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Autore: _eco    21/11/2011    5 recensioni
[Questa storia ha partecipato al concorso "Storia d'Ammmore" indetto da DarkAeris sul forum di efp, classificandosi seconda].
Per Caroline fu istintivo sorridere. Si riscoprì ancora innamorata dell’eterna espressione da bambino intrappolata in quel viso adulto […].
« Guarda, Matt. Piove », esclamò lei, indicando con il braccio la finestra appannata dal gelo e la pioggia che vi si abbatteva contro.
« Vicky diceva che…», cominciò lui.
«…è colpa degli angeli se piove », continuò la vampira, annuendo.
« Te lo ricordi », e sorrise: similmente ad un bambino al quale si regala il nuovo giocattolo tanto desiderato.
Genere: Fluff, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Caroline Forbes, Matt Donovan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Scritta per "Storia d'Ammmore" di DarkAeris, classificatasi seconda con un punteggio di 41.5/43.
Grazie alla giudiciA e, soprattutto, a Simple che, come sempre, ha sopportato i miei scleri pre e post-stesura.



Autore [ In caso di nick diverso sul forum, comunicare ] : l u l l a b y.
Titolo della storia : Tears of an angel.
Coppia : Caroline/Matt.
Rating : Verde.
Genere : Malinconico, Fluff, Triste.
Tipologia : One-shot.
Avvertimenti : Missing Moment
Introduzione : “Per Caroline fu istintivo sorridere. Si riscoprì ancora innamorata dell’eterna espressione da bambino intrappolata in quel viso adulto […].
« Guarda, Matt. Piove », esclamò lei, indicando con il braccio la finestra appannata dal gelo e la pioggia che vi si abbatteva contro.
« Vicky diceva che…», cominciò lui.
«…è colpa degli angeli se piove », continuò la vampira, annuendo.
« Te lo ricordi », e sorrise: similmente ad un bambino al quale si regala il nuovo giocattolo tanto desiderato.”
Note dell'autore [ Se ce ne sono ] : Eccome se ci sono! Allora, allora: io scrivo pochissimo su Matt, ancora meno su Matt e Caroline, dal momento che non sono proprio la mia coppia preferita, quindi elaborare questa shot è stata una vera e propria sfida con me stessa. Ho scritto sì e no quattro shot – pensa un po’ quanto dovevo essere fusa e scoraggiata! – per il concorso, ma credo che questa sia la migliore – non osare immaginare quanto facciano pena le altre – e sono sicura che sia doveroso descrivertela a grandi linee.
La fanfiction è divisa in tre parti: passato, presente e futuro.
Nella prima parte troviamo Matt e Caroline ancora ragazzini/bambini.
La seconda è un missing moment ambientato all’inizio della seconda stagione, nel momento in cui Caroline si risveglia nella stanza d’ospedale, viva e vegeta grazie al sangue di Damon.
La terza è un futureverse – spero di averlo scritto correttamente – che s’incastra cronologicamente circa cinquant’anni dopo che Caroline è andata via da Mystic Falls: Matt ha già superato la giovinezza da un bel pezzo, in poche parole.
Spero di non aver combinato troppi pasticci.
Buona lettura.

Tears of an angel

[Bannerino carino e coccoloso *w*]

Can you hear heaven cry?
Tears of an angel
Tears of an angel
"Tears of an angel" by Ryan Dan.

 


Le sottili dita di Caroline si mossero con precisione e lentezza lungo la superficie gelida della finestra. Con estrema delicatezza modellarono segni sghembi tra la brina invernale.
Le parve di accarezzare i tasti del pianoforte che il papà aveva acquistato la primavera precedente.
Prima  ancora che la bambina potesse contemplare con soddisfazione il suo lavoro ultimato, piccole gocce dal fragile aspetto gliel’avevano già strappato via.
« Non mi piace la pioggia », brontolò, lasciando scivolare le dita e adagiandole sul davanzale di marmo.
Semidisteso sul lettino poco distante, Matt distolse l’attenzione dalla macchinina rossa  che faceva rotolare per tutto il materasso – regalo di Caroline e, più genericamente, della famiglia Forbes –, rivolgendola alla ragazzina seduta sulla sedia da scrivania, proprio accanto alla finestra incastrata nella parete opposta.
« Vicky dice che è colpa degli angeli se piove », spiegò, scoccando un’altra occhiata al giocattolino che si rigirava fra le mani.
Caroline non riusciva a capacitarsi del perché i maschi si divertissero tanto a far ruotare continuamente quei piccoli aggeggi per il pavimento o lungo qualunque superficie gli si presentasse.
Eppure a Matt sembrava piacere davvero quell’automobilina rosso fiammante che strisciava sul lenzuolino di cotone.
C’era da dire, però, che persino a parere di Caroline non era poi tanto bella.
La vernice si era già scrostata da uno degli sportellini sigillati al resto del giocattolino, le ruote non giravano come avrebbero dovuto e, sul tettuccio dipinto di nero, vi era una leggera ammaccatura.
Senza dubbio, la bambina ne aveva viste di più curate e quasi belle nella cameretta di Jeremy Gilbert, o fra le mani perennemente insozzate – di terriccio, cioccolata e, più spesso, di pastelli colorati – del viziato Tyler Lockwood.
Di certo lei non sapeva che la macchinina preferita di Matt era priva di ruote posteriori e scheggiata nel parabrezza di plastica; e che lui fosse talmente abituato all’imperfezione da non scorgerla più.
« Colpa degli angeli? », gli fece eco Caroline, sbalordita.
« Colpa degli angeli che piangono », chiarì Matt.
« E perché piangono adesso? E’ successo qualcosa di brutto? », chiese la bambina, le labbra color ciliegia involontariamente sporte in avanti.
Matt parve ragionarci su.
« Non lo so », sbuffò il ragazzino, con aria distratta.
Stavolta fu Caroline ad assumere un’espressione assorta: i boccoli dorati le ricadevano lungo il collo color latte, gli occhi turchesi spiccavano sulla porcellana che le tingeva il viso, così come il delicato rossore che le si depositava sulle gote, il nasino all’insù le conferiva un aspetto da delicata bambolina, le labbra rosee erano leggermente ricurve verso il basso.
« Piangono perché sono felici, Matt! », esclamò improvvisamente, ridestando l’amico, che aveva cominciato nuovamente a giocherellare con l’automobilina, « Il mio papà ha pianto quando sono nata, ma perché era felice. Non era mica triste. No, no », scosse il capo, « Sono felici perché tu stai bene. Capisci? ».
Matt inclinò la testa da un lato, mordendosi il labbro inferiore con un candido dente da latte. Annuì. Gli zigomi appena pronunciati si sollevarono, spinti dal sorriso che gli nasceva sul volto.
Caroline si era presa un bello spavento quando, la settimana precedente, Liz Forbes aveva fatto ritorno con una notizia inaspettata: il figlio di Kelly Donovan, il fratellino minore di Vicky ma, soprattutto, uno dei suoi migliori amici era stato portato d’urgenza al pronto soccorso per un intervento all’appendicite.
E, per una bambina di quasi nove anni, un intervento all’appendicite era qualcosa da cui tenersi alla larga il più possibile.
D’altro canto, Matt non aveva trascorso più di qualche giorno nel reparto pediatrico del vicino ospedale. Al suo ritorno, aveva mostrato la piccola cicatrice sulla pancia agli amici, ingenuamente orgoglioso, ma non aveva esitato a tirar giù la maglia del pigiama, quando una Caroline visibilmente terrorizzata, che tentava in tutti i modi di distogliere lo sguardo, gli aveva sussurrato di non volerla più vedere.
« Sì, piangono di felicità », ripeté il ragazzino con convinzione.
 

 

***

 
Le pareti dell’ospedale erano ancora più bianche di quanto ricordasse.
Forse perché, inconsciamente, tendeva a rammentare i disegni variopinti che ornavano quelle del reparto nel quale si era ritrovato all’età di nove anni.
In quell’ampia stanza, i colori erano stati risucchiati dal candore che si stendeva sulle lenzuola e sul morbido guanciale del lettino dalla struttura metallica.
Matt non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse trascorso dal momento in cui era entrato lì dentro. Con la schiena curvata, le dita incrociate fra loro e gli occhi immobili, dischiudeva le labbra solo per respirare: non una parola fuoriusciva da esse.
Le palpebre minacciavano di cedere da un istante all’altro, stanche di resistere alla tentazione di riposare solo per qualche secondo.
Matt, però, si opponeva loro con decisione.
Se Caroline si fosse svegliata, se avesse involontariamente sussurrato il suo nome, voleva essere sveglio e presente anche solo per sussurrarle che presto si sarebbe ripresa del tutto o per stringerle la mano, sicuro che lei, in un modo o nell’altro, l’avrebbe sentito.
Il capo affondato nel soffice guanciale foderato di bianco, le palpebre serrate e le ciglia a far ombra sul viso ancor più pallido del solito, Caroline appariva agli occhi di Matt come un fuscello in continua lotta contro irrefrenabili folate di vento.
E lui, nonostante tentasse di raggiungerla e correre in suo aiuto, riusciva a malapena a sfiorarla e finiva con l’essere spinto indietro.
Allungò una mano e cominciò a percorrere il profilo di quel viso addormentato e fiocamente illuminato dal neon ancorato al soffitto.
Uno spesso nodo gli attanagliò lo stomaco, risalendo lentamente su per la gola.
Provò vergogna per essersi accorto soltanto in quel momento di quanto in realtà tenesse a lei; di quanto, nell’ultimo periodo, avesse smesso di fingere che accanto a lui ci fosse Elena e non Caroline.
Scoprì che in lei aveva trovato una via d’uscita dall’oblio nel quale si era cacciato ormai da mesi; di aver visto la luce alla fine del tunnel e di averla ciecamente inseguita, accorgendosi soltanto dopo che, in realtà, non era altro che il suo sorriso. 
Perché Caroline riusciva sempre a trovare un motivo per tirar su le labbra e far brillare gli occhi. E questo a Matt bastava per non inveire contro il direttore del Grill, per non pensare di essere un fallito al vedere le molteplici bollette che si ammucchiavano sul tavolo della cucina e, soprattutto, per sorridere a sua volta.
Fu in quel momento che ebbe davvero paura di perderla.
Come quando, da bambino, si raggomitolava sotto le coperte in preda al terrore che quella volta la mamma non sarebbe più tornata; come quando, appena qualche mese prima, c’era Vicky nel lettino d’ospedale.
Un fulmine squarciò il silenzio, proiettando la sua potente luce sulle pareti, attraverso la persiana.
Parve che quel burrascoso rumore avesse messo in moto qualcosa in Caroline, che cominciò a sbattere le palpebre più volte senza aprirle del tutto.
Matt si sporse in avanti, le mani saldamente ancorate al bordo del materasso. 
Solo quando le iridi di Caroline spiccarono sul viso smagrito, sentì una calda fitta percuotergli il petto.
« Matt », mormorò dopo un po’ con voce sottile.
Tentò invano di tirarsi su, reggendosi sui gomiti, e dovette rassegnarsi al fatto di essere troppo debole per farlo.
Si ridistese.
« Va tutto bene », riuscì a borbottare il ragazzo, scostandole una ciocca bionda dalla fronte.
Le strinse la mano e rimase meravigliato dal modo in cui Caroline prese ad osservare le sue dita pallide e sottili intrecciarsi a quelle robuste e possenti di Matt.
Mai nessuno le aveva trasmesso tanta forza con un gesto simile.
Matt si sorprese del pensiero che gli traversò la mente: il desiderio che in quella spenta stanza d’ospedale, che tanto contrastava con il bagliore che si proiettava sulle iridi opalescenti di Caroline, avrebbe voluto vedere tutti tranne lei.
Entrambi, troppo distratti dall’alone di felicità che li aveva avvolti, non se ne accorsero, ma qualcuno, dall’alto, piangeva lacrime di gioia.
 

 

***
 

   
Era una sera d’inverno. Le strade si erano già riempite di festoni natalizi, luci ad intermittenza rosse e dorate e Babbi Natale animati ai margini dei marciapiedi.
Sola nel bel mezzo del corridoio ombroso, l’unico rumore che percepiva era il ritmico battere dei molteplici cuori nei paraggi e il motivo sottile di una canzoncina infantile, probabilmente intonata da qualche mamma al suo bambino.
Gli occhi di Caroline s’illuminarono non appena scorsero il susseguirsi di cifre che tanto cercava da qualche minuto a quella parte.
Trecentoventitré.
Le dita avvolte intorno alla maniglia di metallo, la porta di legno si aprì con un lieve cigolio.
Era una stanza modesta, piccola e spoglia, fatta eccezione per un quadrato di carta colorata appeso sopra la testiera di un letto – l’unico occupato.
Che Caroline ricordasse, non aveva mai amato l’aria eccessivamente pulita e odorante di farmaci che si respirava in ospedale – fatta eccezione per il reparto nel quale era costretta a recarsi almeno una volta al mese: la banca del sangue – e, senza alcun dubbio, aveva detestato più di ogni altra la settimana in cui era stata costretta in una stanza interamente bianca.
Coperto sino al petto da un morbido piumone beige, riposava un uomo dall’inconfondibile zazzera color paglia.
Caroline si avvicinò tentando di far più silenzio possibile.
Ora che poteva vederlo meglio, la consapevolezza di essere eternamente giovane cominciò a pizzicarle il petto.
La fronte di Matt era increspata di rughe. I capelli, nonostante ad una prima occhiata risultassero del solito biondo pulito, conservavano evidenti fili d’argento.
E, per quanto in passato li avesse temuti, in quel momento Caroline si accorse di desiderarli.
Le palpebre dell’uomo erano poggiate sulle iridi color mare e la vampira ebbe la tentazione di sollevarle appena, bisognosa di osservarle ricambiare un suo sguardo.
Il lettino sul quale riposava era circondato da macchinari dei quali non avrebbe nemmeno saputo pronunciare i nomi.
Alle sue spalle, incredibili giochi di luce giallognola si rincorrevano sulla superficie della finestra, proiettandosi sulle mura.
Caroline sfiorò con le dita il viso di Matt, scoprendolo deturpato dai segni del tempo e caldo in una maniera confortante.
Da quando anche Tyler era diventato immortale, poche erano state le occasioni di star così vicina a qualcosa di vivo che non fosse la sua prossima preda.
Nonostante fosse dotata di una sorprendente velocità, nemmeno i suoi sviluppati riflessi da vampira le permisero di nascondersi in tempo quando Matt sollevò le palpebre e mostrò le iridi immutate, forse le uniche cose che il tempo si era limitato a sfiorare senza intaccare.
Probabilmente, però, Caroline sarebbe riuscita a scappare se avesse ammutolito in tempo il desiderio di pura curiosità che le imponeva di non muoversi: una delle ragioni che l’avevano spinta a far ritorno a Mystic Falls.
« Caroline », mugugnò Matt con sorpresa.
Lei indietreggiò all’improvviso: quella voce era più roca e adulta di quanto ricordasse.
« E’ un sogno? », chiese, più a se stesso che alla ragazza.
Caroline tacque, senza sapere cosa rispondere.
Lo sguardo le ricadde sul foglio di carta colorata. C’era una firma sbilenca in basso a destra, uno strano accozzarsi di letterine sghembe e al contempo perfette.
« E’ un sogno. Sì », affermò alla fine, carezzando il viso dell’uomo.
Si sentì fuori posto, percepì quel gesto come un errore.
Lei che aveva sfiorato il volto di Matt quando non era altro che un giovane dal bell’aspetto, si ritrovava a captare sui polpastrelli le rughe che non aveva visto nascere.
Vederlo così impotente e debole le faceva uno strano effetto.
All’improvviso le ritornò alla mente l’immagine sbiadita di un ragazzino con una macchinina rosso fiammante fra le mani.
« Oh, è un bellissimo sogno », ripeté meccanicamente lui.
Per Caroline fu istintivo sorridere. Si riscoprì ancora innamorata dell’eterna espressione da bambino intrappolata in quel viso adulto: come lo è una mamma del proprio figlio, come lo è una sorella del proprio fratello e come, se il destino avesse intrapreso un percorso diverso, lo sarebbe stata di Matt vedendolo rincasare la sera dopo un’estenuante giornata di lavoro.
« Guarda, Matt. Piove », esclamò lei, indicando con il braccio la finestra appannata dal gelo e la pioggia che vi si abbatteva contro.
« Vicky diceva che…», cominciò lui.
«…è colpa degli angeli se piove », continuò la vampira, annuendo.
« Te lo ricordi », e sorrise: similmente ad un bambino al quale si regala il nuovo giocattolo tanto desiderato.
Caroline si sedette sul bordo del lettino, raccogliendo fra le mani congelate quelle tiepide di Matt.
« Non potrei dimenticarlo », gli assicurò con tono deciso.
« Sai, ho raccontato ai miei bambini dei nostri angeli. Sono dei bei giovanotti ormai. E guarda qua – tentò di sollevare il dito per indicare il disegno che conservava sulla testiera del letto – questo lo ha fatto la mia piccola Abbie, anche se adesso è ben lontana dall’essere soltanto una bambina – inclinò le labbra –. Non  sono bellissimi, i suoi angeli? », spiegò.
Nuovamente, Caroline avvertì, nel suo tono delicato, una nota d’infantilità; quella stessa ingenuità che si era depositata sul viso di Matt al mostrare la piccola cicatrice, quasi fosse una medaglia conquistata in guerra; quella stessa dolcezza d’animo che aveva scorto nel semplice gesto di una mano che ne stringeva una più piccola e sottile.
Il fragile foglio di cartoncino era ricurvo sugli angoli – ennesimo segno del tempo trascorso – e riempito con tenera maestria da spessi segni di matita. Un chiodino rosso lo teneva ben saldo al ferro e, in mezzo all’azzurro dello sfondo, spiccavano due piccole figure munite di ali piumate.
« E’ bellissimo », si limitò a commentare, un groviglio che le tappava la gola, invitandola a piangere.
Di felicità, però.
La riempiva di orgoglio e soddisfazione, di contentezza e bambinesca allegria, sapere che Matt non l’avesse dimenticata e che, addirittura, l’avesse coinvolta nei dolci racconti narrati ai suoi bambini.
« Sono bravi ragazzi, Caroline. Mi vogliono bene, e io gliene voglio loro », confessò, la voce che tremava minacciosamente.
Sentirlo parlare in quel modo, percepire l’amore che provava per i suoi figli, la spingeva ogni secondo di più a guarirlo per sempre.
Lei poteva farlo ed era certa che lui lo sapesse.
« Posso guarirti, Matt. E vedrai ancora il sorriso dei tuoi figli. Potrai raccontare ai tuoi nipoti dei nostri angeli », disse Caroline, « sai che posso farlo ».
« Lo so », rispose lui.
Sollevò gli angoli delle labbra.
Sul punto di affondare i canini nella sua diafana pelle, Matt le afferrò un polso.
La vampira si stupì della poca forza che l’uomo conservava in corpo, ma si fermò.
« Lo so benissimo », ripeté, « ma sono certo che saranno i miei ragazzi a raccontarlo ai loro figli. E’ così che deve andare. Vorrei che almeno la mia morte sia normale; che sia normale come lo è stata la mia vita », confessò.
Il petto di Matt fu scosso da violenti colpi di tosse.
Gli occhi le si velarono di malinconia, di una sottile brina paragonabile a quella che appannava la finestra.
« E se è questo che la normalità impone, io non mi opporrò », concluse con un soffio di voce.
Caroline annuì, senza insistere.
Aveva rispettato la sua volontà una volta e, per quanto doloroso, lo avrebbe fatto di nuovo.
In fondo per Matt era solo un sogno, e lei doveva comportarsi come l’attrice dello scenario che lo rendeva felice.
« Il sogno è finito », annunciò con un tremolio nella voce, « Ora puoi dormire, Mattie ».
Un’ultima carezza sul viso e gli occhi di Matt si chiusero.
Un violento tuono fece vibrare il pavimento.
Calde scie salate cominciarono a corroderle la pelle gelida.
Probabilmente, se solo Matt si fosse svegliato, l’ avrebbe scambiata per un angelo.
  

lullaby's space: Al diavolo i compiti, l'epica, il libro, la penna, il quaderno...Tutto! Non vedevo l'ora di pubblicare questa shot, così, per la seconda volta nel giro di due mesi, casualmente in entrambe le circostanze per colpa/merito di un concorso, ho chiuso il libro di epica con tanto di pernacchia per precipitarmi al computer. Sì, ma ritornerò su quelle dannate pagine. Suvvia, non fatemici pensare! Che dire? Qui vi copio-incollo il giudizio della giudiciA (che gioco di parole!), e ne approfitto per ringraziarla ancora una volta.
Proprio non me l'aspettavo una posizione così alta e vicina al podio sul podio.
Ah, il contest si chiama "Storia d'Ammmore", quindi doveva essere inclusa, a rigor di logica - citiamo anche Susan Pevensie, vah! *ripesca Narnia e se lo abbraccia* - una scena di, diciamo, scambi di "segni amorosi", ma a me non vanno proprio giù e sono una schiappa con queste cose, allora ho girato la frittata come mi conveniva e ho buttato in un pentolone tanto angst e fluff.

Giudizio di DarkAeris per "Storia d'Ammmore".

Grammatica e Lessico: 13.5/14

La storia non presenta un unico errore di grammatica, oltre che qualche mancanza di virgole, che ti segno qui sotto:

Provò vergogna per esseri accorto soltanto in quel momento di quanto in realtà tenesse a lei; di quanto, nell’ultimo periodo, aveva smesso di fingere che accanto a lui ci fosse Elena e non Caroline.

EsserSi. Di quanto AVESSE smesso.

Caroline tacque senza sapere cosa rispondere.

Una virgola prima di senza.

Caroline annuì senza insistere.

Virgola dopo annuì

Il lessico è perfetto. E' delicato e preciso, con l'utilizzo di un linguaggio non semplice, ma nemmeno pomposo, in maniera tale che non stoni con la trama. Il tuo tipo di scrittura è molto bello e si legge con piacere, senza interruzioni, senza momenti poco chiari. Ed è molto adatto al contesto, appunto.

Originalità della storia: 7.5/8

La storia è decisamente originale. Ogni momento è tua pura invenzione, non hai ricorso ad aneddoti già utilizzato, se non nel pezzo in mezzo, dove comunque hai scelto un attimo che nel telefilm non è stato raccontato.
Hai dato una tua impronta molto personale all'intera storia, rendendola del tutto nuova e privata, tua soltanto.
Bellissima l'idea di scandire il tempo in passato, presente e futuro, collegando il tutto con la pioggia.

Caratterizzazione dei personaggi: 9/9

Grazie per aver reso Matt in questo modo. L'ho amato in maniera così prorompente, da avermi quasi fatto male.
La parte di lui adulto, che rifiuta una vita eterna, perché innaturale, mi è sembrata così in linea con il suo personaggio, che ho sperato con tutta me stessa che venisse seguito questo destino anche nel telefilm.
E' fantastico, è forte, è umano. E umano, in queste storie, di solito è sinonimo di poco interessante. E invece lui è uno dei più interessanti di tutti (ok, parlo io che adoravo sia Jenna che John, quindi forse sono di parte), con le sue fragilità, con la sua incapacità di destreggiarsi nelle avversità paranormali, ma unicamente vivo e vero.
Insomma, grazie davvero per il suo ritratto.
Caroline è adorabile da bambina, così simile a come la immagino io. Un po' capricciosa, forse, ma tenera e dolcissima.
E la sua reazione nell'ultima parte è da lei, senza dubbio. Niente da ridire.

Giudizio personale: 11.5/12 punti

Se non si fosse capito, io AMO questa storia. Follemente.
Ti prenderei a pizze per aver scritto che è brutta e che sarebbe arrivata ultima. E' davvero meravigliosa, è dolce, è delicata, è triste, è d'effetto, colpisce il cuore e fa tremare le gambe.
Mi è venuta una nostalgia di questa coppia grandissima, adesso :(
Grazie mille!

Totale: 41.5/43

 

  
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