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Autore: MauMau    16/07/2006    8 recensioni
Ennesima fanfic sulla nascita dell'amore tra Bulma e Vegeta. E' una delle prime che ho scritto. Bulma si è lasciata da un po' con Yamcha, Vegeta si allena nella gravity room... Ma un giorno, Bulma decide di smettere di fargli da serva. Sarà la distanza (seppur non duratura) a cambiare il loro rapporto.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un vero sorriso Un vero sorriso

Anche se non ancora ho concluso ‘La principessa e il pirata’, morivo dalla voglia di pubblicare questa, una delle prime che ho scritto (a mano, nel 2002). L’argomento è banale (l’amore tra Bulma e Vegeta), ma è anche quello che mi ha fatto sognare di più.

Vegeta si allenava nella camera gravitazionale della CC già da tempo. Toccava a Bulma portargli da mangiare e fare in modo che riuscisse a sopravvivere, poiché da solo non avrebbe chiesto mai nulla a nessuno. Di conseguenza, era la ragazza ad andare da lui. Il saiyan le rispondeva sempre in malo modo, ‘grazie’ era 1 parola che non conosceva, e, dato che Bulma era alquanto irascibile, spesso si arrabbiava con lui. A Vegeta questo non importava, ma nel momento in cui lei decideva di negargli qualche favore, si arrabbiava molto. Finchè, un giorno, la ragazza non lo raggiunse nella camera gravitazionale.

Non aveva nulla da dargli, e il saiyan si inquietò: “Che diavolo ci fai qui, donna?”

“Sono venuta a dirti che adesso è veramente troppo… Stamattina mi sono svegliata e ho deciso che non ti farò più da serva; se vorrai qualcosa, dovrai venire in casa mia, chiedere il permesso e prendertela! Hai capito, scimmione?” Lui restò per un attimo spiazzato da quella reazione, poi rise: “E tutta questa sicurezza da dove viene adesso…?”

La ragazza gli si avvicinò a un palmo dal naso e rispose: “L’ho sempre avuta… Ora ho capito che tu non mi fai paura, e l’ho tirata fuori… Sei uno stupido se pensi che farò un’altra cosa per te…”

Lui rimase a guardarla in silenzio, mentre gli parlava a pochi centimetri dal viso. Quella ragazza non gli si era mai avvicinata tanto, e lui non aveva mai potuto sentire il suo profumo. Lei invece era decisa come non mai, e si ritrovò stupita che lui la stesse guardando senza replicare.

“Bè? Non rispondi?”

“Che cosa dovrei risponderti?”

“Che farai come ti ho detto.”

“Mh. E perché?”

“Come perché??”

“Non sarà una scusa?”

“Una scusa per cosa? Uff…”, concluse lei, andandosene. Se non si fosse voltata, Vegeta avrebbe visto il rossore sulle guance di Bulma. Sorridendo compiaciuto, il saiyan tornò alle sue occupazioni.

Lui non voleva dargliela vinta, voleva resistere alla fame pur di non raggiungere la grande casa e fare così il volere di Bulma. Lei, orgogliosa quanto lui, si ritrovava a chiedersi quanto tempo  sarebbe passato prima che lui venisse. Ma non aveva intenzione di sollecitarlo.

‘Una scusa? E per cosa, poi…? Mah… Non che io provi l’impulso di vederlo ogni giorno, figuriamoci…! Mi innervosisce!’ Così pensando, la ragazza però era sempre affacciata alla finestra che dava sulla camera gravitazionale. Vegeta non se n’era accorto, ma se fosse successo, l’avrebbe sicuramente derisa in cuor suo. Lui, invece, pensava sempre ogni giorno che lei sarebbe entrata da quella porta a chiedergli di venire a mangiare.

Una sera, il saiyan  per caso guardò dalla finestra. Bulma era affacciata,e guardava nella sua direzione. La ragazza dopo un po’ se ne accorse e rientrò subito. Poco dopo, si stava avvicinando alla camera gravitazionale. Vegeta sorrise.

Sempre sorridendo, si fece trovare sulla porta.

Con aria strafottente, le disse: “Hai ceduto.”

Lei abbassò lo sguardo. “Non stai morendo di fame?”

“No.”

“Quindi… non verrai?”

“Che c’è, ti vergogni a guardarmi negli occhi?”

“E tu sei fiero di questo, non è vero? Sei felice di intimorirmi.”

“E’ questo quello che pensi?”

“Sì.” Per la prima volta in vita sua, gli dispiaceva di aver messo in imbarazzo qualcuno. Non sapeva perché, e rimase in silenzio.

“D’accordo…Allora ciao…”, fece lei, e usci.

Il saiyan la seguì, la prese per un polso, tanto da farle male senza volerlo; la ragazza lo guardò spaventata. A sua volta lui fu spaventato dalla reazione di lei. Vegeta si guardò intorno, poi tornò a guardarla negli occhi. Senza capire, lo sguardo di Bulma era interrogativo. Poi, lui la baciò. Timoroso, poggiò le sue labbra su quelle di lei, che non ci credeva. Si staccò, e si augurò si non averlo fatto. Bulma lo fissò ancora e lo baciò a sua volta. Dopodiché, lui socchiuse la bocca e si abbandonò a un bacio più passionale.

Bulma credeva che lui non avesse mai baciato una donna, ma si dovette ricredere. Infatti, lui era stato con molte donne, senza mai innamorarsi, ma sapeva come baciarne una. Rimasero a baciarsi per un po’, dopodiché, fu lui ad arrossire, e se ne andò.

Bulma rimase immobile, cercando di convincersi che non fosse un sogno. Ma lui era scappato. Decise di corrergli dietro.

Bussò alla porta della gravity room, gridando: “Vegeta! Apri! Apri!”

Nessuna risposta. Dopo un po’, il saiyan cedette, e aprì. La sua espressione era tornata burbera.

“Che vuoi, donna?”

“Vegeta…cosa significa?”

Lui rimase in silenzio, non sapendo che dire. Fissava i suoi occhi azzurri con un gran desiderio di baciarla di nuovo. Ma si era sentito fin troppo dolce quella sera.

Non voleva più vedere l’espressione desiderosa d’amore sul volto della ragazza, e decise di levarsela di torno: “Non ha significato nulla, stupida!”

Ebbe una fitta al cuore vedendola cambiare espressione di colpo. Bulma girò i tacchi e corse via. Lui rimase sulla  porta a chiedersi ‘Perché l’ho detto?’.

Bulma non voleva crederci. Era triste come non lo era mai stata, avrebbe voluto non averlo mai baciato. Contemporaneamente, si sentiva felice al solo pensiero. Continuava a ripetersi che lo odiava, e allora perché quel bacio? Perché lui mi ha baciata. Perché è stato lui a cominciare. E perché allora lui l’aveva baciata? Pensò che i saiyan andassero in calore come i cani. Quella notte non dormirono.

Vegeta tornò a mangiare in casa, ma non rivolgeva la parola a Bulma né la guardava. Lei, invece, lo guardava eccome, chiedendosi come fosse possibile per lui far finta di nulla. Ma non gli chiese niente, perché la sua reazione di quella sera, l’aveva spaventata molto.

Un giorno, squillò in telefono. Bulma rispose.

“Pronto? Oh, Yamcha, ciao!”, disse la ragazza, voltando le spalle a Vegeta, curiosa da morire di sapere se la stesse guardando.

Il saiyan, udito quel nome, si era voltato bruscamente verso di lei. Quando vide che la ragazza si stava allontanando con il cordless, provò l’impulso di seguirla, ma non lo fece. Bulma buttò un occhi verso di lui, e compiaciuta lo beccò a guardarla. Ma il principe non abbassò lo sguardo. Continuò a fissarla, come per ammonirla.

Quando Bulma tornò, Vegeta era seduto sulla sedia, aveva finito di mangiare, e la stava aspettando.

“Bè? Non torni ad allenarti?”, domandò Bulma, grata a quel diversivo.

Vegeta rise, quella risata ironica e terribile con la quale lo avevamo conosciuto. La donna lo fissò, sentendosi una sua pari.

“So quello che pensi, donna, e ti sbagli…”

“Perché cosa penso?”

“Quel fallito è tornato a farsi sentire, e tu speri che a me importi qualcosa!”

Bulma assunse aria vaga. “No, non mi pare…!”

“Non mentirmi!”, si stava scaldando. Si  alzò.

“Io me ne sbatto di te e di quel deficiente! Vedilo pure se ti va, ma non voltarti più a farmi quegli stupidi sorrisetti!” La ragazza si alterò a sua volta.

“Allora, punto primo non sono stata io a chiamarlo, ma lui; punto secondo, perché ti scaldi tanto e terzo, non preoccuparti, a vedere la tua faccia tutto mi viene in mente tranne che fare un sorriso!”, gli gridò in faccia, appoggiata al lavello.

Stava per andarsene, ma lui la bloccò per i polsi. Rise.

“Dove pensi di andare?”

“Lasciami.”

“Vuoi che ti lasci?”

“Sì.”

“Sicura?” Era arrossita.

“M-mi fai male…” Lui lasciò la presa. E decise di utilizzare una delle parole nuove che aveva imparato sulla terra. “Vaffanculo.”

Passarono tre giorni, i due non si rivolgevano la parola. Finchè, un pomeriggio, Vegeta era fuori ad allenarsi, quando vide Bulma fuori dal cancello con delle buste in mano e al suo fianco Yamcha che la stava aiutando. Rimase nascosto a guardarli.

“Grazie, Yamcha… E… scusami, per come ti ho trattato ultimamente…”

“Figurati…Io ci sono sempre per te, Bulma.”, rispose il ragazzo.

Poi rimasero in silenzio per un po. Quindi il ragazzo si chinò e le diede un bacio sulle labbra. Vegeta divenne rosso di rabbia, ma si contenne. ‘Se vengo fuori e lo uccido, Kakaroth vorrà sapere il motivo…’

“A-allora…grazie, Yamcha… Ciao!”, rispose la ragazza. Mentre rientrava, la vide che si stava guardando intorno.

A pranzo, Vegeta mangiò più in fretta del solito. Bulma era seduta in salotto a leggere un libro, mangiava sempre prima di lui. Dopo un po’, se lo ritrovò in salotto, che passeggiava…

“Il nostro principe si degna di farci visita?”, domandò. Lui rise. Quando rideva non prometteva nulla di buono. “Dove sei andata oggi di bello?”

“Perché me lo chiedi?”

“Non posso farti una domanda?”

“Tu non fai mai domande del genere.”

“Va bene, allora non dirmelo.”

“Ok.”

Silenzio. Vegeta non ce la faceva più a sopportarlo.

“Non devi dirmi niente?!”

Bulma cominciò a sospettare. “C-cosa dovrei dirti?”

“Per esempio che un certo fallito oggi ti ha baciata qui, davanti a casa tua!!!”, rispose.

Bulma rise dentro di sé.

Poi prese coraggio e disse: “Oh, quel bacio…? Non ha significato nulla, per me.”

Il principe rimase spiazzato. “Che cosa?”

La ragazza si alzò. “Hai capito bene. Non ha significato nulla.”

“Come… com’è possibile?”

“Così come non ha significato nulla per te il bacio che mi hai dato tu, per me non ha significato nulla quello che mi ha dato Yamcha.”

Il saiyan perse la pazienza: “Stronzate! Prima le telefonate, adesso te lo porti pure  a casa! Perché lo hai lasciato, allora? Perché? A questo punto andate a vivere insieme!”

“Tu…non hai capito niente… niente…”, mormorò  la ragazza.

Mentre si allonatanva, lui la fermò. Cercò di baciarla, ma lei si scansò.

“Che cosa, devo capire?!”, chiese. Ma lei si divincolò e scappò. Lui rimase fermo, confuso. Si accorse di essere rimasto solo nella stanza. E in quel momento, cominciò a capire.

Quella notte, nessuno riusciva a dormire. Vegeta sapeva già quello che aveva intenzione di fare, ma il suo orgoglio lo frenava ancora. Non sapeva nemmeno se lei fosse tornata a casa. Quel pomeriggio era uscita, e non era più tornata.

Bulma era in camera sua, seduta alla scrivania, a fissare il vuoto. Era uscita, ma era rientrata dal retro per non farsi vedere, o cercare. Un rumore. Si voltò verso il balcone. La porta era aperta, e lui era lì. La ragazza scattò sulle  difensive:

“Che cosa vuoi?”

Il saiyan si avvicinò.

“Vattene! Vattene!”

La ragazza prese in mano una mazza da baseball con l’intenzione di difendersi. Sempre serio, Vegeta l’abbassò senza sforzo, e lei si trovò con le spalle al muro. Bulma rimase in silenzio, paralizzata da quegli occhi neri che la fissavano. Non gridava più. Lui la baciò.

Poi, sottovoce, prima che lei potesse parlare, disse: “Adesso ho capito.” Si baciarono di nuovo. Lei lo abbracciò.

Il saiyan la portò sul letto, mentre lei, incredula, lo guardava negli occhi, piena d’amore. Iniziarono a spogliarsi, e in silenzio, fecero l’amore.

Quando ebbero finito, rimasero svegli per un po’. Bulma lo guardava in estasi, e ogni tanto lo baciava.

Poi, a un tratto, sempre guardando il soffitto, Vegeta disse: “Tu…sei stata con lui ieri?”

Bulma sospirò. “Vuoi dire a letto?”

“Mh-mh.”

“No.”, sorrise. “Tu…credevi…”

L’uomo si girò verso di lei. “Si.”

Lei gli diede un bacio. “Ti sei sbagliato…”, disse ancora, accarezzandolo.

“Era tanto tempo… che non facevo un cosa del genere.”, disse lui.

“Cosa, sesso?”, domandò la ragazza.

“Come lo chiamate voi, sì. Da quando sono qui.”

Bulma per un attimo provò gelosia per chi prima di lei, sul quel lontano pianeta, era stata con l’uomo che si era accorta di amare. Moriva dalla voglia di chiedergli se anche per lui fosse così, ma in tal caso, lui non l’avrebbe mai ammesso, e avrebbe rischiato di risponderle in maniera brusca. Il saiyan la stava fissando. Non smise un attimo, mentre lei lo guardava interrogativa. Aveva un’espressione seria. Esitante, volle farle una carezza, ma riuscì solo a prenderla per un braccio e a baciarla con passione. La ragazza si addormentò fra le sue braccia. Solo allora, quando fu sicuro che non se ne sarebbe accorta, la accarezzò.

Si sentiva indebolito. Indebolito dalla sola presenza di una terrestre. Si sentiva sconfitto. Perché? Eppure non era triste quando la baciava, quando la toccava. Ma il suo orgoglio era stato intaccato. ‘Non posso allenarmi per l’arrivo dei cyborg… e vederla. Quando arriveranno…Io dovrò essere forte…per ucciderli…perché…verranno qui. E lei sarà qui. Non posso permettere che distruggano tutto. Lei è sola, lei non può difendersi da sola…’ La fissò. ‘È per questo che devo andarmene, Bulma.’  Rimase a guardarla dormire per un’ora, soffrendo al pensiero di non poterla più vedere. Ma voleva proteggerla. Restando lì, avrebbe pensato solo a lei. Non sapeva che, andando più lontano, la nostalgia sarebbe stata maggiore. Con un bacio, volò via dalla finestra.

Mesi e mesi di lacrime, un epilogo che tutti conosciamo, dopo quella notte.

Se Vegeta si fosse concentrato di più, avrebbe percepito che quella nuova aura proveniente dalla terra apparteneva sì a un saiyan. Ma non a un fantomatico terzo figlio di Goku, come aveva supposto.

Un giorno, Bulma girava per la casa indaffarata, quando a un tratto, la finestra del terrazzo si aprì. La ragazza se ne accorse, e tornò per chiuderla quando si trovò faccia a faccia con Vegeta. Anche l’espressione di lui divenne sorpresa. Bulma aveva in braccio un bambino. Le lacrime cominciarono a sgorgarle dagli occhi. Ma lui divenne subito cupo, deluso.

“Sei tornata con lui.”

A sua volta, Bulma fu sbalordita. Che diavolo stava dicendo?

“Vegeta…”, disse, cercando di prenderlo per mano.

“Lasciami!”, si ritrasse.

“Pensi che dopo tutto quel che è successo io sia potuta tornare con Yamcha?”

“Probabile, visto che io ti ho lasciata. O per lo meno, tu hai pensato che io ti avessi lasciata.”

“Non è stato così?”

Abbassò gli occhi. “Ma ora che importa? Ora siete una famiglia.”

“Ma io non sono più stata con Yamcha, dico sul serio!”

“Andiamo, Bulma, come si spiega quel marmocchio?” La ragazza guardò con amore il piccolo. Era rimasto in silenzio per tutto il tempo.

“Vegeta…guardalo bene. Non vedi che ha il tuo sguardo?”

Il piccolo fissava Vegeta con il musetto imbronciato, un’espressione che lui conosceva bene. E lo sguardo… gli occhi erano azzurri, come quelli di lei… Ma lo sguardo. Lo sguardo era il suo. Poi, da sotto la copertina, spuntò fuori anche una piccola coda.

Il principe tornò a guardare la ragazza: “Vuoi dire che…” Lei sorrise, in  lacrime. Poi si rivolse al bambino: “Trunks… questo è il tuo papà…”

Mentre la sig.ra Brief dava la pappa a Trunks, Bulma e Vegeta erano fuori sul balcone.

“Perché te ne sei andato?”

“Io…”

“Lo sai quanto ho sofferto, quando mi sono accorta che eri sparito?”

Si sentiva in colpa.

“Quando poi ho scoperto di essere incinta, la mia vita è come andata in pezzi… Se non mi amavi, perché sei venuto a letto con me, perché mi hai baciata quella sera?”

Il saiyan non ce la faceva più la prese per le spalle e la costrinse a guardarlo.

“Guardami.”

Lei alzò gli occhi.

“Sai perché sono andato via?”

Lei scosse la testa.

“Per proteggerti. I cyborg arriveranno a giorni. Io non potevo restare… trovandomiti davanti ogni giorno, pensando… che anche tu eri in pericolo. Capisci adesso?”

L’abbracciò. Poi, sottovoce, le disse: “Io non ti ho mai lasciata.”

Si baciarono. “Se tu dovessi morire… Io… io non riuscirei a sopravvivere, lo sai questo?”, gli disse, spaventata.

“Ma io non morirò. Io sono il principe dei saiyan! E anche se dovesse succedere, avrai sempre Trunks .”

“No! Io voglio te e Trunks… Ti prego…”

“Ok…ok…adesso calmati… Ehi! Io sto sorridendo…”, le disse. Questa volta, era un vero sorriso.

  
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