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Autore: Tata_Chan    20/11/2011    3 recensioni
Antonio fin da bambino non ha mai trovato un vero amico,e, oramai quindicenne sta per perdere la speranza.
Un giorno però, una persona speciale gli farà cambiare idea.
Oneshot ^^
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Salve!
Sì..ecco...sto lavorando su “-El crepúsculo de mi tomate -”, ma venerdì a scuola la prof. ci ha riconsegnato alcuni vecchi temi ed ho trovato, tra le brutte copie, questo tema (FanFic, con tanto di personaggi Hetaliani, anche se sono un po’ OOC xD) sull’amicizia!
Ho deciso, quindi, di pubblicarla, anche se non è un granchè!


 
Mi amigo mejor

Se si prova qualcosa per un’altra persona, amore o amicizia che sia, si da dunque prova  della presenza di un piccolo muscolo palpitante al centro del petto, che si agita, scalcia e abbatte le mura dell’indifferenza.
E Antonio lo sapeva, anche bene.
Lui, per quanto ingenuo ed un po’ timido, il tipico ragazzetto di provincia, tutto composto e senza grilli per la testa, credeva che se avesse trovato qualcuno capace di sopportarlo, almeno per un po’, avrebbe raggiunto il suo obiettivo più importante.
L’apice di tutto quello che aveva sempre sognato, un agognato traguardo.
Ricordava bene il primo giorno di scuola, con i riccioli disordinati che gli ricadevano sulla fronte e la cravatta ben dritta, convinto di poter fare una buona figura o conoscere qualcuno.
- Sta’ tranquillo e sorridi. Prima o poi qualcuno arriverà e giocherete assieme- gli aveva promesso la mamma al mattino, mentre gli offriva il cestino del pranzo con aria solare.
Nonostante il bambino avesse ereditato da lei il carattere spensierato, non riuscì ad evitare un lieve sospiro di sconforto.
-Questo è quel che credi tu, mamma- ribatté infatti poco dopo il ragazzino, porgendole la manina infreddolita.
-Perché? Non mi credi? chiese lei, richiudendosi la porta alle spalle e mettendo un finto broncio.
-No...no, non è così...è solo che io non piaccio alla gente- Antonio abbassò lo sguardo, era raro che finisse in uno stato simile, di fatti, sua madre era l’unica ad averlo mai visto così abbattuto.
-Per loro è tutto uno schema..o un programma...amano quel che è complicato e non sono troppo rispettose- riprese biascicando, mentre sbuffava sul suo strano accento spagnolo.
Sua madre rise, rivolgendogli un’espressione dolceamara accompagnata da un sorriso mesto.
Si piegò sulle ginocchia, attenta a ripiegare con cura la gonna, così da arrivare all’altezza dell’altro e guardarlo negli occhi.
Gli sfiorò il naso con la punta del dito: -Fidati di me. Andrà tutto bene, Tonio!- concluse, baciandogli la fronte e rialzandosi, spingendo leggermente il bambino verso l’entrata della scuola.
Antonio scivolò distratto lungo i muri dell’edificio, mentre orde di ragazzi e maestri urlanti chiacchieravano nell’atrio.
Lanciò uno sguardo ai più grandi, chi pareva dormire, chi mangiucchiava una brioche, chi copiava i compiti in fretta e furia e chi, semplicemente, abbracciava il proprio amico del cuore.
-Vorrei farlo io – mugugnò, tra il seccato e l’amareggiato, accertandosi che nessuno lo stesse ascoltando.
Trovare l’aula non fu difficile, era la quarta stanza del secondo piano, e la prima impressione non parve deludente...non del tutto.
La cattedra era attaccata, sì, esatto, proprio attaccata, al muro, e la lavagna non troppo sporca.
I banchi erano in ordine e nessuna sedia sembrava mancare.
-Buongiorno...- scandì Antonio, alla classe vuota.
-Sì..certo, ciao- gli rispose una voce acuta, quasi stridula, che non si preoccupava di camuffare il forte accento britannico.
Antonio si volse di scatto, colto di sorpresa.
Ed eccolo lì, un ragazzetto alto quanto lui, dalle folte e inquietanti sopracciglia, uno sguardo truce e i capelli biondo arido.
-Ehm...sì...cioè – gesticolava Antonio, tentando di  riprendersi: -...Arthur...- lesse sulla targhetta della divisa, respirando a pieni polmoni.
-...Antonio- disse l’altro,Arthur, come irritato, per tutta risposta, tintinnando con le dita sul suo cesto del pranzo.
L’euforia si impossessò della mente del piccolo spagnolo, che cosa avrebbe fatto? Era forse questo qui quel qualcuno di cui aveva parlato la mamma?
“Forse” pensò, sorridendo appena “In fondo la mamma ha sempre ragione!Lei sa bene come vanno certe cose” rifletté, ingenuamente.
- Senti..ecco, ascoltami Arthur!- trillò, aggrappandosi al braccio dell’altro, pronto ad abbracciarlo.
- Che cosa vuoi?- sbottò, squadrandolo e scrollando l’arto superiore.
-Vuoi...essere mio amico?- esclamò, portandogli entrambe le braccia al collo.
Le folte sopracciglia di Arthur si aggrottarono, riservando agli occhi verde bottiglia il resto del lavoro.
Lo sguardo freddo del biondo fu accompagnato da sorde frasi brevi:
-No!- tuonò improvvisamente, spingendo via Antonio,-Neanche ti conosco!- strillò, dandogli le spalle.
L’altro, inizialmente sorpreso, magari un po’ ferito, si allontanò indifferente, ormai abituato ai rifiuti.
-D’accordo... non fa niente- mormorò, sedendosi ad un banco lontano da quello di Arthur.
Antonio, forse, non era pronto per poter creare un rapporto con qualsiasi coetaneo, anzi, ormai ne era diventato certo.
Gli anni passavano, la situazione non cambiava, pareva, alcune volte, persino peggiorare.

-Io vado, mamma!- urlò Antonio, ormai quindicenne, sull’uscio di casa.
Era alquanto desolante vederlo percorrere la strada verso il liceo tutto solo con lo zaino in spalla.
Per certi versi, sembrava ancora il bimbo insicuro e imbarazzato, quello che si nascondeva dietro la gonna della madre, di poco tempo prima.
Gli stessi ricci ribelli sulla fronte, solo un po’ più lunghi e disordinati, gli stessi occhi grandi e verdi da sognatore, luminosi.
E proprio come da ragazzino si ritrovava per conto suo, senza dover prestare attenzione a nessuno.
-Meglio così- si disse, velocizzando il passo – già, meglio soli che in brutta compagnia... o qualcosa del genere- affermò, portandosi una mano alle palpebre, con la testa ancora tra le nuvole.
La scuola era movimentata come sempre, ragazze urlanti “discutevano” dell’ultimo film visto la sera prima, i ragazzi ridevano come impazziti,i collaboratori scolastici offrivano il caffè ai professori e gli studenti ricchi, molto ricchi, si lasciavano scortare all’interno delle aule dai loro padri, magari anche con la guardia del corpo.
Antonio li detestava.
Non era geloso, ma odiava quel loro modo di fare sfarzoso e senza senso.
Che fossero al primo posto nella scala sociale...questo era un vero mistero.
Era cresciuto su basi morali solide, lui, la mamma gli aveva insegnato a vivere di valori, senza fronzoli, ma forse, era per questo che rimaneva emarginato...
Il ragazzo si voltò, così da poter compiere il giro lungo.
L’aula non era più tanto vicina, adesso era all’ultimo piano, nell’ala ovest dell’edificio.
Salì per la prima rampa di scale molto velocemente, saltando i gradini a due a due, per non far tardi.
Il liceo non era affatto male.
Le scale erano in marmo, così come le pareti dei corridoi interni, in perenne contrasto con le ringhiere in ferro battuto e le travi del soffitto in legno.
Un profumo d’ebano riempiva ogni angolo, caratterizzandolo, spiccavano i colori delle cartine e dei quadri, copie d’autore di opere famose, appese ai lati delle porte.
A volte Antonio si chiedeva come potesse permettersi di frequentare un posto simile, considerando la situazione singolare in cui si trovava la sua famiglia.
E ogni volta, riusciva solo a pensare che sua madre fosse straordinaria, solo per donargli un posto da studente in una scuola come quella...
Lasciò da parte i pensieri una volta raggiunta la porta dell’aula, stranamente socchiusa.
Antonio la spinse svogliatamente.
-Buongiorno- mugugnò in modo apatico, lanciando la borsa in direzione del suo banco.
-Buongiorno a te, idiota- gli rispose un ragazzino seduto al suo posto.
Il nuovo arrivato (Antonio non l’aveva mai visto) si spostò alla sedia accanto e mosse la mano in segno di saluto.
I ricci dello spagnolo parvero rizzarsi dalla sorpresa.
-Non ti siedi?- domandò il nuovo, indicando la borsa e la sedia.
-Dove?- chiese Antonio, come intontito.
-Come dove? Ma sei scemo? Qui! Al tuo posto!- rise l’altro, mostrando un sorriso orgoglioso.
-S..Sì..- balbettò, in difficoltà.
-Allora, com’è la gente della scuola?-
-...Frivola?-
Il ragazzino rivelò un paio d’occhi ambra sotto le ciocche di capelli ramati.
-Perché dici così?- domandò, afferrandogli il braccio.
Antonio sbatté le palpebre, confuso.
Era strano che qualcuno ripetesse con lui quei gesti, tanto familiari quanto distanti.
-Perché...non tutti si comportano...ecco...- gli occhi ambrati rimasero indagatori, mentre l’altro arto si avvinghiava al predecessore.
-...Lascia perdere- tagliò corto lo spagnolo, sorridendo e lasciando fare al suo carattere solare.
-Vuoi uno dei miei churros?- rise Antonio, afferrando il cesto del pranzo dalla sua borsa.
-Sono buoni sai? Li hai mai privati? Questi sono fantastici, li ha fatti mia madre!- il ragazzo, noncurante della risposta del coetaneo gliene offrì uno dei migliori, con più cioccolata.
-Grazie, idiota. Comunque..io sono Lovino, - bofonchiò afferrando il dolce – ridicolo, non è vero?-
-No, a me piace. Molto!- constatò Antonio, abbracciando a sua volta il braccio di Lovino.
In fondo, come aveva pensato tempo prima, la mamma aveva sempre ragione.
Prima o poi, qualcuno sarebbe arrivato.

 Grazie per aver letto, se qualcuno l'ha fatto xD!
Ditemi qualche parola, per favore?
Alla prossima,
Tata_Chan
  
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