelli di lei… Ma lo sguardo. Lo
sguardo era il suo.
Poi, da sotto la copertina, spuntò fuori anche una piccola
coda. Il principe
tornò a guardare la
ragazza: “Vuoi dire che…” Lei sorrise, in
lacrime. Poi si rivolse al bambino:
“Trunks… questo è il tuo
papà…” Mentre la
sig.ra Brief dava la
pappa a Trunks, Bulma e Vegeta erano fuori sul balcone. “Perché
te ne sei andato?” “Io…”
“Lo
sai quanto ho sofferto,
quando mi sono accorta che eri sparito?” Si sentiva in
colpa. “Quando
poi ho scoperto di
essere incinta, la mia vita è come andata in
pezzi… Se non mi amavi, perché sei
venuto a letto con me, perché mi hai baciata quella
sera?” Il saiyan non
ce la faceva più
la prese per le spalle e la costrinse a guardarlo. “Guardami.”
Lei
alzò gli occhi. “Sai
perché sono andato via?” Lei scosse la
testa. “Per
proteggerti. I cyborg
arriveranno a giorni. Io non potevo restare… trovandomiti
davanti ogni giorno,
pensando… che anche tu eri in pericolo. Capisci
adesso?” L’abbracciò.
Poi, sottovoce, le
disse: “Io non ti ho mai lasciata.” Si baciarono.
“Se tu dovessi
morire… Io… io non riuscirei a sopravvivere, lo
sai questo?”, gli disse,
spaventata. “Ma
io non morirò. Io sono il
principe dei saiyan! E anche se dovesse succedere, avrai sempre Trunks
.” “No!
Io voglio te e Trunks… Ti
prego…” “Ok…ok…adesso
calmati… Ehi! Io
sto sorridendo…”, le disse. Questa volta, era un
vero sorriso.